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Brevi appunti sulle modifiche alla disciplina della ristrutturazione dei debiti

Le modifiche all’articolo 182bis Legge Fallimentare
[Sull’argomento, dello stesso autore, "Gli accordi di ristrutturazione dei debiti", in Il diritto fallimentare e delle società commerciali, 2010, I, 290]

Nel tentativo di migliorare l’approccio – invero, fin troppo timido dalla sua non remota introduzione – alla soluzione delle crisi di impresa contemplate dall’art. 182-bis legge fallim., il d. l. n. 78 del 31 maggio 2010 ha apportato “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, prevedendo al secondo comma dell’art. 48 - “Disposizioni in materia di procedure concorsuali” - quanto segue:

Dopo il comma quinto dell’articolo 182-bis del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, sono aggiunti i seguenti: “Il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive di cui al terzo comma può essere richiesto dall’imprenditore anche nel corso delle trattative e prima della formalizzazione dell’accordo di cui al presente articolo, depositando presso il tribunale la documentazione di cui all’articolo 161, primo e secondo comma, e una proposta di accordo corredata da una dichiarazione dell’imprenditore, avente valore di autocertificazione, attestante che sulla proposta sono in corso trattative con i creditori che rappresentano almeno il sessanta per cento dei crediti e da una dichiarazione del professionista avente i requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), circa la sussistenza delle condizioni per assicurare il regolare pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare. L’istanza di sospensione di cui al presente comma è pubblicata nel registro delle imprese.

Il tribunale, verificata la completezza della documentazione depositata, fissa con decreto l’udienza entro il termine di trenta giorni dal deposito dell’istanza di cui al sesto comma, disponendo la comunicazione ai creditori della documentazione stessa. Nel corso dell’udienza, riscontrata la sussistenza dei presupposti per pervenire a un accordo di ristrutturazione dei debiti con le maggioranze di cui al primo comma e delle condizioni per il regolare pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare, dispone con decreto motivato il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive assegnando il termine di non oltre sessanta giorni per il deposito dell’accordo di ristrutturazione e della relazione redatta dal professionista a norma del primo comma. Il decreto del precedente periodo è reclamabile a norma del quinto comma in quanto applicabile.

A seguito del deposito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti nei termini assegnati dal tribunale trovano applicazione le disposizioni di cui al secondo, terzo, quarto e quinto comma.”.

Come noto, sulla base di quanto disposto dall’art. 182-bis legge fallim., il debitore che raggiunge un accordo di ristrutturazione dei propri debiti con il ceto creditore rappresentante almeno il 60% dell’esposizione complessiva, può domandare al tribunale l’omologazione della stessa intesa, produttrice di effetti legali altrimenti preclusi agli accordi non omologati: tra i principali, la costituzione di un “ombrello protettivo” sul patrimonio del debitore verso i creditori aderenti all’intesa, che non potranno avviare o proseguire azioni revocatorie su atti, pagamenti e garanzie effettuati in esecuzione del piano.

Con la previsione di cui all’art. 48, comma 2, del d. l. 78 del 31 maggio 2010, le tutele sul patrimonio del debitore vengono altresì estese per un deliminato arco temporale antecedente la pubblicazione nel registro delle imprese dell’accordo, con la disposizione che, nel periodo utile alle trattative che precedono la potenziale formalizzazione dell’intesa, non sia possibile avviare o proseguire azioni di natura cautelare o esecutiva.

Grazie alle novità in esame, l’imprenditore potrà pertanto anticipare parte degli effetti dell’accordo omologato, con una previsione non obbligatoria, traducibile in una mera facoltà rimessa alla libera volontà del debitore di usufruire o meno di tale allargamento dell’ampiezza delle tutele (“Il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive di cui al terzo comma può essere richiesto dall’imprenditore anche nel corso delle trattative e prima della formalizzazione dell’accordo di cui al presente articolo…”).

