Processo indiziario: la nozione di indizi e il perimetro della loro valutazione per convalidare il giudizio di colpevolezza

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Processo indiziario: la nozione di indizi e il perimetro della loro valutazione per convalidare il giudizio di colpevolezza

La cassazione sezione 2 con la sentenza numero 25016, udienza 8 aprile 2022, depositata il 30 giugno 2022 ha esaminato la questione relativa alla valutazione degli indizi per convalidare, sul piano logico-giuridico, il giudizio di colpevolezza.

La Suprema Corte si è soffermata sulla nozione di indizi e sui criteri necessari per il corretto utilizzo della prova indiziaria.

La norma in esame è l’articolo 192 comma 2 cpp, valutazione della prova, che prevede:

1. Il giudice valuta la prova dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati.

2. L’esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti.

3. Le dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato o da persona imputata in un procedimento connesso a norma dell’articolo 12 sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l’attendibilità.

4. La disposizione del comma 3 si applica anche alle dichiarazioni rese da persona imputata di un reato collegato a quello per cui si procede, nel caso previsto dall’articolo 371 comma 2 lettera b).

In ordine alla valutazione degli indizi va premesso che per indizio s'intende “un fatto certo dal quale, per inferenza logica basata su regole di esperienza consolidate e affidabili, si perviene alla dimostrazione del fatto incerto da provare, secondo lo schema del cd. sillogismo giudiziario” (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, PM, p.c., Musumeci e altri, rv. 191230).

L'indizio è un elemento conoscitivo che, senza poter rappresentare in via diretta il fatto da provare, è dotato di un'autonoma capacità rappresentativa, riguardante una o più circostanze diverse, ma collegate sul piano logico con quella da dimostrare. Se dall'indizio è deducibile un'unica conseguenza, esso costituisce una prova logica compiuta ed in sè sufficiente (sez. 4, n. 19730 del 19/03/2009, Pozzi, rv. 243508) nel senso che presenta una correlazione obbligata tra fatto ignoto e quello noto, al quale, sulla base delle leggi scientifiche, il primo è legato in modo certo ed inevitabile.

Solitamente esso è però significativo di una pluralità di fatti non noti, presentando un livello di gravità e precisione in relazione di proporzione diretta con la forza di necessità logica con la quale l'indizio porta verso il fatto da dimostrare e di proporzione inversa con la molteplicità di accadimenti che se ne possono desumere secondo le regole di comune esperienza.

Tale relativa ambiguità ed inefficienza probatoria diretta dà conto della ragione per la quale il sistema processuale impone un particolare rigore valutativo degli indizi secondo la regola dettata dall'art. 192, comma 2, cod. proc. pen. di cui pretende gravità, precisione e concordanza.

La valutazione della prova indiziaria nella giurisprudenza della Suprema Corte nel codice di procedura penale commentato di Filodiritto: Art. 192 - Valutazione della prova del Codice di procedura penale Commentato Online (filodiritto.com)

La Suprema Corte è ormai pervenuta ad esiti consolidati nel ravvisare la corretta applicazione del parametro legale di apprezzamento della prova indiziaria in quanto il fatto assumibile come indizio deve presentare carattere di certezza, intesa, non in senso assoluto e naturalistico, ma quale portato della verifica processualmente conducibile alla stregua delle fonti di prova acquisite (sez. 4, n. 2967 del 25/01/1993, Bianchi, rv. 193407; sez. 4, n. 39882 del 01/10/2008, Zocco e altro, rv. 242123; sez. 1, n. 31456 del 21/05/2008, Franzoni, rv. 240762-240766).

E', dunque, necessario che la prova critica non sia affidata ad un fatto verosimilmente accaduto, supposto o intuito sulla scorta di opinabili congetture o di elaborazioni personali del decidente, dovendo ricevere riscontro nelle evidenze probatorie del processo.

Per gravità s'intende poi l'intrinseca capacità dimostrativa rispetto al thema probandum, ossia la probabilità di derivazione dal fatto noto di quello ignoto, mentre precisione significa specificità, univocità ed impossibilità di diversa interpretazione, altrettanto o più verosimile e concordanza, requisito proprio della pluralità di indizi, indica convergenza, concordanza e non contraddittorietà di significato in modo tale che, grazie al reciproco collegamento ed alla simultanea direzione verso lo stesso risultato, il loro insieme assume l'efficacia dimostrativa della prova (sez. 1, n. 7027 del 08/03/2000, Di Telia, rv. 216181; sez. 4, n. 22391 del 02/04/2003, Qehalliu Luan, rv. 224962; sez. 6, n. 3882 del 04/11/2011, Annunziata, rv. 251527; sez. 1, n. 44324 del 18/04/2013, P.G., RC. in proc. Stasi, rv. 258321; sez. 1, n. 37348 del 06/05/2014, P.G. in proc. Witczak Lewandowska e altro, rv. 260278).

