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Soppressione Autorità d’ambito territoriale per la gestione delle risorse idriche e per la gestione dei rifiuti urbani

Nota a Corte Costituzionale, Sentenza 13 aprile 2011, n. 128
NORMATIVA DI RIFERIMENTO

L’art. 2, comma 186-bis, della Legge 23 dicembre 2009 n. 191, introdotto dall’art. 1, comma 1-quinquies della Legge 26 marzo 2010 n. 42 prevede:

“Decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono soppresse le Autorità d’ambito territoriale di cui agli articoli 148 e 201 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni. Decorso lo stesso termine, ogni atto compiuto dalle Autorità d’ambito territoriale è da considerarsi nullo. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Le disposizioni di cui agli articoli 148 e 201 del citato decreto legislativo n.152 del 2006 sono efficaci in ciascuna regione fino alla data di entrata in vigore della legge regionale di cui al periodo precedente. I medesimi articoli sono comunque abrogati decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge”.

Tale disposizione, introdotta dal Parlamento in sede di conversione del decreto legge 25 gennaio 2010 n. 2 “Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni” ha inserito – ma sarebbe meglio dire riproposto – la soppressione degli ATO fra le misure finalizzate al contenimento delle spese negli enti locali.

Va ricordato, infatti, che già l’art. 2, comma 38, della Legge Finanziaria 2008 (Legge 24 dicembre 2007 n. 244) prevedeva:

"Per le finalità di cui al comma 33, le regioni, nell’esercizio delle rispettive prerogative costituzionali in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione integrata dei rifiuti (…), procedono entro il 1º luglio 2008, fatti salvi gli affidamenti e le convenzioni in essere, alla rideterminazione degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei medesimi servizi secondo i principi dell’efficienza e della riduzione della spesa nel rispetto dei seguenti criteri generali, quali indirizzi di coordinamento della finanza pubblica:

a) in sede di delimitazione degli ambiti secondo i criteri e i principi di cui agli articoli 147 e 200 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, valutazione prioritaria dei territori provinciali quali ambiti territoriali ottimali ai fini dell’attribuzione delle funzioni in materia di rifiuti alle province e delle funzioni in materia di servizio idrico integrato di norma alla provincia corrispondente ovvero, in caso di bacini di dimensioni più ampie del territorio provinciale, alle regioni o alle province interessate, sulla base di appositi accordi; in alternativa, attribuzione delle medesime funzioni ad una delle forme associative tra comuni di cui agli articoli 30 e seguenti del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, composte da sindaci o loro delegati che vi partecipano senza percepire alcun compenso;

b) destinazione delle economie a carattere permanente derivanti dall’attuazione del presente comma, come accertate da ciascuna regione con provvedimento comunicato al Ministro dell’economia e delle finanze, al potenziamento degli interventi di miglioria e manutenzione ordinaria e straordinaria delle reti e delle infrastrutture di supporto nei rispettivi ambiti territoriali, nonché al contenimento delle tariffe per gli utenti domestici finali".

I commi 33 e 34 precisavano che:

"Anche ai fini del coordinamento della finanza pubblica, in attuazione dell’articolo 118 della Costituzione, lo Stato e le regioni, nell’ambito di rispettiva competenza legislativa, provvedono all’accorpamento o alla soppressione degli enti, agenzie od organismi, comunque denominati, titolari di funzioni in tutto o in parte coincidenti con quelle assegnate agli enti territoriali ed alla contestuale riallocazione delle stesse agli enti locali, secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. I comuni e le province provvedono alla soppressione degli enti, agenzie ed organismi, comunque denominati, istituiti dai medesimi enti locali nell’ambito della rispettiva potestà regolamentare e titolari di funzioni in tutto o in parte coincidenti con quelle svolte dagli enti locali medesimi".

Le norme della Finanziaria 2008 sono rimaste sostanzialmente inattuate.

