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Alla ricerca dell’archiviazione perduta

AL SIGNOR MINISTRO DELLA GIUSTIZIA DOTT. CARLO NORDIO
Carlo Nordio
Carlo Nordio

Alla ricerca dell’archiviazione perduta

AL SIGNOR MINISTRO DELLA GIUSTIZIA DOTT. CARLO NORDIO

 

ILLUSTRISSIMO MINISTRO,

ha destato clamore la sua risposta ai quesiti sollevati dall’On. Enrico Costa. Chiamato a pronunciarsi sulle archiviazioni disciplinari disposte dal Procuratore Generale presso la Suprema Corte, negli ultimi cinque anni il Ministro della Giustizia soltanto in due casi su mille ha richiesto le copie degli atti ed in meno di un caso su mille si è opposto all’archiviazione! Ai competenti Ministri e ai Governi succedutisi dal 2018 si attribuisce così la responsabilità politica di non avere attivato il ‘controllo’ istituzionale previsto dall’art. 107, 2° Cost., che assegna al Ministro della Giustizia la ‘facoltà’ di promuovere l’azione disciplinare nei confronti dei magistrati ordinari, anche in contrasto con l’archiviazione proclamata dal P.G. Lassismo del P.G. e compiacente inerzia del Ministro avrebbero così garantito l’impunità ai tantissimi magistrati che illegittimamente imploravano dal dott. Palamara privilegi e favori, assai spesso conseguendoli (in danno del giudice dott. Nessuno, estraneo al sistema correntizio-spartitorio trapiantato dall’A.N.M. al C.S.M.).

 Signor Ministro - al di là dell’accertamento di colpe che ratione temporis le sono comunque estranee - purtroppo la situazione è assai più critica, soprattutto perché – con un artificio tecnico-giuridico – probabilmente il Procuratore Generale ha fatto evaporare la stessa archiviazione predisciplinare!

Al riguardo è necessario premettere che la Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura non può attivarsi se non viene promossa l’azione disciplinare da parte del P.G. che ne ha l’obbligo giuridico, a meno che non sussistano i presupposti per l’archiviazione, previsti rigorosamente dalla legge. Il P.G. è dunque il dominus non solo dell’azione, ma – in gran parte - perfino della sanzione disciplinare. La Riforma Castelli, introducendo l’obbligo per il P.G. di agire in sede disciplinare, aveva coerentemente assegnato allo stesso Consiglio Superiore della Magistratura (cui l’art. 105 Cost. attribuisce il potere-dovere di sanzionare disciplinarmente i magistrati ordinari) il controllo sul motivato provvedimento di archiviazione del P.G. Ma qualche mese dopo la Riforma Mastella eliminò tale controllo, affidandolo esclusivamente alla responsabilità politica del Ministro della Giustizia. Non era - e non è - un controllo vero e proprio, perché l’osservanza di un obbligo di legge – quello incombente sul P.G. – non può essere affidata a chi (il Ministro) ha soltanto la ‘facoltà’ di opporsi, assumendone soltanto la responsabilità (non giuridica, ma) politica (art. 107, 2° Cost.). Con questi limiti di fondo, il procedimento d’inazione è tuttavia normativamente strutturato. Il provvedimento di archiviazione, motivatamente predisposto dal Sostituto Procuratore generale (come ha fatto per anni anche chi scrive) e selettivamente sottoscritto dal Procuratore Generale (che se ne assume all’esterno così la responsabilità giuridica), viene trasmesso al Ministro, il quale, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, può richiedere la trasmissione di copia degli atti e, nei sessanta giorni successivi alla ricezione degli stessi, può richiedere al presidente della Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura la fissazione dell'udienza di discussione orale, formulando l'incolpazione (art. 16, 5° bis del D. lgs. n. 109 del 2006).

