x

x

Rischio vibrazioni: il datore di lavoro deve redigere una specifica valutazione dei rischi

Con Decreto Legislativo n. 187 del 19 agosto 2005, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 220 del 21.9.2005, emanato in esecuzione della Legge Delega n. 306 del 31.10.2003, lo Stato italiano ha dato attuazione alla Direttiva 2002/44/CE in materia di tutela della salute dei lavoratori rispetto al rischio “vibrazioni”.

Il D. Lgs. n. 187 del 19 agosto 2005 al pari della Direttiva, il cui contenuto (salvo pochissime modifiche) riproduce integralmente, si pone l’obiettivo di salvaguardare non solo la salute e la sicurezza del lavoratore nella sua individualità, ma anche di creare una piattaforma di protezione minima per un rischio professionale che determina annualmente il 5% delle malattie professionali indennizzate dall’INAIL.

La nuova norma offre interessanti spunti di commento; ci limiteremo, tuttavia, in questa sede, ad una prima indicazione delle implicazioni immediate per il datore di lavoro.

CAMPO DI APPLICAZIONE della norma sono tutte le attività in cui i lavoratori sono esposti o possono essere esposti a rischi derivanti da vibrazioni meccaniche che l’art. 2 distingue, in ragione della possibile patologia conseguente, in:

1) vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio, quelle “vibrazioni meccaniche che, se trasmesse al sistema mano-braccio comportano un rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori, in particolare disturbi vascolari, osteoarticolari, neurologici o muscolari;

2) vibrazioni trasmesse al corpo intero, quelle “vibrazioni meccaniche che, se trasmesse al corpo intero, comportano rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, in particolare lombalgie e traumi del rachide”.

Il D. Lgs. 187/2005 stabilisce, poi, all’art. 3, i VALORI DI ESPOSIZIONE giornalieri al rischio che distingue in “valori limite” che rappresentano i valori non superabili, e in “valori di azione” che sono, invece, quei valori che comportano, per il datore di lavoro, l’applicazione della normativa in commento.

In particolare:

1- per le vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio:

· il valore limite giornaliero normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore è fissato a 5 m/s2;

· il valore giornaliero di esposizione che fa scattare l’applicazione della normativa, normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, è fissato in 2,5 m/s2;

2- per le vibrazioni trasmesse al corpo intero:

· il valore limite giornaliero normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore è fissato a 1,15 m/s2;

· il valore giornaliero di esposizione che fa scattare l’applicazione della normativa, normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, è fissato in 0,5 m/s2;

L’entrata in vigore della nuova disciplina normativa comporterà, quale immediata conseguenza (e, in particolare, con decorrenza 1.1.2006 - art. 13 -) l’obbligo, a carico del datore di lavoro, della revisione del documento di “VALUTAZIONE DEI RISCHI” con specifico riferimento al rischio vibrazioni (art. 4).

Nell’assolvere gli obblighi di cui all’art. 4 del D.Lgs. 626/94 il datore di lavoro, infatti, deve valutare ed, eventualmente, “misurare” i livelli di vibrazioni meccaniche a cui i lavoratori sono (o possono essere) esposti. La “valutazione” [Cioè, come la definisce il legislatore, “l’osservazione delle condizioni di lavoro specifiche e il riferimento ad appropriate informazioni sulla probabile entità delle vibrazioni per le attrezzature o i tipi di attrezzature in particolari condizioni di uso, incluse le informazioni fornite in marea dal costruttore delle attrezzature”(art. 4, nonché allegato I)] è stata dallo Stato italiano distinta dalla “misurazione” dei livelli di vibrazione [Misurazione che “… richiede l’impiego di attrezzature specifiche e di una metodologia appropriata” (art. 4, nonché allegato I)] che è stata introdotta come misura solo “eventuale” . Il datore di lavoro, infatti, potrà fare riferimento, per la valutazione del rischio, alle informazioni sulla probabile entità delle vibrazioni fornite dalle banche dati dell’ISPESL (che saranno disponibili anche via interne) o delle Regioni o del CNR, nonché alle indicazioni fornite dagli stessi costruttori o fornitori e, solo in mancanza di tali informazioni, dovrà ricorrere alla “misurazione”. La previsione consente un notevole sgravio degli oneri a carico dei datori di lavoro (rispetto, in particolare, a quanto previsto dalla Direttiva Comunitaria che sembra, nelle intenzioni, più rigorosa), anche se porta con sé inevitabili riserve sulla effettiva corrispondenza alla realtà lavorativa delle indicazioni fornite dai produttori o dalle banche dati ISPESL le cui indicazioni sono inevitabilmente fornite in “astratto”. Le “misurazioni” effettive, del resto, sembra risultino, al momento, poco praticabili in quanto richiedono l’impiego di costose strumentazioni in possesso (fino ad ora) di pochissimi studi tecnici italiani.

