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Tutela del lavoratore subordinato in ipotesi di trasferimento del titolo sportivo in ambito F.I.G.C. (Federazione Italiana Giuoco Calcio)

Il tema in argomento trae spunto da una recente pronuncia della Corte d’Appello di Torino -sez.lavoro-, resa all’esito del gravame interposto da un dipendente (massaggiatore) del Torino Calcio S.p.a. avverso la sentenza mediante cui il Tribunale di Torino aveva accolto la domanda di licenziamento formulata dal Torino F.C. S.p.a. (società sportiva di nuova costituzione che, in base alla normativa federale di settore, aveva rilevato il titolo sportivo del Torino Calcio S.p.a.) nei suoi riguardi.

Invero, il giudice di primo grado aveva ritenuto legittimo il licenziamento, in considerazione del fatto che il trasferimento del titolo sportivo, non realizzando un vero e proprio trasferimento d’azienda, rendeva inapplicabile l’art. 2112 cod. civ., per il quale (comma 1), come è noto, “in caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano”.

Cosa si intende per titolo sportivo e in cosa consiste il relativo trasferimento?

Al riguardo, sovviene la normativa federale di settore e, in primo luogo, l’art 52, comma 1, N.O.I.F. (Norme Organizzative Interne F.I.G.C.), secondo cui il “titolo sportivo è il riconoscimento, da parte della F.I.G.C. (Federazione Italiana Giuoco Calcio), delle condizioni tecniche sportive che consentono, concorrendo gli altri requisiti previsti dalle norme federali, la partecipazione di una società ad un determinato campionato”.

In aggiunta, il comma 2 della medesima disposizione regolamentare prescrive che “in nessuna caso il titolo sportivo può essere oggetto di valutazione economica o di cessione”.

Ciò premesso, è opportuno anche segnalare, in sintesi, le modalità attraverso cui il titolo sportivo può essere trasferito.

Anche in questo caso, la fattispecie è puntualmente disciplinata dall’art. 52 N.O.I.F., il quale distingue tre ipotesi di trasferimento:

1) revoca dell’affliliazione della società sportiva nei cui riguardi sia stato dichiarato e/o accertato giudizialmente lo stato di insolvenza (comma 3). In tal caso, il titolo sportivo, ove esso concerna un campionato professionistico (Serie A, Serie B, Prima Divisione -ex Serie C1- e Seconda Divisione -ex Serie C2-) può essere attribuito, previa delibera del Presidente federale e parere vincolante della CO.VI.SOC. (Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio Professionistiche, quale organo di controllo dell’equilibrio economico-finanziario delle società di calcio professionistiche e del rispetto dei principi di corretta gestione), ad altra società, a condizione che detta società dimostri di aver acquisito l’intera azienda sportiva della società in stato di insolvenza, accollandosi e assolvendo tutti i debiti sportivi della società cui sia stata revocata l’affiliazione o garantendone il pagamento a mezzo di fideiussione bancaria;

2) revoca dell’affiliazione della società sportiva in caso di liquidazione ai sensi e per gli effetti della normativa civilistica di riferimento (comma 5);

3) non ammissione della società sportiva al campionato di Serie A e B (sino alla s.s. 2007/08 anche di Serie C 1 -ora Prima Divisione-). In tal caso, la F.I.G.C. può attribuire il titolo sportivo, inferiore di due categorie (sino alla s.s. 2007/08, di una categoria), rispetto a quello di pertinenza della società non ammessa, ad altra società avente sede nella stessa città della società non ammessa e che sia in grado di fornire garanzie di solidità finanziaria e continuità aziendale (comma 6).

Delle tre, è l’ultima fattispecie che qui interessa direttamente, atteso che, in applicazione dell’art. 52, comma 6, N.O.I.F. (c.d Lodo Petrucci), il Torino F.C. S.p.a. aveva rilevato il titolo sportivo del Torino Calcio S.p.a., società la quale, nella s.s. 2004/05, dopo aver ottenuto la promozione in Serie A, venne successivamente privata del titolo sportivo a causa di acclarate irregolarità amministrative.

Ebbene, a seguito del predetto avvicendamento societario, il massaggiatore che aveva svolto la propria attività professionale in favore del Torino Calcio S.p.a. venne sollevato dall’incarico da parte del Torino F.C. S.p.a., poiché, secondo l’assunto della società appellata, a differenza di quanto previsto in seno al richiamato art. 52, comma 3, N.O.I.F., l’ipotesi regolata dal comma 6 prescinde dall’acquisizione dell’intera azienda sportiva e dal pagamento dei debiti, di talché non avrebbe trovato applicazione l’art 2112 c.c..

Proprio sul regime applicativo della richiamata disciplina civilistica la Corte d’Appello di Torino ha indirizzato il proprio intervento, domandandosi, in particolare, se, al fine di escludere l’applicabilità dell’art. 2112 c.c. (assunto sostenuto dal giudice di primo grado) in relazione alla specifica fattispecie, potesse rilevare la circostanza che il titolo sportivo fosse stato trasferito ai sensi e per gli effetti dell’art. 52, comma 6, N.O.I.F. , e non, invece, del comma 3 della medesima disposizione regolamentare.

