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Articolo 117 Tub: Problemi interpretativi del comma 7 e tasso di interesse sostitutivo

Nota a Tribunale di Lecce - Sezione distaccata di Maglie, Sentenza 16 dicembre 2009, n.407
La sentenza n. 407 del 16 dicembre 2009 del Tribunale di Lecce, Sezione distaccata di Maglie, estensore Dott. Angelo RIZZO, presenta numerosi spunti di assoluta originalità e rilevanza. Per la prima volta si accendono i riflettori sulla nullità causale delle valute fittizie, derivanti dall’avvento (datato primi anni ’80) delle tecnologie informatiche. Viene esaminato inoltre uno dei problemi interpretativi più delicati che è recentemente emerso dalla prassi giudiziaria applicativa dell’art. 117, comma 7, del TUb[1] è quello dell’eventuale aggiornamento annuale del “tasso nominale minimo e di quello massimo dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell’economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive”.

 

Hanno risposto in maniera logicamente uniforme e giuridicamente corretta due Tribunali (quello di Lecco e quello di Lecce), anche se hanno trattato le due ipotesi opposte del correntista con un saldo debitore (operazione attiva per la banca) e quella del correntista con un saldo creditore (operazione passiva per la banca, in quanto “operazione di raccolta fondi”).

 

Il Dott. Massimiliano NOCCELLI, estensore della sentenza n. 812, pubblicata il 2 settembre 2009, del Tribunale di Lecco (edita in www.studiotanza.it), che inizialmente sembrava costituire un ἅπαξ λεγόμενον, ma che a distanza di pochi mesi è stato confermato dal Tribunale di Lecce, ha così statuito sul punto:

 

”Occorre, inoltre, osservare che un’interpretazione strettamente letterale dell’art. 117 del T.U.B. farebbe ritenere unico il tasso da sostituire nel corso del rapporto, cioè il tasso BOT dei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto.

 

Ma il tasso riferito al momento della conclusione del contratto, se appare ragionevole per i contratti bancari che contengono un’unica operazione di finanziamento, non altrettanto può dirsi per quelli di durata, ove le operazioni si susseguono nel tempo e vi è la necessità di agganciare la misura degli interessi al costo del denaro con riferimento al momento in cui le operazioni vengono effettuate.

 

Per tali contratti, risultando il saggio di interesse soggetto a continue modifiche in funzione dei mutamenti del mercato, si ritiene che il valore minimo e massimo dei BOT debba essere riferito ai dodici mesi precedenti ogni chiusura dei conti (trimestrale o annuale).

 

D’altra parte, una rigida applicazione dei portato letterale dell’art. 117 del T.U.B. condurrebbe a soluzioni anacronistiche.

 

Infatti, con la discesa dei tassi intervenuta negli anni ’90, si verrebbero a praticare tassi oltremodo elevati, talvolta superiori anche ai tassi soglia disposti dalla legge 108/96: il tasso minimo dei BOT emessi nei dodici mesi precedenti il 9/7/92 (data di entrata in vigore della legge 154/92), pari a 11,88%, verrebbe a risultare maggiore, a partire dal ’99, al tasso soglia stabilito dalla legge 108/96 per le aperture di credito superiori a L. 10 milioni. Va, poi, precisato che l’adeguamento del tasso ad ogni chiusura trimestrale del conto si giustifica alla stregua della considerazione secondo cui la previsione contenuta nell’art. 5 l. 154/92 e poi nell’art. 117 t.u.l.b. si riferisce ad un contratto contemplante un’unica operazione e non invece a quello che dà luogo (come nell’ipotesi del conto corrente) ad un rapporto di durata, caratterizzato da molteplici operazioni poste in essere nella continua variazione dei tassi di interesse a causa delle mutevoli condizioni del mercato (tanto che la facoltà di variazione dei tassi è prevista in via generalizzata e con modalità semplificate dagli artt. 6 l. 154/92 e 117 comma 5 del T.U.B), dovendosi inoltre tenere conto del fatto che la finalità sanzionatoria (per la banca), che sta alla base delle predette disposizioni, verrebbe ad essere frustrata in caso di difformità per eccesso fra il tasso calcolato in relazione al rendimento dei B.O.T. emessi nell’anno antecedente alla stipula del contratto e quello in concreto applicato dall’istituto di credito durante il corso del rapporto.

