Tribunale di Bologna: la contravvenzione ex art.6, comma 3, T.U. Immigrazione alla luce della legge 94/09
Giudice: Grazia Nart
Motivazione
Con decreto di citazione a giudizio emesso ex art. 549 e 552 c.p.p. in data 1.2.09, ritualmente notificato, veniva disposta la comparizione in giudizio di T. R. B. per rispondere dei reati a lui ascritti in rubrica ed al dibattimento egli rimaneva contumace. L’istruttoria dibattimentale si è articolata nella deposizione del teste Mar. Strappato Angelo, comandante della Stazione dei Carabinieri di Granarolo Emilia e nell’acquisizione dei provvedimenti del Prefetto e del Questore di Como emessi in data 5 agosto 2006, mentre è già presente nel fascicolo del dibattimento ex art. 431 lett. b) c.p.p. il p.v. di identificazione dell’imputato.
La penale responsabilità del prevenuto in ordine alle imputazioni a lui ascritte è pienamente provata al di là di ogni ragionevole dubbio in base alle risultanze dell’istruttoria dibattimentale dalla quale è emerso che egli, senza giustificato motivo, si tratteneva nel territorio dello Stato in violazione del decreto di espulsione del Prefetto della provincia di Como e dell’ordine di allontanamento dal territorio dello Stato impartito dal Questore di Como emessi in data 5 agosto 2006 e notificatigli in pari data ed inoltre che, a richiesta della polizia giudiziaria, egli non esibiva senza alcun giustificato motivo un qualunque documento d’identificazione.
Invero l’unico teste escusso affermava che “abbiamo proceduto al controllo di questo soggetto, praticamente, che risultava sprovvisto di qualsiasi documento utile per la sua identificazione e quindi veniva sottoposto a foto segnalamento e ad accertamento AFIS, al termine delle quali risultava un foto segnalamento precedente da parte dei carabinieri di Erba, provincia di Como, per il quale era stato tratto in arresto perché inottemperante ad un Decreto di espulsione…” (cfr. dep. Mar. Strappato A).
All’esito della deposizione dei testi e della istruttoria dibattimentale, il PM ed il difensore concludevano come da verbale.
Orbene, non sussistono quindi dubbi circa la ricorrenza degli elementi soggettivi ed oggettivi di entrambi i reati contestati all’imputato.
Orbene, con riferimento al reato di cui al capo B), condizioni di sussistenza del reato sono l’esistenza e la validità degli atti amministrativi presupposti - decreto di espulsione del Prefetto e ordine di allontanamento del Questore - che nel caso in esame risultano regolari: invero essi appaiono ben motivati (lo straniero è entrato nel territorio nazionale sottraendosi ai controlli di frontiera senza essere provvisto di passaporto, indisponibilità di un vettore aereo e di altro mezzo di trasporto ed impossibilità di dare esecuzione all’espulsione per accertata indisponibilità di posti presso i C.P.T. nazionali) e debitamente tradotti in una lingua comprensibile all’imputato.
Inoltre entrambi i provvedimenti sono stati debitamente notificati al prevenuto per cui egli era ben consapevole di intrattenersi illegalmente nel territorio dello Stato.
In particolare, dai controlli AFIS si evince che l’imputato – da quando gli erano stati notificati i provvedimenti di espulsione – aveva utilizzato un alias (HAJ HASSAN Mokhtar) per “occultare” la propria posizione di soggetto “indesiderato” nel territorio italiano, persistendo così nella sua condotta illecita.
La condotta di violazione dell’ordine di allontanamento senza giustificazione integra il delitto contestato all’imputato, che conseguentemente ne va ritenuto responsabile e condannato alle pene di legge.
