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Responsabilità precontrattuale e responsabilità del terzo estraneo alle trattative

Responsabilità
Responsabilità

Indice:

1. Una necessaria premessa sull’argomento trattato

2. Il fondamento della responsabilità precontrattuale

2.1. (Segue) Tre tesi sulla natura della responsabilità precontrattuale

3. Incidenza del terzo nella conclusione del contratto

4. Incidenza del terzo nella mancata conclusione del contratto

5. Incidenza del terzo nell’invalidità del contratto: impossibilità di invocare la responsabilità precontrattuale

6. Il danno risarcibile

 

1. Una necessaria premessa sull’argomento trattato

L’argomento scelto per queste pagine di approfondimento vuole assumere un significato preciso.

Il tragico momento che il nostro Paese sta vivendo impone a tutti atteggiamenti improntati alla massima responsabilità. Massima responsabilità negli spostamenti, nelle relazioni sociali, nella gestione della vita quotidiana. 

Ed ecco spiegata la scelta di un argomento quale la responsabilità precontrattuale, che impone alle parti di comportarsi secondo correttezza e buona fede. Ed il dovere di correttezza e buona fede rappresenta una manifestazione del più generale dovere di solidarietà sociale, che trova il suo principale fondamento nell’articolo 2 della Costituzione.

Mai come oggi occorre ricordarsi che il dovere di solidarietà grava reciprocamente su tutti i membri della collettività, si intensifica e si rafforza trasformandosi in dovere di correttezza e di protezione, soprattutto quando tra i consociati si instaurano momenti relazionali socialmente o giuridicamente qualificati, tali da ingenerare ragionevoli affidamenti sull’altrui condotta corretta e protettiva.

Certo, essere responsabili comporta sacrificio.

In questo momento è il sacrificio di rimanere distanti, di limitare gli spostamenti, di non riunirsi tutti insieme. E questo tanto è difficile quanto è più vero che unus homo nullus homo.

Da qui la scelta, anzi la necessità, di trattare un argomento che prenda in considerazione le relazioni sociali, il modo di atteggiarsi del diritto innanzi alla complessità dei rapporti umani. 

Perché oggi, più che mai, siamo chiamati a dare concreta attuazione al generale dovere di solidarietà sociale. Ma torneremo a contaminarci, e solo di cose belle.

 

2. Il fondamento della responsabilità precontrattuale

Il contratto è concluso quando c’è l’accordo delle parti, elemento essenziale al pari della causa, dell’oggetto e della forma, quando richiesta dalla legge a pena di nullità.

L’impulso, il proposito volitivo, può essere differente nell’uno e nell’altro contraente; anzi, spesso il punto di partenza è proprio un conflitto di interessi, ma il contratto è concluso quando si trova l’in idem placitum, il punto di equilibrio tra gli opposti interessi[1].

Le parti addivengono all’accordo o per trattative liberamente intraprese o per adesione al programma contrattuale unilateralmente predisposto. In ogni caso, l’effetto giuridico è lo stesso: ciò che conta è l’idem velle.

È proprio intorno alla fase di formazione del consenso contrattuale che viene in rilievo la responsabilità precontrattuale.

L’articolo 1337 Codice Civile, infatti, impone alle parti di comportarsi secondo i canoni della correttezza e buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto.

Nella Relazione al codice, il legislatore chiarisce che tale obbligo impone ai soggetti di un rapporto contrattuale, nella sfera del rapporto stesso, un comportamento ispirato dal senso della probità, sia nella rappresentazione leale e non cavillosa dei diritti e degli obblighi che ne derivano, sia nel modo di farli valere o di osservarli. L’osservanza di tali obblighi inerisce in ogni caso lo scopo che il contratto vuol soddisfare, al fine di favorire una pacifica collaborazione produttiva[2].

La disposizione in esame costituisce applicazione specifica del più generale principio di correttezza e buona fede, che, ai sensi dell’articolo 1175 Codice Civile, permea tutto il campo delle obbligazioni.

La stessa rubrica dell’articolo 1337 Codice Civile è significativa, richiamando espressamente l’effetto connesso al mancato rispetto dei richiamati doveri: la responsabilità precontrattuale.