Per ciò che invece concerne l’iter disciplinato dall’intervento normativo, la richiesta di concretizza in un ricorso espresso al tribunale competente, con presentazione della documentazione di cui al primo e al secondo comma dell’art. 161 legge fallim. per la domanda di concordato e pertanto, in particolare, una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa; uno stato analitico ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione; l’elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore; il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili.

Alla documentazione di cui all’art. 161 legge fallim. è allegata una proposta (bozza) di accordo di ristrutturazione, che l’imprenditore ricorrente correderà con una dichiarazione (“avente valore di autocertificazione”) che possa attestare che sulla proposta di ristrutturazione sono in corso trattative con i creditori che rappresentano crediti pari o superiori alla soglia prevista dall’art. 182-bis legge fallim.

Il terzo elemento allegato al ricorso, già in precedenza noto all’art. 182-bis legge fallim., consiste nella dichiarazione del professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67 legge fallim., terzo comma, lettera d), circa la sussistenza delle condizioni per assicurare il regolare pagamento dei creditori “esclusi”, cioè di quelli che non partecipano alle trattative perché non invitati, o perché, pur invitati, hanno negato la disponibilità a trattare.

Una volta depositata la documentazione necessaria, e risolti gli adempimenti pubblicitari nel registro delle imprese, il tribunale verifica la completezza della documentazione presentata e fissa l’udienza entro il termine di trenta giorni dal deposito dell’istanza. Nel suo ambito, il tribunale verificherà che sussistano i presupposti per perfezionare l’accordo, analizzando soprattutto il raggiungimento delle soglie previste dall’art. 182-bis legge fallim. e la capacità dell’imprenditore di assicurare il regolare pagamento dei creditori con cui non sono in corso trattative. Un controllo che, in altri termini, non può che opportunamente ridurre la portata assoluta dell’autodichiarazione dell’imprenditore, e che diventerà l’anticamera per il possibile decreto con il quale verrà stabilito il ricordato divieto di iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive. Il decreto motivato dovrà inoltre stabilire un termine non superiore a 60 giorni per il successivo deposito dell’accordo di ristrutturazione.

[Sull’argomento, dello stesso autore, "Gli accordi di ristrutturazione dei debiti", in Il diritto fallimentare e delle società commerciali, 2010, I, 290]

Nel tentativo di migliorare l’approccio – invero, fin troppo timido dalla sua non remota introduzione – alla soluzione delle crisi di impresa contemplate dall’art. 182-bis legge fallim., il d. l. n. 78 del 31 maggio 2010 ha apportato “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, prevedendo al secondo comma dell’art. 48 - “Disposizioni in materia di procedure concorsuali” - quanto segue:

Dopo il comma quinto dell’articolo 182-bis del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, sono aggiunti i seguenti: “Il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive di cui al terzo comma può essere richiesto dall’imprenditore anche nel corso delle trattative e prima della formalizzazione dell’accordo di cui al presente articolo, depositando presso il tribunale la documentazione di cui all’articolo 161, primo e secondo comma, e una proposta di accordo corredata da una dichiarazione dell’imprenditore, avente valore di autocertificazione, attestante che sulla proposta sono in corso trattative con i creditori che rappresentano almeno il sessanta per cento dei crediti e da una dichiarazione del professionista avente i requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), circa la sussistenza delle condizioni per assicurare il regolare pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare. L’istanza di sospensione di cui al presente comma è pubblicata nel registro delle imprese.

Il tribunale, verificata la completezza della documentazione depositata, fissa con decreto l’udienza entro il termine di trenta giorni dal deposito dell’istanza di cui al sesto comma, disponendo la comunicazione ai creditori della documentazione stessa. Nel corso dell’udienza, riscontrata la sussistenza dei presupposti per pervenire a un accordo di ristrutturazione dei debiti con le maggioranze di cui al primo comma e delle condizioni per il regolare pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare, dispone con decreto motivato il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive assegnando il termine di non oltre sessanta giorni per il deposito dell’accordo di ristrutturazione e della relazione redatta dal professionista a norma del primo comma. Il decreto del precedente periodo è reclamabile a norma del quinto comma in quanto applicabile.