 

Tale eventualità diviene addirittura una certezza ove si consideri la progressiva caduta, nel corso degli ultimi anni, dei tassi di interesse, fenomeno che ha indotto il legislatore a intervenire in materia di mutui bancari, come si desume dal preambolo al d.l. 29-12-2000 n. 394).

 

La finalità perseguita dal legislatore con gli artt. 5 l. 154/92 e 117 del T.U.B., d’altro canto, è stata proprio quella di ancorare il tasso sostitutivo degli interessi ad un altro in qualche modo legato all’andamento del mercato dei tassi.”

 

In altre parole applicando ai conti in passivo dell’utente il tasso dell’11,88%, si renderebbe una norma con la nota finalità sanzionatoria (per la banca), norma premiale per l’istituto di credito che si vedrebbe riconoscere dei tassi addirittura superiori a quelli previsti dalla normativa antiusura.

 

Ovviamente detta regola vale anche nell’ìpotesi inversa, cioè quella del conto creditore per l’utente (operazione passiva per la banca e quindi operazione per la quale sarà applicabile il tasso nominale massimo dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell’economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto).

 

La fattispecie è stata esaminata anche dal Tribunale di Lecce, Sezione distaccata di Maglie, estensore Dott. Angelo RIZZO, sentenza n. 407 del 16 dicembre 2009 che ha così chiaramente statuito:

 

“In ogni caso si contesta recisamente la tesi secondo cui si pretenderebbe di applicare dal 9 luglio 1992 al soddisfo il tasso massimo dei BOT rilevato nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto, senza effettuare alcuna variazione di detto tasso durante il corso del rapporto.

 

Tale tasso massimo dei BOT, com’è noto, è pari (alla data del 9 luglio 1991) al 13,64% per le operazioni a credito del correntista e mantenendo detto tasso invariato nel tempo si andrebbero, perfino, a superare i limiti di tollerabilità fissati dalla legge 108/96 per contrastare il fenomeno dell’usura (cfr. in particolare A. Tanza La misura del tasso dovuto dalla banca al correntista creditore in www.altalex.com dove si pubblica uno schema nel quale si evidenzia come il tasso del 13,64% superi in vari periodi il limite governativo di tollerabilità del tasso di soglia; in giurisprudenza in tal senso Tribunale di Lecco, sent. 812 del 2 settembre 2009).

 

E’ innegabile, dunque, che il periodo di applicazione del tasso massimo/minimo dei BOT debba essere limitato all’arco temporale di un anno e successivamente variato di anno in anno, in quanto il presupposto della norma è di remunerare le maggiori o minori somme della quale non si è avuta la disponibilità nelle varie epoche e nel corso del rapporto, avendo come periodo di misurazione l’anno (e non, ad esempio, il trimestre).

 

Non vi è chi non veda come sarebbe paradossale remunerare con il 13,64% delle maggiori somme rinvenute, ad esempio, nel 2008 quando nessun investimento finanziario a quella data (neanche quello più speculativo) ha mai avuto tali performances. Da alcuni si è osservato che detto trattamento sarebbe in linea con la finalità sanzionatoria dell’art. 6 della L. 154/92 e dell’art. 117 del TUb. Ma è facile replicare evidenziando che la finalità perseguita dal legislatore con gli artt. 5 L. n. 154/92 e l’art. 117 T.U.b. è stata quella di ancorare il tasso sostituivo degli interessi ad un altro in qualche modo legato all’andamento del mercato dei tassi e, dunque, la variazione degli stessi non può non prendersi in considerazione (Cfr. Tribunale di Lecce, Sentenza del 27 marzo 2007 n. 660; Tribunale di Verbania, Sentenza del 10 dicembre 2007, n. 856 e Corte d’Appello di Brescia 23 maggio 2007).

 

Si tenga poi conto che con l’ingresso della legge 154/92 non vi è stato alcun obbligo per la banca di stipulare un nuovo contratto: la banca, nel silenzio dell’utente, poteva continuare con la vecchia pattuizione e non la si può certo sanzionare o punire per il sol fatto di “non aver fatto” in assenza di un obbligo di fare.