Orbene - con l’ordine di servizio n. 34 del 22 giugno 2020 - il P.G. sembra avere sconvolto il dettato normativo, prevedendo che qualunque notizia disciplinare pervenuta alla Procura Generale (contrassegnata con il protocollo SD, cioè servizio disciplinare), sia previamente scrutinata da uno dei tre sostituti che compongono il neo istituito “gruppo di lavoro”. A ciascuno dei quali a turno spetta decidere se: a) archiviare la notizia ‘direttamente’ (cioè senza previa iscrizione), prescrivendone (con provvedimento in calce) l’allegazione agli atti della Segreteria con il protocollo SDM (attuando così una sostanziale cestinazione); b) ovvero disporne l’iscrizione come procedimento disciplinare, destinato ad essere definito poi con la pronuncia di un vero e proprio decreto di archiviazione (quello previsto dal citato art. 16) ad opera del P.G. ovvero con l’esperimento dell’azione. La gestione delle c.d. “archiviazioni dirette” avviene in via esclusivamente informatica, senza procedere alla loro materializzazione mediante stampa. Dopo il visto del Magistrato coordinatore del Gruppo (anch’egli un sostituto) gli ‘elenchi’ delle archiviazioni dirette vengono mensilmente inoltrate al Ministro della Giustizia. Infatti, nell’intervento inaugurale del 29 gennaio 2021 (pag. 213) il P.G. tiene ad annotare che di tale nuova modalità di trattazione delle archiviazioni il Ministro della Giustizia (allora l’avv. A. Bonafede) è stato previamente ‘informato’ prima oralmente e poi formalmente con nota del 16 luglio 2020. Dal medesimo documento si apprende che su 1.775 notizie disciplinari (SD) acquisite dalla P.G. nel 2020, ben 672 (cioè oltre il 37%) sono state definite dallo speciale gruppo di lavoro con archiviazioni diretta (SDM), ovviamente a far tempo dal predetto ordine di servizio (22 giugno 2020). Il discorso inaugurale del 21 gennaio 2022 evidenzia altresì che, a pieno regime, su 1.748 notizie disciplinari (SD) acquisite nel corso dell’intero anno 2021 ben 1.229, cioè oltre il 70%, sono state archiviate direttamente (come SDM) ai sensi dell’ordine di servizio n° 34/2020.

Premesso che nessuno dei numerosi clientes del dott. Palamara è stato sanzionato disciplinarmente per le proprie documentate interferenze, la preponderanza numerica delle archiviazioni dirette ‘inventate’ dal P.G. rispetto a quelle previste dalla legge rende urgente la risposta ai seguenti quesiti: 1) ancorché con l’asserito consenso del Ministro del tempo, legittimamente il P.G. poteva implementare l’archiviazione c.d. diretta, tra l’altro delegandola interamente e definitivamente a un Sostituto? 2) le modalità formali e sostanziali della predetta archiviazione, e in particolare gli elenchi trasmessi, consentono al Ministro di valutarne il fondamento, per adempiere responsabilmente al citato dettato costituzionale; 3) legittimamente il P.G. può preferire a proprio arbitrio l’archiviazione cd. diretta rispetto all’unico modulo di inazione previsto dal citato art. 16?

Soltanto per completezza si rassegna che il menzionato ordine di servizio conclude la trilogia degli ‘editti’ fin qui emessi in materia dal P.G. (ma sconfessati dalle Sezioni Unite e dal C.D.S.), dacché egli, con il primo editto, aveva statuito che le autopromozioni (quelle, cioè, con cui il magistrato si raccomandava direttamente al dott. Palamara per interferire a proprio vantaggio sulle decisioni del C.S.M.) non sono disciplinarmente rilevanti; e, con il secondo, che nessuno - neppure il Consiglio Superiore della Magistratura e tanto meno il cittadino che aveva segnalato al P.G. l’abuso di un giudice - ha diritto di accesso all’archiviazione.

Aveva visto tanto bene quanto lontano il Costituente nell’assegnare al Ministro della Giustizia la potestà di attivare le funzioni del C.S.M., senza compromettere minimamente la separazione dei poteri! Sennonché, parodiando Dante, (come le leggi anche) i poteri «son», ma fin qui nessuno dei precedenti Ministri vi ha posto mano.

Possiamo augurarci che sapientemente provveda il nuovo titolare del Dicastero, dott. Carlo Nordio, perché difficilmente il «legno  storto» della Giustizia si raddrizza da solo!