La disciplina posta in materia presidia la libertà negoziale delle parti ed è volta a sanzionare comportamenti dolosi o colposi contrari a buona fede. L’interesse che l’ordinamento intende tutelare, pertanto, non corrisponde all’interesse del contraente alla conclusione del contratto, perché le parti sono libere di non addivenire all’effettiva conclusione dello stesso, quanto piuttosto l’interesse a che la controparte si comporti correttamente, senza ingenerare falsi affidamenti.

Al fine di qualificare come precontrattuale la responsabilità di un contraente, la giurisprudenza tradizionalmente richiede che siano integrati quattro requisiti:

i) l’esistenza di trattative tra le parti

ii) che tali trattative siano giunte ad uno stato di avanzamento tale da ingenerare nella controparte un legittimo affidamento nella conclusione del contratto;

iii) una rottura ingiustificata delle trattative medesime

iv) l’assenza di circostanze che, secondo l’ordinaria diligenza, valgono ad escludere il legittimo affidamento[3].

La fase delle trattative, cui inerisce la responsabilità precontrattuale, presenta indubbi caratteri di peculiarità. In sostanza, in tale fase, non vi è ancora la formazione di un contratto, ma al contempo le parti non possono considerarsi propriamente estranee, in quanto venute in contatto tra loro.

Questo duplice carattere della responsabilità precontrattuale ha favorito il dibattito sorto intorno alla sua natura giuridica.

 

2.1 (Segue) Tre tesi sulla natura della responsabilità precontrattuale

Tre le teorie che si sono sviluppate intorno alla natura della responsabilità precontrattuale:

  1. Responsabilità precontrattuale quale responsabilità extracontrattuale;
  2. Responsabilità precontrattuale quale responsabilità contrattuale;
  3. Responsabilità precontrattuale quale tertium genus di responsabilità.

La questione circa la natura giuridica di tale tipo di responsabilità non è solo teorica, in quanto responsabilità contrattuale ed aquiliana differiscono profondamente in ordine al termine di prescrizione, alla distribuzione dell’onere della prova, alla costituzione in mora e all’ammontare del danno risarcibile.

  1. Secondo un primo orientamento, la responsabilità precontrattuale sarebbe da ricondurre nell’alveo della responsabilità extracontrattuale[4]. Viene rilevato, infatti, che le parti ancora non hanno concluso nessun contratto, e quindi non debbono rispettare obbligazioni contrattualmente assunte, ma solo il generale divieto dell’alterum non laedere.
  2. Prevale la ricostruzione della responsabilità precontrattuale in termini di responsabilità contrattuale[5]. Le parti, in virtù delle trattative liberamente intraprese, non possono considerarsi del tutto estranee tra loro. Pertanto, esse debbono considerarsi legate da un rapporto contrattuale, seppur nascente da contatto sociale.
  3. Infine, del tutto minoritaria è rimasta quella tesi secondo cui la responsabilità precontrattuale appartiene ad un tertium genus di responsabilità. Essa, infatti, non affronta il problema della disciplina concretamente applicabile a questo terzo genere di responsabilità, dato che il codice civile disciplina espressamente la sola responsabilità contrattuale ed extracontrattuale.

La giurisprudenza, dal canto suo, ha per lungo tempo ancorato la responsabilità precontrattuale alla responsabilità extracontrattuale, con la conseguenza che la prova dell’esistenza e dell’ammontare del danno, nonché del dolo o della colpa del danneggiante, è a carico del danneggiato e che il termine di prescrizione del diritto azionato è quinquennale, ai sensi dell’articolo 2947 Codice Civile[6].

L’affermazione appare per lo più ancorata alla bipartizione fondamentale delle fonti delle obbligazioni: da un lato le obbligazioni da atto lecito, ossia da contratto; dall’altro, le obbligazioni da fatto illecito, ossia da delitto. 