La Suprema Corte ha precisato come l'art. 192, comma 2, cod. proc. pen. impone anche un vincolo di metodo operativo per il corretto utilizzo della prova indiziaria, nel senso che, poiché l'indizio in sé considerato può essere indicativo di una pluralità di fatti non noti, incluso quello da dimostrare, il relativo apprezzamento postula una preventiva valutazione per individuarne «la valenza qualitativa individuale e il grado di inferenza derivante dalla loro gravità e precisione» (Sez. U, n. 33748 del 12 7.2005, Mannino, rv. 231678) sulla base di affidabili regole di esperienza e di criteri logici e scientifici.

Si rende, quindi, necessaria la verifica successiva, consistente nella considerazione unitaria e complessiva degli elementi acquisiti, che ne evidenzi «i collegamenti e la confluenza in un medesimo, univoco e pregnante contesto dimostrativo» e chiarisca eventuali profili di ambiguità, presentati da ciascuno di essi in sè considerato, in modo da consentire l'attribuzione del fatto illecito all'imputato al di là di ogni ragionevole dubbio anche in assenza di una prova diretta di reità, non essendo sufficiente dal punto di vista metodologico proporne una lettura in termini di mera sommatoria, né, all'opposto, un'analisi atomistica che prescinda dal loro raffronto e dalla considerazione unitaria (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, rv. 231678; sez. 1, n. 30448 del 09/06/2010, Rossi, rv. 248384; sez. 1, n. 44324 del 18/04/2013, P.G., P.C. in proc. Stasi, rv. 258321; sez. 2, n. 42482 del 19/09/2013, Kuznnanovic, rv. 256967).

Nell'impiego della prova indiziaria è, dunque, richiesta al giudice la conduzione di un ragionamento probatorio che attraverso l'utilizzo di regole di esperienza, -tratte dalla osservazione ripetuta del normale svolgimento delle vicende naturali e di quelle umane in presenza di determinate condizioni e dalla logica, che orienta i percorsi mentali della razionalità umana, oppure di leggi scientifiche di valenza universale o di ricorrenza statistica- deve procedere, fornendone adeguata giustificazione, alla verifica, dapprima della validità delle regole o delle leggi utilizzate, quindi della correttezza e consequenzialità logica del risultato ottenuto.

Solo così è possibile proporre una ricostruzione del fatto di reato «in termini di certezza tali da escludere la prospettabilità di ogni altra ragionevole soluzione, ma non anche di escludere la più astratta e remota delle possibilità che, in contrasto con ogni e qualsivoglia verosimiglianza ed in conseguenza di un ipotetico, inusitato combinarsi di imprevisti e imprevedibili fattori, la realtà delle cose sia stata diversa da quella ricostruita in base agli indizi disponibili» (sez. 1, n. 3424 del 02/03/1992, Di Palma, rv. 189682).

Come affermato dalla cassazione, tale canone orientativo, pur non autorizzando il recepimento di spiegazioni alternative del medesimo fatto segnalate dalla difesa (sez. 1 n. 53512 dell'11/07/2014, Gurgone, rv. 261600; sez. 4, n. 22257 del 25/03/2014, Guernelli, ed altri, rv. 259204; sez. 5 n. 10411 del 28/01/2013, Viola, rv. 254579), impone che la pluralità di possibili ricostruzioni della vicenda abbia costituito oggetto di puntuale e attenta disamina da parte del giudice d'appello e che l'esistenza di una ragionevole perplessità sulla ipotesi alternativa, riguardante tanto la causale, quanto gli autori dell'azione criminosa, sia stata esclusa all'esito di un percorso delibativo, condotto mediante un serrato confronto dialettico con le emergenze processuali.

Per convalidare, sul piano logico, il giudizio di colpevolezza, è dunque necessario che i dati probatori acquisiti siano tali da lasciare fuori solo eventualità remote, la cui effettiva realizzazione nella fattispecie concreta sia priva del benché minimo riscontro nelle risultanze processuali, addirittura ponendosi al di fuori dell'ordine naturale delle cose e della ordinaria razionalità umana, secondo l'orientamento espresso da sez. 1 n. 31456 del 21/05/2008, Franzoni, rv. 240763 (vedi altresì sez. 1, n. 44324 del 18/04/2013, P.G., RC. in proc. Stasi, rv. 258321; sez. 2, n. 2548 del 19/12/2014, Pg in proc. Segura, rv. 262280).

In ordine al sindacato demandato alla Suprema Corte è evidente che la stessa non è chiamata a valutare la gravità, la precisione e della concordanza in sé degli indizi, la cui verifica diretta comporterebbe sconfinamenti indebiti nella ricostruzione del fatto di reato, compito esclusivo del giudice di merito, ma deve riguardare la articolazione logica e giuridica della motivazione della relativa sentenza per poterne verificare la corretta applicazione dei criteri legali dettati dall'art. 192, comma 2, cod. proc. pen. delle regole della logica e del principio di non contraddizione, nonché la compiutezza e coerenza argomentativa nella considerazione della valenza dimostrativa dei risultati probatori (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone e altri, rv. 207944; sez. 1, n. 42993 del 25/09/2008, Pipa, rv. 241826; sez. 4, n. 48320 del 12/1.1/2009, Durante, rv. 245880; sez. 1, n. 44324 del 18/04/2013, P.G., P.C. in proc. Stasi, rv. 258321).