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Ipoteca, convalida e art. 2824 c.c.

Altalena
Ph. Luca Martini / Altalena

Ipoteca, convalida e art. 2824 c.c.

L’art. 2824 c.c., a norma del quale “l’iscrizione di ipoteca eseguita in virtù di un titolo annullabile rimane convalidata con la convalida del titolo”, contrasta con gli artt. 1247 c.c., 2870 c.c., 1208 c.c. ed anche con il principio generale ricavabile dall’art. 1452 c.c. .

The art. 2824 of the Civil Code, according to which "the registration of a mortgage performed by virtue of a voidable title remains validated with the validation of the title", contrasts with the articles 1247 of the civil code, 2870 of the civil code, 1208 of the civil code and also with the general principle obtainable from art. 1452 of the civil code .

 

L’art. 1444 c.c. prevede che “il contratto annullabile può essere convalidato dal contraente al quale spetta l'azione di annullamento, mediante un atto che contenga la menzione del contratto e del motivo di annullabilità, e la dichiarazione che s'intende convalidarlo”. Il comma 2 precisa che “il contratto è pure convalidato, se il contraente al quale spettava l'azione di annullamento vi ha dato volontariamente esecuzione conoscendo il motivo di annullabilità”.

A norma dell’art. 2824 c.c.,l’iscrizione di ipoteca eseguita in virtù di un titolo annullabile rimane convalidata con la convalida del titolo”.

Tizio deve adempiere verso Caio in virtù di un contratto, e tale adempimento viene garantito da Sempronio mediante ipoteca iscritta su un bene di proprietà di quest’ultimo.

Tizio viene a conoscenza del fatto che il contratto presenta un vizio di annullabilità che lo legittimerebbe a domandare l’annullamento del contratto.

Tizio, nonostante ciò, decide di convalidare tale vizio, e quindi sceglie di adempiere comunque l’obbligazione: in tal caso, l’ipoteca iscritta da Sempronio conserva automaticamente la propria validità.

Si tratta di vedere se la conservazione della validità dell’ipoteca iscritta dal “terzo datore” (ossia Sempronio), nel caso in cui il debitore principale abbia convalidato il vizio di annullabilità del contratto (e quindi anche dell’obbligazione su di lui gravante), possa essere effettivamente ritenuta legittima, oppure se la stessa contrasti con altre norme del codice civile.

• I motivi per i quali l’art. 2824 c.c. appare essere legittimo sono i seguenti.

Ai sensi dell’art. 2852 c.c., “l'ipoteca prende grado dal momento della sua iscrizione, anche se è iscritta per un credito condizionale”.

Pertanto, è valida anche l’ipoteca iscritta per un credito la cui esistenza, e quindi la cui esigibilità, è sottoposta a condizione.

Di conseguenza, se l’ipoteca si considera validamente costituita anche quando ha lo scopo di garantire il soddisfacimento di un credito che tuttavia non è ancora certo nella sua esistenza, dovrà ritenersi, a maggior ragione, come legittimo il principio (art. 2824 c.c.) in base al quale l’ipoteca permane in tutta la propria validità anche nel caso in cui l’obbligazione garantita, che inizialmente era invalida, sia stata successivamente convalidata dal debitore ex art. 1444 c.c. .

L’art. 2878 c.c. prevede che l’ipoteca si estingue “con l'estinguersi dell'obbligazione”.

La convalida di cui all’art. 1444 c.c. costituisce un mezzo tramite cui il debitore intende confermare la piena validità dell’obbligazione da egli assunta, nonostante che questa presenti un vizio di annullabilità, e con la quale quindi egli si assume l’impegno di eseguire comunque la prestazione.

Di conseguenza, fino a quando quest’ultima non sarà stata adempiuta e cioè fin quando l’obbligazione non sarà stata estinta, la garanzia del terzo datore di ipoteca sarà destinata a rimanere del tutto efficace, potendo essa estinguersi solo all’atto dell’adempimento da parte del debitore.

L’art. 2869 c.c. stabilisce che “l'ipoteca costituita dal terzo si estingue se, per fatto del creditore, non può avere effetto la surrogazione del terzo nei diritti, nel pegno, nelle ipoteche e nei privilegi del creditore”.

La garanzia ipotecaria rilasciata dal terzo viene definitivamente a cessare solo quando, per colpa del creditore, il quale non abbia fatto valere i propri diritti entro i termini e con i modi previsti, il terzo stesso non possa subentrare nelle ragioni del creditore stesso e quindi non possa agire in regresso nei confronti del debitore principale.