Il legislatore ha riproposto la disposizione che appare sostanzialmente diversa e con termini precisi di attuazione:

1) Il 27 marzo 2011 è il termine fissato dalla legge 42/2010 trascorso il quale:

a) Sono soppresse le Autorità d’Ambito Territoriale di cui agli articoli 148 (Autorità d’Ambito per la gestione delle risorse idriche) e 201 (Autorità d’Ambito per la gestione integrata dei rifiuti urbani) del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 e successive modificazioni;

b) Ogni atto compiuto dalle Autorità è da considerarsi nullo;

c) Sono abrogati gli articoli 148 e 201 del D. Lgs. 152/2006;

2) Entro il 27 marzo 2011:

a) Le Regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.

La Legge 26 febbraio 2011 n. 10, che ha convertito in legge il Decreto Legge 29 dicembre 2010 n. 225, “decreto mille proroghe”, ha fissato al 31 marzo 2011, il termine per la soppressione dell’Autorità d’Ambito per la gestione delle acque e dell’Autorità d’Ambito per la gestione dei rifiuti urbani.

Il D.P.C.M. 25 marzo 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 74 del 31 marzo 2011, ha prorogato al 31 dicembre il termine stabilito dall’art. 2, comma 186-bis, della Legge 191/2009.

Decorso tale termine, ogni atto compiuto dalle Autorità d’ambito territoriale è da considerarsi nullo. Entro lo stesso termine, le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.

I POSSIBILI SOGGETTI DESTINATARI DELLE FUNZIONI

La ratio dell’art. 1, comma 1 quinquies, della Legge 42/2010 non dovrebbe lasciare dubbi nel ritenere che la volontà del legislatore è quella di eliminare Enti intermedi tra Regioni, Province e Comuni, semplificando il sistema e riportando in capo agli Enti costituzionalmente riconosciuti tutte le competenze.

Già l’art. 2, comma 38 della Legge Finanziaria 2008, ancora in vigore seppure inapplicato, prevede che le Regioni, in sede di delimitazione degli ambiti secondo i criteri e i principi di cui agli articoli 147 e 200 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, devono valutare prioritariamente i territori provinciali quali ambiti territoriali ottimali ai fini dell’attribuzione delle funzioni in materia di rifiuti alle province e delle funzioni in materia di servizio idrico integrato di norma alla provincia corrispondente e, in alternativa, l’attribuzione delle medesime funzioni ad una delle forme associative tra comuni di cui agli articoli 30 e seguenti del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, composte da sindaci o loro delegati che vi partecipano senza percepire alcun compenso.

Rispetto a quanto disposto dalla Legge Finanziaria 2008 che comunque considerava possibili le forme associative tra Enti Locali (Convenzioni, Consorzi, etc.), la Legge 42/2010, all’art. 1, comma 2, integrando l’art. 2, comma 186, della Legge 191/2009, prevede espressamente, a decorrere dal 2011, la “soppressione dei consorzi di funzioni tra gli enti locali, ad eccezione dei bacini imbriferi montani (BIM), costituiti ai sensi dell’art. 1, della legge 27 dicembre 1953, n. 959. Sono fatti salvi i rapporti di lavoro a tempo indeterminato esistenti, con assunzione da parte dei comuni delle funzioni già esercitate dai consorzi soppressi e delle relative risorse e con successione dei comuni ai medesimi consorzi in tutti i rapporti giuridici e ad ogni altro effetto”

Risulta pertanto chiaro che la volontà non può essere quella di creare nuovi consorzi tra Comuni – o altre forme di cooperazione – quando per legge, dal 2011, devono essere soppressi tutti quelli esistenti.

La scelta razionale e obbligata è quella di trasferire le funzioni alle Province, posto che tutte le norme oggi vigenti stabiliscono:

1) In materia di rifiuti: la gestione va organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali delimitati dalla Regione secondo il criterio di superamento della frammentazione delle gestioni, attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti, e di conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, definite sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici e sulla base delle ripartizioni politico-amministrative (art. 200 del D. Lgs. 152/2006);

2) In materia di servizio idrico integrato: la gestione va organizzata sulla base degli ambiti territoriali ottimali delimitati dalla Regione secondo il criterio dell’unitarietà della gestione e, comunque, del superamento della frammentazione verticale delle gestioni e dell’adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici (art. 147 del D. Lgs. 152/2006).