 

E’ ovvio che una sanzione potrà giustificarsi ed essere ammissibile solo contro quegli istituti che hanno posto in essere un contratto o hanno modificato un vecchio contratto, violando le prescrizioni di cui alla legge 154/92 ed in particolare all’art. 117 del T.U.b. -Infine, non va trascurata l’altra faccia della medaglia: mantenere il tasso minimo dei BOT per gli interessi debitori dovuti dal cliente al parametro rilevato nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto per tutta la durata del rapporto, si tradurrebbe in un “premio” per la banca che verrebbe a percepire un tasso dell’11,89% (rilevazione al 9 luglio 1991) ad esempio nel 2009 quando l’interesse legale è notevolmente più basso”.

 

Come è evidente la questione non è di poca rilevanza economica: si pensi che nel caso appena esaminato la differenza tra le diverse interpretazioni ha comportato una riduzione del credito, nel periodo di esame di quasi trent’anni (dal 1977 sino al 2004), di quasi sette milioni di euro: infatti da un presunto credito di nove milioni di euro, calcolato con il parametro fisso del tasso di interesse massimo dei BOT alla data del 9 luglio 1991, si è al contrario riscontrato in sentenza, con l’applicazione del tasso legale ex art. 1284, comma 3, del c.c., il minor credito di circa due milioni di euro (nel caso di specie, infatti, non era intervenuto dopo l’entrata in vigore della c.d. legge sulla trasparenza alcun contratto che giustificasse l’applicazione della legge 154/92 e del successivo D. Lgs. 385/93).

 

Infatti, contrariamente a quanto sostenuto da una minoritaria parte della dottrina e della giurisprudenza, non è possibile applicare ad un rapporto nato prima del 9 luglio 1992 la normativa di sostituzione del tasso (cfr. art. 117, comma 7, del TUb) derivante da un contratto invalido, senza che vi sia stata, successivamente a questa data, una rinegoziazione delle pattuizioni scritta e, principalmente, sottoscritta dall’utente.

 

In questo caso, la invalida pattuizione (cfr. condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza) comporterà l’applicazione del criterio sostitutivo del tasso previsto dall’art. 1284, comma 3[2], c.c. e non certo quello di cui all’art. 117, comma 7, del TUb. Il punto è stato recentemente affrontato dalla S.C.: Cassazione civile , sez. I, 08 maggio 2008, n. 11466 ha statuito che “In relazione alla clausola in questione, che atteneva al primo contratto stipulato nel 1980, i giudici di merito si sono limitati a rilevare la nullità della pattuita eccedenza degli interessi rispetto alla misura legale, e a ricondurre l’accordo a legalità applicando la misura legale, come specificamente disposto dall’art. 1284 c.c., u.c.; non poteva, quindi, porsi alcuna questione di integrazione o sostituzione della clausola con diverse e/o successive norme, delle quali ultime la stessa ricorrente ha anche sottolineato l’irretroattività.”

 

Nello stesso senso si era espressa anche l’anno precedente Cassazione civile , sez. I, 01 marzo 2007, n. 4853: “Dichiarando l’illegittimità della pattuizione del tasso ultralegale, il tribunale ha implicitamente ritenuto applicabile alla fattispecie il tasso legale. E’ superfluo, nel presente giudizio, entrare nell’analisi della disciplina legale sostitutiva applicabile in caso di nullità della clausola di determinazione del tasso d’interesse, in base al R.D.L. 12 marzo 1936, n. 375, art. 117 (t.u. bancario).

