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Borghi d’Italia: un nuovo “urbanesimo”?

Ripopolamento dei borghi al vaglio del Senato: una vita super sostenibile?
borghi d'Italia
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La questione del ripopolamento borghi, al vaglio del Senato della Repubblica, sta suscitando interesse in termini di dibattito politico nazionale.

Filodiritto ospita, nella rubrica Mondovisione a cura di Angelo Lucarella, l’intervento congiunto di Giulia Pantaleo, segretario nazionale di Gioventù Liberale, e di Tommaso Graziani, Coordinatore regionale dell’Emilia Romagna della stessa compagine.

 

“Il nostro Paese è conosciuto per le sue città d’arte scrigni di cultura e bellezza, per i suoi paesaggi montani, collinari e costieri, variegati e unici. Il nostro Stivale è contraddistinto da una miriade di Borghi, comunità con meno di 5.000 abitanti, che ne formano l’ossatura pedemontana ed appenninica, ma che allo stesso modo arricchiscono di cultura e bellezza la nostra Penisola.

Una vita super sostenibile?

Nei borghi italiani è possibile. In una qualsiasi regione, sono tutti belli e tutti carichi di identità, storia, bellezza. Abbandonati, spopolati anni fa e preferiti alle città, stanno vivendo negli ultimi tempi un’inversione di tendenza. Negli ultimi anni, infatti, sono tanti i comuni del Belpaese che, per evitare lo spopolamento, hanno messo in atto iniziative e molte offerte per attirare abitanti.

Sono proprio i nostri Borghi l’oggetto e il soggetto del Disegno di Legge Delega n. 2316, ad oggi incardinato al Senato, che ha come obiettivo primo quello di ripopolare piccoli nuclei abitativi per innervarvi nuovamente vita e possibilità di lavoro (vedasi intervento del Dott. Francesco Spanò per la rubrica Mondovisione di Filodiritto del 03.05.2022).

Al cuore di questo Disegno di Legge vi è la volontà di sviluppare, rendendolo strutturale, un nuovo urbanesimo che coniughi umanesimo e nuove tecnologie, così da non lasciare più indietro alcuna area del nostro Paese.

Indubbiamente negli ultimi decenni le aree interne nonché quelle pedemontane, appenniniche e quelle facenti parte delle piccole isole, hanno subito un processo di spopolamento a causa di processi migratori tesi verso le grandi conurbazioni urbane in ragione della industrializzazione e dello sviluppo economico.

In un momento – ossia quello in cui viviamo – caratterizzato da una complessa fase post-pandemia e da incertezze derivanti dal conflitto in atto, è importante cogliere uno degli insegnamenti che il Covid ci ha lasciato: rivalutare luoghi meno densi di gente ma altrettanto ricchi di humus creativo e di opportunità per nuclei familiari, giovani e meno giovani che vogliano cambiare la loro dinamica lavorativa e di vita per dirigersi verso un’innovativa concezione di urbanesimo umanista.

Un urbanesimo che, rigenerato da un contesto maggiormente a misura d’uomo, costruisce, rendendole progressivamente strutturali, nuove connessioni tra persone definendo sempre più quella dimensione glocale di cui da tempo si sente parlare: ciò, naturalmente, grazie soprattutto ad uno sviluppo dei mezzi tecnologici, della rete, della fibra di cui ogni parte d’Italia deve essere provvista.

Saper fare proprio dell’homo faber rinascimentale unito a sapiente inserimento nella vita quotidiana di forme di sviluppo tecnologico che permettono all’ingegno dell’essere umano di crescere ed estrinsecarsi da ogni dove: questo il mantra.

Piccoli comuni, borghi, piccoli agglomerati isolani che da essere semi- disabitati o disabitati del tutto, grazie a sapienti incentivi, vengono a rianimarsi di persone singole, di nuclei familiari la cui presenza rende necessario lo sviluppo di un tessuto produttivo e commerciale, infrastrutturale e dei servizi saldato dalla dimensione delle nuove tecnologie.

Non è vero che i giovani fuggono dai borghi. Quando hanno le condizioni e la possibilità di viverci, rimangono.

Lo smart working, simbolo di un periodo di chiusura, attraverso questo Disegno di Legge Delega, assume un nuovo significato, permettendo di strutturare, modificandolo sempre più, il concetto di lavoro; oggi non sono più inscindibili il luogo di vita e quello di lavoro e ciò è essenziale per poter ragionare di ripopolamento di centri che nel passato prossimo erano visti come retaggio di un’Italia che si voleva dimenticare e – forse – solo ritrovare nei testi di Carlo Levi, oppure nelle ricerche svolte da Robert Putnam, rinnovandone il concetto di civiness che non sia solo conformismo bensì soprattutto solidarietà orizzontale propria delle piccole comunità (gemeinschaft).

Per realizzare e sviluppare tutto questo, i redattori del disegno di legge in questione propongono interventi intelligenti come il “riconoscimento di incentivi fiscali e contributivi ai datori di lavoro che promuovono lo svolgimento nei piccoli comuni dell’attività lavorativa in modalità di lavoro agile, per un periodo non inferiore a cinque anni…”, come il “riconoscimento di agevolazioni fiscali per favorire l’insediamento di nuovi residenti nei piccoli comuni, con particolare riferimento ai nuclei familiari con indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) inferiore a euro 40.000”, il “riconoscimento di agevolazioni fiscali e di detrazioni delle spese documentate per garantire e completare la diffusione della rete a banda ultra larga per lo svolgimento nei piccoli comuni dell’attività lavorativa in modalità di lavoro agile” ed anche la “adozione di misure adeguate a facilitare l’accesso dei servizi pubblici essenziali nei piccoli comuni”.

Con questi ed altri interventi si vuole cercare, di qui ai prossimi anni, di ridare dignità e slancio a molte parti del nostro Paese lasciate a sé stesse; non bisogna indugiare in quanto la possibilità offerta dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è una opportunità difficilmente ripetibile (la Regione Calabria forse lo ha inteso prima di altre) per raggiungere questo ambizioso obiettivo.

Giovani, meno giovani, singoli, coppie, famiglie, anziani, aziende, commercianti, botteghe: tutto questo riguarda uno spaccato della nostra società e diventa necessario in prospettiva di un futuro in grado di coniugare urbanesimo, e quindi modernità, a una sempre maggiore qualità di vita. Affinché si riesca a far fiorire un nuovo umanesimo, come successo, sempre nella Penisola, alcuni secoli fa, la vera rivoluzione da mettere in atto è puntare sui borghi”.