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Pubblicità occulta in uno scatto di Henri Cartier-Bresson

o forse propaganda politica?
Henri Cartier-Bresson
Henri Cartier-Bresson

Parigi. Esterno bistrot. Luce giorno. Due avventrici, sedute ai rispettivi tavolini, sono assorte nella lettura del loro quotidiano preferito. Per l’esattezza, una lo è; l’altra pare decisamente più propensa a farsi i fatti altrui.

Sono le ignare protagoniste del felice scatto dell’“Occhio del secolo”, al secolo, appunto, Henri Cartier-Bresson, il fotografo francese tra i più influenti nel panorama internazionale del ‘900.

Talento innato, non necessita di grandi presentazioni.

Padre del fotogiornalismo, cofondatore della mitica agenzia Magnum Photos (Robert Capa uno dei suoi compagni d’avventura), con la sua inseparabile Leica 35 mm ha immortalato eventi storici di tutto rispetto nei suoi reportage in giro per il globo e “ritratto” il meglio dei suoi illustri contemporanei.

Non solo tante celebrità nel suo portafoglio artistico, ma anche gente comune, catturata dal suo sapiente obiettivo in luoghi comuni nel disbrigo di faccende comuni; in perfetto stile street-photographer a spasso per le capitali del mondo.

Surrealista per formazione e vocazione, realista quanto basta ad indugiare nel dettaglio.

Missione: cogliere il momento decisivo. “The Decisive Moment”, manuale di cui è autore, a tutt’oggi una vera e propria Bibbia per gli operatori del settore.

Scene di vita quotidiana, rigorosamente in bianco e nero, come quella delle due signore al caffè.

Qui però il messaggio sembra voler andare oltre.

In primo piano la giovane graziosa mademoiselle, talmente immersa nel suo “Le Monde” da non avere occhi che per “lui”. Così gradevole e invitante nel suo abitino succinto. Moderna. Tinte chiare, lineamenti distesi, gesti informali. Profuma di fresco. Quasi a voler dire: chi legge “Le Monde” è nuovo, progressista, di sinistra.

Sullo sfondo, l’attempata arcigna madame, “Le Figaro” ben spalancato altezza naso ma lo sguardo distolto, torvo di censura alla vicina. Così incartapecorita nei suoi rigidi paramenti fuori moda. Superata. Tonalità scure, lineamenti contratti, gesti formali. Odora di stantio. Quasi a voler dire: chi legge “Le Figaro” è vecchio, conservatore, di destra.

D’altra parte Cartier-Bresson (che era “di casa” nell’URSS del dopo Stalin, nella Cuba rivoluzionaria, nella Spagna della guerra civile) non faceva mistero della sua simpatia per il comunismo; anzi, da fotografo dell’esercito e combattente della Resistenza durante il secondo conflitto mondiale, non aveva perso occasione per testimoniarne sul campo l’aderenza.

Menti aperte e panoramiche tuffate nel “Le Mondeversus gente consumata nel farsi dar retta (De André docet) imbalsamata davanti a “Le Figaro”.

Basta qualche rudimento di psicologia spicciola per afferrare che il sillogismo aristotelico è presto servito: in un solo fortunatissimo click quale migliore pubblicità (...occulta neanche poi tanto) o propaganda politica?