Al fine della valutazione del rischio, inoltre, il datore di lavoro deve tener conto:

1) del livello, del tipo e della durata della esposizione, ivi inclusa l’esposizione a vibrazioni intermittenti o a urti ripetuti;

2) dei valori limite di esposizione e dei valori di azione sopra indicati;

3) degli eventuali effetti sulla sicurezza e sulla salute di lavoratori particolarmente sensibili al rischio;

4) degli eventuali effetti indiretti sulla sicurezza dei lavoratori risultanti da interazioni tra le vibrazioni meccaniche e l’ambiente di lavoro o altre attrezzature;

5) delle informazioni fornite dal costruttore;

6) dell’esistenza di attrezzature alternative progettate per ridurre il rischio;

7) del prolungamento del periodo di esposizione;

8) delle condizioni di lavoro particolari, come le basse temperature;

9) delle informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria, comprese, per quanto possibile, quelle reperibili nella letteratura scientifica.

Come previsto anche dall’art. 4 D.Lgs. 626/1994, la valutazione dei rischi deve essere “documentata” e, nel caso specifico, può contenere, a norma dell’art. 4, comma 7, D.Lgs. n. 187/2005 la “giustificazione che la natura e l’entità dei rischi connessi con le vibrazioni meccaniche rendono non necessaria una valutazione maggiormente dettagliata dei rischi”. Nonostante la non chiara formulazione della norma, si ritiene che l’inserimento della c.d. “giustificazione” (concetto introdotto con il D. Lgs. 25/2002 in materia di esposizione agli agenti chimici) debba avvenire solo nel caso il rischio vibrazione si riveli (sulla base di una valutazione preliminare) inesistente (o i livelli valutati siano inferiori ai livelli di azione e, pertanto, non importino l’applicazione della normativa in esame). Ciò comporta, come ulteriore e importante conseguenza, l’obbligo a carico del datore di lavoro di procedere, in ogni caso, alla “valutazione dei rischi vibrazione” anche in ipotesi di rischio prevedibilmente assente (nel qual caso la valutazione, se confermerà l’assenza di rischio, sarà “giustificata”).

La valutazione dei rischi così predisposta dovrà essere periodicamente aggiornata e, in particolare, dovrà essere revisionata nel caso vi siano stati significativi mutamenti ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne richiedano la necessità.

La mancata osservanza da parte del datore di lavoro (e, per alcune fattispecie, del dirigente) delle norme in materia di valutazione dei rischi, redazione e revisione del relativo documento è sanzionata penalmente (art. 12) con l’arresto (da tre a sei mesi) e l’ammenda da € 1.500,00 a € 4.000,00.

Dall’applicazione della norma in commento discendono, infine, in capo al datore di lavoro, ulteriori obblighi tra cui:

- l’attuazione di un programma di prevenzione e protezione volto a ridurre al minimo i livelli di esposizione (art. 5),

- l’obbligo di provvedere ad una adeguata formazione e informazione del lavoratore (art. 6)

- l’obbligo di una adeguata sorveglianza sanitaria (articoli 7 e 8) .

L’entrata in vigore degli obblighi di misurazione e valutazione del rischio è stata prevista con decorrenza 1° gennaio 2006.

Viene, invece, differita al 6 luglio 2010 l’entrata in vigore delle disposizioni concernenti l’obbligo del rispetto dei valori limite di esposizione, “in caso di attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori anteriormente al 6 luglio 2007 e che non permettono il rispetto dei valori limite di esposizione tenuto conto del progresso tecnico e delle misure organizzative messe in atto” (art. 13). Alle medesime condizioni e limitatamente al settore agricolo e forestale, l’obbligo del rispetto dei valori limite di esposizione, entra in vigore il 6 luglio 2014 (art. 13).

