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I “condhotel” in Italia: normativa statale e l’esempio dell’Emilia Romagna

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condhotel in Italia: normativa statale e l’esempio dell’Emilia Romagna

Noti da tempo all’estero, particolarmente negli Usa, i “condhotel” sono una figura relativamente recente in Italia, tanto che a livello di disciplina normativa se ne parla solamente a partire dal 2014.

Si tratta, in sostanza, di una particolare modalità di ricettività alberghiera che, come il nome suggerisce, unisce una componente “tradizionale” a una componente ad uso residenziale, con iniziale vincolo di gestione unitaria e con la possibilità dopo un certo periodo di fare oggetto di alienazione la quota residenziale, consentendo così all’operatore economico un accelerato recupero dell’investimento iniziale.

Esamineremo qui in forma necessariamente sintetica la normativa italiana di fonte statale in materia di condhotel, raffrontandola con un’applicazione a livello regionale, in Emilia Romagna: interessante campione socio-economico, quest’ultimo, trattandosi di regione a forte vocazione turistica, specialmente per quanto riguarda la sua fascia costiera.

Di condhotel, sul piano legislativo, si inizia a parlare in Italia nel 2014, con il Decreto Legge n.133 del 12 settembre 2014 convertito in Legge 11 novembre 2014 n. 164.

All’ art. 31 (“Misure per la riqualificazione degli esercizi alberghieri”) si affermava quanto segue:

1. Al fine di diversificare l’offerta turistica e favorire gli investimenti volti alla riqualificazione degli esercizi alberghieri esistenti, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da adottare previa intesa tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, in sede di Conferenza Unificata ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 sono definite le condizioni di esercizio dei condhotel, intendendosi tali gli esercizi alberghieri aperti al pubblico, a gestione unitaria, composti da una o più unità immobiliari ubicate nello stesso comune o da parti di esse, che forniscono alloggio, servizi accessori ed eventualmente vitto, in camere destinate alla ricettività e, in forma integrata e complementare, in unità abitative a destinazione residenziale, dotate di servizio autonomo di cucina, la cui superficie non può superare il quaranta per cento della superficie complessiva dei compendi immobiliari interessati.

2. Con il decreto di cui al comma 1 sono altresì stabiliti i criteri e le modalità per la rimozione del vincolo di destinazione alberghiera in caso di interventi edilizi sugli esercizi alberghieri esistenti e limitatamente alla realizzazione della quota delle unità abitative a destinazione residenziale di cui al medesimo comma. In ogni caso, il vincolo di destinazione può essere rimosso, su richiesta del proprietario, solo previa restituzione di contributi e agevolazioni pubbliche eventualmente percepiti ove lo svincolo avvenga prima della scadenza del finanziamento agevolato.

3. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano adeguano i propri ordinamenti a quanto disposto dal decreto di cui al comma 1 entro un anno dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Veniva dunque con tale norma fatto rinvio a un successivo DPCM che avrebbe dovuto regolamentare compiutamente la materia, nonché a successive norme regionali che avrebbero dovuto applicare detta disciplina all’interno dei rispettivi territori, in armonia con le competenze regionali costituzionalmente previste per quanto attiene al turismo.

Va peraltro ricordato, per inciso, che la questione del riparto delle competenze Stato-Regioni in materia di condhotel portò ad una pronuncia della Corte Costituzionale (14.01.2016 n.1) in relazione alla norma testé citata, per una questione sollevata dalle Province autonome di Trento e di Bolzano che lamentavano, per la specifica procedura adottata dal Governo, una violazione delle competenze regionali in materia di turismo e industria alberghiera. Nella circostanza, peraltro, la Corte decise, con motivazioni sulle quali non è qui il caso di dilungarci, per la infondatezza della questione di legittimità costituzionale della norma citata.

La materia ha dunque trovato regolamentazione, a livello nazionale, con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 gennaio 2018 n.13 (in Gazz. Uff. 6 marzo 2018 n.54) “Regolamento recante la definizione delle condizioni di esercizio dei condhotel, nonché dei criteri e delle modalità per la rimozione del vincolo di destinazione alberghiera in caso di interventi edilizi sugli esercizi alberghieri esistenti e limitatamente alla realizzazione della quota delle unità abitative a destinazione residenziale, ai sensi dell’articolo 31 del decreto-legge 12 settembre 2014 n.133 convertito con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014 n.164”.

Questi i tratti salienti della disciplina nazionale:

Finalità:

a) diversificare l’offerta turistica;

b) favorire gli investimenti nella riqualificazione degli alberghi già esistenti in Italia;

c) definire le condizioni di esercizio dei condhotel;

d) indicare criteri e modalità di rimozione del vincolo di destinazione alberghiera per la quota ad uso residenziale.

Definizione legislativa di condhotel: esercizio alberghiero aperto al pubblico, a gestione unitaria, composto di una o più  unità immobiliari ubicate nello stesso comune o da parti di esse, che forniscono alloggio, servizi accessori ed eventualmente vitto, in camere destinate alla ricettività e, in forma integrata e complementare, in unità abitative a destinazione residenziale, dotate di servizio autonomo di cucina, la cui superficie complessiva non può superare il limite del quaranta per cento del totale della superficie netta destinata alle camere.

