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Società - Tribunale di Roma: obbligatoria la nomina del rappresentante comune in caso di comproprietà della partecipazione sociale

Con la sentenza in commento, il Tribunale di Roma ritiene che in caso di comproprietà della partecipazione sociale la mancata nomina di un rappresentante comune dei comunisti comporta un difetto di legittimazione attiva della singola erede in ordine alla prosecuzione del giudizio cautelare, che pertanto deve essere interrotto.

La pronuncia della sezione specializzata del Tribunale delle Imprese si colloca nell’ambito di un ricorso per la sospensione dell’efficacia della delibera assembleare di una s.r.l., la cui compagine sociale è composta unicamente dal ricorrente nella misura del 10% e dal resistente nella misura del 90%. Intervenuto il decesso di parte ricorrente, la resistente eccepisce che sia dichiarata l’interruzione del giudizio per difetto di legittimazione dell’erede del de cuius. È, infatti, stabilito nello Statuto che nel caso di comproprietà di una partecipazione, i diritti dei comproprietari devono essere esercitati da un rappresentante comune nominato secondo le modalità previste dalle norme sulla comunione e che “le partecipazioni sono liberamente trasferibili per successione mortis causa, ma in caso di continuazione  della società con più eredi del socio defunto gli stessi dovranno nominare un rappresentante comune”.

La Corte, richiamando quanto già in precedenza affermato, ricorda che la comproprietà della partecipazione sociale si risolve in una comunione ordinaria avente per oggetto la quota sociale, da intendersi come bene (mobile) immateriale. Pertanto è applicabile la corrispondente disciplina privatistica con l’unica eccezione della necessità e non soltanto della possibilità della nomina del rappresentante comune dei comunisti, da intendersi come mandatario dei comproprietari. Questi svolge funzioni di amministratore della quota comune ed è chiamato a prendere “le decisioni necessarie all’ordinaria amministrazione della stessa, fornendo il necessario impulso all’attività sociale e compiendo tutte le scelte che competerebbero al socio unico”, fatta eccezione per gli atti di straordinaria amministrazione. Alla base di tale nomina è da rinvenirsi la necessità di assicurare il corretto e trasparente svolgimento dei rapporti fra società e comunisti, nonché l’individuazione di un unico interlocutore con la società, sia essa una s.p.a. o una s.r.l..

Ancora, i giudici escludono la possibilità di una iniziativa autonoma e/o concorrente da parte del singolo comproprietario per quanto attiene l’esercizio del potere di voto e di impugnazione, in quanto il rappresentante comune è l’unico legittimato all’esercizio di tutti i diritti che per statuto o per legge spettano ai comproprietari. Se questa soluzione vale per le impugnazioni di deliberazioni assembleari, la stessa può darsi per il caso di sospensione dell’efficacia esecutiva di deliberazione assembleare.

Per queste ragioni, nel caso di specie, il Tribunale, preso atto della mancata nomina del rappresentante comune da parte dei contitolari della quota del ricorrente defunto, dichiara l’interruzione del giudizio cautelare per difetto di legittimazione attiva della singola erede in ordine alla prosecuzione del giudizio. 

La pronuncia è integralmente consultabile in Giurisprudenza delle Imprese.

(Tribunale di Roma - Sezione specializzata Tribunale delle Imprese - Terza Sezione Civile, Ordinanza 18 febbraio 2015)

Con la sentenza in commento, il Tribunale di Roma ritiene che in caso di comproprietà della partecipazione sociale la mancata nomina di un rappresentante comune dei comunisti comporta un difetto di legittimazione attiva della singola erede in ordine alla prosecuzione del giudizio cautelare, che pertanto deve essere interrotto.

La pronuncia della sezione specializzata del Tribunale delle Imprese si colloca nell’ambito di un ricorso per la sospensione dell’efficacia della delibera assembleare di una s.r.l., la cui compagine sociale è composta unicamente dal ricorrente nella misura del 10% e dal resistente nella misura del 90%. Intervenuto il decesso di parte ricorrente, la resistente eccepisce che sia dichiarata l’interruzione del giudizio per difetto di legittimazione dell’erede del de cuius. È, infatti, stabilito nello Statuto che nel caso di comproprietà di una partecipazione, i diritti dei comproprietari devono essere esercitati da un rappresentante comune nominato secondo le modalità previste dalle norme sulla comunione e che “le partecipazioni sono liberamente trasferibili per successione mortis causa, ma in caso di continuazione  della società con più eredi del socio defunto gli stessi dovranno nominare un rappresentante comune”.

La Corte, richiamando quanto già in precedenza affermato, ricorda che la comproprietà della partecipazione sociale si risolve in una comunione ordinaria avente per oggetto la quota sociale, da intendersi come bene (mobile) immateriale. Pertanto è applicabile la corrispondente disciplina privatistica con l’unica eccezione della necessità e non soltanto della possibilità della nomina del rappresentante comune dei comunisti, da intendersi come mandatario dei comproprietari. Questi svolge funzioni di amministratore della quota comune ed è chiamato a prendere “le decisioni necessarie all’ordinaria amministrazione della stessa, fornendo il necessario impulso all’attività sociale e compiendo tutte le scelte che competerebbero al socio unico”, fatta eccezione per gli atti di straordinaria amministrazione. Alla base di tale nomina è da rinvenirsi la necessità di assicurare il corretto e trasparente svolgimento dei rapporti fra società e comunisti, nonché l’individuazione di un unico interlocutore con la società, sia essa una s.p.a. o una s.r.l..

Ancora, i giudici escludono la possibilità di una iniziativa autonoma e/o concorrente da parte del singolo comproprietario per quanto attiene l’esercizio del potere di voto e di impugnazione, in quanto il rappresentante comune è l’unico legittimato all’esercizio di tutti i diritti che per statuto o per legge spettano ai comproprietari. Se questa soluzione vale per le impugnazioni di deliberazioni assembleari, la stessa può darsi per il caso di sospensione dell’efficacia esecutiva di deliberazione assembleare.

Per queste ragioni, nel caso di specie, il Tribunale, preso atto della mancata nomina del rappresentante comune da parte dei contitolari della quota del ricorrente defunto, dichiara l’interruzione del giudizio cautelare per difetto di legittimazione attiva della singola erede in ordine alla prosecuzione del giudizio. 

La pronuncia è integralmente consultabile in Giurisprudenza delle Imprese.

(Tribunale di Roma - Sezione specializzata Tribunale delle Imprese - Terza Sezione Civile, Ordinanza 18 febbraio 2015)