Tribunale di Marsala: sequestro giudiziario e azione di riduzione delle disposizioni lesive della legittima

TRIBUNALE ORDINARIO DI MARSALA

Sezione Civile

R.G. 980-1/2010

In persona del giudice designato, dott. Pasquale Russolillo,

nel procedimento ex art. 670 c.p.c. portante il numero 980 sub. 1 del Registro Generale dell’anno 2010, promosso nell’ambito del procedimento civile 980/2010 R.G. vertente tra

Tizio, Caio, Mevio e Sempronio

RICORRENTI

E

Tizia e Caia

RESISTENTI

Ha emesso la seguente

ORDINANZA

I ricorrenti in epigrafe indicati hanno impugnato la donazione effettuata in favore di Tizia dalla madre Sempronia, relativa alla quota di un mezzo del fabbricato sito in, nonché i legati contenuti nel testamento pubblico della medesima Sempronia a beneficio di Tizia e Caia, aventi ad oggetto la nuda proprietà del fabbricato sito in.

L’azione proposta è volta ad accertare l’inefficacia della predetta donazione e la lesione della quota di riserva spettante agli attori (quattro dei setti figli di Sempronia) per effetto delle citate disposizioni. Nell’ambito di tale giudizio è stato richiesto il sequestro giudiziario degli immobili sopra menzionati.

La questione dell’ammissibilità della chiesta misura cautelare nell’ambito delle cause ereditarie è stata più volte affrontata dalla giurisprudenza, la quale ha riconosciuto l’utilizzabilità del sequestro giudiziario in caso di esperimento dell’azione di riduzione per lesione di legittima e di divisione del compendio ereditario sancendone nel contempo i limiti e i presupposti.

E’ pacifico che, ai sensi dell’art. 670 n. 1 c.p.c., possono formare oggetto di sequestro giudiziario non solo i beni in ordine ai quali sia stata esercitata un’azione di rivendica, di reintegrazione, o di manutenzione, ma anche quelli che abbiano dato luogo ad una controversia dalla cui decisione può scaturire una statuizione di condanna alla restituzione o al rilascio, eventualmente in accoglimento di un’azione personale, di cosa a qualsiasi titolo pervenuta nella disponibilità di altri, come nel caso di azione di riduzione di donazioni o legati da parte del legittimario leso (cfr. Cass. 19 ottobre 1993, n. 10333).

Tanto premesso, la concessione del sequestro giudiziario in caso di azione di reintegra per lesione di legittima va subordinata alla opportunità di provvedere alla custodia e alla gestione dei beni relitti, siccome previsto dal codice di rito.

Secondo questo giudicante le predette ragioni di opportunità vanno individuate, in estrema sintesi, nella necessità di evitare che il protrarsi del potere di fatto sulla cosa da parte di alcuni degli eredi possa pregiudicare in modo grave il diritto degli istanti a ricevere in natura una parte dei beni della massa ereditaria.

Va infatti rimarcata la funzione conservativa della misura cautelare invocata, la quale è volta a garantire la fruttuosità dell’azione di merito finalizzata al recupero di beni ereditari.

Si rende dunque necessaria un’indagine, necessariamente sommaria, stante la natura del procedimento, circa l’esistenza delle due condizioni di seguito indicate.

La prima condizione necessaria è l’accertamento del fumus boni iuris, inteso quale esame prognostico del diritto in capo agli istanti ad ottenere, all’esito del giudizio, la restituzione in natura, in tutto o in parte, dei beni di cui si chiede il sequestro giudiziario.

E’ presupposta dunque, anzitutto, la verifica dell’intervenuta lesione subita dagli istanti, in base ad un giudizio che sconta, in questa fase, la necessità di utilizzare prevalentemente relazioni ed altri atti di parte ai fini della determinazione del valore della massa.

Va soggiunto inoltre che la concessione del sequestro giudiziario, e dunque in definitiva il mutamento dello stato di fatto determinatosi in base alla voluntas testantis, deve escludersi a priori nel caso in cui si preveda che l’erede leso nella propria quota di riserva non possa comunque conseguire la reintegra in natura dei proprio diritti, essendo ben più probabile l’ottenimento di un mero conguaglio in denaro. Tale circostanza si verifica in particolare quando oggetto di impugnazione per lesione sia una donazione o un legato, essendo prevista in tal caso, ai sensi dell’art. 560 u.c., c.c., la facoltà del beneficiario di ritenere per intero l’immobile, ove il valore dello stesso non superi quello della disponibile, cui va sommato, se trattasi di erede legittimario, quello della quota di riserva al medesimo spettante (cfr. in termini, sia pure con riferimento al diverso caso delle facoltà riconosciute dalla legge all’erede collatizio, la pronuncia del Tribunale di Padova del 7 gennaio 2006, su www.dejure.it).