 

Come questa corte ha già avuto occasione di affermare, le norme che prevedono la nullità dei patti contrattuali che determinano gli interessi con rinvio agli usi, introdotte con la L. 17 febbraio 1992, n. 154, art. 4, poi trasfuso nel D.Lgs. 1 settembre 1983, n. 385, art. 117, non sono retroattive, alla pari della disciplina in materia d’usura. Mentre nell’ipotesi di mancanza di contratto valido (perché verbale o sottoscritto da una sola delle parti in causa), appare poi significativa la recentissima pronuncia del Tribunale di Marsala, estensore il Dott. Francesco Lupiae, emessa il 9 dicembre 2009 (edita in www.studiotanza.it), secondo la quale nell’ipotesi di produzione di un contratto di conto corrente sottoscritto dal solo correntista va dichiarata la nullità del contratto con la conseguente restituzione di ogni competenza, senza alcun interesse: "Il giudice, melius re perpensa, ritenuto che non può darsi raggiunta la prova della sussistenza di un valido contratto di conto corrente fra le parti, stante la presenza in atti di un documento sottoscritto unilateralmente dal correntista e non recante la sottoscrizione anche della convenuta, da reputarsi pertanto nullo (tribunale di Mantova 13 marzo 2006); ritenuto che, vertendosi in tema di contratti di durata, tale nullità importa la ripetibilità di ogni somma versata dal correntista in favore della banca a qualunque titolo, laddove essa non risulti essere stata successivamente restituita da quest’ultima tramite versamento diretto al correntista di fatto o a terzi per suo ordine, stante l’operatività anche in sede di ripetizione dell’indebito del generale principio compensatio lucri cum damno, indipendentemente dalla mancata opposizione di una specifica eccezione di compensazione delle somme dovute con quelle versate da parte della banca; ritenuto tuttavia che l’azione di ripetizione esercitata a cagione della nullità del contratto incontra il limite della prescrizione; rilevato che nella specie la stessa è stata specificamente eccepita, che il primo atto interruttivo di cui si ha prova è quello della citazione nel presente giudizio, risalente al 19 marzo 2009, che pertanto potranno essere ripetuti i pagamenti che risultino dal decennio precedente in poi; ritenuto che la ricostruzione dei versamenti effettuati dalle parti reciprocamente può essere effettuato solo in forza di documentazione idonea a provare i relativi pagamenti; che nel caso di specie tale documentazione deve essere individuata nelle copie degli estratti conto relativi al contratto nullo e la cui veridicità non è stata contestata da alcuna delle parti. Pqm revoca l’ordinanza del 18.11.09 nella parte in cui dispone per l’udienza odierna la discussione orale della causa; ordina alla Banca d’Italia di comunicare eventuali iscrizioni, tuttora presenti, effettuate alla Centrale Rischi in forza di denunzie della convenuta; dispone CTU contabile, intesa a ricostruire, sulla base delle esposte premesse, l’eventuale ragione creditoria vantata dall’attore nei confronti del convenuto, come emergenti dagli estratti conto depositatati in giudizio; nomina a tal fine il Dott. S. Andrea, con studio (omissis) rinviando all’udienza del 28 luglio 2010 ore 11 per il giuramento e la formulazione del seguente quesito: "letti i documenti prodotti in giudizio ed in particolare gli estratti conto, nonché ogni altra documentazione non prodotta e fornita con il consenso di ambedue le parti, dica il CTU quali siano le somme versate, a qualunque titolo, dall’attore alla banca a partire dal 18 marzo 1999 e sino alla chiusura del conto, decurtate di quelle versate dalla banca all’attore in persona o su suo ordine, stabilisca all’esito di tale calcolo quali siano le eventuali ragioni di credito complessivamente vantate dall’attore."



[1] L’art 117, comma 4, del T.U. bancario dispone che: “I contratti indicano il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora”; mentre l’art. 117, comma 6, prevede che: “Sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati nonché quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati”. In queste due ipotesi di nullità, lo stesso art. 117, al comma 7, TUb prevede un tasso sostitutivo da applicarsi alle operazioni che hanno interessato i conti correnti di corrispondenza, disponendo che: “In caso di inosservanza del comma 4 e nelle ipotesi di nullità indicate nel comma 6, si applicano: a) il tasso nominale minimo e quello massimo dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell’economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive; b) gli altri prezzi e condizioni pubblicizzati nel corso della durata del rapporto per le corrispondenti categorie di operazioni e servizi; in mancanza di pubblicità nulla è dovuto.”

 

[2] Art. 1284, comma 3, c.c. “Gli interessi superiori alla misura legale devono essere determinati per iscritto; altrimenti sono dovuti nella misura legale”.

