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La locazione tra comproprietari

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La locazione tra comproprietari

Diritti ed obblighi del comproprietario non locatore e del comproprietario conduttore

 

Dopo un ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale, la pronuncia a Sezioni Unite del 4.7.2012 n. 11135 della Suprema Corte di Cassazione ha costituito una pietra miliare nella qualificazione del rapporto giuridico intercorrente tra comproprietario locatore e conduttore terzo.

La Corte della nomofilachia ha confermato, in premessa, la legittimità del contratto di locazione sottoscritto da uno dei comproprietari del bene comune, “anche all'insaputa degli altri, purché il suddetto comproprietario abbia la disponibilità del bene comune e sia in grado di adempiere la fondamentale obbligazione del locatore, e cioè quella di consentire il godimento del bene al conduttore; la concessione in locazione di un immobile non costituisce, quindi, atto esclusivo del proprietario, potendo legittimamente assumere veste di locatore anche colui che abbia la mera disponibilità del bene medesimo sempre che tale disponibilità sia determinata da titolo non contrario a norme d'ordine pubblico”.

Dunque, confermando che la locazione svolge pienamente i suoi effetti anche quando il locatore abbia violato i limiti dei poteri che gli spettano ex art. 1105 e ss. Cod. civ, si afferma che la semplice disponibilità, determinata da titolo non contrario a norme d’ordine pubblico, del bene comune, e la capacità di consentire al conduttore il godimento del bene, permettono al comproprietario “anche all’insaputa degli altri”, di concedere in locazione il bene comune.

Va da sé che, al contrario, la manifestata opposizione degli altri comproprietari, prima della sottoscrizione del contratto, impedisce che esso possa essere validamente concluso.

Prosegue il Supremo Collegio a Sezioni Unite analizzando un ampio excursus delle differenti posizioni emerse nel corso degli anni nella giurisprudenza di legittimità in merito alla “legittimazione del comproprietario non locatore ad agire direttamente per l'esercizio dei diritti e dei poteri contrattuali derivanti dalla stipulazione del contratto da parte dell'altro comproprietario” e specialmente alla natura della sua qualificazione giuridica.

In sintesi, la Suprema Corte indica tre distinte ipotesi interpretative: la prima, individuata nell’istituto del mandato senza rappresentanza, dal quale discende l’esercizio diretto da parte del mandante locatore non comproprietario del diritto ad esigere la misura del canone corrispondente alla titolarità del diritto reale pro quota; la seconda nella gestione utile nell'interesse comune con esclusione di qualsiasi interferenza del locatore non comproprietario nell'esercizio dei diritti contrattuali; la terza, sull'equivalenza dei poteri gestori dei comproprietari in ordine al bene comune anche quando uno solo dei comunisti ne abbia trasferito il diritto di godimento.

All’esito dell’articolata argomentazione svolta, la Suprema Corte addiviene a pronunciare il seguente principio di diritto: “La locazione della cosa comune da parte di uno dei comproprietari rientra nell'ambito di applicazione della gestione di affari ed è soggetta alle regole di tale istituto, tra le quali quella di cui all'art. 2032 c.c., sicché, nel caso di gestione non rappresentativa, il comproprietario non locatore potrà ratificare l'operato del gestore e, ai sensi dell'art. 1705 c.c., comma 2, applicabile per effetto del richiamo al mandato contenuto nel citato art. 2032 cod. civ., esigere dal conduttore, nel contraddittorio con il comproprietario locatore, la quota dei canoni corrispondente alla quota di proprietà indivisa".

Pertanto, la qualificazione giuridica del rapporto intercorrente tra comproprietario non locatore e comproprietario locatore viene individuata dalla Corte di Cassazione, nella propria più alta adunanza, nella gestione di affari altrui, disciplinata dagli artt. 2028 e ss. Cod. civ., la quale, a mente dell’art. 1173 Cod. civ., ricomprende quei fatti che sono fonte di obbligazioni e dalla quale, dunque, scaturiscono i conseguenti obblighi per il gestore e per l’interessato.

Nella specie, le norme codicistiche prevedono che alla ratifica dell’interessato conseguano gli effetti propri del mandato, e tra questi, quindi, secondo l’insegnamento espresso dalla Corte di legittimità, è ricompresa la facoltà per il mandante (id est, per l’interessato) di esercitare i diritti di credito derivanti dall’esecuzione del mandato, il che si declina, nel caso di contratto di locazione sottoscritto da uno solo dei comproprietari, nel diritto per il comproprietario non locatore, che abbia ratificato la gestione di affari del comproprietario locatore, di esigere dal conduttore la quota parte del canone di locazione ad esso spettante secondo la misura della propria quota del bene comune.

La ratifica, peraltro, può essere espressa senza formalità particolari, potendo essa consistere nella stessa domanda rivolta al conduttore di pagamento dei canoni di locazione. Tuttavia, tale atto non ha efficacia retroattiva, e dunque l’azione spettante al comproprietario non locatore nei confronti del conduttore dovrà riguardare esclusivamente la quota parte dei canoni maturandi successivamente all’avvenuta ratifica (cfr. Cass. Civ. Sez. III n. 25433 del 10.10.2019).

Alla medesima conclusione perviene, inoltre, il Supremo Collegio, con una più recente pronuncia (Cass. Civ. Sez. III n. 20885 del 18.7.2023), in relazione al caso in cui la veste di conduttore sia stata assunta da un terzo comproprietario, al quale uno dei comproprietari, che aveva la disponibilità del bene comune, lo abbia ad esso concesso in locazione, all’insaputa dell’altro.

Si afferma, infatti, come la logica indicata dalle Sezioni Unite ed individuata nella gestione di affari altrui, possa essere pacificamente applicata anche a tale fattispecie.

In particolare, insegna la Corte di Cassazione, non si profila alcuna incompatibilità tra la posizione del comproprietario conduttore e quella dell’interessato alla stipula della locazione, poiché si tratta di posizioni giuridicamente distinte. Semmai, precisa il Supremo Collegio, “il comproprietario che riceve la res in locazione dovrà essere considerato – per un evidente principio di non contraddizione – automaticamente ratificante, per così dire illico et immediate l’operato del suo collega stipulante come locatore.