Al riguardo, il giudice di secondo grado ha focalizzato la propria attenzione sulla disciplina contenuta nel comma 5 dell’art. 2112 c.c. secondo cui “ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo, si intende per trasferimento d’azienda qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi, preesistente al trasferimento, e che conserva, nel trasferimento, la propria identità, a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base di quali il trasferimento è attuato, ...omissis....

A fronte di tale norma, la Corte d’Appello di Torino ha ritenuto insufficiente, per potersi negare il trasferimento d’azienda (assunto sostenuto dalla società sportiva appellata e accolto in primo grado), il fatto che il titolo sportivo de quo fosse stato trasferito nei termini e secondo le modalità riferite, dovendosi procedere, piuttosto, a valutare se la sua assegnazione, da parte della F.I.G.C., in favore del Torino F.C. S.p.a., configuri un trasferimento d’azienda ex art. 2112, comma 5, c.c.; trasferimento che, però, deve essere individuato nella circostanza connessa al mutamento di titolarità dell’attività economica organizzata preesistente la quale, tuttavia, conservi, la propria identità.

Proprio il profilo della conservazione dell’identità costituisce il punto decisivo su cui si è soffermata la Corte d’Appello di Torino, considerando, al riguardo, la particolare natura dell’attività economica sportiva.

Rispetto ad essa, in definitiva, il trasferimento del titolo sportivo non costituisce solo un asettico riconoscimento, da parte della F.I.G.C. di quelle “condizioni tecniche sportive che consentono, concorrendo gli altri requisiti previsti dalle norme federali, la partecipazione di una società ad un determinato campionato”, ma in esso de individuarsi, soprattutto, un trasferimento del patrimonio immateriale della società che ne sia stata privata; un patrimonio che non richiama soltanto il concetto di eredità morale, ma anche un preciso valore economico.

In questo senso, dunque, la Corte d’Appello di Torino ha ravvisato la sussistenza proprio di quella “continuità aziendale” che l’art. 52, comma 6, N.O.I.F. richiede venga garantita dalla società sportiva di nuova costituzione che rilevi il titolo sportivo appartenuto ad altra.

Di conseguenza, anche il rapporto di lavoro del massaggiatore deve ritenersi proseguito, in via automatica, con il nuovo datore di lavoro (Torino F.C. S.p.a.), unitamente alla conservazione di tutti i relativi diritti.

Il tema in argomento trae spunto da una recente pronuncia della Corte d’Appello di Torino -sez.lavoro-, resa all’esito del gravame interposto da un dipendente (massaggiatore) del Torino Calcio S.p.a. avverso la sentenza mediante cui il Tribunale di Torino aveva accolto la domanda di licenziamento formulata dal Torino F.C. S.p.a. (società sportiva di nuova costituzione che, in base alla normativa federale di settore, aveva rilevato il titolo sportivo del Torino Calcio S.p.a.) nei suoi riguardi.

Invero, il giudice di primo grado aveva ritenuto legittimo il licenziamento, in considerazione del fatto che il trasferimento del titolo sportivo, non realizzando un vero e proprio trasferimento d’azienda, rendeva inapplicabile l’art. 2112 cod. civ., per il quale (comma 1), come è noto, “in caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano”.

Cosa si intende per titolo sportivo e in cosa consiste il relativo trasferimento?

Al riguardo, sovviene la normativa federale di settore e, in primo luogo, l’art 52, comma 1, N.O.I.F. (Norme Organizzative Interne F.I.G.C.), secondo cui il “titolo sportivo è il riconoscimento, da parte della F.I.G.C. (Federazione Italiana Giuoco Calcio), delle condizioni tecniche sportive che consentono, concorrendo gli altri requisiti previsti dalle norme federali, la partecipazione di una società ad un determinato campionato”.

In aggiunta, il comma 2 della medesima disposizione regolamentare prescrive che “in nessuna caso il titolo sportivo può essere oggetto di valutazione economica o di cessione”.

Ciò premesso, è opportuno anche segnalare, in sintesi, le modalità attraverso cui il titolo sportivo può essere trasferito.

