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Rivista Sistema 231 - 1/2021

Copertina rivista 231
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Massimo Golfieri

Berlin, Brandenburger Tor 1989

Nei giorni della caduta del Muro di Berlino i media divulgarono viralmente le scene di festa, ragazzi armati di martelli e scalpelli che cercavano di contribuire alla frantumazione del famigerato muro, tutto cemento armato prussiano/sovietico durissimo da intaccare, rabbia e gioia insieme, voglia di liberazione, di riunificazione del Paese e della città.

Arrivai a Berlino Ovest subito dopo il 9 novembre con un treno della notte da Amsterdam. Berlino era elettrizzata dall’evento, ma anche piena di inquietudini per il futuro; le stesse istituzioni dell’ovest e dell’est, decisamente in confusione per via del grande evento, tentavano di organizzarsi per riuscire a gestire la situazione.

Iniziai a fare fotografie in città, a ovest e a est, dove per altro le istituzioni mantenevano ancora, vanamente, la loro apparente forza e antica severità che oramai aveva assunto aspetti grotteschi.

Dopo un decina di giorni, in un novembre freddo, grigio e piovoso, venne celebrata l’apertura ufficiale e istituzionale del Muro a Brandenburger Tor, uno dei luoghi più significativi di Berlino, davanti a una folla immensa di gente che premeva. Per 28 anni la Porta di Brandeburgo era rimasta a est del muro e lì ora c’era tutta la Città che aspettava, l’emozione era forte nella luce già scarsa del primo pomeriggio. Rimasi colpito dai volti della gente che guardavano verso il muro come in attesa di un’apparizione, o magari della scomparsa di quel qualcosa che per lunghi anni aveva impedito di vedere oltre.

Un’odiosa prigione da cui stavano per uscire definitivamente per incontrarsi, per passeggiare lungo Unter den Linden, per riunire le famiglie e ritornare un Paese unito.

Nel mio racconto non risalta solo la “festa”, ma piuttosto il velo di germanica compostezza, gioia e preoccupazione per l’enormità dell’evento e per il futuro. Scattai molte foto a quella gente, ai visi bagnati dalla pioggia, voltando anche le spalle al Muro superstar, già troppo frequentato e rappresentato attraverso i media. Spesso non ci si rende conto di stare attraversando un momento storico, ma quel giorno, sentii che stavo vivendo uno di quei momenti che fanno la storia, che fa rima con Memoria, ma che nella realtà spesso non combina con quella.

Trent’anni dopo ho riguardato i negativi delle foto che avevo scattato in quei giorni e che avevo conservato in archivio. Negli anni ne avevo stampati solo una decina ma, guardandoli tutti insieme, mi sono reso conto che raccontavano una cosa particolare e per me molto stimolante. In vista della celebrazione del trentennale della Caduta del Muro nel novembre 2019, ho pensato che questo racconto fotografico potesse essere reso pubblico, che avesse un suo significato anche a distanza di tanto tempo.

Quelle immagini in bianco e nero mostrano un momento che mi sembra così lontano.

La Storia si tramanda attraverso le interpretazioni di chi la racconta, spesso soggettive, così, per scelta coerente, ho deciso di colorare le fotografie e mostrarle attraverso la mia personale visione cromatica.

La fotopittura è una tecnica che ho già utilizzato in altri miei lavori. Mi permette di dare alle fotografie i colori della memoria, di esaltare atmosfere, di trasformare una scena drammatica in fiabesca, perfino di falsificare quello che voglio, con animistica ambiguità creativa e con ironia. Ho unito la tecnica della stampa fotografica su carta ai sali d’argento alla pittura, attraverso l’arte del fotoritocco con pigmenti all’albumina, quella che i Pittorialisti usavano prima dell’avvento della fotografia a colori per rendere più poetiche le proprie immagini.

 

Massimo Golfieri

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