Tuttavia, come evidenziato dalla più recente giurisprudenza di legittimità, ne è risultata pretermessa la terza, importante, fonte delle obbligazioni, rappresentata – ai sensi dell’articolo 1173 Codice Civile – da "ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico”; il che non ha consentito di dare il giusto rilievo, sul piano giuridico, alla peculiarità di talune situazioni non inquadrabili né nel torto né nel contratto, e – tuttavia – singolarmente assimilabili più alla seconda fattispecie, che non alla prima

Prende piede, così, la teorica della responsabilità da "contatto sociale qualificato[7]. Le considerazioni svolte dalla dottrina e recepite dalla massima parte della giurisprudenza hanno evidenziato che l’elemento qualificante di quella che può ormai denominarsi "culpa in contrahendo" solo di nome, non è più la colpa, bensì la violazione della buona fede che, sulla base dell’affidamento, fa sorgere obblighi di protezione reciproca tra le parti.

Pertanto, la formazione del contratto diventa vera e propria fonte costitutiva di contatto sociale qualificato: sussiste una relazione specifica tra due soggetti e cioè l’inizio di una relazione di scambio; tale relazione comporta l’esecuzione di prestazioni (obblighi di buona fede, informazione, protezione) che sono caratteristiche proprie di un rapporto contrattuale. L’esistenza di una prestazione, quale quella di informare la controparte, di comportarsi diligentemente, genera l’obbligo di portare correttamente a compimento la prestazione, onde garantire la protezione della controparte.

Certo, può obiettarsi – ed una parte minoritaria della dottrina lo ha fatto – che anche l’investimento di un pedone, uno scontro tra veicoli, danno vita ad un contatto sociale, possibile fondamento di una responsabilità che va oltre quella extracontrattuale, meno gravosa per il danneggiante. Ma l’obiezione, incentrandosi sulla considerazione del contatto sociale semplice, non coglie il proprium della responsabilità in parola, nella quale il contatto sociale tra sfere giuridiche diverse deve essere "qualificato", ossia connotato da uno "scopo" che, per il suo tramite, le parti intendano perseguire

In virtù di tale relazione qualificata, una persona – al fine di conseguire un obiettivo determinato (stipulare un contratto non svantaggioso, evitare eventi pregiudizievoli alla persona o al patrimonio, assicurarsi il corretto esercizio dell’azione amministrativa) – affida i propri beni della vita alla correttezza della controparte

Pertanto, non siamo di fronte ad un’ipotesi di mero contatto sociale, bensì di un contatto sociale qualificato che diventa fonte di responsabilità – concretando un fatto idoneo a produrre obbligazioni ai sensi dell’articolo 1173 Codice Civile – in virtù di un affidamento reciproco delle parti e della conseguente insorgenza di specifici, e reciproci, obblighi di buona fede, protezione ed informazione[8].

In definitiva, la tesi della natura contrattuale con fondamento nel contatto sociale qualificato è quella che maggiormente descrive la fattispecie che lega due soggetti, non del tutto estranei tra loro, che intraprendono trattative al fine di giungere alla conclusione di un contratto.

Del resto, diversamente opinando, l’articolo 1337 Codice Civile risulterebbe inutile doppione dell’articolo 2043.

Depone in tal senso, inoltre, la collocazione sistematica della norma in commento, attesa la collocazione nell’ambito della disciplina del contratto.

 

3. Incidenza del terzo nella conclusione del contratto

Prima di stabilire se ed in che modo sia configurabile una responsabilità precontrattuale in capo al terzo estraneo alle trattative, occorre domandarsi se sia possibile parlare di responsabilità precontrattuale anche a seguito della valida conclusione del contratto.

Il problema si pone perchè ovviamente il contratto validamente concluso, se frutto di una scorrettezza della controparte, può risultare sconveniente, iniquo.

La questione della configurabilità della responsabilità precontrattuale anche in caso di conclusione del contratto valido ma sconveniente nasce dalla considerazione che tale responsabilità, stando alla lettera della disposizione, si colloca in una fase anteriore alla stessa conclusione del contratto e cioè alla fase delle trattative.

Secondo una visione restrittiva, tale possibilità è da escludersi in quanto la responsabilità precontrattuale può sorgere solo a seguito di rottura ingiustificata delle trattative o di conclusione del contratto invalido, ai sensi dell’articolo 1338 Codice Civile.