Anche in questo caso, la fattispecie è puntualmente disciplinata dall’art. 52 N.O.I.F., il quale distingue tre ipotesi di trasferimento:

1) revoca dell’affliliazione della società sportiva nei cui riguardi sia stato dichiarato e/o accertato giudizialmente lo stato di insolvenza (comma 3). In tal caso, il titolo sportivo, ove esso concerna un campionato professionistico (Serie A, Serie B, Prima Divisione -ex Serie C1- e Seconda Divisione -ex Serie C2-) può essere attribuito, previa delibera del Presidente federale e parere vincolante della CO.VI.SOC. (Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio Professionistiche, quale organo di controllo dell’equilibrio economico-finanziario delle società di calcio professionistiche e del rispetto dei principi di corretta gestione), ad altra società, a condizione che detta società dimostri di aver acquisito l’intera azienda sportiva della società in stato di insolvenza, accollandosi e assolvendo tutti i debiti sportivi della società cui sia stata revocata l’affiliazione o garantendone il pagamento a mezzo di fideiussione bancaria;

2) revoca dell’affiliazione della società sportiva in caso di liquidazione ai sensi e per gli effetti della normativa civilistica di riferimento (comma 5);

3) non ammissione della società sportiva al campionato di Serie A e B (sino alla s.s. 2007/08 anche di Serie C 1 -ora Prima Divisione-). In tal caso, la F.I.G.C. può attribuire il titolo sportivo, inferiore di due categorie (sino alla s.s. 2007/08, di una categoria), rispetto a quello di pertinenza della società non ammessa, ad altra società avente sede nella stessa città della società non ammessa e che sia in grado di fornire garanzie di solidità finanziaria e continuità aziendale (comma 6).

Delle tre, è l’ultima fattispecie che qui interessa direttamente, atteso che, in applicazione dell’art. 52, comma 6, N.O.I.F. (c.d Lodo Petrucci), il Torino F.C. S.p.a. aveva rilevato il titolo sportivo del Torino Calcio S.p.a., società la quale, nella s.s. 2004/05, dopo aver ottenuto la promozione in Serie A, venne successivamente privata del titolo sportivo a causa di acclarate irregolarità amministrative.

Ebbene, a seguito del predetto avvicendamento societario, il massaggiatore che aveva svolto la propria attività professionale in favore del Torino Calcio S.p.a. venne sollevato dall’incarico da parte del Torino F.C. S.p.a., poiché, secondo l’assunto della società appellata, a differenza di quanto previsto in seno al richiamato art. 52, comma 3, N.O.I.F., l’ipotesi regolata dal comma 6 prescinde dall’acquisizione dell’intera azienda sportiva e dal pagamento dei debiti, di talché non avrebbe trovato applicazione l’art 2112 c.c..

Proprio sul regime applicativo della richiamata disciplina civilistica la Corte d’Appello di Torino ha indirizzato il proprio intervento, domandandosi, in particolare, se, al fine di escludere l’applicabilità dell’art. 2112 c.c. (assunto sostenuto dal giudice di primo grado) in relazione alla specifica fattispecie, potesse rilevare la circostanza che il titolo sportivo fosse stato trasferito ai sensi e per gli effetti dell’art. 52, comma 6, N.O.I.F. , e non, invece, del comma 3 della medesima disposizione regolamentare.

Al riguardo, il giudice di secondo grado ha focalizzato la propria attenzione sulla disciplina contenuta nel comma 5 dell’art. 2112 c.c. secondo cui “ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo, si intende per trasferimento d’azienda qualsiasi operazione che comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi, preesistente al trasferimento, e che conserva, nel trasferimento, la propria identità, a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base di quali il trasferimento è attuato, ...omissis....

A fronte di tale norma, la Corte d’Appello di Torino ha ritenuto insufficiente, per potersi negare il trasferimento d’azienda (assunto sostenuto dalla società sportiva appellata e accolto in primo grado), il fatto che il titolo sportivo de quo fosse stato trasferito nei termini e secondo le modalità riferite, dovendosi procedere, piuttosto, a valutare se la sua assegnazione, da parte della F.I.G.C., in favore del Torino F.C. S.p.a., configuri un trasferimento d’azienda ex art. 2112, comma 5, c.c.; trasferimento che, però, deve essere individuato nella circostanza connessa al mutamento di titolarità dell’attività economica organizzata preesistente la quale, tuttavia, conservi, la propria identità.

Proprio il profilo della conservazione dell’identità costituisce il punto decisivo su cui si è soffermata la Corte d’Appello di Torino, considerando, al riguardo, la particolare natura dell’attività economica sportiva.

Rispetto ad essa, in definitiva, il trasferimento del titolo sportivo non costituisce solo un asettico riconoscimento, da parte della F.I.G.C. di quelle “condizioni tecniche sportive che consentono, concorrendo gli altri requisiti previsti dalle norme federali, la partecipazione di una società ad un determinato campionato”, ma in esso de individuarsi, soprattutto, un trasferimento del patrimonio immateriale della società che ne sia stata privata; un patrimonio che non richiama soltanto il concetto di eredità morale, ma anche un preciso valore economico.

In questo senso, dunque, la Corte d’Appello di Torino ha ravvisato la sussistenza proprio di quella “continuità aziendale” che l’art. 52, comma 6, N.O.I.F. richiede venga garantita dalla società sportiva di nuova costituzione che rilevi il titolo sportivo appartenuto ad altra.

Di conseguenza, anche il rapporto di lavoro del massaggiatore deve ritenersi proseguito, in via automatica, con il nuovo datore di lavoro (Torino F.C. S.p.a.), unitamente alla conservazione di tutti i relativi diritti.