E’ importante, in conclusione, sottolineare che – recentemente – la giurisprudenza si è occupata in modo specifico del rischio costituito dalle vibrazioni. Con Sentenza n. 12248 del 30.3.2005, infatti, la Cassazione – Sezione Penale – ha confermato la condanna di un datore di lavoro per lesioni colpose cagionate ad una lavoratrice esposta a vibrazioni trasmesse al sistema mano – braccio (oltre che, nella fattispecie, a movimenti ripetuti) facendo applicazione del generale principio di cui all’art. 2087 del Codice Civile e all’art. 4 della Legge 626/1994, nonché in applicazione dell’art. 33 del DPR 33/1956. La sentenza conferma, peraltro, un orientamento già espresso dalla Suprema Corte nel 1999 (v. Cassazione 19 marzo 1999 che aveva confermato la condanna di un datore di lavoro per lesioni personali colpose gravi, per avere cagionato, per “colpa consistente in negligenza e inosservanza dell’art. 377 del D.p.r. 547/1955”, lesioni permanenti a un dipendente adibito a lavori di scavo con martello pneumatico produttivo di vibrazioni).

Se già in assenza di una disciplina specifica e organica in materia, la Cassazione aveva dimostrato particolare attenzione alla tutela della salute del lavoratore rispetto al rischio “vibrazioni”, c’è da attendersi, con l’entrata in vigore del D. Lgs. N. 187/2005, un ulteriore maggior rigore da parte della giurisprudenza nella valutazione delle responsabilità del datore di lavoro nel controllo del rischio specifico, controllo che inizia con una corretta e adeguata redazione della “valutazione dei rischi”.

Valutazione dei rischi: normativa di riferimento

DPR 303/1956, art. 24 La norma è stata espressamente abrogata dall’art. 13 del D. Lgs. N. 187/2005 unitamente alla voce 48 della Tabella delle lavorazioni allegata all’articolo 33 del medesimo decreto n. 303/1956

DLgs.626/1994 ·

Art. 4: DISPOSIZIONE GENERALE: prevede l’obbligo del datore di lavoro di valutare “tutti i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori…, anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro” e di elaborare (in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente ove previsto, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza) un documento da custodire in azienda contenente in particolare: a) una relazione sulla valutazione dei rischi con l’indicazione dei criteri adottati; b) l’individuazione delle misure di prevenzione e di protezione adottate; c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza. La valutazione dei rischi e il relativo documento sono rielaborati in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori. ·

Art. 52: prevede l’obbligo di analizzare, nella valutazione del rischio di cui all’art. 4, i posti di lavoro che prevedono l’uso di videoterminali, con riferimento ai rischi per la vista, ai problemi legati alla postura, all’affaticamento fisico o mentale, alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale. ·

art. 63 (introdotto con L. 66/00 e L. 25/02): obbliga il datore di lavoro a effettuare la valutazione del rischio da esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni i cui risultati sono riportati nel documento di cui all’art. 4 (v. sopra). Detta valutazione deve tener conto delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e frequenza, dei quantitativi prodotti o utilizzati, della loro concentrazione, della capacità degli stessi di penetrare nell’organismo, nonchè di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi è assorbimento cutaneo. Il documento di valutazione dei rischi (contenente anche i dati integrativi di cui ai commi 2 e 3) deve essere rinnovato in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall’ultima valutazione effettuata. ·

Art. 72 quater (introdotto con L. 25/02): Nella valutazione di cui all’art. 4 (v. sopra), il datore di lavoro ha l’obbligo di determinare preliminarmente l’eventuale presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro e valutarne i relativi rischi (presi singolarmente o in combinazione tra loro), prendendo in considerazione le loro proprietà pericolose, le informazioni sulla salute e sicurezza comunicate dal produttore o dal fornitore, il livello, il tipo e la durata dell’esposizione, le circostanze in cui viene svolto il lavoro in presenza di tali agenti, compresa la quantità degli stessi, i valori limite di esposizione professionale o i valori limite biologici (allegati VIII-ter ed VIII-quater), gli effetti delle misure preventive e protettive adottate o da adottare, se disponibili, le conclusioni tratte da eventuali azioni di sorveglianza sanitaria già intraprese. La valutazione del rischio deve essere aggiornata periodicamente e, comunque, in occasione di notevoli mutamenti che potrebbero averla resa superata ovvero quando i risultati della sorveglianza medica ne mostrino la necessità e può includere la giustificazione che la natura e l’entità dei rischi connessi con gli agenti chimici pericolosi rendono non necessaria un’ulteriore loro valutazione maggiormente dettagliata ·