Di conseguenza, la medesima garanzia non può cessare nel diverso caso in cui (art. 2824 c.c.) non soltanto il creditore sia ancora nei termini per poter esigere l’adempimento dal debitore, ma quest’ultimo abbia deciso di rinunciare ad opporre al creditore l’annullabilità del contratto preferendo, attraverso la convalida di tale vizio, eseguire l’adempimento.

L’art. 1197 comma 3 c.c. prevede che, quando il debitore, anziché eseguire la prestazione dedotta in contratto, ne esegue un’altra (con il consenso del creditore), “non rivivono le garanzie prestate dai terzi”.

La ratio della liberazione del terzo dalla garanzia risiede nel fatto che quest’ultima era strettamente correlata alla tipologia di prestazione dedotta nel contratto, e quindi all’adempimento degli obblighi negozialmente assunti, e che pertanto la stessa non era, più genericamente, legata a “qualsivoglia” prestazione.

La scelta del debitore, previo consenso del creditore, di liberarsi dal vincolo presso quest’ultimo eseguendo “una prestazione diversa da quella dovuta”, viene fatta perché il debitore non è riuscito, per vari motivi, a soddisfare la specifica obbligazione dedotta in contratto. D’altra parte il creditore, anziché chiedere la risoluzione per inadempimento con annesso risarcimento del danno, accetta di ricevere una prestazione alternativa, che, in base alla norma, può essere di valore uguale od anche maggiore rispetto a quella originaria che è rimasta inadempiuta.

Pertanto, quella che è la “scelta” del debitore, in realtà dipende dalla discrezionalità del creditore, il quale potrebbe anche, legittimamente, non accettare la prestazione diversa ed agire invece per la risoluzione.

Con la convalida ex art. 1444 c.c., invece, il debitore conferma l’impegno di adempiere solo ed esclusivamente l’obbligazione indicata nel contratto. Pertanto tale ipotesi è diversa da quella di cui all’art. 1197 comma 3 c.c.:

nel primo caso il debitore, pur potendo agire contro il creditore al fine di ottenere l’annullamento del contratto, preferisce rinunciare a tale azione di tutela e decide di soddisfare ugualmente il diritto del creditore;

nel secondo caso, invece, il debitore non è riuscito ad eseguire la prestazione dedotta in contratto e quindi  chiede al creditore (che accetta) di poter eseguire una prestazione diversa da quella contrattuale. 

La permanenza della garanzia ipotecaria del terzo datore appare più giustificabile nel primo caso, in cui il debitore è comunque intenzionato ad eseguire la prestazione indicata nel contratto, piuttosto che nel secondo caso, in cui si assiste ad una sostanziale “resa” del debitore stesso, il quale, per non essere esposto all’azione legale del creditore, gli propone di accettare una prestazione differente da quella originariamente concordata. Nel primo caso il debitore è vittima del vizio di annullabilità e decide, malgrado ciò, di convalidarlo, mentre, nel secondo caso, egli è colpevole di non essere riuscito a soddisfare il creditore nei modi previsti dal contratto, e quindi un persistere, in tale ipotesi, della garanzia del terzo datore, costituirebbe per quest’ultimo un’ingiustificata imposizione (ingiustificata, appunto, perché legata ad una colpa del debitore).

Di conseguenza, l’art. 2824 c.c., a norma del quale l’ipoteca iscritta in base ad un contratto annullabile rimane convalidata con la convalida del vizio di annullabilità, appare legittimo, alla luce della differente fattispecie di cui all’art. 1197 comma 3 c.c. .

L’art. 1275 c.c. stabilisce quanto segue: “in tutti i casi nei quali il creditore libera il debitore originario, si estinguono le garanzie annesse al credito, se colui che le ha prestate non consente espressamente a mantenerle”.

Il principio generale è quello in base al quale, quando al debitore originario sia subentrato un altro soggetto, ed il creditore, a seguito di tale subentro, abbia liberato il debitore originario, il terzo garante può anche non consentire il mantenimento della propria obbligazione e quindi può liberarsi.

Quindi, la garanzia del terzo viene cessare quando il debitore originario è stato liberato dal creditore a seguito della sostituzione del debitore stesso, ossia quando il creditore ha deciso, in base a sue valutazioni basate sulla fiducia riposta nella persona del nuovo debitore, di liberare il debitore originario.

Pertanto, la liberazione del terzo garante (nel nostro caso, il datore di ipoteca) avviene quando il debitore originario viene liberato.

