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Brevi note in tema di finanziamenti dei soci di s.r.l. fallita

Generalità.

Tra le novità più interessanti della riforma del diritto societario (Decreto Legislativo n.6/2003) vi è l’introduzione della disciplina dei finanziamenti effettuati dai soci nei confronti della società a responsabilità limitata, strumento frequentemente utilizzato per far affluire alla società nuovi mezzi finanziari, senza la necessità di un formale aumento del capitale sociale.

Il nuovo art. 2467 c.c. dispone che il “rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento, deve essere restituito” (art. 2467, comma 1). Il comma 2 dell’art 2467 individua l’ambito di applicazione della norma, che riguarda finanziamenti “in qualsiasi forma effettuati”, concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata “risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto” oppure “in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento”.

In sostanza, la nuova disciplina dispone una equiparazione, in merito alle modalità ed al grado di rimborso, tra i finanziamenti dei soci ed i conferimenti che determinano un incremento del capitale sociale, statuendo un principio già affermato in giurisprudenza (ai soci finanziatori è stato negato il diritto di voto nel concordato preventivo in quanto la loro posizione, se pur astrattamente creditoria, è caratterizzata in realtà dalla partecipazione al capitale di rischio - Trib. Firenze 26 aprile 2010, in www.ilcaso.it).

Finalità della norma.

La norma si giustifica sulla considerazione che i finanziamenti dei soci possono svolgere una funzione economica di sostegno finanziario simile ai conferimenti. Mentre quest’ultimi si traducono in un aumento del capitale sociale a garanzia dei creditori, rimborsabili solo in sede di liquidazione dopo aver pagato i creditori stessi, i primi costituiscono invece un finanziamento preordinato alla restituzione alla sua scadenza. Si vuole quindi evitare che i soci si sottraggano ad un rischio di impresa apportando un prestito alla società, quando sarebbe altrimenti più giustificato un conferimento che vada ad incrementare il capitale sociale ovviando alla sottocapitalizzazione della società, fenomeno diffuso nella s.r.l., stante il capitale sociale minimo di soli 10.000 euro (cfr. D. Fico, finanziamento dei soci e sottocapitalizzazione della società, in Società, 2006, 1372) .

I creditori non soci sono pure tutelati da possibili operazioni fraudolente della società a favore dei soci, comportanti una spogliazione del patrimonio aziendale.

La “postergazione obbligatoria” determina di fatto un’ estensione della responsabilità del socio, che non si limita al capitale sottoscritto, ma riguarda anche i prestiti alla società.

Finanziamenti indiretti.

L’art. 2467 c.c. fa riferimento a finanziamenti “in qualsiasi forma effettuati” (quindi sia in denaro che in natura, sia a titolo gratuito che oneroso), applicandosi dunque anche alle forme indirette di finanziamento. Si possono ipotizzare diversi casi.

Così come quello del socio che aliena un immobile alla società, rimanendo creditore per il prezzo, o dello stesso che paga un debito della società surrogandosi al creditore , del socio garante di una operazione bancaria di prestito o quando il finanziamento viene erogato da una società controllata dal socio, pure il caso del socio che abbia sottoscritto titoli di debito, particolari obbligazioni previste dal nuovo art. 2483 c.c.. Potrebbero forse rientrare nella disciplina la concessione di immobili in godimento ed il leasing finanziario.

Ambito di applicazione.

Non tutti i finanziamenti dei soci sono sottoposti al vincolo di postergazione, ma soltanto quelli concessi in un momento in cui, anche riguardo il tipo di attività esercitata, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento in rapporto al patrimonio netto ovvero una situazione finanziaria della società in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento. Sono ad esempio esclusi dal novero i prestiti concessi in una situazione di normalità con lo scopo di evitare di pagare interessi elevati alle banche, diversamente varrà la postergazione quando il finanziamento del socio sopperisce ad una difficoltà di accesso agli strumenti ordinari del credito, dovuta ad una situazione di protratta illiquidità.

Il legislatore non fornisce alcun parametro quantitativo per verificare la sussistenza dei presupposti suddetti. Serve pragmaticamente verificare caso per caso l’esistenza delle condizioni di cui all’art. 2467, ricostruendo la situazione patrimoniale e finanziaria della società al tempo del finanziamento in relazione anche alle condizioni del mercato del credito. Si legge nella relazione illustrativa al D.lgs. n. 6/2003: “l’interprete è invitato ad adottare un criterio di ragionevolezza, con il quale si tenga conto della situazione della società e la si confronti con i comportamenti che nel mercato sarebbe appunto ragionevole aspettarsi”.

Rimborso dei finanziamenti. Restituzione al curatore fallimentare.

Come previsto dal comma 1 dell’art.2467 il rimborso ai soci dei finanziamenti da loro effettuati va restituito se si è verificato nell’anno antecedente la dichiarazione di fallimento.

Si sospetta da parte del legislatore che il rimborso del finanziamento avvenuto poco prima la dichiarazione di fallimento sia un espediente per sottrarre risorse alla massa fallimentare a danno dei creditori, a maggior ragione dato che la vicenda è gestita interamente all’interno della società (v. Sangiovanni, Finanziamenti dei soci di s.r.l. e fallimento della società, in Il fallimento, 2007, 1396).