La seconda condizione da accertare è la sussistenza di adeguate ragioni di opportunità. Trattasi di requisito ulteriore, da esaminare subordinatamente all’avvenuta verifica del precedente, e consistente nel sopra cennato pericolo che il protrarsi dello stato di fatto di illegittima ed esclusiva detenzione dei beni sequestrandi da parte di alcuni degli eredi: a) sia idonea a conculcare in modo assoluto e per tutta la durata del processo la facoltà di godimento dei beni ereditari da parte degli istanti (cfr. sul punto Cass. 21 dicembre 1992, n. 13546); b) determini in ogni caso, all’esito del giudizio, il conseguimento di un’utilità ridotta a causa della alterazione o deterioramento dei beni ereditari, ovvero della mancata rendicontazione di utilità conseguite medio tempore dai detentori (cfr. Trib. Salerno, 21 ottobre 2004, consultabile su www.dejure.it).

Sulla verifica di tale presupposto incide senza dubbio la natura dei beni della cui reintegra si discute, atteso che nella specie, come nella maggior parte dei casi, si tratta di immobili destinati ad abitazione ovvero di terreni e non già di attività produttive. In tali casi, infatti, le ragioni di opportunità richieste dall’art. 670 c.p.c. vanno individuate non nella migliore gestione del compendio ereditario – la quale può assumere rilevanza nel solo caso in cui i beni siano soggetti ad uno stato di vero e proprio abbandono – quanto piuttosto nel paventato pericolo che il protrarsi del giudizio ordinario, notoriamente caratterizzato in questi casi da una certa complessità, procrastini ed aggravi una situazione di fatto avvertita prima facie come illegittima poiché lesiva dei diritti ereditari dei ricorrenti.

Nel caso in esame risulta anzitutto non adeguatamente dimostrata la prima delle citate condizioni, ovvero la sussistenza ictu oculi di una lesione della quota di riserva dei ricorrenti e del diritto alla reintegra nel possesso, in tutto o in parte, dei beni sequestrandi.

Ed infatti gli attori non sono stati del tutto pretermessi, ma hanno confermato di essere stati beneficiari di somme di danaro per successione della madre Sempronia, nonché donatari, per disposizione della medesima, di alcuni terreni il cui valore resta, allo stato, ignoto.

L’azione di riduzione proposta ha inoltre ad oggetto, da una lato, una donazione, peraltro relativa non già all’intero, come affermato, ma alla sola quota di un mezzo del fabbricato di Frazione, dall’altro, un legato, il cui oggetto è la nuda proprietà dei beni indicati nel testamento di Sempronia, fra cui il fabbricato di.

Ne consegue che su tali beni le convenute godono del diritto di ritenzione di cui all’art. 560 c.c. e potranno dunque essere chiamate alla restituzione alla condizione, allo stato indimostrata, che il valore degli stessi ecceda quello della quota disponibile maggiorato della riserva loro spettante in qualità di legittimarie, con la possibilità dunque di soddisfare l’eventuale legittima dei coeredi con adeguato conguaglio in denaro.

Sebbene già queste considerazioni sarebbero idonee ad escludere la fondatezza dell’odierno ricorso è utile soggiungere la carenza di allegazioni sufficienti a provare la sussistenza della seconda condizione sopra menzionata.

Appare infatti soltanto allegata ma del tutto indimostrata la circostanza secondo cui i beni in questione verserebbero in stato di abbandono, tale da determinarne nel tempo il progressivo deterioramento.

Inoltre non può ritenersi che il godimento dei predetti beni sia idoneo a conculcare in modo assoluto i diritti sulla massa ereditaria da parte dei ricorrenti, atteso che per stessa ammissione di questi ultimi, una parte del compendio è stato loro attribuito tramite donazioni immobiliari e lasciti in denaro.

Nessuna disposizione va assunta in ordine alle spese, trattandosi di ricorso cautelare proposto in corso di causa.

P.Q.M.

visti gli artt. 670, 669 bis e ss. c.p.c.;

Respinge il ricorso proposto da Tizio, Caio, Mevio e Sempronio.

Spese al merito.