Quanto invece al capo A), il P.M. chiedeva l’assoluzione dell’imputato sostenendo che, nel caso di specie, a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 94/09, si sarebbe verificata una vera e propria abolitio criminis della condotta contestata all’art. 6 co. 3° del d.lgs 286/98. Invero la congiunzione “e” ha sostituito nel nuovo testo la locuzione disgiuntiva “ovvero” (“lo straniero che … non ottempera, senza giustificato motivo, all’ordine di esibizione del passaporto o di altro documento di identificazione e del permesso di soggiorno o di altro documento attestante la regolare presenza nel territorio dello stato …”): conseguentemente ad oggi – sempre secondo l’interpretazione della Procura della Repubblica – il dato letterale della norma richiederebbe, per la consumazione dei fatti-reato antecedenti alla modifica legislativa, la omessa esibizione da parte dello straniero sottoposto al controllo di entrambi i documento idonei a comprovare la regolare presenza sul territorio dello Stato. Per le condotte perpetrate invece dopo l’entrata in vigore della legge n. 94/09, la mancata esibizione di un permesso di soggiorno o di altro titolo idoneo ad attestare la regolare presenza sul territorio dello Stato, comporta l’integrazione della fattispecie di cui all’art. 14 comma 5 ter o dell’art.14 comma quinto quater nel qual caso la prima risulterà assorbita.
In altri termini sembrerebbe - ad una prima lettura - che la fattispecie tipica presupponga, per la sussistenza del reato, la richiesta congiunta e la mancata esibizione di entrambi i tipi di documenti.
Se questo fosse effettivamente il senso della norma sulla base del dato letterale, sarebbe peraltro lecito dubitare che lo stesso corrisponda ad una qualsiasi logica apparendo davvero incomprensibili le ragioni di una scelta di questo genere.
A parere del Giudice la nuova formulazione dell’art. 6 comma 3° D. Lgs. n. 286/98 a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 94/09 - ed in particolare la sostituzione della disgiuntiva “ovvero” con la congiunzione “e” - non ha mutato, nel caso di specie, la illiceità delle condotte antecedenti a tale modifica. Anzi, la congiunzione “e”, così come si desume dalla lettura dei lavori preparatori della legge n. 94/09, mira ad ampliare l’ambito applicativo del reato in contestazione aggiungendo quelle condotte di mancata esibizione di un permesso di soggiorno regolare che prima, con la mera esibizione di un qualsiasi documento di riconoscimento, non venivano punite. In definitiva l’art. 6 comma 3° punisce le condotte di chi, a richiesta di un pubblico ufficiale, esibisce un permesso di soggiorno scaduto o non rinnovato secondo i presupposti stabiliti dall’art. 5 del T.U. 286/98. Del resto aderendo all’interpretazione del pubblico ministero si arriverebbe a punire più lievemente chi si trova illegalmente nel territorio dello Stato senza alcun documento d’identificazione e senza aver richiesto mai il permesso di soggiorno, dove si applicherebbe la contravvenzione ex art.10 bis dlgs 286/298, rispetto a chi, pur avendo un permesso di soggiorno regolare oppure non rinnovato per motivi indipendenti dalla sua volontà, non abbia esibito né il documento d’identificazione né il permesso di soggiorno ovvero abbia esibito un permesso di soggiorno scaduto o non rinnovato. A conforto di questa interpretazione vi è anche la mancata modifica dell’art. 6 comma 4° il quale stabilisce che “ …qualora vi sia motivo di dubitare della identità personale dello straniero, questi è sottoposto a rilievi foto dattiloscopici e segnaletici…” per cui resta patente che il reato de quo mira a tutelare il bene-interesse dell’ordine pubblico e, in particolare, il controllo di tutti coloro che, per qualsiasi motivo, si trovino sul territorio dello Stato ovvero, con la legge n. 94/09, anche l’interesse dello Stato ad una corretta osservanza delle norme disciplinanti il rilascio dei permessi di soggiorno ai cittadini extracomunitari. Quindi, la illiceità delle condotte antecedenti la modifica non sono mutate.