A seguito del deposito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti nei termini assegnati dal tribunale trovano applicazione le disposizioni di cui al secondo, terzo, quarto e quinto comma.”.

Come noto, sulla base di quanto disposto dall’art. 182-bis legge fallim., il debitore che raggiunge un accordo di ristrutturazione dei propri debiti con il ceto creditore rappresentante almeno il 60% dell’esposizione complessiva, può domandare al tribunale l’omologazione della stessa intesa, produttrice di effetti legali altrimenti preclusi agli accordi non omologati: tra i principali, la costituzione di un “ombrello protettivo” sul patrimonio del debitore verso i creditori aderenti all’intesa, che non potranno avviare o proseguire azioni revocatorie su atti, pagamenti e garanzie effettuati in esecuzione del piano.

Con la previsione di cui all’art. 48, comma 2, del d. l. 78 del 31 maggio 2010, le tutele sul patrimonio del debitore vengono altresì estese per un deliminato arco temporale antecedente la pubblicazione nel registro delle imprese dell’accordo, con la disposizione che, nel periodo utile alle trattative che precedono la potenziale formalizzazione dell’intesa, non sia possibile avviare o proseguire azioni di natura cautelare o esecutiva.

Grazie alle novità in esame, l’imprenditore potrà pertanto anticipare parte degli effetti dell’accordo omologato, con una previsione non obbligatoria, traducibile in una mera facoltà rimessa alla libera volontà del debitore di usufruire o meno di tale allargamento dell’ampiezza delle tutele (“Il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive di cui al terzo comma può essere richiesto dall’imprenditore anche nel corso delle trattative e prima della formalizzazione dell’accordo di cui al presente articolo…”).

Per ciò che invece concerne l’iter disciplinato dall’intervento normativo, la richiesta di concretizza in un ricorso espresso al tribunale competente, con presentazione della documentazione di cui al primo e al secondo comma dell’art. 161 legge fallim. per la domanda di concordato e pertanto, in particolare, una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa; uno stato analitico ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione; l’elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore; il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili.

Alla documentazione di cui all’art. 161 legge fallim. è allegata una proposta (bozza) di accordo di ristrutturazione, che l’imprenditore ricorrente correderà con una dichiarazione (“avente valore di autocertificazione”) che possa attestare che sulla proposta di ristrutturazione sono in corso trattative con i creditori che rappresentano crediti pari o superiori alla soglia prevista dall’art. 182-bis legge fallim.

Il terzo elemento allegato al ricorso, già in precedenza noto all’art. 182-bis legge fallim., consiste nella dichiarazione del professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67 legge fallim., terzo comma, lettera d), circa la sussistenza delle condizioni per assicurare il regolare pagamento dei creditori “esclusi”, cioè di quelli che non partecipano alle trattative perché non invitati, o perché, pur invitati, hanno negato la disponibilità a trattare.

Una volta depositata la documentazione necessaria, e risolti gli adempimenti pubblicitari nel registro delle imprese, il tribunale verifica la completezza della documentazione presentata e fissa l’udienza entro il termine di trenta giorni dal deposito dell’istanza. Nel suo ambito, il tribunale verificherà che sussistano i presupposti per perfezionare l’accordo, analizzando soprattutto il raggiungimento delle soglie previste dall’art. 182-bis legge fallim. e la capacità dell’imprenditore di assicurare il regolare pagamento dei creditori con cui non sono in corso trattative. Un controllo che, in altri termini, non può che opportunamente ridurre la portata assoluta dell’autodichiarazione dell’imprenditore, e che diventerà l’anticamera per il possibile decreto con il quale verrà stabilito il ricordato divieto di iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive. Il decreto motivato dovrà inoltre stabilire un termine non superiore a 60 giorni per il successivo deposito dell’accordo di ristrutturazione.