Si comunichi.

Marsala, 8 gennaio 2011

TRIBUNALE ORDINARIO DI MARSALA

Sezione Civile

R.G. 980-1/2010

In persona del giudice designato, dott. Pasquale Russolillo,

nel procedimento ex art. 670 c.p.c. portante il numero 980 sub. 1 del Registro Generale dell’anno 2010, promosso nell’ambito del procedimento civile 980/2010 R.G. vertente tra

Tizio, Caio, Mevio e Sempronio

RICORRENTI

E

Tizia e Caia

RESISTENTI

Ha emesso la seguente

ORDINANZA

I ricorrenti in epigrafe indicati hanno impugnato la donazione effettuata in favore di Tizia dalla madre Sempronia, relativa alla quota di un mezzo del fabbricato sito in, nonché i legati contenuti nel testamento pubblico della medesima Sempronia a beneficio di Tizia e Caia, aventi ad oggetto la nuda proprietà del fabbricato sito in.

L’azione proposta è volta ad accertare l’inefficacia della predetta donazione e la lesione della quota di riserva spettante agli attori (quattro dei setti figli di Sempronia) per effetto delle citate disposizioni. Nell’ambito di tale giudizio è stato richiesto il sequestro giudiziario degli immobili sopra menzionati.

La questione dell’ammissibilità della chiesta misura cautelare nell’ambito delle cause ereditarie è stata più volte affrontata dalla giurisprudenza, la quale ha riconosciuto l’utilizzabilità del sequestro giudiziario in caso di esperimento dell’azione di riduzione per lesione di legittima e di divisione del compendio ereditario sancendone nel contempo i limiti e i presupposti.

E’ pacifico che, ai sensi dell’art. 670 n. 1 c.p.c., possono formare oggetto di sequestro giudiziario non solo i beni in ordine ai quali sia stata esercitata un’azione di rivendica, di reintegrazione, o di manutenzione, ma anche quelli che abbiano dato luogo ad una controversia dalla cui decisione può scaturire una statuizione di condanna alla restituzione o al rilascio, eventualmente in accoglimento di un’azione personale, di cosa a qualsiasi titolo pervenuta nella disponibilità di altri, come nel caso di azione di riduzione di donazioni o legati da parte del legittimario leso (cfr. Cass. 19 ottobre 1993, n. 10333).

Tanto premesso, la concessione del sequestro giudiziario in caso di azione di reintegra per lesione di legittima va subordinata alla opportunità di provvedere alla custodia e alla gestione dei beni relitti, siccome previsto dal codice di rito.

Secondo questo giudicante le predette ragioni di opportunità vanno individuate, in estrema sintesi, nella necessità di evitare che il protrarsi del potere di fatto sulla cosa da parte di alcuni degli eredi possa pregiudicare in modo grave il diritto degli istanti a ricevere in natura una parte dei beni della massa ereditaria.

Va infatti rimarcata la funzione conservativa della misura cautelare invocata, la quale è volta a garantire la fruttuosità dell’azione di merito finalizzata al recupero di beni ereditari.

Si rende dunque necessaria un’indagine, necessariamente sommaria, stante la natura del procedimento, circa l’esistenza delle due condizioni di seguito indicate.

La prima condizione necessaria è l’accertamento del fumus boni iuris, inteso quale esame prognostico del diritto in capo agli istanti ad ottenere, all’esito del giudizio, la restituzione in natura, in tutto o in parte, dei beni di cui si chiede il sequestro giudiziario.

E’ presupposta dunque, anzitutto, la verifica dell’intervenuta lesione subita dagli istanti, in base ad un giudizio che sconta, in questa fase, la necessità di utilizzare prevalentemente relazioni ed altri atti di parte ai fini della determinazione del valore della massa.

Va soggiunto inoltre che la concessione del sequestro giudiziario, e dunque in definitiva il mutamento dello stato di fatto determinatosi in base alla voluntas testantis, deve escludersi a priori nel caso in cui si preveda che l’erede leso nella propria quota di riserva non possa comunque conseguire la reintegra in natura dei proprio diritti, essendo ben più probabile l’ottenimento di un mero conguaglio in denaro. Tale circostanza si verifica in particolare quando oggetto di impugnazione per lesione sia una donazione o un legato, essendo prevista in tal caso, ai sensi dell’art. 560 u.c., c.c., la facoltà del beneficiario di ritenere per intero l’immobile, ove il valore dello stesso non superi quello della disponibile, cui va sommato, se trattasi di erede legittimario, quello della quota di riserva al medesimo spettante (cfr. in termini, sia pure con riferimento al diverso caso delle facoltà riconosciute dalla legge all’erede collatizio, la pronuncia del Tribunale di Padova del 7 gennaio 2006, su www.dejure.it).

