Cassazione Civile: danno non patrimoniale da vacanza rovinata

Confermando la sentenza del Tribunale di Roma e il riconoscimento dei danni subiti da due coniugi per servizi non goduti e somme sborsate durante il viaggio a causa del prolungamento del viaggio di nozze per erronea indicazione della data di rientro, la Corte torna sulla questione del danno non patrimoniale da vacanza rovinata, precisando alcuni principi già espressi dalla giurisprudenza in materia.

In particolare, la Corte ha chiarito che:

1. quando non vengono in rilievo lesioni all’integrità psicofisica tutelata dall’articolo 32 della Costituzione, la risarcibilità del danno non patrimoniale trova il fondamento nella cosiddetta “vacanza rovinata”, nella legge e nella giurisprudenza della Corte di Giustizia europea.

“In effetti, la legislazione di settore concernente i pacchetti turistici, emanata in attuazione della normativa comunitaria di tutela del consumatore, come interpretata dalla Corte di Giustizia CE, ha reso rilevante l’interesse del turista al pieno godimento del viaggio organizzato, come occasione di piacere o riposo, prevedendo il risarcimento dei pregiudizi non patrimoniali subiti per effetto dell’inadempimento contrattuale”;

2. “in riferimento al diritto alla vacanza contrattualmente pattuita, la necessità della gravità della lesione dell’interesse e il superamento di una soglia minima di tollerabilità, trova fondamento nella sempre più accentuata valorizzazione della regola di correttezza e buona fede oggettiva, cioè della reciproca lealtà di condotta che accompagna il contratto in ogni sua fase; regola specificativa degli inderogabili doveri di solidarietà, di cui all’art. 2 della Costituzione, e la cui violazione può essere indice rilevatore dell’abuso del diritto, nella elaborazione teorica e giurisprudenziale.

La richiesta di risarcimento di danni non patrimoniali per disagi e fastidi da qualificarsi minimi, avuto presente la causa in concreto del contratto, contrasterebbe con i principi di correttezza e buona fede e di contemperamento dei contrapposti interessi contrattualmente pattuiti, e costituirebbe un abuso, in danno del debitore, della tutela accordata al consumatore/creditore. In mancanza di delimitazioni normative, spetta al giudice di merito individuare il superamento o meno di tale soglia, emergente dal complessivo assetto contrattuale e considerando l’autonoma valutabilità dell’interesse allo svago e riposo rispetto al danno patrimoniale subito, atteso che il primo, a seconda del peso della prestazione contrattuale non adempiuta, può ben superare il secondo”;

3. provato l’inadempimento del contratto di pacchetto turistico e allegato di avere subito un danno non patrimoniale da vacanza rovinata, non occorrono ulteriori prove per ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale: in questa materia, “la raggiunta prova dell’inadempimento esaurisce in sé la prova anche del verificarsi del danno, atteso che gli stati psichici interiori dell’attore, per un verso, non possono formare oggetto di prova diretta e sono desumibili dalla mancata realizzazione della “finalità turistica” e dalla concreta regolamentazione contrattuale delle diverse attività e dei diversi servizi, in ragione della loro essenzialità alla realizzazione dello scopo vacanziero”.

Infine, la Corte si sofferma sulla ripartizione delle spese del giudizio, richiamando il consolidato principio della giurisprudenza della Corte per il quale “la nozione di soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale tra le parti delle spese processuali, sottende, anche in relazione al principio di causalità, una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettare e che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti, ovvero anche l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, allorché essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri, ovvero quando la parzialità dell’accoglimento sia meramente quantitativa e riguardi una domanda articolata in un unico capo”.

(Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 11 maggio 2012, n.7256)

[Dott.ssa Luciana Di Vito - Iusgate]

Confermando la sentenza del Tribunale di Roma e il riconoscimento dei danni subiti da due coniugi per servizi non goduti e somme sborsate durante il viaggio a causa del prolungamento del viaggio di nozze per erronea indicazione della data di rientro, la Corte torna sulla questione del danno non patrimoniale da vacanza rovinata, precisando alcuni principi già espressi dalla giurisprudenza in materia.

In particolare, la Corte ha chiarito che:

1. quando non vengono in rilievo lesioni all’integrità psicofisica tutelata dall’articolo 32 della Costituzione, la risarcibilità del danno non patrimoniale trova il fondamento nella cosiddetta “vacanza rovinata”, nella legge e nella giurisprudenza della Corte di Giustizia europea.

“In effetti, la legislazione di settore concernente i pacchetti turistici, emanata in attuazione della normativa comunitaria di tutela del consumatore, come interpretata dalla Corte di Giustizia CE, ha reso rilevante l’interesse del turista al pieno godimento del viaggio organizzato, come occasione di piacere o riposo, prevedendo il risarcimento dei pregiudizi non patrimoniali subiti per effetto dell’inadempimento contrattuale”;

2. “in riferimento al diritto alla vacanza contrattualmente pattuita, la necessità della gravità della lesione dell’interesse e il superamento di una soglia minima di tollerabilità, trova fondamento nella sempre più accentuata valorizzazione della regola di correttezza e buona fede oggettiva, cioè della reciproca lealtà di condotta che accompagna il contratto in ogni sua fase; regola specificativa degli inderogabili doveri di solidarietà, di cui all’art. 2 della Costituzione, e la cui violazione può essere indice rilevatore dell’abuso del diritto, nella elaborazione teorica e giurisprudenziale.

La richiesta di risarcimento di danni non patrimoniali per disagi e fastidi da qualificarsi minimi, avuto presente la causa in concreto del contratto, contrasterebbe con i principi di correttezza e buona fede e di contemperamento dei contrapposti interessi contrattualmente pattuiti, e costituirebbe un abuso, in danno del debitore, della tutela accordata al consumatore/creditore. In mancanza di delimitazioni normative, spetta al giudice di merito individuare il superamento o meno di tale soglia, emergente dal complessivo assetto contrattuale e considerando l’autonoma valutabilità dell’interesse allo svago e riposo rispetto al danno patrimoniale subito, atteso che il primo, a seconda del peso della prestazione contrattuale non adempiuta, può ben superare il secondo”;

3. provato l’inadempimento del contratto di pacchetto turistico e allegato di avere subito un danno non patrimoniale da vacanza rovinata, non occorrono ulteriori prove per ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale: in questa materia, “la raggiunta prova dell’inadempimento esaurisce in sé la prova anche del verificarsi del danno, atteso che gli stati psichici interiori dell’attore, per un verso, non possono formare oggetto di prova diretta e sono desumibili dalla mancata realizzazione della “finalità turistica” e dalla concreta regolamentazione contrattuale delle diverse attività e dei diversi servizi, in ragione della loro essenzialità alla realizzazione dello scopo vacanziero”.

Infine, la Corte si sofferma sulla ripartizione delle spese del giudizio, richiamando il consolidato principio della giurisprudenza della Corte per il quale “la nozione di soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale tra le parti delle spese processuali, sottende, anche in relazione al principio di causalità, una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettare e che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti, ovvero anche l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, allorché essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri, ovvero quando la parzialità dell’accoglimento sia meramente quantitativa e riguardi una domanda articolata in un unico capo”.

(Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 11 maggio 2012, n.7256)

[Dott.ssa Luciana Di Vito - Iusgate]