Art. 78: Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui all’art. 4 (v. sopra), deve tenere conto di tutte le informazioni disponibili relative alle caratteristiche dell’agente biologico e delle modalità lavorative, applicando i principi di buona prassi microbiologica, aggiornando la valutazione in occasione di modifiche dell’attività lavorativa significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall’ultima valutazione effettuata. ·

art. 88 quinques (introdotto con L. 233/2003): Il datore di lavoro, nell’assolvere all’obbligo generale di cui all’art. 4, deve valutare i rischi specifici derivanti da atmosfere esplosive, tenendo conto almeno della loro probabilità e durata, della probabilità che le fonti di accensione siano presenti e divengano attive ed efficaci, delle caratteristiche dell’impianto, delle sostanze utilizzate, dei processi e loro possibili interazioni, della entità degli effetti prevedibili.

D.Lgs.n. 277/92 · Art. 24: impone la valutazione dei rischi per tutte le attività lavorative per le quali sussiste il rischio di esposizione alla polvere proveniente dall’amianto e dai materiali contenenti amianto. La valutazione deve essere rinnovata ogni qualvolta si verifichino modifiche che possono comportare un mutamento significativo dell’esposizione e, comunque, ogni tre anni, nonchè ogni qualvolta l’organo di vigilanza lo disponga con provvedimento motivato. · Art. 11: impone la redazione del documento di valutazione del rischio nel caso di attività che possano comportare l’esposizione al piombo· Art. 40: prevede l’obbligo di redazione del documento di valutazione dei rischi per tutte le attività che possano comportare esposizione al rumore

D.Lgs.n. 187/2005 (di cui, più diffusamente al testo) Art. 4: - Valutazione del rischio vibrazioni (banche dati, indicazione produttore ed eventualmente misurazioni tenendo conto dei criteri orientativi di cui al comma 6) - Redazione documento di valutazione del rischio (contenente, in caso di rischio accertato assente, giustificazione); - revisione periodica.

Con Decreto Legislativo n. 187 del 19 agosto 2005, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 220 del 21.9.2005, emanato in esecuzione della Legge Delega n. 306 del 31.10.2003, lo Stato italiano ha dato attuazione alla Direttiva 2002/44/CE in materia di tutela della salute dei lavoratori rispetto al rischio “vibrazioni”.

Il D. Lgs. n. 187 del 19 agosto 2005 al pari della Direttiva, il cui contenuto (salvo pochissime modifiche) riproduce integralmente, si pone l’obiettivo di salvaguardare non solo la salute e la sicurezza del lavoratore nella sua individualità, ma anche di creare una piattaforma di protezione minima per un rischio professionale che determina annualmente il 5% delle malattie professionali indennizzate dall’INAIL.

La nuova norma offre interessanti spunti di commento; ci limiteremo, tuttavia, in questa sede, ad una prima indicazione delle implicazioni immediate per il datore di lavoro.

CAMPO DI APPLICAZIONE della norma sono tutte le attività in cui i lavoratori sono esposti o possono essere esposti a rischi derivanti da vibrazioni meccaniche che l’art. 2 distingue, in ragione della possibile patologia conseguente, in:

1) vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio, quelle “vibrazioni meccaniche che, se trasmesse al sistema mano-braccio comportano un rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori, in particolare disturbi vascolari, osteoarticolari, neurologici o muscolari;

2) vibrazioni trasmesse al corpo intero, quelle “vibrazioni meccaniche che, se trasmesse al corpo intero, comportano rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, in particolare lombalgie e traumi del rachide”.

Il D. Lgs. 187/2005 stabilisce, poi, all’art. 3, i VALORI DI ESPOSIZIONE giornalieri al rischio che distingue in “valori limite” che rappresentano i valori non superabili, e in “valori di azione” che sono, invece, quei valori che comportano, per il datore di lavoro, l’applicazione della normativa in commento.