Condizioni di esercizio dei condhotel: oltre alla menzionata misura massima del 40% per la quota residenziale, si richiedono:

a) presenza di almeno sette camere, al netto delle unità abitative ad uso residenziale, all’esito di un intervento di riqualificazione, ubicate in una o più unità immobiliari inserite in un contesto unitario, collocate nel medesimo comune e aventi una distanza non superiore a 200 metri lineari dall’edificio alberghiero sede del ricevimento;

b) presenza di portineria unica per tutti coloro che usufruiscono del condhotel;

c) gestione unitaria e integrata dei servizi del condhotel e delle camere, delle suites e delle unità abitative arredate destinate alla ricettività e delle unità abitative ad uso residenziale per la durata specificata nel contratto di trasferimento delle unità abitative ad uso residenziale e comunque non inferiore a dieci anni dall’avvio dell’esercizio dei condhotel;

d) esecuzione di un intervento di riqualificazione, all’esito del quale venga riconosciuta all’esercizio alberghiero una classificazione minima di tre stelle;

e) rispetto della normativa vigente in materia di agibilità.

Acquisto di unità abitative ad uso residenziale. È consentita l’alienazione delle unità residenziali e l’atto di compravendita o di trasferimento della proprietà dell’unità abitativa di tipo residenziale ubicata nel condhotel deve essere debitamente trascritto nei pubblici registri immobiliari.

Rinvio alla legge regionale. Le regioni, con proprio provvedimento, disciplineranno le modalità per l’avvio e l’esercizio dei condhotel, nel rispetto della legislazione vigente.

Rimozione del vincolo di destinazione alberghiera. Si prevede che ai fini della rimozione del vincolo di destinazione alberghiera in caso di interventi edilizi sugli esercizi alberghieri esistenti e limitatamente alla realizzazione della quota delle unità abitative ad uso residenziale, ove sia necessaria una variante urbanistica, le Regioni possano prevedere modalità semplificate per l’approvazione di varianti agli strumenti urbanistici da parte dei Comuni.

La Regione Emilia Romagna (un territorio, come ricordato, a consolidata vocazione turistica) ha tempestivamente adeguato la propria legislazione per accogliere questa nuova figura di ricettività alberghiera e lo ha fatto mediante la Legge Regionale 23 aprile 2019 n.3 (in B.U. 23 aprile 2019 n.131) “Disciplina per l’avvio e l’esercizio dei condhotel e per il recupero delle colonie”.

I tratti salienti della normativa emiliano-romagnola ricalcano e sviluppano i contenuti presenti nella legge nazionale:

  • Oggetto e finalità.
  • Ambito di applicazione
  • Specificazione tipologica di condhotel e condizioni di esercizio
  • Intervento di riqualificazione
  • Vincolo di destinazione e modalità di svincolo
  • Acquisto e gestione unitaria e integrata di unità abitative ad uso residenziale ubicate in un condhotel
  • Rispetto dei requisiti e livello minimo dei servizi
  • Riserva d’uso per i singoli proprietari di unità abitative ad uso residenziale
  • Recepimento da parte dei comuni e adeguamento degli strumenti urbanistici comunali
  • Controlli e sanzioni

Un aspetto peculiare su cui vorremmo soffermarci è però quello di cui si occupa l’articolo 10 della Legge Regionale dell’Emilia Romagna. Essendo ben noto che lungo la riviera romagnola sono presenti in numero assai significativo edifici di colonie marine dismesse in stato di abbandono, concentrate particolarmente in alcune note località marittime (ad esempio Cesenatico), questa legge prevede disposizioni specifiche volte ad incentivare il recupero sotto le forme di condhotel di tali storici edifici.

Vale la pena riportare per intero questo articolo.

1. Al fine di favorire processi di riqualificazione e di rigenerazione di contenitori dismessi o non utilizzati o da ristrutturare e rifunzionalizzare e di promuovere un rafforzamento dell’offerta ricettiva nelle aree costiere, l’amministrazione comunale (…) può prevedere che le presenti disposizioni possano altresì essere applicate agli immobili esistenti classificati come colonie marine ai sensi della normativa regionale, nel rispetto di tutte le condizioni e dei requisiti previsti dalla presente legge, fatto salvo che nel caso di specie il requisito di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b), trova applicazione come segue: può essere destinata ad unità abitativa a destinazione residenziale una superficie massima pari al 40 per cento della superficie utile dell’immobile e la restante parte dell’immobile deve avere destinazione ricettiva alberghiera.

2. Nell’ambito del procedimento inerente alla riqualificazione dell’immobile e di cambio di destinazione d’uso viene apposto il vincolo alberghiero alla parte di immobile a destinazione ricettiva ed il vincolo di gestione unitaria (…) all’intero immobile; inoltre si deve provvedere al pagamento del contributo di costruzione commisurato rispettivamente alla destinazione ricettiva e, per quanto concerne le unità abitative, alla destinazione residenziale.

3. Qualora l’amministrazione comunale si sia avvalsa della possibilità di cui al comma 1, le presenti disposizioni prevalgono sulle previsioni circa le destinazioni d’uso ammissibili degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, fermo restando, per ogni altro profilo, il rispetto della pianificazione paesaggistica territoriale ed ambientale, nonché dei vincoli in materia paesaggistica, di tutela del patrimonio storico-culturale, architettonico e testimoniale e delle eventuali specifiche disposizioni pianificatorie.

Ci sembra questa un’interessante opportunità di recupero urbanistico e di rilancio economico per aree pregevoli ma inutilizzate: starà poi alle singole amministrazioni comunali dimostrare di avere la necessaria sensibilità per concretizzarla.