In altri termini, secondo tale ricostruzione, la conclusione del contratto valido assorbe la responsabilità precontrattuale, permettendo l’esperibilità dei soli rimedi contrattuali, in specie quelli afferenti i vizi della volontà[9].

Secondo una visione estensiva, invece, anche a fronte della valida conclusione di un contratto è configurabile la responsabilità precontrattuale

In tal senso si è orientata la giurisprudenza di legittimità, fondando la propria decisione sulla distinzione tra regole di comportamento e regole di validità del contratto: l’obbligo di buona fede durante le trattative integra una regola di condotta, la cui violazione non si ripercuote sulla validità del contratto, ma rileva ai sensi dell’articolo 1337 Codice Civile[10].

Ammessa la possibilità di configurare la responsabilità precontrattuale anche in caso di contratto validamente concluso, ma evidentemente sconveniente per una delle parti, si pone il problema della rilevanza del comportamento del terzo estraneo alle trattative che abbia determinato una delle parti alla conclusione del contratto.

Il comportamento del terzo potrebbe, ad esempio attraverso false rappresentazioni, influenzare il libero convincimento di uno dei contraenti, alterandone così la libertà negoziale.

Un esempio è costituito dalle c.d. lettere di patronage deboli[11], aventi contenuto meramente informativo (ad es. circa l’esistenza della posizione di influenza e circa le condizioni patrimoniali, economiche e finanziarie del patrocinato), con cui il terzo potrebbe convincere l’istituto di credito ad erogare un finanziamento o a concedere un mutuo sulla base di false dichiarazioni circa i propri rapporti o circa la solvibilità del soggetto richiedente il credito (patrocinato).

Nonostante le lettere informative non abbiano carattere vincolante, nel caso in cui contengano informazioni non veritiere sono comunque in grado di incidere sull’autonomia contrattuale del destinatario.

Il patrocinante, in definitiva, viene ad inserirsi nello svolgimento di trattative avviate tra altri soggetti proprio al fine di agevolarne la positiva conclusione, creando così ragionevoli aspettative sul buon esito dell’operazione. Per questo motivo, si pone un problema di qualificazione della responsabilità del terzo per gli eventuali danni arrecati al destinatario delle dichiarazioni.

Secondo parte della dottrina, la responsabilità del patrocinante rileva esclusivamente sul piano della responsabilità aquiliana, non essendo le lettere di patronage fonte di rapporti contrattuali[12].

Tuttavia, la posizione del patrocinante è ben diversa da quella di un terzo che “accidentalmente” venga ad interferire in una vicenda precontrattuale a lui estranea, e tale diversità è sufficiente a giustificare l’applicazione di quelle regole di diligenza, di correttezza e buona fede, dettate proprio al fine di evitare che gli interessi di quanti partecipano alle trattative possano essere pregiudicati da comportamenti altrui scorretti[13].

In definitiva, la non conformità al vero delle dichiarazioni informative rese dal terzo estraneo alle trattative rileva anche sul piano della responsabilità precontrattuale, in quanto incidente sul processo di formazione del contratto tra patrocinato e finanziatore.

Ancora, la giurisprudenza civile ha individuato ulteriori ipotesi in cui la c.d. responsabilità precontrattuale sussiste anche in capo al terzo, ravvisando, a certe condizioni – normalmente rappresentate dallo status professionale qualificato del terzo (intermediari finanziari, banche, professionisti, società di revisione) o, comunque, dal fatto che il terzo abbia un interesse qualificato alla positiva conclusione della trattativa – l’esistenza di un dovere di correttezza anche in capo a colui che non è “parte” rispetto ad una trattativa che si svolge inter alios.

In questa prospettiva, merita di essere segnalata anche la giurisprudenza che ha riconosciuto la responsabilità civile della società di revisione per erronea certificazione dello stato patrimoniale di una società (compiuta su incarico di quest’ultima) nei confronti di acquirenti di quote societarie, che non avrebbero stipulato il contratto, ove avessero conosciuto il reale ed inferiore valore della società[14].