La sentenza n. 407 del 16 dicembre 2009 del Tribunale di Lecce, Sezione distaccata di Maglie, estensore Dott. Angelo RIZZO, presenta numerosi spunti di assoluta originalità e rilevanza. Per la prima volta si accendono i riflettori sulla nullità causale delle valute fittizie, derivanti dall’avvento (datato primi anni ’80) delle tecnologie informatiche. Viene esaminato inoltre uno dei problemi interpretativi più delicati che è recentemente emerso dalla prassi giudiziaria applicativa dell’art. 117, comma 7, del TUb[1] è quello dell’eventuale aggiornamento annuale del “tasso nominale minimo e di quello massimo dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell’economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive”.

 

Hanno risposto in maniera logicamente uniforme e giuridicamente corretta due Tribunali (quello di Lecco e quello di Lecce), anche se hanno trattato le due ipotesi opposte del correntista con un saldo debitore (operazione attiva per la banca) e quella del correntista con un saldo creditore (operazione passiva per la banca, in quanto “operazione di raccolta fondi”).

 

Interpretazione Articolo 117 Tub: il parere del Dott.Nocelli 

Il Dott. Massimiliano NOCCELLI, estensore della sentenza n. 812, pubblicata il 2 settembre 2009, del Tribunale di Lecco (edita in www.studiotanza.it), che inizialmente sembrava costituire un ἅπαξ λεγόμενον, ma che a distanza di pochi mesi è stato confermato dal Tribunale di Lecce, ha così statuito sul punto:

 

”Occorre, inoltre, osservare che un’interpretazione strettamente letterale dell’art. 117 del T.U.B. farebbe ritenere unico il tasso da sostituire nel corso del rapporto, cioè il tasso BOT dei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto.

 

Ma il tasso riferito al momento della conclusione del contratto, se appare ragionevole per i contratti bancari che contengono un’unica operazione di finanziamento, non altrettanto può dirsi per quelli di durata, ove le operazioni si susseguono nel tempo e vi è la necessità di agganciare la misura degli interessi al costo del denaro con riferimento al momento in cui le operazioni vengono effettuate.

 

Per tali contratti, risultando il saggio di interesse soggetto a continue modifiche in funzione dei mutamenti del mercato, si ritiene che il valore minimo e massimo dei BOT debba essere riferito ai dodici mesi precedenti ogni chiusura dei conti (trimestrale o annuale).

 

D’altra parte, una rigida applicazione dei portato letterale dell’art. 117 del T.U.B. condurrebbe a soluzioni anacronistiche.

 

Infatti, con la discesa dei tassi intervenuta negli anni ’90, si verrebbero a praticare tassi oltremodo elevati, talvolta superiori anche ai tassi soglia disposti dalla legge 108/96: il tasso minimo dei BOT emessi nei dodici mesi precedenti il 9/7/92 (data di entrata in vigore della legge 154/92), pari a 11,88%, verrebbe a risultare maggiore, a partire dal ’99, al tasso soglia stabilito dalla legge 108/96 per le aperture di credito superiori a L. 10 milioni. Va, poi, precisato che l’adeguamento del tasso ad ogni chiusura trimestrale del conto si giustifica alla stregua della considerazione secondo cui la previsione contenuta nell’art. 5 l. 154/92 e poi nell’art. 117 t.u.l.b. si riferisce ad un contratto contemplante un’unica operazione e non invece a quello che dà luogo (come nell’ipotesi del conto corrente) ad un rapporto di durata, caratterizzato da molteplici operazioni poste in essere nella continua variazione dei tassi di interesse a causa delle mutevoli condizioni del mercato (tanto che la facoltà di variazione dei tassi è prevista in via generalizzata e con modalità semplificate dagli artt. 6 l. 154/92 e 117 comma 5 del T.U.B), dovendosi inoltre tenere conto del fatto che la finalità sanzionatoria (per la banca), che sta alla base delle predette disposizioni, verrebbe ad essere frustrata in caso di difformità per eccesso fra il tasso calcolato in relazione al rendimento dei B.O.T. emessi nell’anno antecedente alla stipula del contratto e quello in concreto applicato dall’istituto di credito durante il corso del rapporto.

