Acquisizione area di sedime (art. 31 dpr 380/2001) e precedente iscrizione ipotecaria

Nota a ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale delle SSUU, n. 583 del 08.1.2024
iscrizione ipotecaria
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Acquisizione area di sedime (art. 31 dpr 380/2001) e precedente iscrizione ipotecaria
 

L’art. 31 DPR 380/2001 deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo, per contrasto con gli artt. 3 e 42 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che sul terreno oggetto dell’acquisizione gratuita a favore del Comune non permane il diritto di ipoteca che era stato costituito a garanzia del creditore del proprietario che ha commesso l’illecito edilizio.

Ciò in virtù degli artt. 6 (comma 1) e 3 del D.lgs. 689/81, 2824 c.c. e 25 del DPR 327/2001

 

The art. 31 Presidential Decree 380/2001 must be declared constitutionally illegitimate, for contrast with the articles. 3 and 42 of the Constitution, in the part in which it does not provide that the mortgage right which had been established as a guarantee for the creditor of the owner who committed the building offense does not remain on the land subject to the free acquisition in favor of the Municipality.

This is by virtue of the articles. 6 (paragraph 1) and 3 of the Legislative Decree. 689/81, 2824 c.c. and 25 of Presidential Decree 327/2001

 

Le Sezioni Unite Civili – pronunciando su questione di massima di particolare importanza (rimessa dalla Sezione Terza con l’ordinanza interlocutoria n. 38143 del 30 dicembre 2022) – hanno dichiarato rilevante e non manifestamente infondata – in riferimento agli artt. 3, 24, 42 e 117, comma 1, Cost., nonché all’art. 1 del Protocollo Addizionale n. 1 della CEDU – la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 3, della l. n. 47 del 1985 e dell’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, nella parte in cui non prevedono – in caso di iscrizione di ipoteca giudiziale su di un terreno sul quale sia stato costruito un immobile abusivo, poi gratuitamente acquisito al patrimonio del Comune – la permanenza dell’ipoteca sul terreno a garanzia del creditore ipotecario.

L’art. 31 DPR 380/2001 (di seguito “DPR”) disciplina gli interventi edilizi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, e, al comma 3, prevede che “se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune”.

La norma non disciplina il caso in cui sul terreno che viene acquisito dal Comune sia stata precedentemente iscritta un’ipoteca giudiziale, e pertanto non reca alcuna norma relativa alla tutela del creditore ipotecario.

• I motivi per i quali la questione di legittimità costituzionale potrebbe ritenersi INFONDATA sono questi:

1) Ai sensi dell’art. 2878 n. 3) c.c., l’ipoteca si estingue “con l'estinguersi dell'obbligazione”.

In base alla disciplina civilistica, l’ipoteca si estingue solo quando il debitore abbia adempiuto all’obbligazione, oppure quando si siano verificati altri fatti qualificati dalla legge come estintivi. Se si applicasse la norma civilistica, anziché quella contenuta nell’art. 31 comma 3 DPR, il diritto del creditore ipotecario sul terreno dovrebbe essere fatto salvo anche dinanzi al diritto del Comune all’acquisizione gratuita del medesimo.

Pertanto, occorre vedere quale delle due discipline – privatistica o pubblicistica – debba prevalere.

L’art. 11 della Legge 241/90 stabilisce che, quando il privato concluda con la PA un accordo in sostituzione di un provvedimento oppure ad integrazione di quest’ultimo, la disciplina civilistica sulle obbligazioni ed i contratti si applica solo ove essa sia compatibile con la natura “pubblicistica” dell’accordo.

Vero è che ci sono altri casi in cui l’applicabilità della normativa civilistica in tema di rapporti tra la PA ed il privato viene sancita senza il predetto limite: è il caso dell’art. 12 del D.lgs. 36/2023 (Codice dei Contratti Pubblici), il quale prevede che alla stipula ed all’esecuzione dei contratti si applicano le norme civilistiche senza alcun limite di compatibilità. Ma si tratta di norme speciali, mentre quella contenuta nell’art. 11 Legge 241/90 è una norma generale.