 

4. Incidenza del terzo nella mancata conclusione del contratto

Per vero, il terzo estraneo alle trattative potrebbe incidere sulla libertà negoziale di una parte, determinandola a non concludere il contratto. Anche in questo caso, si pongono gli stessi problemi circa la qualificazione della responsabilità del terzo.

Tale responsabilità potrebbe essere qualificata come extracontrattuale tutte le volte in cui il soggetto terzo non sia tenuto per legge a determinati obblighi informativi.

Tuttavia, qualora tali obblighi siano normativamente imposti, essi debbono ritenersi compresi nel generale dovere di correttezza e buona fede, la cui violazione può essere fonte di responsabilità da contatto sociale e quindi di responsabilità precontrattuale.

È il caso, ad esempio, degli obblighi informativi che l’articolo 21 del Testo Unico sugli intermediari finanziari (Decreto Legislativo n. 58/98) pone a carico dell’intermediario finanziario sia nella fase precedente che nella fase successiva al contratto.

In giurisprudenza, ad esempio, si è discusso circa la responsabilità da prospetto non veritiero, riconosciuta non solo (come accadeva in origine) in capo ai soggetti (società e amministratori in primo luogo) da cui promana il documento informativo rivelatosi falso o inattendibile, ma anche in capo agli intermediari finanziari (terzi rispetto alla trattativa e al futuro contratto di acquisto delle azioni) che sottoscrivano il prospetto accreditandolo presso gli investitori[15].

È evidente che il comportamento dell’intermediario finanziario, almeno sul piano teorico, possa determinare il sottoscrittore tanto alla conclusione, quanto alla mancata sottoscrizione del prodotto finanziario.

In tal senso, rileva la sua condotta sul piano della responsabilità precontrattuale, nonostante esso rimanga estraneo alle trattive inter alios intraprese.

 

5. Incidenza del terzo nell’invalidità del contratto: impossibilità di invocare la responsabilità precontrattuale

Qualificata la responsabilità precontrattuale come responsabilità contrattuale fondata sul contatto sociale, occorre precisare che nelle obbligazioni da contatto sociale ad essere contrattuale è solo il rapporto e non la fonte di esso(perchè il contratto vero e proprio potrebbe anche non esserci).

Ne discende che ad esse non troveranno applicazione le disposizioni in materia di conclusione del contratto, ma, almeno parzialmente, quelle relative allo svolgimento del rapporto negoziale.

Ciò posto, dovrebbero trovare applicazione anche le disposizioni relative ai vizi della volontà, con conseguente rilievo del comportamento del terzo che abbia indotto una parte alla conclusione del contratto invalido, influenzandone così la libertà negoziale.

Nello specifico, infatti, l’articolo 1434 Codice Civile prevede che la violenza, tipico vizio del consenso, sia causa di annullamento del contratto, anche se esercitata da un terzo.

Ed ancora, l’articolo 1439 Codice Civile prevede che quando i raggiri che caratterizzano il dolo siano posti in essere da un terzo, il contratto è annullabile se essi erano noti al contraente che ne ha tratto vantaggio.

Anche nel caso della violenza e del dolo, pertanto, il terzo estraneo al rapporto contrattuale può avere un ruolo determinante nel condizionare la libertà negoziale di una delle parti, determinandola così alla conclusione del contratto.

Tuttavia, per la generale distinzione tra regole di validità e regole di comportamento, nel caso in cui ricorrano i vizi della volontà, ed il contratto concluso sia così invalido, deve ritenersi applicabile la sola disciplina dell’annullabilità del contratto, con conseguente esclusione della disciplina in merito alla responsabilità precontrattuale, afferente alle regole di comportamento.

Si noti che la fattispecie appena descritta è diversa rispetto a quella compiutamente disciplinata dall’articolo 1338 Codice Civile. L’articolo 1338 Codice Civile, infatti, impone alla parte, e non al terzo, che conosce o dovrebbe conoscere di una causa di invalidità del contratto, di risarcire il danno patito dall’altra parte per aver confidato senza sua colpa nella validità del contratto.