L’UPI, Unione Province d’Italia, subito dopo l’approvazione dell’emendamento alla legge di conversione del D. L. 2/2010, con la previsione dell’abolizione degli ATO, con una nota ufficiale del 19 febbraio scorso, ha sottolineato come le Province siano le istituzioni di area vasta che meglio possono assolvere a tali funzioni, così scongiurando la nascita di nuove agenzie regionali o enti strumentali che causerebbero un inutile aggravio di costi e che vanificherebbero l’obiettivo della norma che prevede la soppressione degli Enti.

Per questo è auspicabile non perdere questa opportunità di razionalizzazione e semplificazione, trasferendo alle Province le funzioni degli ATO, offrendo così al cittadino un segnale di chiarezza, con la concentrazione finalmente in un unico soggetto pubblico, la Provincia, di ruoli e responsabilità di pianificazione e gestione su cui il cittadino elettore potrà effettuare le relative valutazioni, senza i consueti rimpalli di competenze.

INUTILE DECORSO DEL TERMINE

Se le Regioni non provvedono entro il termine del 31 dicembre 2011, si determina un grave vuoto normativo con imprevedibili conseguenze, soprattutto nei casi di contratti di servizio già stipulati dagli ATO.

La norma, sancendo la nullità di ogni atto compiuto dall’ATO dopo il termine del 31 dicembre 2011, esclude in radice ogni possibilità di proroga implicita fino alle decisioni regionali.

Si porrebbe un problema di corresponsabilità nella gestione delle funzioni da parte degli Enti Locali oggi costituenti gli ATO con complesse problematiche giuridico-amministrative.

Né sembrano ipotizzabili interventi sostitutivi o commissariamenti da parte dello Stato.

La scelta è dunque affidata alle Regioni da cui ci si attendono rapide e razionali decisioni.

LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE 13 APRILE 2011 N. 128

La sentenza della Corte Costituzionale n. 128/2001 ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1-quinquies, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2 (Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni), introdotto dalla legge di conversione 26 marzo 2010, n. 42, promosse, in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 della Costituzione, dalla Regione Veneto, ed ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 1, comma 1-quinquies, del decreto-legge n. 2 del 2010, promossa, in riferimento all’art. 97 Cost., sempre dalla Regione Veneto.

La Regione Veneto aveva impugnato la norma di soppressione delle autorità d’ambito ritenendo che la disposizione censurata viola:

a) gli artt. 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, perché, prevedendo la soppressione delle Autorità territoriali d’ambito nel servizio idrico integrato (art. 148 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 recante «Norme in materia ambientale») e nel servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani (art. 201 del d.lgs. n. 152 del 2006) per mere esigenze di risparmio di spesa, pone un limite puntuale a una voce specifica di spesa che non rappresenta un rilevante aggregato della spesa di parte corrente;

b) gli art. 117, quarto comma, e 118 Cost., perché, prevedendo la soppressione delle Autorità territoriali d’ambito, pone un vincolo che incide sulla competenza legislativa residuale regionale in tema di servizio idrico e forme di cooperazione degli enti locali, nonché sul «potere regionale di allocare le funzioni amministrative nelle materie regionali»;

c) l’art. 97 Cost., perché, prevedendo la soppressione delle Autorità territoriali d’ambito a una scadenza prefissata e senza una disciplina transitoria, impone alle Regioni «di rinunciare ad un modulo organizzativo che […] è idoneo a garantire uno svolgimento adeguato del servizio».

La Corte ha dichiarato le questioni sub a) e b) non fondate.

La sentenza richiama la precedente pronuncia n. 246 del 2009 con cui la stessa Corte Costituzionale aveva affermato che la disciplina delle Autorità d’ambito territoriale ottimale rientra nelle materie della tutela della concorrenza e della tutela dell’ambiente, di competenza legislativa esclusiva statale. Tale disciplina attiene alla tutela della concorrenza, perché l’individuazione di un’unica Autorità d’ambito consente la razionalizzazione del mercato; attiene, allo stesso tempo, alla tutela dell’ambiente, perché l’allocazione delle competenze sulla gestione all’Autorità d’ambito territoriale ottimale serve a razionalizzare l’uso delle risorse e le interazioni e gli equilibri fra le diverse componenti della "biosfera" intesa «come "sistema" [...] nel suo aspetto dinamico» (nello stesso senso, sentenze n. 168 del 2008, n. 378 e n. 144 del 2007).