 

Tale eventualità diviene addirittura una certezza ove si consideri la progressiva caduta, nel corso degli ultimi anni, dei tassi di interesse, fenomeno che ha indotto il legislatore a intervenire in materia di mutui bancari, come si desume dal preambolo al d.l. 29-12-2000 n. 394).

 

La finalità perseguita dal legislatore con gli artt. 5 l. 154/92 e articolo 117 del T.U.B., d’altro canto, è stata proprio quella di ancorare il tasso sostitutivo degli interessi ad un altro in qualche modo legato all’andamento del mercato dei tassi.”

 

In altre parole applicando ai conti in passivo dell’utente il tasso dell’11,88%, si renderebbe una norma con la nota finalità sanzionatoria (per la banca), norma premiale per l’istituto di credito che si vedrebbe riconoscere dei tassi addirittura superiori a quelli previsti dalla normativa antiusura.

 

Ovviamente detta regola vale anche nell’ìpotesi inversa, cioè quella del conto creditore per l’utente (operazione passiva per la banca e quindi operazione per la quale sarà applicabile il tasso nominale massimo dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell’economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto).

 

Il tribunale di Lecce sulla fattispecie riguardante l'Articolo 117 Tub

 

La fattispecie è stata esaminata anche dal Tribunale di Lecce, Sezione distaccata di Maglie, estensore Dott. Angelo RIZZO, sentenza n. 407 del 16 dicembre 2009 che ha così chiaramente statuito:

 

“In ogni caso si contesta recisamente la tesi secondo cui si pretenderebbe di applicare dal 9 luglio 1992 al soddisfo il tasso massimo dei BOT rilevato nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto, senza effettuare alcuna variazione di detto tasso durante il corso del rapporto.

 

Tale tasso massimo dei BOT, com’è noto, è pari (alla data del 9 luglio 1991) al 13,64% per le operazioni a credito del correntista e mantenendo detto tasso invariato nel tempo si andrebbero, perfino, a superare i limiti di tollerabilità fissati dalla legge 108/96 per contrastare il fenomeno dell’usura (cfr. in particolare A. Tanza La misura del tasso dovuto dalla banca al correntista creditore in www.altalex.com dove si pubblica uno schema nel quale si evidenzia come il tasso del 13,64% superi in vari periodi il limite governativo di tollerabilità del tasso di soglia; in giurisprudenza in tal senso Tribunale di Lecco, sent. 812 del 2 settembre 2009).

 

E’ innegabile, dunque, che il periodo di applicazione del tasso massimo/minimo dei BOT debba essere limitato all’arco temporale di un anno e successivamente variato di anno in anno, in quanto il presupposto della norma è di remunerare le maggiori o minori somme della quale non si è avuta la disponibilità nelle varie epoche e nel corso del rapporto, avendo come periodo di misurazione l’anno (e non, ad esempio, il trimestre).

 

Non vi è chi non veda come sarebbe paradossale remunerare con il 13,64% delle maggiori somme rinvenute, ad esempio, nel 2008 quando nessun investimento finanziario a quella data (neanche quello più speculativo) ha mai avuto tali performances. Da alcuni si è osservato che detto trattamento sarebbe in linea con la finalità sanzionatoria dell’art. 6 della L. 154/92 e dell’art. 117 del TUb. Ma è facile replicare evidenziando che la finalità perseguita dal legislatore con gli artt. 5 L. n. 154/92 e l’art. 117 T.U.b. è stata quella di ancorare il tasso sostituivo degli interessi ad un altro in qualche modo legato all’andamento del mercato dei tassi e, dunque, la variazione degli stessi non può non prendersi in considerazione (Cfr. Tribunale di Lecce, Sentenza del 27 marzo 2007 n. 660; Tribunale di Verbania, Sentenza del 10 dicembre 2007, n. 856 e Corte d’Appello di Brescia 23 maggio 2007).

 

Si tenga poi conto che con l’ingresso della legge 154/92 non vi è stato alcun obbligo per la banca di stipulare un nuovo contratto: la banca, nel silenzio dell’utente, poteva continuare con la vecchia pattuizione e non la si può certo sanzionare o punire per il sol fatto di “non aver fatto” in assenza di un obbligo di fare.

