x

x

Privacy - Cassazione Penale: sì all’uso di fotogrammi delle telecamere di videosorveglianza nel processo penale anche se conservati oltre il termine previsto dalla legge

Privacy - Cassazione Penale: sì all’uso di fotogrammi delle telecamere di videosorveglianza nel processo penale anche se conservati oltre il termine previsto dalla legge
Privacy - Cassazione Penale: sì all’uso di fotogrammi delle telecamere di videosorveglianza nel processo penale anche se conservati oltre il termine previsto dalla legge

La Corte di Cassazione ha stabilito che le videoriprese di un sistema di sorveglianza sono utilizzabili nel processo penale come materiale probatorio anche se conservati per un tempo superiore a quello consentito dalla normativa sulla privacy.

Nel caso di specie, la Cassazione ha confermato la condanna in primo e secondo grado di alcuni ricettatori, ripresi dall’impianto installato allo sportello di un bancomat intenti a prelevare con carta di pagamento di provenienza furtiva.

Il ricorso in Cassazione dei responsabili ha riguardato principalmente la contestazione dell’uso dei fotogrammi delle telecamere a circuito chiuso da parte del giudice durante il processo penale, in violazione di legge e della costituzione. Infatti, gli imputati sostenevano che il filmato del sistema di videosorveglianza era stato conservato per un tempo superiore a quello consentito dalla normativa sulla privacy e che l’ufficiale di polizia giudiziaria avesse mentito sulla data di ricezione dei fotogrammi medesimi.

La Cassazione ha ritenuto infondata la deduzione relativa all’inutilizzabilità del filmato del sistema di sorveglianza “in quanto conservato per un tempo superiore a quello consentito dalla legge atteso che, per un verso il documento filmato era stato formato in maniera legittima sicché è stato correttamente recuperato nel processo penale e, per altro verso, la tutela accordata dalla legge alla riservatezza non è assoluta e cede dinanzi alle esigenze di tutela della collettività e del patrimonio”.

Inoltre, ha affermato la Cassazione, tali esigenze possono essere conseguite anche attraverso le videoriprese effettuate con telecamere installate all’interno dei luoghi di lavoro al fine di esercitare un controllo a beneficio del patrimonio aziendale. Infatti, il divieto posto dallo Statuto dei Lavoratori riguarda il diritto alla riservatezza dei lavoratori e non si estende sino ad impedire i controlli difensivi del patrimonio aziendale (Cassazione, Sezione V, 12 luglio 2011, n. 34842).

È lo stesso Codice della privacy (Decreto Legislativo 196/2003, articolo 160, comma 6), ha sottolineato la Corte, a prevedere che la validità e l’efficacia di provvedimenti non conformi alla normativa in tema di privacy debbano essere disciplinate dalle pertinenti norme di procedura giurisdizionali, siano esse civili o penali.

Pertanto, la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

(Corte di Cassazione - Seconda Sezione Penale, Sentenza 13 ottobre 2016, n. 43414)

La Corte di Cassazione ha stabilito che le videoriprese di un sistema di sorveglianza sono utilizzabili nel processo penale come materiale probatorio anche se conservati per un tempo superiore a quello consentito dalla normativa sulla privacy.

Nel caso di specie, la Cassazione ha confermato la condanna in primo e secondo grado di alcuni ricettatori, ripresi dall’impianto installato allo sportello di un bancomat intenti a prelevare con carta di pagamento di provenienza furtiva.

Il ricorso in Cassazione dei responsabili ha riguardato principalmente la contestazione dell’uso dei fotogrammi delle telecamere a circuito chiuso da parte del giudice durante il processo penale, in violazione di legge e della costituzione. Infatti, gli imputati sostenevano che il filmato del sistema di videosorveglianza era stato conservato per un tempo superiore a quello consentito dalla normativa sulla privacy e che l’ufficiale di polizia giudiziaria avesse mentito sulla data di ricezione dei fotogrammi medesimi.

La Cassazione ha ritenuto infondata la deduzione relativa all’inutilizzabilità del filmato del sistema di sorveglianza “in quanto conservato per un tempo superiore a quello consentito dalla legge atteso che, per un verso il documento filmato era stato formato in maniera legittima sicché è stato correttamente recuperato nel processo penale e, per altro verso, la tutela accordata dalla legge alla riservatezza non è assoluta e cede dinanzi alle esigenze di tutela della collettività e del patrimonio”.

Inoltre, ha affermato la Cassazione, tali esigenze possono essere conseguite anche attraverso le videoriprese effettuate con telecamere installate all’interno dei luoghi di lavoro al fine di esercitare un controllo a beneficio del patrimonio aziendale. Infatti, il divieto posto dallo Statuto dei Lavoratori riguarda il diritto alla riservatezza dei lavoratori e non si estende sino ad impedire i controlli difensivi del patrimonio aziendale (Cassazione, Sezione V, 12 luglio 2011, n. 34842).

È lo stesso Codice della privacy (Decreto Legislativo 196/2003, articolo 160, comma 6), ha sottolineato la Corte, a prevedere che la validità e l’efficacia di provvedimenti non conformi alla normativa in tema di privacy debbano essere disciplinate dalle pertinenti norme di procedura giurisdizionali, siano esse civili o penali.

Pertanto, la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

(Corte di Cassazione - Seconda Sezione Penale, Sentenza 13 ottobre 2016, n. 43414)