Nel caso di specie, risulta giudizialmente accertato che l’imputato-clandestino - all’atto del controllo non era in possesso né di un documento di identificazione né del permesso di soggiorno. Il fatto contestato dalla nuova normativa è, a parere del Giudice, fatto diverso e non sussiste tra le due norme continuità normativa.
Nel caso di specie poi il teste maresciallo Strappato Angelo riferiva che l’imputato non aveva con sé alcun documento d’identificazione né alcun documento idoneo a comprovare la regolare presenza sul territorio dello Stato.
Pertanto, ritenuta la penale responsabilità del prevenuto per i reati a lui ascritti, non possono essergli concesse le attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p. attesi i precedenti a suo carico risultanti dal certificato penale in atti e le sue condizioni soggettive (il soggiorno “contra ius” in Italia per quasi un anno dalla emissione dei provvedimenti di espulsione ed allontanamento) che denotano una manifesta insofferenza al rispetto delle regole e di tutti i precetti dello Stato.
I fatti possono ritenersi uniti dal vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. c.p., essendo stati commessi con identità di disegno criminoso ed in un breve contesto temporale.
Tenuto conto dei criteri posti dall’art. 133 c.p., stimasi equo fissare in concreto la pena di anni 1 mesi 1 di reclusione (p.b. per il reato più grave sub b =anni 1 di reclusione; pena così aumentata ex art. 81 cpv. cp.).
Segue per legge la condanna dell’imputato al pagamento delle spese di giustizia tutte.
Sussistono presupposti di legge ostativi all’applicazione del beneficio ex art. 163 c.p. attesi i precedenti a carico del prevenuto per il quale non è possibile formulare una prognosi favorevole di non recidiva ex art. 164 c.p.
PQM
visti ed applicati gli art. 533 - 535 c.p.p.
DICHIARA
l’imputato colpevole di entrambi i reati a lui contestati e - con la continuazione - lo condanna alla pena di anni 1 e mesi 1 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Assegna il termine di g. 60 per il deposito della motivazione ex art. 544 co. 3° c.p.p.
Bologna 16/2/010
IL GIUDICE
Grazia Nart
Giudice: Grazia Nart
Motivazione
Con decreto di citazione a giudizio emesso ex art. 549 e 552 c.p.p. in data 1.2.09, ritualmente notificato, veniva disposta la comparizione in giudizio di T. R. B. per rispondere dei reati a lui ascritti in rubrica ed al dibattimento egli rimaneva contumace. L’istruttoria dibattimentale si è articolata nella deposizione del teste Mar. Strappato Angelo, comandante della Stazione dei Carabinieri di Granarolo Emilia e nell’acquisizione dei provvedimenti del Prefetto e del Questore di Como emessi in data 5 agosto 2006, mentre è già presente nel fascicolo del dibattimento ex art. 431 lett. b) c.p.p. il p.v. di identificazione dell’imputato.
La penale responsabilità del prevenuto in ordine alle imputazioni a lui ascritte è pienamente provata al di là di ogni ragionevole dubbio in base alle risultanze dell’istruttoria dibattimentale dalla quale è emerso che egli, senza giustificato motivo, si tratteneva nel territorio dello Stato in violazione del decreto di espulsione del Prefetto della provincia di Como e dell’ordine di allontanamento dal territorio dello Stato impartito dal Questore di Como emessi in data 5 agosto 2006 e notificatigli in pari data ed inoltre che, a richiesta della polizia giudiziaria, egli non esibiva senza alcun giustificato motivo un qualunque documento d’identificazione.
Invero l’unico teste escusso affermava che “abbiamo proceduto al controllo di questo soggetto, praticamente, che risultava sprovvisto di qualsiasi documento utile per la sua identificazione e quindi veniva sottoposto a foto segnalamento e ad accertamento AFIS, al termine delle quali risultava un foto segnalamento precedente da parte dei carabinieri di Erba, provincia di Como, per il quale era stato tratto in arresto perché inottemperante ad un Decreto di espulsione…” (cfr. dep. Mar. Strappato A).
