x

x

Marchi deboli, patronimici e capacità distintiva: canta ancora il canto rosso

Marchi deboli, patronimici e capacità distintiva: canta ancora il canto rosso
Marchi deboli, patronimici e capacità distintiva: canta ancora il canto rosso

Una nota produttrice di spumanti M. ha visto respingere le proprie pretese che miravano al rigetto della registrazione del marchio italiano “CANTO ROSSO DEI SENSI” sulla base del proprio precedente segno distintivo “CANTI”.

Con decisione del 22.2.2017 nell’opposizione n.815/2012 l’UIBM ha chiarito come il termine “Canti” dell’Opponente sia percepito dal consumatore come plurale di “Canto” ed abbia diversi significati riscontrabili anche nel vocabolario. Analogamente nel marchio richiesto, l’aggettivo “Rosso” indicherebbe un colore associato al termine generico “Canto” e l’unico elemento distintivo ricadrebbe nel patronimico SENSI.

Traendo, perciò le mosse dalla sentenza della Corte Europea C-251/95, (ovvero la Sabel BV v Puma AG, 11 Novembre 1997, E.C.R. 1997, I-6191) e recependo l’insegnamento del Tribunale di I Istanza (cfr. T-718/14, (ovvero il caso WE - T-718/14 del 30/11/2015) che ha sostenuto che “un elemento di un segno complesso non ha un ruolo distintivo indipendente se, insieme agli altri elementi del segno, quell’elemento forma una unità dal diverso significato se confrontato con il significato di quegli elementi presi separatamente[1], nonché seguendo le linee guida in materia di Gestaltung del Prof. Sandri nel suo “Percepire il Marchio”, ha sottolineato come nella comparazione della somiglianza dei marchi si debba tener conto dell’impressione generale percepita, cioè del risultato recepito dal consumatore di riferimento, il c.d. pay-off.

Conclude pertanto, l’Ufficio spiegando che: “l’impressione del consumatore è che percepisce tutto l’insieme e non i dettagli”, pertanto “le differenze riscontrate, quali la stilizzazione globale, la struttura e la combinazione dei colori nel marchio contestato, rendono tale marchio nel suo complesso assolutamente diverso dal marchio anteriore, che consiste in un unico elemento denominativo.”[2]

Tale valutazione aderisce a quella che ormai può considerarsi una tendenza seguita della giurisprudenza dell’UIBM che, anche nella decisione UIBM Trust Monti Fonti c/Aborritanza (n. 807/13 del 21/03/2016), ha avuto modo di tornare più volte sui concetti esposti sostenendo che: “Nessuna interazione, e conseguentemente nessun confronto, è prospettabile nella fattispecie in cui il riconoscimento della forma assume una sua identità significante, come tale percepita dal pubblico di riferimento, del tutto diversa l’una dall’altra.”[3]

Interessante, invece, è rilevare che i segni che si confrontano afferiscono allo stesso settore enologico. In tal modo l’Esaminatore, per il principio di interdipendenza di cui alla sentenza Sabel/Puma, avrebbe potuto compensare la scarsa confondibilità tra i segni con l’elevata confondibilità tra i prodotti.

Invece, partendo dall’esame delle prove d’uso dell’Opponente relative a spumanti e vini frizzanti sempre in classe 33 (vini e bevande alcoliche), ha poi concluso come segue: “il rischio di confusione deve essere escluso, in quanto il pubblico di riferimento sarà in grado di distinguere con sicurezza i marchi, anche in relazione a prodotti identici, senza alcun rischio di supporre che tali marchi possano essere ricondotti alla medesima origine aziendale o ad imprese economicamente collegate tra loro.”

Seguendo questo percorso si approfondisce finalmente sotto il profilo giuridico la portata del rischio di confusione e si porta attenzione al messaggio aziendale come summa di comunicazione d’impresa e investimento commerciale, ma si impone anche alle aziende un onere di costruirsi una più attenta esperienza comunicativa.

 

[1] Cfr. anche Tribunale di Torino 9.8.2013 (Allure - in giuripr.delle imprese) “per il marchio debole, anche lievi modificazioni o aggiunte sono sufficienti ad escludere la confondibilità, mentre, al contrario, per il marchio forte, devono ritenersi illegittime tutte le variazioni e modificazioni, anche se rilevanti ed originali, che lascino sussistere l’identità sostanziale del “cuore” del marchio, ovvero il nucleo ideologico espressivo costituente l’idea fondamentale in cui si riassume caratterizzando la sua spiccata attitudine individualizzante

[2] Cfr. anche nello stesso senso Comm. Ricorsi UIBM sent. 13/13 : “il confronto tra i segni  (…) viene effettuato non in via analitica, (…)ma piuttosto in via globale e sintetica che è il modo in cui i marchi sono solitamente percepiti dal consumatore, cioè come un “tutt’uno” che prescinde dai dettagli che non abbiano funzione dominante nel contesto denominativo e/o figurativo d’insieme ed è destinato a rimanere come tale impresso nella di lui memoria”.

[3] Così pure decisione UIBM, n.14222/12, 25/10/2014 - La Festa dei Sensi; come anche (SANDRI S, Identità e confondibilità delle forme nella proprietà intellettuale, Giappichelli, 2013) . “la forma, nella sua struttura espressiva, identitaria in quanto ne permetta la sua riconoscibilità all’esterno si configura come l’unità sistematica di una rete relazionale tra i suoi componenti, i quali interagiscono e si condizionano tra loro”.