11 settembre 2001: una poesia di Wislawa Szymborska
Sono già passati vent’anni da quell’ 11 settembre, quello del 2001, la data che ha cambiato tutto, il giorno che ha ribaltato la storia e modificato i destini di tutti noi.
Anche Samuele Bersani, in una sua bella canzone del 2002, ha espresso un concetto simile, citando l’ 11 settembre senza farlo espressamente.
L'amore oggi nel 2002
È un apparecchio momentaneo
Infilato sotto il petto
Forse perché da quella data di settembre
È aumentato il senso
Corrisposto del sospetto
Tratto da “Che vita”, Samuele Bersani, 2002. BMG Ricordi
Tutti ricordiamo esattamente dove eravamo e cosa stavamo facendo, i sogni che cercavamo di realizzare, le fatiche che eravamo intenti a sopportare, in quell’ 11 settembre del 2001, quando, alle 8 e 46 del mattino, un primo volo della American Airlines, dirottato da terroristi islamici, si schiantò contro la facciata settentrionale della Torre Nord del World Trade Center, dando il via ad altri attentati che nel giro di meno di due ore causarono 2977 vittime (oltre ai 19 dirottatori) e oltre 6.000 feriti.
Tutti, inoltre, quell’ 11 settembre abbiamo ancora davanti agli occhi la terribile fotografia intitolata “The Falling Man”, ovvero l’uomo che cade, scattata da Richard Drew il giorno degli attentati alle Torri Gemelle, che immortala in un attimo sconvolgente la disperazione di un uomo che, per sfuggire alle fiamme, preferisce buttarsi dall’ottantaduesimo piano del grattacielo.
Ecco, proprio ispirandosi a questa drammatica e sconvolgente fotografia, la grande poetessa polacca Wislawa Szymborska (1923-2012), premio Nobel per la letteratura nel 1996, ha scritto una poesia su quell’ 11 settembre e l’ha intitolata, appunto, “Fotografia dell’11 settembre”.
Per ricordare quel terribile giorno, abbiamo scelto la poesia della Szymborska, anche come monito, affinché non si ripeta nessun altro 11 settembre.
11 settembre 2001: una poesia di Wislawa Szymborska
Fotografia dell’ 11 settembre
di Wislawa Szymborska
Sono saltati giù dai piani in fiamme —
uno, due, ancora qualcuno
sopra, sotto.
La fotografia li ha fissati vivi,
e ora li conserva
sopra la terra verso la terra.
Ognuno è ancora un tutto
con il proprio viso
e il sangue ben nascosto.
C’è abbastanza tempo
perché si scompiglino i capelli
e dalle tasche cadano
gli spiccioli, le chiavi.
Restano ancora nella sfera dell’aria,
nell’ambito di luoghi
che si sono appena aperti.
Solo due cose posso fare per loro —
descrivere quel volo
e non aggiungere l’ultima frase.