Lo Stato ha, pertanto, piena facoltà di disporre – come ha fatto con la norma impugnata – la soppressione delle Autorità d’ambito.

Ne deriva quindi anche la non fondatezza della questione sub b), perché la spettanza allo Stato della facoltà di disporre tale soppressione esclude le invocate competenze regionali in materia di servizi pubblici locali e di organizzazione della cooperazione degli enti locali.

Ciò non significa, secondo la Corte, che alle Regioni sia vietato qualsiasi intervento al riguardo. Infatti, la stessa norma censurata, nel prevedere che «le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza», riserva al legislatore regionale un’ampia sfera di discrezionalità, consentendogli di scegliere i moduli organizzativi più adeguati a garantire l’efficienza del servizio idrico integrato e del servizio di gestione ugualmente integrato dei rifiuti urbani, nonché forme di cooperazione fra i diversi enti territoriali interessati.

La questione sub c) è invece stata dichiarata inammissibile, sulla base del principio più volte affermato dalla Corte che, nei giudizi principali, le Regioni sono legittimate a censurare le leggi dello Stato esclusivamente in base a parametri relativi al riparto delle rispettive competenze legislative e possono dedurre altri parametri soltanto ove la loro violazione comporti una compromissione delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite (cfr, sentenze n. 33 del 2011, n. 52 del 2010, n. 237 del 2009, n. 289 e n. 216 del 2008).

Tale circostanza non ricorre nel caso di specie, in quanto, come eccepito dall’Avvocatura generale dello Stato, la violazione del principio del buon andamento della pubblica amministrazione – che, secondo la ricorrente, si sarebbe prodotta per effetto della soppressione di un modulo organizzativo idoneo a garantire lo svolgimento adeguato del servizio – non si risolve in una questione sul riparto delle competenze legislative.

NORMATIVA DI RIFERIMENTO

L’art. 2, comma 186-bis, della Legge 23 dicembre 2009 n. 191, introdotto dall’art. 1, comma 1-quinquies della Legge 26 marzo 2010 n. 42 prevede:

“Decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono soppresse le Autorità d’ambito territoriale di cui agli articoli 148 e 201 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni. Decorso lo stesso termine, ogni atto compiuto dalle Autorità d’ambito territoriale è da considerarsi nullo. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Le disposizioni di cui agli articoli 148 e 201 del citato decreto legislativo n.152 del 2006 sono efficaci in ciascuna regione fino alla data di entrata in vigore della legge regionale di cui al periodo precedente. I medesimi articoli sono comunque abrogati decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge”.

Tale disposizione, introdotta dal Parlamento in sede di conversione del decreto legge 25 gennaio 2010 n. 2 “Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni” ha inserito – ma sarebbe meglio dire riproposto – la soppressione degli ATO fra le misure finalizzate al contenimento delle spese negli enti locali.

Va ricordato, infatti, che già l’art. 2, comma 38, della Legge Finanziaria 2008 (Legge 24 dicembre 2007 n. 244) prevedeva:

"Per le finalità di cui al comma 33, le regioni, nell’esercizio delle rispettive prerogative costituzionali in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione integrata dei rifiuti (…), procedono entro il 1º luglio 2008, fatti salvi gli affidamenti e le convenzioni in essere, alla rideterminazione degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei medesimi servizi secondo i principi dell’efficienza e della riduzione della spesa nel rispetto dei seguenti criteri generali, quali indirizzi di coordinamento della finanza pubblica:

a) in sede di delimitazione degli ambiti secondo i criteri e i principi di cui agli articoli 147 e 200 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, valutazione prioritaria dei territori provinciali quali ambiti territoriali ottimali ai fini dell’attribuzione delle funzioni in materia di rifiuti alle province e delle funzioni in materia di servizio idrico integrato di norma alla provincia corrispondente ovvero, in caso di bacini di dimensioni più ampie del territorio provinciale, alle regioni o alle province interessate, sulla base di appositi accordi; in alternativa, attribuzione delle medesime funzioni ad una delle forme associative tra comuni di cui agli articoli 30 e seguenti del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, composte da sindaci o loro delegati che vi partecipano senza percepire alcun compenso;

b) destinazione delle economie a carattere permanente derivanti dall’attuazione del presente comma, come accertate da ciascuna regione con provvedimento comunicato al Ministro dell’economia e delle finanze, al potenziamento degli interventi di miglioria e manutenzione ordinaria e straordinaria delle reti e delle infrastrutture di supporto nei rispettivi ambiti territoriali, nonché al contenimento delle tariffe per gli utenti domestici finali".

I commi 33 e 34 precisavano che:

"Anche ai fini del coordinamento della finanza pubblica, in attuazione dell’articolo 118 della Costituzione, lo Stato e le regioni, nell’ambito di rispettiva competenza legislativa, provvedono all’accorpamento o alla soppressione degli enti, agenzie od organismi, comunque denominati, titolari di funzioni in tutto o in parte coincidenti con quelle assegnate agli enti territoriali ed alla contestuale riallocazione delle stesse agli enti locali, secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. I comuni e le province provvedono alla soppressione degli enti, agenzie ed organismi, comunque denominati, istituiti dai medesimi enti locali nell’ambito della rispettiva potestà regolamentare e titolari di funzioni in tutto o in parte coincidenti con quelle svolte dagli enti locali medesimi".

Le norme della Finanziaria 2008 sono rimaste sostanzialmente inattuate.

Il legislatore ha riproposto la disposizione che appare sostanzialmente diversa e con termini precisi di attuazione:

1) Il 27 marzo 2011 è il termine fissato dalla legge 42/2010 trascorso il quale:

a) Sono soppresse le Autorità d’Ambito Territoriale di cui agli articoli 148 (Autorità d’Ambito per la gestione delle risorse idriche) e 201 (Autorità d’Ambito per la gestione integrata dei rifiuti urbani) del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 e successive modificazioni;

b) Ogni atto compiuto dalle Autorità è da considerarsi nullo;

c) Sono abrogati gli articoli 148 e 201 del D. Lgs. 152/2006;

2) Entro il 27 marzo 2011:

a) Le Regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.

La Legge 26 febbraio 2011 n. 10, che ha convertito in legge il Decreto Legge 29 dicembre 2010 n. 225, “decreto mille proroghe”, ha fissato al 31 marzo 2011, il termine per la soppressione dell’Autorità d’Ambito per la gestione delle acque e dell’Autorità d’Ambito per la gestione dei rifiuti urbani.

Il D.P.C.M. 25 marzo 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 74 del 31 marzo 2011, ha prorogato al 31 dicembre il termine stabilito dall’art. 2, comma 186-bis, della Legge 191/2009.

Decorso tale termine, ogni atto compiuto dalle Autorità d’ambito territoriale è da considerarsi nullo. Entro lo stesso termine, le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.

I POSSIBILI SOGGETTI DESTINATARI DELLE FUNZIONI

La ratio dell’art. 1, comma 1 quinquies, della Legge 42/2010 non dovrebbe lasciare dubbi nel ritenere che la volontà del legislatore è quella di eliminare Enti intermedi tra Regioni, Province e Comuni, semplificando il sistema e riportando in capo agli Enti costituzionalmente riconosciuti tutte le competenze.

Già l’art. 2, comma 38 della Legge Finanziaria 2008, ancora in vigore seppure inapplicato, prevede che le Regioni, in sede di delimitazione degli ambiti secondo i criteri e i principi di cui agli articoli 147 e 200 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, devono valutare prioritariamente i territori provinciali quali ambiti territoriali ottimali ai fini dell’attribuzione delle funzioni in materia di rifiuti alle province e delle funzioni in materia di servizio idrico integrato di norma alla provincia corrispondente e, in alternativa, l’attribuzione delle medesime funzioni ad una delle forme associative tra comuni di cui agli articoli 30 e seguenti del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, composte da sindaci o loro delegati che vi partecipano senza percepire alcun compenso.

