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Calcioscommesse: il ruolo della giustizia sportiva e della giurisdizione ordinaria

Nel giugno 2011, il calcio italiano si è ritrovato ad affrontare, dopo gli episodi del 1980 e del 1986, l’ennesimo scandalo relativo alle scommesse con il coinvolgimento di giocatori, dirigenti e società di Serie A, Serie B, Lega Pro e Lega Nazionale Dilettanti; l’accusa principale nei confronti degli indagati è quella di associazione a delinquere (art. 416 c.p.) finalizzata alla truffa (art. 640 c.p.) ed alla frode sportiva (art. 1 L. 401/1989).

In questa sede è utile, sotto il profilo giuridico, analizzare i ruoli della giustizia sportiva e di quella ordinaria nell’ambito di un’inchiesta come il calcioscommesse.

A) Il ruolo della Giustizia Sportiva

Nell’ambito giuridico-sportivo la normativa di riferimento è rappresentata dal Codice di Giustizia Sportiva F.I.G.C.

Prima di entrare nel merito della questione scommesse, è utile evidenziare alcuni principi generali che stanno alla base dell’ordinamento calcistico (Norme di Comportamento):

- L’art. 1 comma 1 del c.g.s. (Doveri e Obblighi generali) stabilisce che le società, i dirigenti, gli atleti, i tecnici, gli ufficiali di gara e ogni altro soggetto che svolge attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l’ordinamento federale, sono tenuti all’osservanza delle norme e degli atti federali e devono comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva; inoltre sono tenuti all’osservanza delle norme contenute nel Codice e delle norme statutarie e federali anche i soci e non soci cui è riconducibile, direttamente o indirettamente, il controllo delle società stesse, oltre che coloro che svolgono qualsiasi attività all’interno o nell’interesse di una società o comunque rilevante per l’ordinamento federale.

- L’art. 3 comma 1 del c.g.s. (Responsabilità delle persone fisiche) stabilisce che le persone fisiche soggette all’ordinamento federale sono responsabili delle violazioni delle norme loro applicabili commesse a titolo di dolo o di colpa, salvo diversa disposizione.

- L’art. 4 commi 1, 2 del c.g.s. (Responsabilità delle società) stabilisce la responsabilità diretta delle società per l’operato di chi le rappresenta, anche per singole questioni, secondo quanto sancito dalle norme federali; la responsabilità oggettiva delle stesse si verifica invece, ai fini disciplinari, per quanto riguarda l’operato dei dirigenti, dei tesserati e degli altri soggetti indicati.

Il divieto di scommettere è disciplinato dall’art. 6 del c.g.s che dice che: è vietato da parte dei soggetti dell’ordinamento federale, dei dirigenti, dei soci e dei tesserati delle società appartenenti al settore professionistico e dilettantistico effettuare o accettare scommesse, direttamente o per interposta persona, o agevolare scommesse con atti diretti all’effettuazione delle stesse, che abbiano ad oggetto i risultati relativi ad incontri ufficiali organizzati nell’ambito della FIFA, della UEFA e della FIGC.

La violazione di questo divieto comporta per i soggetti dell’ordinamento federale, per i dirigenti, per i soci e per i tesserati delle società la sanzione dell’inibizione o della squalifica non inferiore a due anni e dell’ammenda non inferiore ad euro 25.000.

Se dovesse essere accertata la responsabilità diretta della società ai sensi dell’art. 4, il fatto è punito con l’applicazione delle sanzioni indicate all’art. 18 c.g.s (penalizzazione di uno o più punti in classifica; retrocessione all’ultimo posto in classifica del campionato di competenza o di qualsiasi altra competizione agonistica obbligatoria; esclusione dal campionato di competenza; non assegnazione o revoca del titolo di campione d’Italia o di vincente del campionato) a seconda delle circostanze e della gravità.

Lo stesso art. 6 disciplina il conseguente obbligo di denunciare tale condotta stabilendo che i soggetti sopra indicati devono informare la Procura Federale della FIGC, qualora siano venute a conoscenza in qualche modo o abbiano avuto rapporti con società, persone che hanno commesso o hanno intenzione di commettere uno degli atti prima esposti; il mancato adempimento di quest’obbligo comporta la sanzione dell’inibizione o della squalifica non inferiore a 3 mesi e dell’ammenda non inferiore ad euro 15.000.

A conclusione di questa prima analisi è bene ricordare come la Giustizia Sportiva in materia di scommesse e illeciti sportivi si articoli in due gradi di giudizio: la Commissione Disciplinare della Lega di appartenenza (1°grado) e la Corte di Giustizia Federale (2°grado).

