Bullismo e cyberbullismo: “Le parole fanno più male delle botte”

Bullismo e cyberbullismo: “Le parole fanno più male delle botte”
E’ con la frase d’addio di Carolina Picchio, la giovane vittima di bullismo, che si tolse la vita all’età di 14 anni, per il dolore provocato da quelle parole: “Le parole fanno più male delle botte” che si vuole affrontare una tematica delicata quale bullismo. Il bullismo non è un fenomeno nuovo, ma la sua forma digitale, il cyberbullismo, ha radicalmente cambiato il contesto e le conseguenze delle prevaricazioni tra bambini e adolescenti.
Quello che prima accadeva tra i banchi di scuola, negli spogliatoi o nei cortili, oggi si estende temporalmente ed invade lo spazio, valicando i confini della familiarità delle vittime con la loro incessante presenza online.
In criminologia, si parla di delitti relazionali: il bullismo relazionale è una forma di isolamento della vittima che tende ad influenzare le sue relazioni con gli altri coetanei. Il bullismo è quindi una forma di violenza verbale, fisica e psicologica, un abuso di potere sistematico dove un gruppo o un soggetto esercita un dominio costante sull’individuo percepito come debole, sensibile, diverso. Oggi, tale condizione di prevaricazione è dilatata nel cyber contesto.
Il cyberbullismo amplifica gli effetti del bullismo tradizionale: l’anonimato, la velocità di diffusione dei contenuti, e l’impossibilità di “fuggire” dal digitale rendono gli atti persecutori ancora più ossessivi. In tale contesto prolifera un processo di vittimizzazione continua, secondo cui la vittima vive costantemente sotto pressione. Questa condizione può portare a traumi profondi, isolamento sociale, uso di misure gravissime quali autolesionismo, ed in casi estremi, come lo è stato per Carolina Picchio e Andrea Spezzacatena, a gesti suicidari.
La peculiarità del cyberbullismo è l’asincronicità della comunicazione ed il non luogo: la reazione della vittima non si manifesta nello stesso tempo e nello stesso luogo in cui viene pubblicato un video, una foto o un insulto a suo discapito. Si riduce così nel bullo il senso di responsabilità e si alimenta il suo svuotamento da ogni senso morale.
Una ricerca ISTAT del 2023 ha rilevato che circa il 22,3% degli adolescenti tra gli 11 e i 17 anni ha dichiarato di essere stato vittima di episodi di bullismo, e oltre il 9% ha subito forme di cyberbullismo.
Per comprendere il bullismo e il cyberbullismo non basta analizzare il singolo gesto: bisogna capire i meccanismi sottesi alla devianza.
L’attenzione va quindi portata a galla analizzando i seni dell’Apprendimento Sociale (A. Bandura), secondo cui i comportamenti aggressivi vengono appresi dai bulli in famiglia, nei media, nel gruppo dei pari e vengono riprodotti, in assenza di provvedimenti per la cattiva condotta.
Nel caso di specie, il cyberbullismo, è interessante esaminare la Teoria delle Opportunità di Cloward e Ohlin, secondo cui i comportamenti devianti si sviluppano quando esistono opportunità alternative per ottenere potere o riconoscimento, nel caso di specie, nel web, per raggiungere livelli virali e di notorietà o al contrario per restare ignoti.
Si prenda in considerazione anche l’importante contributo della teoria delle tecniche di neutralizzazione di Sykes e Matza, secondo cui gli autori di bullismo spesso giustificano le proprie azioni svalutando la vittima (“se l’è cercata”), o negando il danno (“era solo uno scherzo”) oppure delegando la responsabilità (“lo fanno tutti”).
In riferimento alla Legge n. 71/2017, dedicata al contrasto del cyberbullismo, si denota un impianto legifero di natura educativa e preventiva riconoscendo pochi strumenti a tutela delle vittime.
Tra i punti principali:
- Le vittime (o i genitori) possono chiedere la rimozione di contenuti offensivi dalle piattaforme online.
- È previsto l’intervento del Dirigente scolastico, che può attivare percorsi rieducativi con l'autore dell’atto.
- Il fenomeno è affrontato in sinergia tra scuola, famiglia, polizia postale e servizi sociali.
Dal punto di vista criminologico, è fondamentale analizzare le dinamiche psicologiche e sociali che alimentano questi comportamenti spesso i bulli digitali emulano modelli aggressivi o cercano visibilità all’interno del gruppo.
E’ necessario quindi plasmare la trama del cyber bullismo attraverso l’educazione alla legalità digitale, con il fine ultimo di riconoscere i segnali del disagio così da favorire l’intervento tempestivo delle istituzioni scolastiche, delle famiglie e delle forze dell’ordine.
Non si deve minimizzare, non si può giustificare, non si può star fermi a guardare.