Cassazione Civile: la diffida ad adempiere può essere ritrattata
Secondo la Cassazione, la diffida ad adempiere "ha lo scopo di realizzare, pur in mancanza di una clausola risolutiva espressa, gli effetti che si ricollegano alla detta clausola e, cioè, la rapida risoluzione del rapporto mediante la fissazione di un termine che ha carattere essenziale nell’interesse della parte adempiente, alla quale è rimessa la valutazione della convenienza di farne valere la decorrenza. La risoluzione si produce di diritto indipendentemente dalla volontà dell’intimato, rimanendo nella disponibilità dell’intimante che può successivamente rinunciare ad avvalersene". E ancora ... "la diffida ad adempiere è un negozio giuridico, sicché non può produrre effetti contro ed oltre la volontà del suo autore che può sempre decidere di non fare valere la risoluzione già verificatasi".
Tuttavia, ha riconosciuto la Cassazione, "la dottrina è fortemente critica; si afferma con chiarezza che nella diffida ad adempiere l’effetto risolutorio non è nella disponibilità dell’intimante che dopo avere azionato il meccanismo risolutorio non può più rinunciarvi. Si osserva che, se il contratto è risolto, il creditore ed il debitore sono liberati dall’obbligazione non ancora adempiuta o sono creditori della restituzione se hanno in tutto o in parte adempiuto; ritenere diversamente significa considerare la risoluzione di diritto come un vantaggio unilaterale del creditore, da lui liberamente disponibile; essa, invece, non costituisce un privilegio per il contraente non inadempiente e rappresenta un’alternativa alla risoluzione giudiziale senza privare la parte inadempiente delle garanzie accordate dal processo. In definitiva la diffida ad adempiere si configura come negozio giuridico unilaterale recettizio con il quale il diffidante manifesta la volontà di risolvere il contratto con l’esercizio irrevocabile della facoltà di scelta tra risoluzione ed adempimento e con la consapevolezza di non potere impedire la risoluzione dal momento in cui la diffida giunge a conoscenza del diffidato. Si tutelano così l’interesse dell’inadempiente a non rimanere indefinitamente esposto all’arbitrio della parte adempiente e quello generale che siano rimesse nella circolazione economica le risorse coinvolte nella vicenda contrattuale".
Pur tenendo conto dei rilievi della dottrina, la Cassazione ha confermato "l’orientamento fin qui seguito considerato che rinunciare all’effetto risolutorio già verificatosi per avvalersi di altri mezzi di tutela rientra nell’ambito delle facoltà connesse all’esercizio dell’autonomia privata al pari della rinuncia al potere di ricorrere al congegno risolutorio predisposto dall’art. 1454 c.c.".
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 8 novembre 2007, n.23315: Contratto in generale - Diffida ad adempiere - Revocabilità - Ammissibilità).
Secondo la Cassazione, la diffida ad adempiere "ha lo scopo di realizzare, pur in mancanza di una clausola risolutiva espressa, gli effetti che si ricollegano alla detta clausola e, cioè, la rapida risoluzione del rapporto mediante la fissazione di un termine che ha carattere essenziale nell’interesse della parte adempiente, alla quale è rimessa la valutazione della convenienza di farne valere la decorrenza. La risoluzione si produce di diritto indipendentemente dalla volontà dell’intimato, rimanendo nella disponibilità dell’intimante che può successivamente rinunciare ad avvalersene". E ancora ... "la diffida ad adempiere è un negozio giuridico, sicché non può produrre effetti contro ed oltre la volontà del suo autore che può sempre decidere di non fare valere la risoluzione già verificatasi".
Tuttavia, ha riconosciuto la Cassazione, "la dottrina è fortemente critica; si afferma con chiarezza che nella diffida ad adempiere l’effetto risolutorio non è nella disponibilità dell’intimante che dopo avere azionato il meccanismo risolutorio non può più rinunciarvi. Si osserva che, se il contratto è risolto, il creditore ed il debitore sono liberati dall’obbligazione non ancora adempiuta o sono creditori della restituzione se hanno in tutto o in parte adempiuto; ritenere diversamente significa considerare la risoluzione di diritto come un vantaggio unilaterale del creditore, da lui liberamente disponibile; essa, invece, non costituisce un privilegio per il contraente non inadempiente e rappresenta un’alternativa alla risoluzione giudiziale senza privare la parte inadempiente delle garanzie accordate dal processo. In definitiva la diffida ad adempiere si configura come negozio giuridico unilaterale recettizio con il quale il diffidante manifesta la volontà di risolvere il contratto con l’esercizio irrevocabile della facoltà di scelta tra risoluzione ed adempimento e con la consapevolezza di non potere impedire la risoluzione dal momento in cui la diffida giunge a conoscenza del diffidato. Si tutelano così l’interesse dell’inadempiente a non rimanere indefinitamente esposto all’arbitrio della parte adempiente e quello generale che siano rimesse nella circolazione economica le risorse coinvolte nella vicenda contrattuale".
Pur tenendo conto dei rilievi della dottrina, la Cassazione ha confermato "l’orientamento fin qui seguito considerato che rinunciare all’effetto risolutorio già verificatosi per avvalersi di altri mezzi di tutela rientra nell’ambito delle facoltà connesse all’esercizio dell’autonomia privata al pari della rinuncia al potere di ricorrere al congegno risolutorio predisposto dall’art. 1454 c.c.".
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 8 novembre 2007, n.23315: Contratto in generale - Diffida ad adempiere - Revocabilità - Ammissibilità).