In particolare:

1- per le vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio:

· il valore limite giornaliero normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore è fissato a 5 m/s2;

· il valore giornaliero di esposizione che fa scattare l’applicazione della normativa, normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, è fissato in 2,5 m/s2;

2- per le vibrazioni trasmesse al corpo intero:

· il valore limite giornaliero normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore è fissato a 1,15 m/s2;

· il valore giornaliero di esposizione che fa scattare l’applicazione della normativa, normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, è fissato in 0,5 m/s2;

L’entrata in vigore della nuova disciplina normativa comporterà, quale immediata conseguenza (e, in particolare, con decorrenza 1.1.2006 - art. 13 -) l’obbligo, a carico del datore di lavoro, della revisione del documento di “VALUTAZIONE DEI RISCHI” con specifico riferimento al rischio vibrazioni (art. 4).

Nell’assolvere gli obblighi di cui all’art. 4 del D.Lgs. 626/94 il datore di lavoro, infatti, deve valutare ed, eventualmente, “misurare” i livelli di vibrazioni meccaniche a cui i lavoratori sono (o possono essere) esposti. La “valutazione” [Cioè, come la definisce il legislatore, “l’osservazione delle condizioni di lavoro specifiche e il riferimento ad appropriate informazioni sulla probabile entità delle vibrazioni per le attrezzature o i tipi di attrezzature in particolari condizioni di uso, incluse le informazioni fornite in marea dal costruttore delle attrezzature”(art. 4, nonché allegato I)] è stata dallo Stato italiano distinta dalla “misurazione” dei livelli di vibrazione [Misurazione che “… richiede l’impiego di attrezzature specifiche e di una metodologia appropriata” (art. 4, nonché allegato I)] che è stata introdotta come misura solo “eventuale” . Il datore di lavoro, infatti, potrà fare riferimento, per la valutazione del rischio, alle informazioni sulla probabile entità delle vibrazioni fornite dalle banche dati dell’ISPESL (che saranno disponibili anche via interne) o delle Regioni o del CNR, nonché alle indicazioni fornite dagli stessi costruttori o fornitori e, solo in mancanza di tali informazioni, dovrà ricorrere alla “misurazione”. La previsione consente un notevole sgravio degli oneri a carico dei datori di lavoro (rispetto, in particolare, a quanto previsto dalla Direttiva Comunitaria che sembra, nelle intenzioni, più rigorosa), anche se porta con sé inevitabili riserve sulla effettiva corrispondenza alla realtà lavorativa delle indicazioni fornite dai produttori o dalle banche dati ISPESL le cui indicazioni sono inevitabilmente fornite in “astratto”. Le “misurazioni” effettive, del resto, sembra risultino, al momento, poco praticabili in quanto richiedono l’impiego di costose strumentazioni in possesso (fino ad ora) di pochissimi studi tecnici italiani.

Al fine della valutazione del rischio, inoltre, il datore di lavoro deve tener conto:

1) del livello, del tipo e della durata della esposizione, ivi inclusa l’esposizione a vibrazioni intermittenti o a urti ripetuti;

2) dei valori limite di esposizione e dei valori di azione sopra indicati;

3) degli eventuali effetti sulla sicurezza e sulla salute di lavoratori particolarmente sensibili al rischio;

4) degli eventuali effetti indiretti sulla sicurezza dei lavoratori risultanti da interazioni tra le vibrazioni meccaniche e l’ambiente di lavoro o altre attrezzature;

5) delle informazioni fornite dal costruttore;

6) dell’esistenza di attrezzature alternative progettate per ridurre il rischio;

7) del prolungamento del periodo di esposizione;

8) delle condizioni di lavoro particolari, come le basse temperature;

9) delle informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria, comprese, per quanto possibile, quelle reperibili nella letteratura scientifica.

Come previsto anche dall’art. 4 D.Lgs. 626/1994, la valutazione dei rischi deve essere “documentata” e, nel caso specifico, può contenere, a norma dell’art. 4, comma 7, D.Lgs. n. 187/2005 la “giustificazione che la natura e l’entità dei rischi connessi con le vibrazioni meccaniche rendono non necessaria una valutazione maggiormente dettagliata dei rischi”. Nonostante la non chiara formulazione della norma, si ritiene che l’inserimento della c.d. “giustificazione” (concetto introdotto con il D. Lgs. 25/2002 in materia di esposizione agli agenti chimici) debba avvenire solo nel caso il rischio vibrazione si riveli (sulla base di una valutazione preliminare) inesistente (o i livelli valutati siano inferiori ai livelli di azione e, pertanto, non importino l’applicazione della normativa in esame). Ciò comporta, come ulteriore e importante conseguenza, l’obbligo a carico del datore di lavoro di procedere, in ogni caso, alla “valutazione dei rischi vibrazione” anche in ipotesi di rischio prevedibilmente assente (nel qual caso la valutazione, se confermerà l’assenza di rischio, sarà “giustificata”).

