Cartella clinica, la sua natura giuridica
La storia della cartella clinica si perde nei tempi: già nell’età paleolitica in alcune caverne della Spagna sono stati ritrovati in alcuni graffiti tracce emblematiche di cartelle cliniche, così nell’era delle piramidi nel 3000-2000 a.c. ci fu chi si occupò di registrare la sua attività di medico e poi ai tempi di Ippocrate negli asceplei, furono trovate colonne scolpite con i nomi dei pazienti e brevi storie delle loro affezioni ed infine nella Roma Antica Galeno fondò la sua scuola sulla casistica con pubblicazioni dei resoconti medici nei “Romana Acta Diurna” affissi nel foro.
La Cartella clinica, dunque, non è qualcosa di recente, ma possiede una storia antica.
Tuttavia, ancora oggi, pecca di carenza legislativa, pur avendo una grande rilevanza nell’ambito dell’attività medica, in particolare ospedaliera.
Non esiste una definizione di cartella clinica nell’ordinamento giuridico generale. Occorre pertanto rifarsi, oltre al significato comunemente attribuito a tale espressione che indica la documentazione relativa alle condizioni di salute di una persona ricoverata, in ospedale o sottoposta ad analisi e cure mediche, a definizioni rinvenibili in normative di carattere settoriale, peraltro sufficienti a fornire un quadro preciso.
Importante è, in tale contesto, il Codice di deontologia medica ove, oltre alla documentazione, si riscontrano anche precise modalità per la sua compilazione: “La cartella clinica deve essere redatta chiaramente, con puntualità e diligenza, nel rispetto delle regole della buona pratica clinica e contenere, oltre ad ogni dato obiettivo relativo alla condizione patologica e al suo decorso, le attività diagnostico-terapeutiche praticate”.
Ciò posto, si può definire la cartella clinica come quell’insieme di informazioni e documenti, che registrano i dati anagrafici e sanitari di una persona; è un “diario della salute”, contenente diagnosi ed anamnesi, tramite il quale è possibile definire il quadro complessivo della salute di una persona.
Può accadere che la cartella clinica di un soggetto faccia menzione di patologie riferite anche ad individui diversi dal principale interessato, come ad esempio nel caso di malattie ereditarie.
Le finalità che tale documentazione è chiamata a soddisfare sono principalmente ed essenzialmente quelle diagnostiche-terapeutiche, anche in fasi successive, per la predisposizione degli opportuni interventi; ma può essere utilizzata anche per le indagini di natura scientifica, statistica e medico-legale.
Si sottolinea, inoltre, come nella cartella clinica si verifichi la contemporanea presenza di informazioni anagrafiche (dati personali comuni) e di dati sanitari (dati sensibili) e che le due categorie sono assoggettate ciascuna ad una diversa disciplina dalla vigente normativa sulla privacy, che evidentemente ne condiziona sia le modalità di trattamento, sia l’accessibilità da parte dei soggetti variamente qualificati.
Il documento complesso di cui si tratta è, come noto, nient’altro che una costante registrazione di un insieme di dati (anagrafici, anamnestici, obiettivi), del decorso della malattia, degli indirizzi diagnostici, delle cure praticate, dell’informazione al paziente e della raccolta del relativo consenso, degli esami strumentali effettuati e delle analisi di laboratorio praticate, nonché delle prescrizioni post operatorie e successive alle dimissioni del paziente, è una costante registrazione di ciò che nella struttura ospedaliera viene rilevato in ordine al paziente e di ciò che si fa sul paziente e per il paziente dall’accettazione alla diagnosi e alla cura.
La documentazione sanitaria relativa ad un ricovero ed eventuale intervento chirurgico, con i correlativi esami diagnostici, rientra nella nozione di “documento amministrativo” di cui all’artcolo 22 comma 1, lett. d), Legge n. 241 del 1990, trattandosi di atti interni detenuti dall’Azienda ospedaliera in relazione all’attività di pubblico interesse svolta dalla stessa al fine di assicurare al cittadino un’adeguata assistenza sanitaria, e così il diritto primario e fondamentale alla salute.
Per orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, la cartella clinica ha natura di atto pubblico ai sensi e per gli effetti degli articoli 2699 ss. Codice Civile, per cui “fa piena prova fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri datti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti”.
Come innanzi detto, la cartella clinica raccoglie tutto ciò che riguarda le condizioni di salute del paziente durante un ricovero. In questo diario vengono registrati da parte del personale sanitario diagnosi, terapie, analisi, esami strumentali eseguiti, decorso della degenza, eventuali episodi anomali.
Nel dettaglio, la cartella clinica deve contenere:
le generalità del paziente,
la diagnosi al momento del ricovero,
l’anamnesi personale e familiare,
l’esame obiettivo del paziente,
gli esami di laboratorio e specialistici eseguiti,
la diagnosi al momento delle dimissioni,
la terapia eseguita durante il ricovero e quella da eseguire a casa,
gli esiti ed i postumi.
La cartella clinica deve essere redatta chiaramente, con puntualità e diligenza, nel rispetto delle regole della buona pratica clinica e contenere, oltre ad ogni dato obiettivo relativo alla condizione patologica e al suo decorso, le attività diagnostico-terapeutiche praticate.
Qualsiasi eventuale correzione va motivata e specificamente sottoscritta, in quanto, atteso che la redazione della cartella clinica produce effetti incidenti su situazioni giuridiche soggettive di rilevanza pubblicistica, e funge da documentazione delle attività compiute dal pubblico ufficiale che ne assume la paternità, qualunque alterazione integra il reato di falsità in atto pubblico ed è punibile, ex articolo 476 comma 2 Codice Penale, con la reclusione da tre a dieci anni.