Il ragionamento è allora il seguente: se la disciplina pubblicistica può prevalere su quella privatistica anche quando il privato concluda accordi con la PA in sostituzione del provvedimento amministrativo, si dovrà ritenere che la medesima disciplina (in tal caso, l’art. 31 comma 3 DPR) debba prevalere, a maggior ragione, quando il privato, anziché sottoscrivere un accordo con la PA, abbia commesso un illecito nei confronti di quest’ultima, ragion per cui l’art. 2878 n. 3 c.c., a norma del quale il creditore decade dalla garanzia ipotecaria solo quando l’obbligazione si sia estinta, deve inevitabilmente cedere il passo all’art. 31 comma 3 DPR, a norma del quale la PA acquisisce, di diritto e gratuitamente, il terreno sul quale è stato costruito l’immobile abusivo, acquisizione dinanzi alla quale il diritto del creditore ipotecario diviene inefficace.

2) Ai sensi dell’art. 11 comma 2 DPR, il permesso di costruire “non incide sulla titolarità dei diritti reali relativi alla costruzione realizzata per effetto del suo rilascio”. La norma, quando parla di “diritti reali”, non specifica se debba trattarsi di “diritti di godimento” oppure anche di “diritti di garanzia”, e pertanto si ritiene che essa si riferisca anche a questa seconda categoria, nella quale rientra l’ipoteca.

L’espressione “non incide” si presta ad essere interpretata nel senso che se sull’edificio, costruito a seguito del rilascio del permesso, era stata iscritta un’ipoteca, tutte le vicende successive che dovessero riguardare il permesso (p. es. annullamento di quest’ultimo in autotutela) non intaccheranno la garanzia ipotecaria, e pertanto il diritto del creditore rimarrà salvo. Tant’è vero che l’art. 38 DPR, rubricato “interventi eseguiti in base a permesso annullato”, prevede espressamente l’eventualità che non sia possibile “la restituzione in pristino”, ossia l’abbattimento della costruzione, e stabilisce che in tali casi la PA possa soltanto applicare al proprietario una sanzione pecuniaria (fermi restando tutti i dubbi avanzabili sulla legittimità costituzionale di una norma la quale punisce il titolare del permesso per essere questo stato rilasciato illegittimamente dalla PA!). L’art. 38 DPR costituisce, quindi, un’ulteriore conferma della salvaguardia del diritto di ipoteca.

Tuttavia la fattispecie descritta dalla norma è diversa da quella oggetto dell’ordinanza in commento, e ciò per due ragioni: quest’ultima, in primo luogo, affronta il problema del mantenimento della garanzia ipotecaria sul terreno, e non sulla costruzione; in secondo luogo, riguarda il caso non di un eventuale annullamento in autotutela del permesso di costruire, e cioè di una illegittimità riconducibile al comportamento della PA, bensì di una costruzione che è stata realizzata in difformità dal permesso (o, addirittura, in assenza del medesimo), e cioè di una illegittimità riconducibile al comportamento del privato. Quindi, in tal caso, la formula “non incide”, utilizzata dall’art. 11 comma 2 DPR per salvaguardare i diritti reali costituiti sulla costruzione, non può essere applicata, con la conseguenza che l’acquisizione del terreno, prevista dall’art. 31 comma 3 DPR a seguito dell’abuso edilizio, non può far salva la garanzia ipotecaria che sul terreno stesso era stata costituita.

3) L’art. 26 comma 3 DPR 327/2001 prevede che se il bene oggetto di esproprio è gravato da ipoteca, “al proprietario è corrisposta l'indennità previa esibizione di una dichiarazione del titolare del diritto di ipoteca, con firma autenticata, che autorizza la riscossione della somma”. Cosa succede se il creditore ipotecario non autorizza il proprietario a riscuotere la somma? Tale mancata autorizzazione può essere dettata dal fatto che il creditore ipotecario non si accontenta di una “indennità”, in quanto egli vuole soddisfarsi per il valore del suo credito. Tant’è vero che, ai sensi del comma 6 della stessa norma, la Cassa Depositi e Prestiti può procedere al pagamento dell’indennità solo ove non via sia stata opposizione da parte dei “terzi”, per tali dovendosi intendere anche i titolari di diritti reali di garanzia.

Allora una tesi potrebbe essere questa: il diritto del creditore ipotecario, se viene tutelato quando il terreno viene sottoposto ad esproprio e quindi nel caso in cui il proprietario non abbia commesso alcun illecito edilizio, potrà, invece, subire una diminuzione di tutela nel caso in cui sul terreno sia stato posto in essere tale illecito.