Rispetto a quanto disposto dalla Legge Finanziaria 2008 che comunque considerava possibili le forme associative tra Enti Locali (Convenzioni, Consorzi, etc.), la Legge 42/2010, all’art. 1, comma 2, integrando l’art. 2, comma 186, della Legge 191/2009, prevede espressamente, a decorrere dal 2011, la “soppressione dei consorzi di funzioni tra gli enti locali, ad eccezione dei bacini imbriferi montani (BIM), costituiti ai sensi dell’art. 1, della legge 27 dicembre 1953, n. 959. Sono fatti salvi i rapporti di lavoro a tempo indeterminato esistenti, con assunzione da parte dei comuni delle funzioni già esercitate dai consorzi soppressi e delle relative risorse e con successione dei comuni ai medesimi consorzi in tutti i rapporti giuridici e ad ogni altro effetto”

Risulta pertanto chiaro che la volontà non può essere quella di creare nuovi consorzi tra Comuni – o altre forme di cooperazione – quando per legge, dal 2011, devono essere soppressi tutti quelli esistenti.

La scelta razionale e obbligata è quella di trasferire le funzioni alle Province, posto che tutte le norme oggi vigenti stabiliscono:

1) In materia di rifiuti: la gestione va organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali delimitati dalla Regione secondo il criterio di superamento della frammentazione delle gestioni, attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti, e di conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, definite sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici e sulla base delle ripartizioni politico-amministrative (art. 200 del D. Lgs. 152/2006);

2) In materia di servizio idrico integrato: la gestione va organizzata sulla base degli ambiti territoriali ottimali delimitati dalla Regione secondo il criterio dell’unitarietà della gestione e, comunque, del superamento della frammentazione verticale delle gestioni e dell’adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici (art. 147 del D. Lgs. 152/2006).

L’UPI, Unione Province d’Italia, subito dopo l’approvazione dell’emendamento alla legge di conversione del D. L. 2/2010, con la previsione dell’abolizione degli ATO, con una nota ufficiale del 19 febbraio scorso, ha sottolineato come le Province siano le istituzioni di area vasta che meglio possono assolvere a tali funzioni, così scongiurando la nascita di nuove agenzie regionali o enti strumentali che causerebbero un inutile aggravio di costi e che vanificherebbero l’obiettivo della norma che prevede la soppressione degli Enti.

Per questo è auspicabile non perdere questa opportunità di razionalizzazione e semplificazione, trasferendo alle Province le funzioni degli ATO, offrendo così al cittadino un segnale di chiarezza, con la concentrazione finalmente in un unico soggetto pubblico, la Provincia, di ruoli e responsabilità di pianificazione e gestione su cui il cittadino elettore potrà effettuare le relative valutazioni, senza i consueti rimpalli di competenze.

INUTILE DECORSO DEL TERMINE

Se le Regioni non provvedono entro il termine del 31 dicembre 2011, si determina un grave vuoto normativo con imprevedibili conseguenze, soprattutto nei casi di contratti di servizio già stipulati dagli ATO.

La norma, sancendo la nullità di ogni atto compiuto dall’ATO dopo il termine del 31 dicembre 2011, esclude in radice ogni possibilità di proroga implicita fino alle decisioni regionali.

Si porrebbe un problema di corresponsabilità nella gestione delle funzioni da parte degli Enti Locali oggi costituenti gli ATO con complesse problematiche giuridico-amministrative.

Né sembrano ipotizzabili interventi sostitutivi o commissariamenti da parte dello Stato.

La scelta è dunque affidata alle Regioni da cui ci si attendono rapide e razionali decisioni.

LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE 13 APRILE 2011 N. 128

La sentenza della Corte Costituzionale n. 128/2001 ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1-quinquies, del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2 (Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni), introdotto dalla legge di conversione 26 marzo 2010, n. 42, promosse, in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 della Costituzione, dalla Regione Veneto, ed ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 1, comma 1-quinquies, del decreto-legge n. 2 del 2010, promossa, in riferimento all’art. 97 Cost., sempre dalla Regione Veneto.