All’esito della deposizione dei testi e della istruttoria dibattimentale, il PM ed il difensore concludevano come da verbale.
Orbene, non sussistono quindi dubbi circa la ricorrenza degli elementi soggettivi ed oggettivi di entrambi i reati contestati all’imputato.
Orbene, con riferimento al reato di cui al capo B), condizioni di sussistenza del reato sono l’esistenza e la validità degli atti amministrativi presupposti - decreto di espulsione del Prefetto e ordine di allontanamento del Questore - che nel caso in esame risultano regolari: invero essi appaiono ben motivati (lo straniero è entrato nel territorio nazionale sottraendosi ai controlli di frontiera senza essere provvisto di passaporto, indisponibilità di un vettore aereo e di altro mezzo di trasporto ed impossibilità di dare esecuzione all’espulsione per accertata indisponibilità di posti presso i C.P.T. nazionali) e debitamente tradotti in una lingua comprensibile all’imputato.
Inoltre entrambi i provvedimenti sono stati debitamente notificati al prevenuto per cui egli era ben consapevole di intrattenersi illegalmente nel territorio dello Stato.
In particolare, dai controlli AFIS si evince che l’imputato – da quando gli erano stati notificati i provvedimenti di espulsione – aveva utilizzato un alias (HAJ HASSAN Mokhtar) per “occultare” la propria posizione di soggetto “indesiderato” nel territorio italiano, persistendo così nella sua condotta illecita.
La condotta di violazione dell’ordine di allontanamento senza giustificazione integra il delitto contestato all’imputato, che conseguentemente ne va ritenuto responsabile e condannato alle pene di legge.
Quanto invece al capo A), il P.M. chiedeva l’assoluzione dell’imputato sostenendo che, nel caso di specie, a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 94/09, si sarebbe verificata una vera e propria abolitio criminis della condotta contestata all’art. 6 co. 3° del d.lgs 286/98. Invero la congiunzione “e” ha sostituito nel nuovo testo la locuzione disgiuntiva “ovvero” (“lo straniero che … non ottempera, senza giustificato motivo, all’ordine di esibizione del passaporto o di altro documento di identificazione e del permesso di soggiorno o di altro documento attestante la regolare presenza nel territorio dello stato …”): conseguentemente ad oggi – sempre secondo l’interpretazione della Procura della Repubblica – il dato letterale della norma richiederebbe, per la consumazione dei fatti-reato antecedenti alla modifica legislativa, la omessa esibizione da parte dello straniero sottoposto al controllo di entrambi i documento idonei a comprovare la regolare presenza sul territorio dello Stato. Per le condotte perpetrate invece dopo l’entrata in vigore della legge n. 94/09, la mancata esibizione di un permesso di soggiorno o di altro titolo idoneo ad attestare la regolare presenza sul territorio dello Stato, comporta l’integrazione della fattispecie di cui all’art. 14 comma 5 ter o dell’art.14 comma quinto quater nel qual caso la prima risulterà assorbita.
In altri termini sembrerebbe - ad una prima lettura - che la fattispecie tipica presupponga, per la sussistenza del reato, la richiesta congiunta e la mancata esibizione di entrambi i tipi di documenti.
Se questo fosse effettivamente il senso della norma sulla base del dato letterale, sarebbe peraltro lecito dubitare che lo stesso corrisponda ad una qualsiasi logica apparendo davvero incomprensibili le ragioni di una scelta di questo genere.