La valutazione dei rischi così predisposta dovrà essere periodicamente aggiornata e, in particolare, dovrà essere revisionata nel caso vi siano stati significativi mutamenti ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne richiedano la necessità.

La mancata osservanza da parte del datore di lavoro (e, per alcune fattispecie, del dirigente) delle norme in materia di valutazione dei rischi, redazione e revisione del relativo documento è sanzionata penalmente (art. 12) con l’arresto (da tre a sei mesi) e l’ammenda da € 1.500,00 a € 4.000,00.

Dall’applicazione della norma in commento discendono, infine, in capo al datore di lavoro, ulteriori obblighi tra cui:

- l’attuazione di un programma di prevenzione e protezione volto a ridurre al minimo i livelli di esposizione (art. 5),

- l’obbligo di provvedere ad una adeguata formazione e informazione del lavoratore (art. 6)

- l’obbligo di una adeguata sorveglianza sanitaria (articoli 7 e 8) .

L’entrata in vigore degli obblighi di misurazione e valutazione del rischio è stata prevista con decorrenza 1° gennaio 2006.

Viene, invece, differita al 6 luglio 2010 l’entrata in vigore delle disposizioni concernenti l’obbligo del rispetto dei valori limite di esposizione, “in caso di attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori anteriormente al 6 luglio 2007 e che non permettono il rispetto dei valori limite di esposizione tenuto conto del progresso tecnico e delle misure organizzative messe in atto” (art. 13). Alle medesime condizioni e limitatamente al settore agricolo e forestale, l’obbligo del rispetto dei valori limite di esposizione, entra in vigore il 6 luglio 2014 (art. 13).

E’ importante, in conclusione, sottolineare che – recentemente – la giurisprudenza si è occupata in modo specifico del rischio costituito dalle vibrazioni. Con Sentenza n. 12248 del 30.3.2005, infatti, la Cassazione – Sezione Penale – ha confermato la condanna di un datore di lavoro per lesioni colpose cagionate ad una lavoratrice esposta a vibrazioni trasmesse al sistema mano – braccio (oltre che, nella fattispecie, a movimenti ripetuti) facendo applicazione del generale principio di cui all’art. 2087 del Codice Civile e all’art. 4 della Legge 626/1994, nonché in applicazione dell’art. 33 del DPR 33/1956. La sentenza conferma, peraltro, un orientamento già espresso dalla Suprema Corte nel 1999 (v. Cassazione 19 marzo 1999 che aveva confermato la condanna di un datore di lavoro per lesioni personali colpose gravi, per avere cagionato, per “colpa consistente in negligenza e inosservanza dell’art. 377 del D.p.r. 547/1955”, lesioni permanenti a un dipendente adibito a lavori di scavo con martello pneumatico produttivo di vibrazioni).

Se già in assenza di una disciplina specifica e organica in materia, la Cassazione aveva dimostrato particolare attenzione alla tutela della salute del lavoratore rispetto al rischio “vibrazioni”, c’è da attendersi, con l’entrata in vigore del D. Lgs. N. 187/2005, un ulteriore maggior rigore da parte della giurisprudenza nella valutazione delle responsabilità del datore di lavoro nel controllo del rischio specifico, controllo che inizia con una corretta e adeguata redazione della “valutazione dei rischi”.