Trattasi di revocabilità di carattere assoluto, che non consente al socio la prova di assenza di intento fraudolento. Se avvenuto entro l’anno, è irrilevante che il rimborso sia stato effettuato prima del verificarsi dello stato di insolvenza .

Dato l’ovvio carattere imperativo, la norma si applica prescindendo dalle disposizione statutarie.

Il curatore fallimentare potrà agire per ottenere la restituzione (attraverso una sorta di azione revocatoria ex lege ), potrà altresì esercitare l’azione di responsabilità verso l’amministratore che ha provveduto al rimborso e nei confronti dei soci che abbiano deciso o autorizzato l’operazione (occorre quindi prestare attenzione quando si decide il rimborso del finanziamento al socio, affinché la scelta non determini l’incapacità della società di far fronte alle obbligazioni verso gli altri creditori).

Trascorso l’anno, per i rimborsi avvenuti nei due anni antecedenti il fallimento, si potrà eventualmente procedere in base all’art. 65 legge fall., che stabilisce l’inefficacia dei pagamenti di crediti che scadono nel giorno della dichiarazione di fallimento o posteriormente. Il curatore potrebbe anche scegliere di agire con la revocatoria ordinaria se concorrono le condizioni stabilite dall’art. 2901 c.c..

La restituzione così ottenuta incrementerà la massa attiva fallimentare, preordinata al soddisfacimento dei creditori sociali.

Il socio finanziatore, a sua volta, avrà diritto di insinuarsi al passivo fallimentare, comunque con collocazione postergata rispetto gli altri creditori.

Osservazioni ulteriori.

Per gli effetti dell’art. 2467 non andrebbe considerata rilevante l’assunzione della qualità di socio in un tempo successivo alla erogazione del finanziamento (v. G. Presti, Commento all’art. 2467, in Codice commentato delle s.r.l., Torino, 2006, 108 ).

La regola della postergazione e del rimborso si estende anche agli interessi, quali accessori del credito.

Vista l’assenza di disposizioni transitorie, deve ritenersi che l’art. 2467 sia applicabile anche ai finanziamenti dei soci effettuati prima del 1/1/2004, giorno di entrata in vigore della norma, se non ancora rimborsati a tale data, sempreché erogati in un momento di squilibrio finanziario (v. trib. Milano 25 ottobre 2005, in Le società, 2006, 1267, con nota critica di G. Spaltro, Vecchie e nuove problematiche in materia di finanziamenti dei soci).

Generalità.

Tra le novità più interessanti della riforma del diritto societario (Decreto Legislativo n.6/2003) vi è l’introduzione della disciplina dei finanziamenti effettuati dai soci nei confronti della società a responsabilità limitata, strumento frequentemente utilizzato per far affluire alla società nuovi mezzi finanziari, senza la necessità di un formale aumento del capitale sociale.

Il nuovo art. 2467 c.c. dispone che il “rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento, deve essere restituito” (art. 2467, comma 1). Il comma 2 dell’art 2467 individua l’ambito di applicazione della norma, che riguarda finanziamenti “in qualsiasi forma effettuati”, concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata “risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto” oppure “in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento”.

In sostanza, la nuova disciplina dispone una equiparazione, in merito alle modalità ed al grado di rimborso, tra i finanziamenti dei soci ed i conferimenti che determinano un incremento del capitale sociale, statuendo un principio già affermato in giurisprudenza (ai soci finanziatori è stato negato il diritto di voto nel concordato preventivo in quanto la loro posizione, se pur astrattamente creditoria, è caratterizzata in realtà dalla partecipazione al capitale di rischio - Trib. Firenze 26 aprile 2010, in www.ilcaso.it).

Finalità della norma.

La norma si giustifica sulla considerazione che i finanziamenti dei soci possono svolgere una funzione economica di sostegno finanziario simile ai conferimenti. Mentre quest’ultimi si traducono in un aumento del capitale sociale a garanzia dei creditori, rimborsabili solo in sede di liquidazione dopo aver pagato i creditori stessi, i primi costituiscono invece un finanziamento preordinato alla restituzione alla sua scadenza. Si vuole quindi evitare che i soci si sottraggano ad un rischio di impresa apportando un prestito alla società, quando sarebbe altrimenti più giustificato un conferimento che vada ad incrementare il capitale sociale ovviando alla sottocapitalizzazione della società, fenomeno diffuso nella s.r.l., stante il capitale sociale minimo di soli 10.000 euro (cfr. D. Fico, finanziamento dei soci e sottocapitalizzazione della società, in Società, 2006, 1372) .

I creditori non soci sono pure tutelati da possibili operazioni fraudolente della società a favore dei soci, comportanti una spogliazione del patrimonio aziendale.

La “postergazione obbligatoria” determina di fatto un’ estensione della responsabilità del socio, che non si limita al capitale sottoscritto, ma riguarda anche i prestiti alla società.

Finanziamenti indiretti.