La norma ha lo scopo precipuo di tutelare la libertà negoziale delle parti che si accingono a concludere il contratto, ma senza prendere in esame l’ipotesi di interferenze da parte di soggetti terzi.

In tale ottica, infatti, lo scopo ultimo della norma citata non è quello di imporre un dovere di informazione sulle cause di invalidità del contratto, quanto piuttosto impedire la stipula di un contratto invalido[16].

 

6. Il risarcimento del danno

Un ultimo accenno merita il danno risarcibile in conseguenza di responsabilità precontrattuale.

Nel caso di responsabilità precontrattuale da mancata conclusione del contratto, l’interpretazione prevalente individua il danno risarcibile nel c.d. interesse negativo, cioè nell’interesse della parte a non essere coinvolto in trattative inutili[17]. Anche in questo caso, il danno risarcibile viene scomposto nelle due voci del danno emergente e del lucro cessante, con la sola precisazione che il danno emergente consisterà nelle spese inutilmente sostenute per partecipare alle trattative ed eventualmente stipulare il contratto, mentre il lucro cessante nella perdita di occasioni alternative di contrattazione.

L’obiettivo di questo tipo di risarcimento, che si differenzia dal risarcimento dell’interesse positivo tipico della responsabilità contrattuale, è quello di ripristinare la situazione quo ante all’infruttuoso avvio delle trattative.

Analoghe considerazioni sono valide in merito alla conclusione del contratto invalido: l’inutilità di fatto della stipulazione renderà risarcibile il solo interesse negativo, non anche quello positivo.

Nel caso di responsabilità per la conclusione di un contratto valido ma sconveniente, invece, il risarcimento del danno diventa un mezzo per ricondurre ad equità lo scambio contrattuale[18]. Pertanto, il risarcimento corrisponde al c.d. interesse positivo differenziale e deve essere commisurato al «minor vantaggio», ovvero al «maggior aggravio economico» che è stato prodotto dal comportamento tenuto in violazione dell’obbligo di buona fede[19], con conseguente rivisitazione dei criteri di quantificazione tradizionali, non più meramente ristretti nel concetto di interesse negativo.

 

[1] A. Trabucchi, Istituzioni di diritto civile, 45 ed., a cura di G. Trabucchi, 2012, CEDAM, Padova, p. 173.

[2] Relazione al codice civile, paragr. 612.

[3] Cass. Civ., sez. II, 15 aprile 2016, n. 7545.

[4] Cass., Sez. Un., 26 giugno 2003 n. 10160.

[5] Tale orientamento è stato recentemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità. Ex multis Cass. Civ, sez. I, 12 luglio 2016, n. 14188.

[6] Cass. Civ., sentenza n. 16735/2011.

[7] P. Rescigno, Contratto (in genere), in Enc. giur., Roma, 1988, IX, 8.

[8] Cass. Civ., sez. I, 12 luglio 2016, n. 14188.

[9] Cass. Civ., sez. III, 25 luglio 2006, n.16937.

[10] Cass., Sez. Un., 19 dicembre 2007, n. 26724.

[11] Sul tema si veda, ad es.: N. Corea, Le lettere di patronage: natura giuridica, effetti e responsabilità, in Obbl. contr., 2007, 642; M.C. Perchinunno, Il danno da lesione dell’affidamento suscitato dalla lettera di patronage, in Contr. impr., 2006, 611.

[12] A. Atti, La responsabilità del patronnant è, dunque, extracontrattuale, in Contr. impr. 1986, 41.

[13] In questi termini, ad esempio, Cass. civ., sez. I, 27 settembre 1995, n. 10235.

[14] Cass. civ., sez. III, 18 luglio 2012, n. 10403.

[15] Cass., Sez. Un., 8 aprile 2011, n. 8034.

[16]  M. Bianca, Diritto civile, 174 ss.

[17] Cass. Civ., 30 luglio 2004, n. 14539.

[18] M. Fratini, Il sistema del diritto civileIl contratto, p. 26.

[19] Cass., Sez. Un., 19 dicembre 2007, n. 26725.