Tuttavia vi è in ultima istanza la possibilità di proporre riscorso davanti al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (TNAS).

B) Il ruolo della Giurisdizione Ordinaria

Nell’ambito della giurisdizione ordinaria, la normativa di riferimento è rappresentata dalla L. 401/1989 avente ad oggetto “gli interventi nel settore del gioco e delle scommesse clandestine e la tutela della correttezza nello svolgimento delle manifestazioni sportive”.

La condotta relativa alle scommesse punita dalla Giustizia Sportiva configura, a livello della giustizia ordinaria, una fattispecie di reato e nello specifico il delitto di frode sportiva; infatti l’art. 1 della L. 401/1989 stabilisce che “chiunque offre o promette denaro o altra utilità o vantaggio a taluno dei partecipanti ad una competizione sportiva organizzata dalle federazioni riconosciute dal Comitato olimpico italiano (CONI) o da altri enti riconosciuti dallo Stato al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione, ovvero compie atti fraudolenti volti al medesimo scopo, è punito con la reclusione da un mese ad un anno e con la multa da euro 250 a euro 1000.

Le stesse pene si applicano al partecipante alla competizione che accetta il denaro o altra utilità o ne accoglie la promessa”.

Il provvedimento legislativo in esame (L. 401/1989) inoltre sancisce opportunamente agli artt. 2 e 3 i confini tra giustizia sportiva e giustizia ordinaria: da una parte il legislatore ordinario evidenzia l’autonomia dei giudici sportivi, sottolineando come l’esercizio dell’azione penale per il delitto di frode sportiva e la sentenza che definisce il relativo giudizio non influiscono in alcun modo sull’omologazione della gare né su ogni altro provvedimento di competenza degli organi sportivi; infatti l’inizio del procedimento penale per il delitto suddetto non preclude il normale svolgimento del procedimento disciplinare sportivo.

Dall’altra obbliga i presidenti delle federazioni sportive affiliate al CONI, i corrispondenti organi preposti alla disciplina degli enti, di informare l’autorità giudiziaria nel caso in cui abbiano avuto notizia del reato di frode sportiva.

Concludendo è evidente come nell’inchiesta del calcioscommesse, sia la giustizia sportiva che quella ordinaria, abbiano ruoli ben definiti sulla base di uno dei presupposti processuali fondamentali del nostro ordinamento giuridico: la competenza.

Nel giugno 2011, il calcio italiano si è ritrovato ad affrontare, dopo gli episodi del 1980 e del 1986, l’ennesimo scandalo relativo alle scommesse con il coinvolgimento di giocatori, dirigenti e società di Serie A, Serie B, Lega Pro e Lega Nazionale Dilettanti; l’accusa principale nei confronti degli indagati è quella di associazione a delinquere (art. 416 c.p.) finalizzata alla truffa (art. 640 c.p.) ed alla frode sportiva (art. 1 L. 401/1989).

In questa sede è utile, sotto il profilo giuridico, analizzare i ruoli della giustizia sportiva e di quella ordinaria nell’ambito di un’inchiesta come il calcioscommesse.

A) Il ruolo della Giustizia Sportiva

Nell’ambito giuridico-sportivo la normativa di riferimento è rappresentata dal Codice di Giustizia Sportiva F.I.G.C.

Prima di entrare nel merito della questione scommesse, è utile evidenziare alcuni principi generali che stanno alla base dell’ordinamento calcistico (Norme di Comportamento):

- L’art. 1 comma 1 del c.g.s. (Doveri e Obblighi generali) stabilisce che le società, i dirigenti, gli atleti, i tecnici, gli ufficiali di gara e ogni altro soggetto che svolge attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l’ordinamento federale, sono tenuti all’osservanza delle norme e degli atti federali e devono comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva; inoltre sono tenuti all’osservanza delle norme contenute nel Codice e delle norme statutarie e federali anche i soci e non soci cui è riconducibile, direttamente o indirettamente, il controllo delle società stesse, oltre che coloro che svolgono qualsiasi attività all’interno o nell’interesse di una società o comunque rilevante per l’ordinamento federale.

- L’art. 3 comma 1 del c.g.s. (Responsabilità delle persone fisiche) stabilisce che le persone fisiche soggette all’ordinamento federale sono responsabili delle violazioni delle norme loro applicabili commesse a titolo di dolo o di colpa, salvo diversa disposizione.

- L’art. 4 commi 1, 2 del c.g.s. (Responsabilità delle società) stabilisce la responsabilità diretta delle società per l’operato di chi le rappresenta, anche per singole questioni, secondo quanto sancito dalle norme federali; la responsabilità oggettiva delle stesse si verifica invece, ai fini disciplinari, per quanto riguarda l’operato dei dirigenti, dei tesserati e degli altri soggetti indicati.