Valutazione dei rischi: normativa di riferimento

DPR 303/1956, art. 24 La norma è stata espressamente abrogata dall’art. 13 del D. Lgs. N. 187/2005 unitamente alla voce 48 della Tabella delle lavorazioni allegata all’articolo 33 del medesimo decreto n. 303/1956

DLgs.626/1994 ·

Art. 4: DISPOSIZIONE GENERALE: prevede l’obbligo del datore di lavoro di valutare “tutti i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori…, anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro” e di elaborare (in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente ove previsto, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza) un documento da custodire in azienda contenente in particolare: a) una relazione sulla valutazione dei rischi con l’indicazione dei criteri adottati; b) l’individuazione delle misure di prevenzione e di protezione adottate; c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza. La valutazione dei rischi e il relativo documento sono rielaborati in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori. ·

Art. 52: prevede l’obbligo di analizzare, nella valutazione del rischio di cui all’art. 4, i posti di lavoro che prevedono l’uso di videoterminali, con riferimento ai rischi per la vista, ai problemi legati alla postura, all’affaticamento fisico o mentale, alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale. ·

art. 63 (introdotto con L. 66/00 e L. 25/02): obbliga il datore di lavoro a effettuare la valutazione del rischio da esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni i cui risultati sono riportati nel documento di cui all’art. 4 (v. sopra). Detta valutazione deve tener conto delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e frequenza, dei quantitativi prodotti o utilizzati, della loro concentrazione, della capacità degli stessi di penetrare nell’organismo, nonchè di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi è assorbimento cutaneo. Il documento di valutazione dei rischi (contenente anche i dati integrativi di cui ai commi 2 e 3) deve essere rinnovato in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall’ultima valutazione effettuata. ·

Art. 72 quater (introdotto con L. 25/02): Nella valutazione di cui all’art. 4 (v. sopra), il datore di lavoro ha l’obbligo di determinare preliminarmente l’eventuale presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro e valutarne i relativi rischi (presi singolarmente o in combinazione tra loro), prendendo in considerazione le loro proprietà pericolose, le informazioni sulla salute e sicurezza comunicate dal produttore o dal fornitore, il livello, il tipo e la durata dell’esposizione, le circostanze in cui viene svolto il lavoro in presenza di tali agenti, compresa la quantità degli stessi, i valori limite di esposizione professionale o i valori limite biologici (allegati VIII-ter ed VIII-quater), gli effetti delle misure preventive e protettive adottate o da adottare, se disponibili, le conclusioni tratte da eventuali azioni di sorveglianza sanitaria già intraprese. La valutazione del rischio deve essere aggiornata periodicamente e, comunque, in occasione di notevoli mutamenti che potrebbero averla resa superata ovvero quando i risultati della sorveglianza medica ne mostrino la necessità e può includere la giustificazione che la natura e l’entità dei rischi connessi con gli agenti chimici pericolosi rendono non necessaria un’ulteriore loro valutazione maggiormente dettagliata ·

Art. 78: Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui all’art. 4 (v. sopra), deve tenere conto di tutte le informazioni disponibili relative alle caratteristiche dell’agente biologico e delle modalità lavorative, applicando i principi di buona prassi microbiologica, aggiornando la valutazione in occasione di modifiche dell’attività lavorativa significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall’ultima valutazione effettuata. ·

art. 88 quinques (introdotto con L. 233/2003): Il datore di lavoro, nell’assolvere all’obbligo generale di cui all’art. 4, deve valutare i rischi specifici derivanti da atmosfere esplosive, tenendo conto almeno della loro probabilità e durata, della probabilità che le fonti di accensione siano presenti e divengano attive ed efficaci, delle caratteristiche dell’impianto, delle sostanze utilizzate, dei processi e loro possibili interazioni, della entità degli effetti prevedibili.

D.Lgs.n. 277/92 · Art. 24: impone la valutazione dei rischi per tutte le attività lavorative per le quali sussiste il rischio di esposizione alla polvere proveniente dall’amianto e dai materiali contenenti amianto. La valutazione deve essere rinnovata ogni qualvolta si verifichino modifiche che possono comportare un mutamento significativo dell’esposizione e, comunque, ogni tre anni, nonchè ogni qualvolta l’organo di vigilanza lo disponga con provvedimento motivato. · Art. 11: impone la redazione del documento di valutazione del rischio nel caso di attività che possano comportare l’esposizione al piombo· Art. 40: prevede l’obbligo di redazione del documento di valutazione dei rischi per tutte le attività che possano comportare esposizione al rumore

D.Lgs.n. 187/2005 (di cui, più diffusamente al testo) Art. 4: - Valutazione del rischio vibrazioni (banche dati, indicazione produttore ed eventualmente misurazioni tenendo conto dei criteri orientativi di cui al comma 6) - Redazione documento di valutazione del rischio (contenente, in caso di rischio accertato assente, giustificazione); - revisione periodica.