 

E’ ovvio che una sanzione potrà giustificarsi ed essere ammissibile solo contro quegli istituti che hanno posto in essere un contratto o hanno modificato un vecchio contratto, violando le prescrizioni di cui alla legge 154/92 ed in particolare all’art. 117 del T.U.b. -Infine, non va trascurata l’altra faccia della medaglia: mantenere il tasso minimo dei BOT per gli interessi debitori dovuti dal cliente al parametro rilevato nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto per tutta la durata del rapporto, si tradurrebbe in un “premio” per la banca che verrebbe a percepire un tasso dell’11,89% (rilevazione al 9 luglio 1991) ad esempio nel 2009 quando l’interesse legale è notevolmente più basso”.

 

Come è evidente la questione non è di poca rilevanza economica: si pensi che nel caso appena esaminato la differenza tra le diverse interpretazioni ha comportato una riduzione del credito, nel periodo di esame di quasi trent’anni (dal 1977 sino al 2004), di quasi sette milioni di euro: infatti da un presunto credito di nove milioni di euro, calcolato con il parametro fisso del tasso di interesse massimo dei BOT alla data del 9 luglio 1991, si è al contrario riscontrato in sentenza, con l’applicazione del tasso legale ex art. 1284, comma 3, del c.c., il minor credito di circa due milioni di euro (nel caso di specie, infatti, non era intervenuto dopo l’entrata in vigore della c.d. legge sulla trasparenza alcun contratto che giustificasse l’applicazione della legge 154/92 e del successivo D. Lgs. 385/93).

 

Infatti, contrariamente a quanto sostenuto da una minoritaria parte della dottrina e della giurisprudenza, non è possibile applicare ad un rapporto nato prima del 9 luglio 1992 la normativa di sostituzione del tasso (cfr. art. 117, comma 7, del TUb) derivante da un contratto invalido, senza che vi sia stata, successivamente a questa data, una rinegoziazione delle pattuizioni scritta e, principalmente, sottoscritta dall’utente.

 

In questo caso, la invalida pattuizione (cfr. condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza) comporterà l’applicazione del criterio sostitutivo del tasso previsto dall’art. 1284, comma 3[2], c.c. e non certo quello di cui all’art. 117, comma 7, del TUb. Il punto è stato recentemente affrontato dalla S.C.: Cassazione civile , sez. I, 08 maggio 2008, n. 11466 ha statuito che “In relazione alla clausola in questione, che atteneva al primo contratto stipulato nel 1980, i giudici di merito si sono limitati a rilevare la nullità della pattuita eccedenza degli interessi rispetto alla misura legale, e a ricondurre l’accordo a legalità applicando la misura legale, come specificamente disposto dall’art. 1284 c.c., u.c.; non poteva, quindi, porsi alcuna questione di integrazione o sostituzione della clausola con diverse e/o successive norme, delle quali ultime la stessa ricorrente ha anche sottolineato l’irretroattività.”

 

Interpretazione dell'articolo 117 Tub: il parere della cassazione civile

Nello stesso senso si era espressa anche l’anno precedente Cassazione civile , sez. I, 01 marzo 2007, n. 4853: “Dichiarando l’illegittimità della pattuizione del tasso ultralegale, il tribunale ha implicitamente ritenuto applicabile alla fattispecie il tasso legale. E’ superfluo, nel presente giudizio, entrare nell’analisi della disciplina legale sostitutiva applicabile in caso di nullità della clausola di determinazione del tasso d’interesse, in base al R.D.L. 12 marzo 1936, n. 375, art. 117 (t.u. bancario).