Invece, nel caso dell’art. 2824 c.c., non vi è liberazione del debitore, anzi, quest’ultimo, pur sapendo che la sua obbligazione è annullabile, la convalida e quindi dimostra di voler comunque adempiere, ossia di non voler essere liberato.

Pertanto, vista la oggettiva diversità delle due fattispecie – ossia quella dell’art. 1275 c.c. e quella dell’art. 2824 c.c. – appare corretto che l’art. 2824 c.c. stabilisca la permanenza della garanzia ipotecaria.

Inoltre, ai sensi dell’art. 1276 c.c., “se l'obbligazione assunta dal nuovo debitore verso il creditore è dichiarata nulla o annullata, e il creditore aveva liberato il debitore originario, l'obbligazione di questo rivive, ma il creditore non può valersi delle garanzie prestate dai terzi”.

La garanzia del terzo non rivive, e quindi cessa, quando l’obbligazione assunta da chi è subentrato nella qualità di debitore venga annullata.

La norma non prevede espressamente la possibilità che il nuovo debitore, nonostante la presenza di un vizio di annullabilità, convalidi l’obbligazione. Tuttavia, essendo la facoltà della convalida prevista nell’ambito della disciplina generale del contratto (art. 1444 c.c.), deve ritenersi che la stessa costituisca un principio generale, come tale applicabile anche a chi si è trovato a subentrare nella qualità di debitore, e che pertanto tale facoltà possa essere esercitata anche da quest’ultimo.

La norma, prevedendo che la garanzia del creditore cessa nel caso in cui l’obbligazione venga annullata, automaticamente lascia intendere che invece tale garanzia permanga nell’ipotesi in cui l’obbligazione venga convalidata dal nuovo debitore.

Quindi, l’art. 2824 c.c., il quale prevede che l’ipoteca rimane convalidata con la convalida dell’obbligazione principale, trova un “conforto” nell’art. 1276 c.c., in quanto anche tale norma prevede lo stesso principio.

• I motivi per i quali l’art. 2824 c.c. NON appare essere legittimo sono i seguenti.

Ai sensi dell’art. 1247 c.c., il terzo datore di ipoteca può opporre al creditore la compensazione che avrebbe potuto opporre il debitore principale.

La compensazione, a norma dell’art. 1246 c.c., è rinunciabile in via preventiva da parte del debitore.

Ebbene, l’art. 1247 c.c. non dice che il terzo datore di ipoteca può opporre la compensazione “a meno che il debitore vi abbia rinunciato”. Esso non pone alcun limite a tale opposizione, e quindi il terzo potrà eccepire la compensazione anche nel caso in cui il debitore vi abbia preventivamente rinunciato.

Il terzo datore, come può liberarsi dalla propria obbligazione di garanzia opponendo un’eccezione (la compensazione) che il debitore ha rinunciato a sollevare, così potrà liberarsi anche nel caso in cui il debitore, pur potendo eccepire l’annullamento del contratto (e quindi dell’obbligazione gravante su di lui), vi abbia rinunciato (esattamente come nel caso della compensazione), preferendo optare per la convalida del vizio di annullabilità.

Non si vede per quale ragione la rinuncia alla compensazione possa comunque consentire al terzo datore di ipoteca di opporre al creditore la relativa eccezione, mentre la rinuncia all’annullamento del contratto (rinuncia tacita, che è rappresentata dalla convalida, da parte del debitore, del vizio di annullabilità) non possa permettere al suddetto terzo di opporre al creditore l’annullamento stesso. In entrambi i casi abbiamo due rinunce del debitore, che, come tali, dovrebbero essere trattate allo stesso modo.

Ai sensi dell’art. 2870 c.c., “il terzo datore che non ha preso parte al giudizio diretto alla condanna del debitore può opporre al creditore le eccezioni indicate dall'articolo 2859”.

L’art. 2859 c.c. prevede che il terzo acquirente dei beni ipotecati, nel caso in cui abbia trascritto il suo titolo di acquisto prima che il creditore proponesse domanda giudiziale volta ad ottenere la condanna del debitore per inadempimento, può opporre al creditore procedente “tutte le eccezioni non opposte dal debitore e quelle altresì che spetterebbero a questo dopo la condanna”.

Ebbene, per effetto del rimando operato dall’art. 2870 c.c., anche il terzo datore di ipoteca può opporre al creditore le suddette eccezioni.