L’art. 2467 c.c. fa riferimento a finanziamenti “in qualsiasi forma effettuati” (quindi sia in denaro che in natura, sia a titolo gratuito che oneroso), applicandosi dunque anche alle forme indirette di finanziamento. Si possono ipotizzare diversi casi.

Così come quello del socio che aliena un immobile alla società, rimanendo creditore per il prezzo, o dello stesso che paga un debito della società surrogandosi al creditore , del socio garante di una operazione bancaria di prestito o quando il finanziamento viene erogato da una società controllata dal socio, pure il caso del socio che abbia sottoscritto titoli di debito, particolari obbligazioni previste dal nuovo art. 2483 c.c.. Potrebbero forse rientrare nella disciplina la concessione di immobili in godimento ed il leasing finanziario.

Ambito di applicazione.

Non tutti i finanziamenti dei soci sono sottoposti al vincolo di postergazione, ma soltanto quelli concessi in un momento in cui, anche riguardo il tipo di attività esercitata, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento in rapporto al patrimonio netto ovvero una situazione finanziaria della società in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento. Sono ad esempio esclusi dal novero i prestiti concessi in una situazione di normalità con lo scopo di evitare di pagare interessi elevati alle banche, diversamente varrà la postergazione quando il finanziamento del socio sopperisce ad una difficoltà di accesso agli strumenti ordinari del credito, dovuta ad una situazione di protratta illiquidità.

Il legislatore non fornisce alcun parametro quantitativo per verificare la sussistenza dei presupposti suddetti. Serve pragmaticamente verificare caso per caso l’esistenza delle condizioni di cui all’art. 2467, ricostruendo la situazione patrimoniale e finanziaria della società al tempo del finanziamento in relazione anche alle condizioni del mercato del credito. Si legge nella relazione illustrativa al D.lgs. n. 6/2003: “l’interprete è invitato ad adottare un criterio di ragionevolezza, con il quale si tenga conto della situazione della società e la si confronti con i comportamenti che nel mercato sarebbe appunto ragionevole aspettarsi”.

Rimborso dei finanziamenti. Restituzione al curatore fallimentare.

Come previsto dal comma 1 dell’art.2467 il rimborso ai soci dei finanziamenti da loro effettuati va restituito se si è verificato nell’anno antecedente la dichiarazione di fallimento.

Si sospetta da parte del legislatore che il rimborso del finanziamento avvenuto poco prima la dichiarazione di fallimento sia un espediente per sottrarre risorse alla massa fallimentare a danno dei creditori, a maggior ragione dato che la vicenda è gestita interamente all’interno della società (v. Sangiovanni, Finanziamenti dei soci di s.r.l. e fallimento della società, in Il fallimento, 2007, 1396).

Trattasi di revocabilità di carattere assoluto, che non consente al socio la prova di assenza di intento fraudolento. Se avvenuto entro l’anno, è irrilevante che il rimborso sia stato effettuato prima del verificarsi dello stato di insolvenza .

Dato l’ovvio carattere imperativo, la norma si applica prescindendo dalle disposizione statutarie.

Il curatore fallimentare potrà agire per ottenere la restituzione (attraverso una sorta di azione revocatoria ex lege ), potrà altresì esercitare l’azione di responsabilità verso l’amministratore che ha provveduto al rimborso e nei confronti dei soci che abbiano deciso o autorizzato l’operazione (occorre quindi prestare attenzione quando si decide il rimborso del finanziamento al socio, affinché la scelta non determini l’incapacità della società di far fronte alle obbligazioni verso gli altri creditori).

Trascorso l’anno, per i rimborsi avvenuti nei due anni antecedenti il fallimento, si potrà eventualmente procedere in base all’art. 65 legge fall., che stabilisce l’inefficacia dei pagamenti di crediti che scadono nel giorno della dichiarazione di fallimento o posteriormente. Il curatore potrebbe anche scegliere di agire con la revocatoria ordinaria se concorrono le condizioni stabilite dall’art. 2901 c.c..

La restituzione così ottenuta incrementerà la massa attiva fallimentare, preordinata al soddisfacimento dei creditori sociali.

Il socio finanziatore, a sua volta, avrà diritto di insinuarsi al passivo fallimentare, comunque con collocazione postergata rispetto gli altri creditori.

Osservazioni ulteriori.

Per gli effetti dell’art. 2467 non andrebbe considerata rilevante l’assunzione della qualità di socio in un tempo successivo alla erogazione del finanziamento (v. G. Presti, Commento all’art. 2467, in Codice commentato delle s.r.l., Torino, 2006, 108 ).

La regola della postergazione e del rimborso si estende anche agli interessi, quali accessori del credito.

Vista l’assenza di disposizioni transitorie, deve ritenersi che l’art. 2467 sia applicabile anche ai finanziamenti dei soci effettuati prima del 1/1/2004, giorno di entrata in vigore della norma, se non ancora rimborsati a tale data, sempreché erogati in un momento di squilibrio finanziario (v. trib. Milano 25 ottobre 2005, in Le società, 2006, 1267, con nota critica di G. Spaltro, Vecchie e nuove problematiche in materia di finanziamenti dei soci).