Il divieto di scommettere è disciplinato dall’art. 6 del c.g.s che dice che: è vietato da parte dei soggetti dell’ordinamento federale, dei dirigenti, dei soci e dei tesserati delle società appartenenti al settore professionistico e dilettantistico effettuare o accettare scommesse, direttamente o per interposta persona, o agevolare scommesse con atti diretti all’effettuazione delle stesse, che abbiano ad oggetto i risultati relativi ad incontri ufficiali organizzati nell’ambito della FIFA, della UEFA e della FIGC.

La violazione di questo divieto comporta per i soggetti dell’ordinamento federale, per i dirigenti, per i soci e per i tesserati delle società la sanzione dell’inibizione o della squalifica non inferiore a due anni e dell’ammenda non inferiore ad euro 25.000.

Se dovesse essere accertata la responsabilità diretta della società ai sensi dell’art. 4, il fatto è punito con l’applicazione delle sanzioni indicate all’art. 18 c.g.s (penalizzazione di uno o più punti in classifica; retrocessione all’ultimo posto in classifica del campionato di competenza o di qualsiasi altra competizione agonistica obbligatoria; esclusione dal campionato di competenza; non assegnazione o revoca del titolo di campione d’Italia o di vincente del campionato) a seconda delle circostanze e della gravità.

Lo stesso art. 6 disciplina il conseguente obbligo di denunciare tale condotta stabilendo che i soggetti sopra indicati devono informare la Procura Federale della FIGC, qualora siano venute a conoscenza in qualche modo o abbiano avuto rapporti con società, persone che hanno commesso o hanno intenzione di commettere uno degli atti prima esposti; il mancato adempimento di quest’obbligo comporta la sanzione dell’inibizione o della squalifica non inferiore a 3 mesi e dell’ammenda non inferiore ad euro 15.000.

A conclusione di questa prima analisi è bene ricordare come la Giustizia Sportiva in materia di scommesse e illeciti sportivi si articoli in due gradi di giudizio: la Commissione Disciplinare della Lega di appartenenza (1°grado) e la Corte di Giustizia Federale (2°grado).

Tuttavia vi è in ultima istanza la possibilità di proporre riscorso davanti al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (TNAS).

B) Il ruolo della Giurisdizione Ordinaria

Nell’ambito della giurisdizione ordinaria, la normativa di riferimento è rappresentata dalla L. 401/1989 avente ad oggetto “gli interventi nel settore del gioco e delle scommesse clandestine e la tutela della correttezza nello svolgimento delle manifestazioni sportive”.

La condotta relativa alle scommesse punita dalla Giustizia Sportiva configura, a livello della giustizia ordinaria, una fattispecie di reato e nello specifico il delitto di frode sportiva; infatti l’art. 1 della L. 401/1989 stabilisce che “chiunque offre o promette denaro o altra utilità o vantaggio a taluno dei partecipanti ad una competizione sportiva organizzata dalle federazioni riconosciute dal Comitato olimpico italiano (CONI) o da altri enti riconosciuti dallo Stato al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione, ovvero compie atti fraudolenti volti al medesimo scopo, è punito con la reclusione da un mese ad un anno e con la multa da euro 250 a euro 1000.

Le stesse pene si applicano al partecipante alla competizione che accetta il denaro o altra utilità o ne accoglie la promessa”.

Il provvedimento legislativo in esame (L. 401/1989) inoltre sancisce opportunamente agli artt. 2 e 3 i confini tra giustizia sportiva e giustizia ordinaria: da una parte il legislatore ordinario evidenzia l’autonomia dei giudici sportivi, sottolineando come l’esercizio dell’azione penale per il delitto di frode sportiva e la sentenza che definisce il relativo giudizio non influiscono in alcun modo sull’omologazione della gare né su ogni altro provvedimento di competenza degli organi sportivi; infatti l’inizio del procedimento penale per il delitto suddetto non preclude il normale svolgimento del procedimento disciplinare sportivo.

Dall’altra obbliga i presidenti delle federazioni sportive affiliate al CONI, i corrispondenti organi preposti alla disciplina degli enti, di informare l’autorità giudiziaria nel caso in cui abbiano avuto notizia del reato di frode sportiva.

Concludendo è evidente come nell’inchiesta del calcioscommesse, sia la giustizia sportiva che quella ordinaria, abbiano ruoli ben definiti sulla base di uno dei presupposti processuali fondamentali del nostro ordinamento giuridico: la competenza.