La seconda condizione da accertare è la sussistenza di adeguate ragioni di opportunità. Trattasi di requisito ulteriore, da esaminare subordinatamente all’avvenuta verifica del precedente, e consistente nel sopra cennato pericolo che il protrarsi dello stato di fatto di illegittima ed esclusiva detenzione dei beni sequestrandi da parte di alcuni degli eredi: a) sia idonea a conculcare in modo assoluto e per tutta la durata del processo la facoltà di godimento dei beni ereditari da parte degli istanti (cfr. sul punto Cass. 21 dicembre 1992, n. 13546); b) determini in ogni caso, all’esito del giudizio, il conseguimento di un’utilità ridotta a causa della alterazione o deterioramento dei beni ereditari, ovvero della mancata rendicontazione di utilità conseguite medio tempore dai detentori (cfr. Trib. Salerno, 21 ottobre 2004, consultabile su www.dejure.it).

Sulla verifica di tale presupposto incide senza dubbio la natura dei beni della cui reintegra si discute, atteso che nella specie, come nella maggior parte dei casi, si tratta di immobili destinati ad abitazione ovvero di terreni e non già di attività produttive. In tali casi, infatti, le ragioni di opportunità richieste dall’art. 670 c.p.c. vanno individuate non nella migliore gestione del compendio ereditario – la quale può assumere rilevanza nel solo caso in cui i beni siano soggetti ad uno stato di vero e proprio abbandono – quanto piuttosto nel paventato pericolo che il protrarsi del giudizio ordinario, notoriamente caratterizzato in questi casi da una certa complessità, procrastini ed aggravi una situazione di fatto avvertita prima facie come illegittima poiché lesiva dei diritti ereditari dei ricorrenti.

Nel caso in esame risulta anzitutto non adeguatamente dimostrata la prima delle citate condizioni, ovvero la sussistenza ictu oculi di una lesione della quota di riserva dei ricorrenti e del diritto alla reintegra nel possesso, in tutto o in parte, dei beni sequestrandi.

Ed infatti gli attori non sono stati del tutto pretermessi, ma hanno confermato di essere stati beneficiari di somme di danaro per successione della madre Sempronia, nonché donatari, per disposizione della medesima, di alcuni terreni il cui valore resta, allo stato, ignoto.

L’azione di riduzione proposta ha inoltre ad oggetto, da una lato, una donazione, peraltro relativa non già all’intero, come affermato, ma alla sola quota di un mezzo del fabbricato di Frazione, dall’altro, un legato, il cui oggetto è la nuda proprietà dei beni indicati nel testamento di Sempronia, fra cui il fabbricato di.

Ne consegue che su tali beni le convenute godono del diritto di ritenzione di cui all’art. 560 c.c. e potranno dunque essere chiamate alla restituzione alla condizione, allo stato indimostrata, che il valore degli stessi ecceda quello della quota disponibile maggiorato della riserva loro spettante in qualità di legittimarie, con la possibilità dunque di soddisfare l’eventuale legittima dei coeredi con adeguato conguaglio in denaro.

Sebbene già queste considerazioni sarebbero idonee ad escludere la fondatezza dell’odierno ricorso è utile soggiungere la carenza di allegazioni sufficienti a provare la sussistenza della seconda condizione sopra menzionata.

Appare infatti soltanto allegata ma del tutto indimostrata la circostanza secondo cui i beni in questione verserebbero in stato di abbandono, tale da determinarne nel tempo il progressivo deterioramento.

Inoltre non può ritenersi che il godimento dei predetti beni sia idoneo a conculcare in modo assoluto i diritti sulla massa ereditaria da parte dei ricorrenti, atteso che per stessa ammissione di questi ultimi, una parte del compendio è stato loro attribuito tramite donazioni immobiliari e lasciti in denaro.

Nessuna disposizione va assunta in ordine alle spese, trattandosi di ricorso cautelare proposto in corso di causa.

P.Q.M.

visti gli artt. 670, 669 bis e ss. c.p.c.;

Respinge il ricorso proposto da Tizio, Caio, Mevio e Sempronio.

Spese al merito.

Si comunichi.

Marsala, 8 gennaio 2011