Cassazione Lavoro: tra diritto alla difesa e diritto alla privacy prevale il primo
La Cassazione ha elaborato questo principio di diritto nella sentenza con la quale ha confermato la pronuncia di secondo grado (e quella di primo grado) che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento di un dipendente per pretese molestie sessuali verso una collega, in quanto "la lettera di contestazione era assolutamente vaga e priva di importanti e necessari elementi specificativi ed identificativi, con riguardo alle modalità della condotta tenuta dal ricorrente nei confronti dell’ignota collega, della quale non si evidenziava alcuna reazione. Né veniva indicato il tempo trascorso nella stanza chiusa, dove si sarebbe verificato l’episodio, né si precisava se il dipendente avesse desistito dalle profferte nei confronti della collega, se fossero presenti altri colleghi e se fossero intervenuti terzi".
Prosegue la Cassazione: "La stessa corte territoriale ha osservato che le giustificazioni dell’appellante circa la presunta tutela della "riservatezza" della dipendente coinvolta non avrebbero potuto prevalere sul diritto di difesa del ricorrente di conoscere il nominativo della persona offesa dal comportamento attribuito al dipendente".
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 5 agosto 2010, n.18279: Licenzialemento del lavoratore - Tutela del diritto di difesa)
La Cassazione ha elaborato questo principio di diritto nella sentenza con la quale ha confermato la pronuncia di secondo grado (e quella di primo grado) che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento di un dipendente per pretese molestie sessuali verso una collega, in quanto "la lettera di contestazione era assolutamente vaga e priva di importanti e necessari elementi specificativi ed identificativi, con riguardo alle modalità della condotta tenuta dal ricorrente nei confronti dell’ignota collega, della quale non si evidenziava alcuna reazione. Né veniva indicato il tempo trascorso nella stanza chiusa, dove si sarebbe verificato l’episodio, né si precisava se il dipendente avesse desistito dalle profferte nei confronti della collega, se fossero presenti altri colleghi e se fossero intervenuti terzi".
Prosegue la Cassazione: "La stessa corte territoriale ha osservato che le giustificazioni dell’appellante circa la presunta tutela della "riservatezza" della dipendente coinvolta non avrebbero potuto prevalere sul diritto di difesa del ricorrente di conoscere il nominativo della persona offesa dal comportamento attribuito al dipendente".
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 5 agosto 2010, n.18279: Licenzialemento del lavoratore - Tutela del diritto di difesa)