L’intangibilità della cartella clinica si manifesta altresì nel divieto di inserimento “ora per allora” nell’atto di fatti, anche se con il preteso intento di rendere il contenuto conforme al vero, poiché tali aggiunte successive implicano l’alterazione del diario clinico e pregiudicano la funzione tipica di tale atto, senza che possa ricondursi tale condotta a un errore materiale o a una innocua alterazione.
L’obbligo di una fedele e diligente compilazione della cartella clinica, oltre a poter assumere rilievo penalistico, incide negativamente nei confronti del medico anche sul piano dell’accertamento della responsabilità civile, e segnatamente del nesso eziologico.
Nello specifico i criteri di redazione della cartella clinica son sei:
1. Rintracciabilità: tale criterio consente di poter risalire a tutte le attività e agli esecutori delle stesse, a tutti i materiali e documenti che costituiscono fasi del ricovero;
2. Chiarezza: la chiarezza deve riguardare la grafia e l’esposizione. Il testo deve essere leggibile e comprensibile da tutti coloro che hanno accesso alla cartella clinica;
3. Veridicità: tutti i dati della cartella devono essere riportati contestualmente al loro accadimento o immediatamente dopo e ciò che viene riportato in cartella deve essere veritiero e corrispondente ai dati oggettivi;
4. Completezza: ogni cartella deve identificare in modo univoco un unico ricovero;
5. Pertinenza: le informazioni devono essere pertinenti sia con le esigenze informative definite dalle funzioni della cartella clinica sia dalle condizioni della persona assistita;
6. Accuratezza: ogni struttura deve garantire la scrupolosità e l’esattezza degli atti che formano il documento e definire le regole per la loro eventuale trascrizione.
La cartella clinica ha lo scopo di garantire una raccolta organica e puntuale dei dati attinenti ad ogni singolo ricovero, la sua principale funzione è quella di raccogliere le informazioni attinenti alle singole persone ricoverate, finalizzata alla presa di decisioni relative alle condizioni di salute.
I dati riportati nella cartella clinica hanno una rilevanza dal punto di vista sanitario, medico-legale, amministrativo e gestionale.
Le funzioni della cartella clinica possono essere così riassunte:
- fornire una base informatica per le scelte assistenziali e garantire continuità assistenziale;
- consentire la tracciabilità delle informazioni per le diverse attività svolte in ambito di responsabilità delle azioni e della cronologia delle stesse;
- facilitare l’integrazione di competenze multi-professionali nel processo diagnostico terapeutico;
- costituire una preziosa fonte informativa per motivi scientifici e di studio, per gli studi sulla valutazione dell’attività assistenziale, per esigenze di carattere amministrativo e gestionale.
Giova precisare come la cartella clinica possa essere cartacea o elettronica. La cartella clinica elettronica ha gli stessi contenuti e fini della cartella clinica cartacea sin qui esaminati.
La cartella clinica può nascere come elettronica o essere successivamente smaterializzata, in accordo con la Raccomandata della Commissione Europea del 2 luglio 2008.
Alla cartella clinica elettronica sono applicate le disposizioni originariamente contenute nel D.P.R. n, 513/1997 confluite oggi nel “Codice dell’Amministrazione Digitale”.
La cartella clinica elettronica è un fascicolo virtuale che contiene i documenti clinici e le informazioni passate e attuali legate alla salute fisica e mentale del paziente.
Il pregio della cartella clinica è quello di raccogliere i dati relativi al soggetto e di renderli immediatamente disponibili per la consultazione. Allo stesso tempo, però, proprio la caratteristica della immediata disponibilità rende molto più rilevante il problema della privacy del paziente e dei suoi dati, i quali possono essere visionabili da chiunque abbia accesso agli stessi.
Affinché i dati vengano tutelati è necessario che il Sistema Informativo Sanitario sia dotato di codici di protezione e acquisisca delle misure cautelari volte ad ostacolare la divulgazione dei dati stessi. Per l’accesso alla cartella clinica elettronica è indispensabile che le misure di protezione dei dati debbano essere ancora più forti, in quanto i rischi collegati a eventuali violazioni dei sistemi informativi rendono ancora più vulnerabile le strutture dal punto di vista della sicurezza e i soggetti molto più esposti a intromissioni con possibile utilizzo dei dati personali e sensibili.
La cartella clinica non è assimilabile a un unico scatto fotografico di una specifica vicenda sanitaria, ma è un collage di singoli scatti ognuno dei quali ha autonoma efficacia probatoria nel momento stesso in cui l’annotazione viene inserita. Si dice, infatti, che la cartella è un “documento progressivo”.
È buona norma, pertanto, che il verbalizzante, prima di annotare, metta bene a fuoco l’immagine perché una volta effettuato lo scatto non potrà più essere cancellato o corretto se non eseguendo particolari accorgimenti e comunque entro un preciso limite temporale.
Numerose pronunce della Corte di Cassazione ci consentono di attribuire alla Cartella Clinica natura giuridica di atto pubblico a tutti gli effetti, tale da assurgere a tutti gli effetti a prova “regina” nel processo fino a quando, e a condizione che, non se ne provi la falsificazione.
L’efficacia probatoria della cartella clinica come atto pubblico è limitata e riguarda solo le trascrizioni delle attività tracciate nel corso di una terapia o di un intervento; i soli dati obiettivi.
Le valutazioni dei sanitari, le diagnosi o comunque le manifestazioni di scienza o di opinione non hanno alcun valore privilegiato rispetto ad altri elementi di prova che potrebbero essere offerti nel corso di un processo; e, ancora, le attestazioni della cartella clinica non assurgono a prova piena a favore di chi le ha inserite, in base al principio secondo cui nessuno può costituire prova a favore di sé stesso.