A parere del Giudice la nuova formulazione dell’art. 6 comma 3° D. Lgs. n. 286/98 a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 94/09 - ed in particolare la sostituzione della disgiuntiva “ovvero” con la congiunzione “e” - non ha mutato, nel caso di specie, la illiceità delle condotte antecedenti a tale modifica. Anzi, la congiunzione “e”, così come si desume dalla lettura dei lavori preparatori della legge n. 94/09, mira ad ampliare l’ambito applicativo del reato in contestazione aggiungendo quelle condotte di mancata esibizione di un permesso di soggiorno regolare che prima, con la mera esibizione di un qualsiasi documento di riconoscimento, non venivano punite. In definitiva l’art. 6 comma 3° punisce le condotte di chi, a richiesta di un pubblico ufficiale, esibisce un permesso di soggiorno scaduto o non rinnovato secondo i presupposti stabiliti dall’art. 5 del T.U. 286/98. Del resto aderendo all’interpretazione del pubblico ministero si arriverebbe a punire più lievemente chi si trova illegalmente nel territorio dello Stato senza alcun documento d’identificazione e senza aver richiesto mai il permesso di soggiorno, dove si applicherebbe la contravvenzione ex art.10 bis dlgs 286/298, rispetto a chi, pur avendo un permesso di soggiorno regolare oppure non rinnovato per motivi indipendenti dalla sua volontà, non abbia esibito né il documento d’identificazione né il permesso di soggiorno ovvero abbia esibito un permesso di soggiorno scaduto o non rinnovato. A conforto di questa interpretazione vi è anche la mancata modifica dell’art. 6 comma 4° il quale stabilisce che “ …qualora vi sia motivo di dubitare della identità personale dello straniero, questi è sottoposto a rilievi foto dattiloscopici e segnaletici…” per cui resta patente che il reato de quo mira a tutelare il bene-interesse dell’ordine pubblico e, in particolare, il controllo di tutti coloro che, per qualsiasi motivo, si trovino sul territorio dello Stato ovvero, con la legge n. 94/09, anche l’interesse dello Stato ad una corretta osservanza delle norme disciplinanti il rilascio dei permessi di soggiorno ai cittadini extracomunitari. Quindi, la illiceità delle condotte antecedenti la modifica non sono mutate.
Nel caso di specie, risulta giudizialmente accertato che l’imputato-clandestino - all’atto del controllo non era in possesso né di un documento di identificazione né del permesso di soggiorno. Il fatto contestato dalla nuova normativa è, a parere del Giudice, fatto diverso e non sussiste tra le due norme continuità normativa.
Nel caso di specie poi il teste maresciallo Strappato Angelo riferiva che l’imputato non aveva con sé alcun documento d’identificazione né alcun documento idoneo a comprovare la regolare presenza sul territorio dello Stato.
Pertanto, ritenuta la penale responsabilità del prevenuto per i reati a lui ascritti, non possono essergli concesse le attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p. attesi i precedenti a suo carico risultanti dal certificato penale in atti e le sue condizioni soggettive (il soggiorno “contra ius” in Italia per quasi un anno dalla emissione dei provvedimenti di espulsione ed allontanamento) che denotano una manifesta insofferenza al rispetto delle regole e di tutti i precetti dello Stato.
I fatti possono ritenersi uniti dal vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. c.p., essendo stati commessi con identità di disegno criminoso ed in un breve contesto temporale.
Tenuto conto dei criteri posti dall’art. 133 c.p., stimasi equo fissare in concreto la pena di anni 1 mesi 1 di reclusione (p.b. per il reato più grave sub b =anni 1 di reclusione; pena così aumentata ex art. 81 cpv. cp.).
Segue per legge la condanna dell’imputato al pagamento delle spese di giustizia tutte.
Sussistono presupposti di legge ostativi all’applicazione del beneficio ex art. 163 c.p. attesi i precedenti a carico del prevenuto per il quale non è possibile formulare una prognosi favorevole di non recidiva ex art. 164 c.p.
PQM
visti ed applicati gli art. 533 - 535 c.p.p.
DICHIARA
l’imputato colpevole di entrambi i reati a lui contestati e - con la continuazione - lo condanna alla pena di anni 1 e mesi 1 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Assegna il termine di g. 60 per il deposito della motivazione ex art. 544 co. 3° c.p.p.
Bologna 16/2/010
IL GIUDICE
Grazia Nart