 

I motivi per i quali la questione di legittimità costituzionale potrebbe ritenersi FONDATA sono questi:

1) Ritenere che l’illecito commesso dal proprietario del suolo pregiudichi i diritti dei terzi (nel qual caso, il creditore ipotecario) vuol dire che l’illecito edilizio, per sua natura, produce effetti anche contro i terzi aventi causa dal proprietario, e che quindi, mentre l’accoglimento dell’istanza del privato non si estende a danno dei creditori di quest’ultimo (l’art. 11 DPR prevede che il rilascio del permesso di costruire non pregiudica i terzi), il provvedimento con il quale viene irrogata la sanzione per l’abuso commesso dal proprietario del suolo si estende anche ad essi.

Il provvedimento con cui la PA, ex art. 31 comma 3 DPR, acquisisce l’area di sedime, siccome determina il trasferimento della proprietà non soltanto della costruzione, ossia dell’oggetto dell’illecito, ma anche del terreno, e cioè del bene che è stato utilizzato per l’illecito stesso, assume la sostanza di una “sanzione”.

Tale provvedimento, infatti, non è meramente ripristinatorio della situazione antecedente l’abuso (ripristino che consisterebbe nell’acquisizione, da parte della PA, della sola costruzione), in quanto si spinge fino all’acquisizione del fondo, che, al pari dell’immobile, potrà anch’esso essere destinato, come prevede la norma, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive. L’autore dell’illecito viene colpito in maniera doppia, ossia con la perdita non soltanto dell’edificio ma anche dell’area, ragion per cui il suddetto provvedimento acquisisce la consistenza di una “sanzione amministrativa”.

Allora, si tratta di vedere se, nell’ambito del D.lgs. 689/81, il quale disciplina le sanzioni amministrative, l’illecito edilizio assuma una rilevanza tale da pregiudicare anche i diritti degli aventi causa dall’autore del medesimo (in questo caso, dei creditori ipotecari).

Ebbene, nel D.lgs. sopra citato non vi è alcun riferimento alla posizione dei terzi aventi causa dall’autore dell’illecito, né tanto meno viene espressamente disciplinato il caso in cui il bene su cui l’illecito è stato commesso sia gravato da ipoteca. Tuttavia, l’art. 6 comma 1 stabilisce che il titolare di un diritto personale di godimento “è obbligato in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta se non prova che la cosa è stata utilizzata contro la sua volontà”. Il principio è quello in base al quale anche il titolare di un diritto di godimento sul bene deve rispondere (“obbligazione solidale”) dell’illecito commesso dal proprietario del fondo, a meno che dimostri la propria totale mancanza di volontà di commettere l’illecito. Se noi applichiamo questo principio anche al titolare di un diritto reale di garanzia (qual è l’ipoteca), ne ricaviamo che quest’ultimo non può essere assoggettato ad alcuna sanzione amministrativa nel caso in cui l’illecito edilizio sia imputabile solo ed esclusivamente al proprietario del fondo.

A ciò si aggiunga che, ex art. 3 del D.lgs., “nelle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione od omissione”. La valorizzazione dell’elemento soggettivo dell’illecito, quale presupposto per l’applicazione della sanzione amministrativa, rende difficile estendere la responsabilità dell’illecito stesso anche al terzo creditore.

Di conseguenza, attesa la natura “sostanzialmente sanzionatoria” del provvedimento di acquisizione previsto dall’art. 31 comma 3 DPR, si deve ritenere che quest’ultimo non possa, suo malgrado, spingersi fino al punto di far ricadere i propri effetti anche sul creditore ipotecario, i cui diritti pertanto dovranno essere fatti salvi.

2) Sotto il profilo civilistico, va rilevato quanto segue.

Uno dei motivi di annullabilità del contratto è costituito dall’ “errore” (di fatto o di diritto) in cui sia incorso chi dovrebbe fare la prestazione, ossia il debitore.

L’ errore “di diritto” consiste nel fatto che il debitore ha erroneamente ritenuto di poter esercitare, mediante il contratto, determinati diritti, quando invece la legge non consentiva ciò, e quindi egli si è accorto che, proseguendo nel rapporto negoziale, avrebbe “violato” la legge, in quanto avrebbe acquisito vantaggi da quest’ultima non previsti. Egli, per tale motivo, chiede l’annullamento del contratto, mediante il quale addiviene quindi ad un sostanziale “ripristino della legalità”.

