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Calcio gratia artis

calcio e arte
calcio e arte

In occasione degli ultimi Europei Under 21, Reggio Emilia, una delle città che hanno ospitato la manifestazione, ha celebrato il profondo vincolo che lega l’arte ed il calcio.

Infatti presso Palazzo Magnani si è tenuta la mostra “L’arte del gol - pittura, scultura, fotografia ed il gioco più bello del mondo”, un intenso iter che ha condotto alla scoperta del pallone come uno dei soggetti prediletti dagli artisti del Novecento italiano.

La rassegna rappresenta un’autentica stilettata rivolta ai guardiani della “cultura alta”, iperuranio distante anni luce dai bassi istinti e dalle passioni grette che animano la plebe. Nuovamente viene meno il luogo comune che attribuisce la riduttiva qualifica di “oppio dei popoli” allo sport ed il calcio si colloca idealmente tra più temi più veraci dell’arte dell’ultimo secolo insieme all’eros, la guerra, il progresso tecnologico e la disperazione dell’uomo moderno.

Ai primi del 900’, in Italia “il football” rappresenta una delle mode esotiche più accattivanti e moderniste, che ovviamente suggestionano l’impeto futurista.

Anticipando Boccioni, Depero e Thayaht si cimentano nel celebrare questo passatempo avanguardista, vivida metafora degli imminenti conflitti mondiali. Quando il Paese riemerge dal fango delle trincee è il Fascismo a sfruttare la narrazione sportiva come collante dell’identità nazionale. Insieme agli antichi fasti di Roma, il Risorgimento e Vittorio Veneto, la trinità calcio-pugilato-ciclismo racconta i successi degli atleti nostrani, insigniti delle virtù degli eroi moderni.

Così, dopo il secondo successo degli Azzurri in Coppa Rimet, Aurelio Quaglino scolpisce un calciatore in bronzo, conferendogli un significativo portamento erculeo.

Tra le due guerre, il pallone è sovente reinterpretato dalla prospettiva cubista, futurista e realista, mentre nel 1946 è inaugurato il celeberrimo “Totocalcio”, prontamente celebrato da Ottorino Mancioli tramite tempera e china.

L’Italia degli Anni Sessanta è rappresentata dall’attento occhio neorealista che nel campo delle arti spazia dal pennello alla cinepresa.

Nella pittura, il massimo esponente di tale corrente è Renato Guttuso che dipinge “I tre calciatori”, ormai assoluti protagonisti delle domeniche degli Italiani, scandite dalle gracchianti voci della fortunatissima trasmissione radiofonica “Tutto il calcio minuto per minuto”.

Nel frattempo Aligi Sassu, pittore e scultore meneghino di sangue sardo, omaggia il cannoniere che cucirà l’unico scudetto sulla maglia della sua città adottiva, Cagliari. Questi sono anche gli anni della “beat generation”, dei giovani che si lanciano alla conquista del futuro, volenterosi di affrancarsi dagli stringenti legacci imposti loro dalla “società degli adulti”.

Sui campi da gioco, incarnazione di questo spirito è Gigi Meroni, farfalla granata prematuramente strappata alla vita. Oltre ai precoci capolavori sul rettangolo verde, tra diversi dipinti ci lascia due hombres assopiti sulla soglia di un saloon, forse affascinato dai primi ed impareggiabili Spaghetti Western.

Alla fine del decennio la moviola si impadronisce dei dibattiti post-partita e le serigrafie di Corrado Cagli riproducono su carta i fotogrammi delle azioni incriminate, inesauribili fonti di polemiche e recriminazioni perfino negli odierni tempi di VAR.

Quando la deflagrazione della Pop Art raggiunge il nostro Paese , palloni e calciatori sono le stelle del firmamento dell’immaginario collettivo, tanto quanto attori e cantanti. Gli anni 80 vedono il principio del processo di mercificazione del calcio, ormai prodotto di punta dell’offerta propugnata dai mass media. A riscoprire l’anima più autentica ed ancestrale del pallone ci aiutano le istantanee di Guido Guidi, Toni Thorimbert e Letizia Battaglia. che ritraggono il legame tra la sfera ed i bambini delle periferie urbane, estremi depositari dell’essenza di questo sport. Allo scoccare dell’ultimo decennio del XX secolo, i pastelli di Ettore Fico esaltano i colori della Curva Maratona del Comunale di Torino, celebrazione dell’apice della parabola tracciata degli ultras, ormai ospiti sgraditi del carrozzone calcistico.

Attualmente, conflitti come la Guerra nel Kosovo, l’integrazione delle minoranze e la salvaguardia dell’ambiente rappresentano alcuni dei temi più significativi indagati attraverso il connubio tra calcio ed arte, che continua a procedere lungo un cammino ormai secolare, di cui abbiano trattato alcuni dei passi salienti.

Questo rapporto non costituisce però una peculiarità italiana, quindi il lettore non consideri questa indagine come semplice testimonianza della passione accesa da questo sport nelle menti esaltate dei nostri compaesani. Dall’Inghilterra, dove il football e i ritratti quotidianità permettono di abbandonare i simbolismi preraffaeliti, fino alla Russia rivoluzionaria, il pallone rotola tra selciati, campi e tele. In Spagna, o meglio nei Paesi Baschi e Catalogna, Dalì e Picasso celebrano la divisa del locale campanilismo, mentre tra i grattacieli Warhol idolatra l’inimitabile “O’ Rei”.

Allora auguriamoci che il lettore si senta meno solo ed incompreso quando in futuro, di nuovo canzonato mentre segue l’ennesima partita, si sentirà ripetere che si tratta solo di undici uomini in mutande che inseguono una palla. D’altronde, nella sua “Estetica” Hegel definisce l’arte come domenica della vita, e che cosa si gioca(va) proprio in quel giorno?