La Regione Veneto aveva impugnato la norma di soppressione delle autorità d’ambito ritenendo che la disposizione censurata viola:

a) gli artt. 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, perché, prevedendo la soppressione delle Autorità territoriali d’ambito nel servizio idrico integrato (art. 148 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 recante «Norme in materia ambientale») e nel servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani (art. 201 del d.lgs. n. 152 del 2006) per mere esigenze di risparmio di spesa, pone un limite puntuale a una voce specifica di spesa che non rappresenta un rilevante aggregato della spesa di parte corrente;

b) gli art. 117, quarto comma, e 118 Cost., perché, prevedendo la soppressione delle Autorità territoriali d’ambito, pone un vincolo che incide sulla competenza legislativa residuale regionale in tema di servizio idrico e forme di cooperazione degli enti locali, nonché sul «potere regionale di allocare le funzioni amministrative nelle materie regionali»;

c) l’art. 97 Cost., perché, prevedendo la soppressione delle Autorità territoriali d’ambito a una scadenza prefissata e senza una disciplina transitoria, impone alle Regioni «di rinunciare ad un modulo organizzativo che […] è idoneo a garantire uno svolgimento adeguato del servizio».

La Corte ha dichiarato le questioni sub a) e b) non fondate.

La sentenza richiama la precedente pronuncia n. 246 del 2009 con cui la stessa Corte Costituzionale aveva affermato che la disciplina delle Autorità d’ambito territoriale ottimale rientra nelle materie della tutela della concorrenza e della tutela dell’ambiente, di competenza legislativa esclusiva statale. Tale disciplina attiene alla tutela della concorrenza, perché l’individuazione di un’unica Autorità d’ambito consente la razionalizzazione del mercato; attiene, allo stesso tempo, alla tutela dell’ambiente, perché l’allocazione delle competenze sulla gestione all’Autorità d’ambito territoriale ottimale serve a razionalizzare l’uso delle risorse e le interazioni e gli equilibri fra le diverse componenti della "biosfera" intesa «come "sistema" [...] nel suo aspetto dinamico» (nello stesso senso, sentenze n. 168 del 2008, n. 378 e n. 144 del 2007).

Lo Stato ha, pertanto, piena facoltà di disporre – come ha fatto con la norma impugnata – la soppressione delle Autorità d’ambito.

Ne deriva quindi anche la non fondatezza della questione sub b), perché la spettanza allo Stato della facoltà di disporre tale soppressione esclude le invocate competenze regionali in materia di servizi pubblici locali e di organizzazione della cooperazione degli enti locali.

Ciò non significa, secondo la Corte, che alle Regioni sia vietato qualsiasi intervento al riguardo. Infatti, la stessa norma censurata, nel prevedere che «le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza», riserva al legislatore regionale un’ampia sfera di discrezionalità, consentendogli di scegliere i moduli organizzativi più adeguati a garantire l’efficienza del servizio idrico integrato e del servizio di gestione ugualmente integrato dei rifiuti urbani, nonché forme di cooperazione fra i diversi enti territoriali interessati.

La questione sub c) è invece stata dichiarata inammissibile, sulla base del principio più volte affermato dalla Corte che, nei giudizi principali, le Regioni sono legittimate a censurare le leggi dello Stato esclusivamente in base a parametri relativi al riparto delle rispettive competenze legislative e possono dedurre altri parametri soltanto ove la loro violazione comporti una compromissione delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite (cfr, sentenze n. 33 del 2011, n. 52 del 2010, n. 237 del 2009, n. 289 e n. 216 del 2008).

Tale circostanza non ricorre nel caso di specie, in quanto, come eccepito dall’Avvocatura generale dello Stato, la violazione del principio del buon andamento della pubblica amministrazione – che, secondo la ricorrente, si sarebbe prodotta per effetto della soppressione di un modulo organizzativo idoneo a garantire lo svolgimento adeguato del servizio – non si risolve in una questione sul riparto delle competenze legislative.