L’art. 2824 c.c. stabilisce che “l'iscrizione di ipoteca eseguita in virtù di un titolo annullabile rimane convalidata con la convalida del titolo”. Il debitore, nonostante sia incorso in un “errore di diritto”, decide di convalidare il vizio di annullabilità, e quindi di proseguire il rapporto negoziale. In questo caso, il creditore, a cui favore era stata iscritta un’ipoteca, non perde quest’ultima, che, anzi, si mantiene pienamente efficace (essa, infatti, viene “convalidata”), e ciò anche nel caso in cui il suddetto errore sia riconoscibile anche dal creditore stesso, il quale quindi, in tal caso, diviene sostanzialmente corresponsabile della violazione di legge (e qui si potrebbe aprire un discorso di legittimità costituzionale dell’art. 2824 c.c. perché questo prevede il mantenimento della garanzia ipotecaria anche nel caso in cui il creditore abbia riconosciuto la violazione di legge oggetto della convalida).

Ebbene, nella diversa ipotesi in cui il debitore, anziché convalidare il contratto, chieda, per il medesimo vizio di errore “di diritto”, l’annullamento del medesimo, il creditore stesso perde la garanzia ipotecaria.

Pertanto, il principio è quello in base al quale, ove il debitore non abbia commesso alcuna violazione di legge ma abbia, anzi, evitato tale violazione dimostrando, mediante l’azione di annullamento del contratto e quindi in totale buona fede, di essere stato vittima egli stesso di un “errore di interpretazione delle norme”, la garanzia del creditore ipotecario decade.

Diversa disciplina, allora, deve essere prevista per l’ipotesi in cui il debitore (che nel nostro caso è il proprietario del fondo) abbia commesso un illecito (ossia, in tal caso, l’abuso edilizio): qui egli non è stato “vittima” di alcun “errore interpretativo delle norme”, ma, anzi, è stato l’autore di un illecito nei confronti della PA, ossia ha posto in essere una violazione delle norme stesse, e pertanto la garanzia del creditore ipotecario, se viene a cadere quando da parte del debitore non sia stato compiuto alcun illecito (vedi “domanda di annullamento per errore di diritto”), non potrà cadere quando il debitore si sia reso responsabile, in via esclusiva, di una violazione di legge, qual è quella consistente nell’inosservanza delle norme disciplinanti il permesso di costruire.

3) il richiamo al DPR 327/2001 – Testo Unico Espropri – non è pertinente in quanto, ai sensi dell’art. 25 (“effetti dell’espropriazione per i terzi”), “l'espropriazione del diritto di proprietà comporta l'estinzione automatica di tutti gli altri diritti, reali o personali, gravanti sul bene espropriato, salvo quelli compatibili con i fini cui l'espropriazione è preordinata”; inoltre, “le azioni reali e personali esperibili sul bene espropriando non incidono sul procedimento espropriativo e sugli effetti del decreto di esproprio”, e “dopo la trascrizione del decreto di esproprio, tutti i diritti relativi al bene espropriato possono essere fatti valere unicamente sull'indennità”.

Di conseguenza, anche quando il trasferimento coattivo della proprietà del terreno dal privato alla PA avvenga non perché quest’ultimo abbia commesso un illecito, ma perchè è stata avviata la procedura di esproprio, il diritto (reale) del creditore ipotecario subisce comunque delle limitazioni.

Anzi, proprio l’art. 25 potrebbe essere utilizzato per sostenere quanto segue: la limitazione del diritto del creditore ipotecario può essere giustificata quando il trasferimento coattivo della proprietà del terreno viene deliberato dalla PA (esproprio) in funzione della tutela di un interesse pubblico di rilevanza superiore a quella dell’interesse del privato, ma non può essere giustificata quando il medesimo trasferimento sia l’effetto di un illecito edilizio (art. 31 comma 3 DPR) di cui soltanto il proprietario è stato responsabile.

A parere di chi scrive, i motivi per i quali la questione di legittimità costituzionale dell’art. 31 comma 3 DPR debba considerarsi fondata sono più pregnanti rispetto a quelli sui quali si basa la tesi dell’infondatezza.