Hemingway, scampata bella!
Hemingway, scampata bella!
Hemingway è la rappresentazione in carne ed ossa dello sprone americano (che di più americano non ce n’è) “Experience life!”.
Nei suoi quasi sessantadue anni di vita, finita troppo presto ma soprattutto troppo male, non si è fatto mancare nulla: si ipotizza che un comune mortale, per esperimentare tutte le sue “esistenze”, ne necessiterebbe di almeno altre sette parallele.
Giornalista e scrittore, quattro mogli (e molti amori), tre figli; due guerre mondiali; un premio Pulitzer ed un premio Nobel.
Dall’Illinois (era nato nei sobborghi di Chicago) ha percorso mezzo globo, trasferendosi di qua e di là e viaggiando spasmodicamente un po’ ovunque. Luogo “del cuore”: Key West (Florida) … e come dargli torto con quei tramonti mozzafiato al Sunset Pier?
Ricca è l’aneddotica delle sue roboanti avventure&disavventure, ma in quelle 48 ore però - quelle sfigatissime 48 ore comprese tra il 21 ed il 22 gennaio 1954 - il nostro “Papa” ha davvero esagerato.
Partito dal Kenya su di un piccolo aereo piuttosto scalcagnato (con la consorte di turno), la coppia, diretta verso il Congo, fu costretta ad un atterraggio d’emergenza in Uganda.
Pare infatti che il pilota, per evitare uno stormo di uccelli, si fosse scontrato in “frontale” con un filo del telegrafo: elica compromessa. E non solo l’elica. Spalla distorta per Ernest. Costole rotte per Mary.
Toccata per miracolo terra e trascorsa una notte infernale all’addiaccio sulle sponde di un lago, i tre furono soccorsi il mattino seguente - tutti acciaccati - da un’imbarcazione che li aveva fortunatamente (e fortunosamente) avvistati.
Ma i guai non erano ancora finiti.
In vigenza della famosa “Legge di Murphy” (la cui ineluttabilità è ormai scientificamente provata) e parafrasando l’altrettanto famosa profezia “Il meglio deve ancora venire”: The worst was yet to come.
A seguire - appunto - un’ulteriore serie di sfortunati eventi, il cui concatenarsi ha un quid di surreale, a sfiorare il tragicomico.
Raggiunto un villaggio di pescatori, fu loro offerto un passaggio - destinazione Nairobi - su un micro aereo ancora più “sgarruppato” (se possibile) di quello del dì precedente. Un “coso” che definirlo aereo è fin troppo impegnativo … parole grosse.
Una volta saliti a bordo, l’accanirsi del destino avverso non intendeva proprio dar tregua: lo pseudo velivolo si incendiò a pochi secondi dal decollo ed il novello 007, nel disperato tentativo di fuga, sfondò il portello a colpi di capoccia riportando fratture, ustioni e danni fisici di non poco conto.
Concitato momento clou di un film d’azione? No, intenso spaccato di vita reale.
Una vita straordinaria quella di Hemingway, molto border line tra turbolenze esterne e tormenti interiori; un’inquietudine esistenziale che si riflette nella preziosissima eredità che ci ha lasciato con i suoi scritti.
Tornando “a bomba” a quelle nefaste 48 ore: sopravvissuti!
Grazie al fisico ed alla tempra eccezionali. Nonché grazie al sempre dirimente … “Fattore c”.