Primato del diritto europeo: scontro Polonia e Ue

Montans at collioure, Andrè Derain, 1903, National Gallery of Art, Washington
Montans at collioure, Andrè Derain, 1903, National Gallery of Art, Washington

Abstract

Con una recente e discussa pronuncia, il massimo organo giurisdizionale polacco ha disconosciuto il primato del diritto europeo sul diritto nazionale. 

Si tratta, in realtà, di un principio consolidato nella giurisprudenza della Corte di giustizia e delle Supreme corti dei Paesi membri e fondante la stessa architettura giuridico-istituzionale dell’Unione europea.

La sentenza, oltre a presentare dei notevoli risvolti giuridici legati al disconoscimento del principio, ha un evidente valore politico e potrebbe rappresentare il preludio ad un’uscita della Polonia dall’Ue.

 

1. Primato del diritto europeo: un principio (in teoria) consolidato

La Corte di giustizia ricostruisce i rapporti tra l’ordinamento dell’Unione e i singoli ordinamenti nazionali come relazione di integrazione in un unico sistema, caratterizzato dal primato del diritto europeo sui diritti nazionali.

Tale impostazione, fino ad oggi largamente riconosciuta, è segnata da due tappe fondamentali:

  • la sentenza Costa c. Enel del 1964, in cui la Corte, pronunciandosi su una questione pregiudiziale sollevata in seno all’ordinamento italiano, ha affermato il primato del diritto comunitario;
  • la sentenza Simmenthal del 1978, in cui la Corte, nel ribadire il primato del diritto europeo, ha individuato nel giudice nazionale l’organo incaricato di assicurare tale primato, provvedendo alla disapplicazione delle disposizioni nazionali contrastanti con il diritto Ue.

Con riguardo all’ordinamento italiano, vale la pena notare come la Corte costituzionale in un primo momento non abbia aderito a tale principio, riconoscendo, al contrario, la natura cedevole del diritto comunitario innanzi ad una legge nazionale incompatibile.

Un’inversione di rotta è avvenuta a partire dalle sentenze n. 183 del 1973, contraddistinta dal riconoscimento del primato del diritto comunitario e dalla, ben nota, pronuncia Granital (8 giugno 1984, n. 170), con la quale il Giudice delle leggi ha aderito ad un sistema di controllo diffuso, ammettendo il potere del giudice nazionale di disapplicare un’eventuale legge ordinaria contrastante con un regolamento comunitario.

La base giuridica del principio di primazia del diritto dell’Unione è oggi rinvenibile nell’art. 117 Cost., nella parte in cui impone allo Stato ed alle Regioni di esercitare le rispettive competenze legislative nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione.

In modo analogo, anche le altre Corti costituzionali dei Paesi membri hanno riconosciuto piena efficacia al principio del primato del diritto europeo sul diritto interno; si pensi, ad esempio, alla sentenza della Corte Suprema di Madrid, n. 469 del 2015.

Il valore superiore del diritto europeo è assoluto, ne beneficiano tutte le norme europee, di diritto primario o derivato, aventi l’attitudine a produrre effetti nell’ordinamento nazionale e mira a garantire una protezione giuridica piena e uniforme dei cittadini europei.

 

2. Primato del diritto europeo: la decisione del massimo organo giurisdizionale polacco

Decisamente di segno opposto alla tendenza delle altre corti europee è la pronuncia dei giudici di Varsavia, che segna una brusca frenata al processo di integrazione europea.

La decisione della Corte costituzionale polacca ha origine dalla recente sentenza della Corte di giustizia (C-487/2019) con la quale è stata censurata la riforma della giustizia, voluta dal governo sovranista polacco, che introduce un nuovo organo disciplinare della magistratura, i cui componenti sono di fatto nominati dal potere esecutivo.

Per i Giudici di Lussemburgo un tale sistema è evidentemente contrario ai principi europei in tema di indipendenza e imparzialità della magistratura, poiché viene meno il basilare principio di separazione dei poteri e si attribuisce ad un organo politico, di estrazione governativa, la facoltà di nominare, trasferire, sanzionare o destituire i giudici.

Particolarmente significativo è il fatto che a sollecitare l’intervento del massimo organo giurisdizionale nazionale sia stato lo stesso Governo polacco, espressione del partito di estrema destra Diritto e Giustizia, fautore negli ultimi anni della nomina di svariati giudici della stessa Corte costituzionale.

Lo Stato polacco non ha affatto gradito l’ingerenza dell’Ue nella politica di nomina dei giudici nazionali e la pronuncia in commento si pone, probabilmente, nel solco di una cultura avversa ad accettare compiutamente la democrazia liberale europea ed ancora influenzata da schemi autoritari e sovranisti.

Oltretutto, la Suprema corte polacca si era già espressa in maniera analoga in precedenti decisioni che avevano acceso la contesa giudiziaria con l’Unione europea. Tuttavia, con la sentenza del 7 ottobre scorso, i Giudici di Varsavia sono andati oltre, riconoscendo espressamente la supremazia del diritto interno su quello europeo, sancendo, probabilmente, un’uscita “giuridica” della Polonia dall’Ue.

 

3. Primato del diritto europeo: possibili scenari

Appare, infine, opportuno vagliare brevemente quali potranno essere le azioni esperibili dall’Ue nei confronti della Polonia.

La Commissione europea potrebbe aprire una nuova procedura di infrazione innanzi alla Corte di giustizia dell’Ue, ottenendo sanzioni pecuniarie nei confronti dello Stato, caratterizzate però da una funzione deterrente di scarso valore pratico, considerato che il governo polacco ha continuato imperterrito per la sua strada nonostante le sanzioni subite negli ultimi anni.

Si potrebbe, poi, pensare di far uso degli strumenti predisposti dall’art. 7 del TUE. La norma prevede, in particolare, la possibilità di sospendere i diritti di adesione all’Unione europea (ad esempio il diritto di voto in sede di Consiglio) in caso di violazione grave e persistente dei principi fondanti il diritto europeo da parte di uno Stato membro. Tale procedura richiede, invero, una deliberazione del Consiglio a maggioranza di quattro quinti dei suoi membri, circostanza da non sottovalutare considerato il crescente numero di Paesi con posizioni vicine a quella polacca (si pensi, tra gli altri, all’Ungheria di Orban).

Ancora, considerato il mancato rispetto della Rule of Law da parte di uno Stato membro, il Consiglio a maggioranza qualificata potrebbe approvare, su proposta della Commissione, il congelamento dei fondi Ue. Si tratterebbe di un’arma sicuramente maggiormente efficace, considerata l’importanza dei fondi europei per una Paese in via di sviluppo.

Tuttavia, sulla legittimità del meccanismo, in vigore dal gennaio 2021, si dovrà pronunciare a breve la Corte di giustizia e, fino ad allora, la Commissione non ha intenzione di attivarlo.

In ogni caso, il dibattito è destinato ad assumere, inevitabilmente, natura politica e vede, da un lato, i sovranisti a sostegno delle ragioni della Polonia e, dall’altro i progressisti, i quali sostengono le ragioni dell’Unione europea.

È innegabile, ad ogni modo, come il principio del primato del diritto europeo sia di fondamentale importanza per l’integrazione e la convivenza europea. Se verrà disconosciuto da altre Corti nazionali si rischierà di mettere in crisi il processo di integrazione europea, nonché la stessa esistenza dell’Unione, per come oggi conosciuta.