Tra tali eccezioni figura anche quella relativa all’annullabilità del contratto, un’eccezione alla quale il debitore, attraverso la scelta di convalidare il vizio di annullabilità, aveva deciso di rinunciare (“eccezione non opposta”).

Di conseguenza, per effetto dell’art. 2870 c.c., la norma contenuta nell’art. 2824 c.c., il quale prevede la permanenza forzata della garanzia ipotecaria nel caso in cui il debitore abbia convalidato il vizio di annullabilità, appare illegittima.

Inoltre, l’art. 1208 c.c. disciplina l’offerta del debitore, ossia l’atto con cui quest’ultimo manifesta al creditore la volontà di adempiere.

L’ultimo comma di tale norma prevede che “il debitore può subordinare l'offerta al consenso del creditore necessario per liberare i beni dalle garanzie reali o da altri vincoli che comunque ne limitino la disponibilità”.

Quindi, il debitore, la cui obbligazione sia valida e per la quale pertanto non vi sono problemi di convalida, può subordinare il suo adempimento alla condizione che il bene di sua proprietà venga liberato dalle garanzie reali. Ci si aspetterebbe che la norma dicesse: il debitore, prima di ottenere la liberazione del bene dalle garanzie, deve comunque adempiere, nel senso che egli, appunto perché ancora debitore, non può pretendere di svincolarsi dalla garanzia da egli prestata se prima non adempie. La norma, invece, fornisce al debitore tale possibilità.

Al riguardo, si osserva che, se il debitore può ottenere (naturalmente con il consenso del creditore) la liberazione del bene di sua proprietà dalle garanzie da egli date per l’adempimento di un’obbligazione che era nata valida e che è rimasta tale, allora a questo punto il terzo datore di ipoteca, ossia un soggetto che ha fornito garanzie per un debito altrui, dovrebbe poter vedere cessata la propria obbligazione di garanzia nel caso in cui il debitore decida di convalidare l’obbligazione principale che era sorta come invalida. Altrimenti si crea una disparità di trattamento tra il caso in cui la garanzia sia fornita direttamente dal debitore, il quale può veder cessata tale garanzia prima ancora di aver adempiuto ad un’obbligazione che comunque è sempre stata valida, ed il caso in cui la garanzia sia fornita da un terzo (datore di ipoteca), il quale invece è costretto a mantenere la garanzia a favore di un debitore il quale, prima ancora di aver adempiuto, abbia ravvisato profili di illiceità dell’obbligazione da egli assunta e che, nonostante ciò, abbia deciso di convalidarla (infatti, a norma dell’art. 1444 comma 2 c.c., la convalida precede l’esecuzione del contratto, ossia il debitore prima convalida e poi adempie). Può ottenere la liberazione dalla garanzia il debitore prima ancora di adempiere ad un’obbligazione valida, e non può invece ottenere la stessa liberazione il terzo datore di ipoteca quando il debitore, prima ancora di adempiere, abbia deciso di convalidare l’obbligazione principale che era invalida.

Infine, in base all’art. 1451 c.c., “il contratto rescindibile non può essere convalidato”.

L’art. 1452 c.c. prevede che “la rescissione del contratto non pregiudica i diritti acquistati dai terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di rescissione”.

La rescissione costituisce proprio lo strumento mediante cui il contratto non viene convalidato.

Quindi la mancata convalida, ossia la cessazione del contratto a seguito della rescissione, non pregiudica i diritti acquistati dai terzi.

Pertanto, ragionando al contrario, la convalida, quando è ammessa (e cioè quando c’è un vizio di annullabilità), dovrebbe pregiudicare i diritti dei terzi, ivi compresi i terzi garanti (vedi il creditore ipotecario, ex art. 2824 c.c.): se la mancata convalida (ossia la rescissione) non compromette i diritti dei terzi, allora la convalida compromette tali diritti.

Ma – è questo il punto – la convalida, se si interpreta al contrario l’art. 1452 c.c., travolge solo i diritti dei terzi “acquirenti” (la norma, infatti, parla di diritti “acquistati dai terzi”), e non anche quelli dei terzi “garanti”, qual è il terzo datore di ipoteca, la cui garanzia quindi dovrebbe cessare nel caso in cui il debitore convalidi l’obbligazione principale.

Di conseguenza, l’art. 2824 c.c., a norma del quale l’iscrizione di ipoteca eseguita in virtù di un titolo annullabile rimane convalidata con la convalida del titolo”, contrasta con gli artt. 1247 c.c., 2870 c.c., 1208 c.c., nonché con il principio generale ricavabile dall’art. 1452 c.c. .