 

Come questa corte ha già avuto occasione di affermare, le norme che prevedono la nullità dei patti contrattuali che determinano gli interessi con rinvio agli usi, introdotte con la L. 17 febbraio 1992, n. 154, art. 4, poi trasfuso nel D.Lgs. 1 settembre 1983, n. 385, art. 117, non sono retroattive, alla pari della disciplina in materia d’usura. Mentre nell’ipotesi di mancanza di contratto valido (perché verbale o sottoscritto da una sola delle parti in causa), appare poi significativa la recentissima pronuncia del Tribunale di Marsala, estensore il Dott. Francesco Lupiae, emessa il 9 dicembre 2009 (edita in www.studiotanza.it), secondo la quale nell’ipotesi di produzione di un contratto di conto corrente sottoscritto dal solo correntista va dichiarata la nullità del contratto con la conseguente restituzione di ogni competenza, senza alcun interesse: "Il giudice, melius re perpensa, ritenuto che non può darsi raggiunta la prova della sussistenza di un valido contratto di conto corrente fra le parti, stante la presenza in atti di un documento sottoscritto unilateralmente dal correntista e non recante la sottoscrizione anche della convenuta, da reputarsi pertanto nullo (tribunale di Mantova 13 marzo 2006); ritenuto che, vertendosi in tema di contratti di durata, tale nullità importa la ripetibilità di ogni somma versata dal correntista in favore della banca a qualunque titolo, laddove essa non risulti essere stata successivamente restituita da quest’ultima tramite versamento diretto al correntista di fatto o a terzi per suo ordine, stante l’operatività anche in sede di ripetizione dell’indebito del generale principio compensatio lucri cum damno, indipendentemente dalla mancata opposizione di una specifica eccezione di compensazione delle somme dovute con quelle versate da parte della banca; ritenuto tuttavia che l’azione di ripetizione esercitata a cagione della nullità del contratto incontra il limite della prescrizione; rilevato che nella specie la stessa è stata specificamente eccepita, che il primo atto interruttivo di cui si ha prova è quello della citazione nel presente giudizio, risalente al 19 marzo 2009, che pertanto potranno essere ripetuti i pagamenti che risultino dal decennio precedente in poi; ritenuto che la ricostruzione dei versamenti effettuati dalle parti reciprocamente può essere effettuato solo in forza di documentazione idonea a provare i relativi pagamenti; che nel caso di specie tale documentazione deve essere individuata nelle copie degli estratti conto relativi al contratto nullo e la cui veridicità non è stata contestata da alcuna delle parti. Pqm revoca l’ordinanza del 18.11.09 nella parte in cui dispone per l’udienza odierna la discussione orale della causa; ordina alla Banca d’Italia di comunicare eventuali iscrizioni, tuttora presenti, effettuate alla Centrale Rischi in forza di denunzie della convenuta; dispone CTU contabile, intesa a ricostruire, sulla base delle esposte premesse, l’eventuale ragione creditoria vantata dall’attore nei confronti del convenuto, come emergenti dagli estratti conto depositatati in giudizio; nomina a tal fine il Dott. S. Andrea, con studio (omissis) rinviando all’udienza del 28 luglio 2010 ore 11 per il giuramento e la formulazione del seguente quesito: "letti i documenti prodotti in giudizio ed in particolare gli estratti conto, nonché ogni altra documentazione non prodotta e fornita con il consenso di ambedue le parti, dica il CTU quali siano le somme versate, a qualunque titolo, dall’attore alla banca a partire dal 18 marzo 1999 e sino alla chiusura del conto, decurtate di quelle versate dalla banca all’attore in persona o su suo ordine, stabilisca all’esito di tale calcolo quali siano le eventuali ragioni di credito complessivamente vantate dall’attore."

[1] L’art 117, comma 4, del T.U. bancario dispone che: “I contratti indicano il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora”; mentre l’art. 117, comma 6, prevede che: “Sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati nonché quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati”. In queste due ipotesi di nullità, lo stesso art. 117, al comma 7, TUb prevede un tasso sostitutivo da applicarsi alle operazioni che hanno interessato i conti correnti di corrispondenza, disponendo che: “In caso di inosservanza del comma 4 e nelle ipotesi di nullità indicate nel comma 6, si applicano: a) il tasso nominale minimo e quello massimo dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell’economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive; b) gli altri prezzi e condizioni pubblicizzati nel corso della durata del rapporto per le corrispondenti categorie di operazioni e servizi; in mancanza di pubblicità nulla è dovuto.”

 

[2] Art. 1284, comma 3, c.c. “Gli interessi superiori alla misura legale devono essere determinati per iscritto; altrimenti sono dovuti nella misura legale”.