Cassazione Penale: accesso abusivo a sistema informatico e responsabilità capogruppo 231

In materia di accesso abusivo a sistema informatico, in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione, la Cassazione si è riportata all’orientamento maggioritario, ribadendo che "commette il reato di cui all’articolo 615ter Codice Penale non solo chi si introduca abusivamente nel sistema informatico protetto, ma anche chi si intrattenga al suo interno, contro la volontà espressa o tacita di chi abbia diritto di escluderlo, per finalità diverse da quella per le quali l’abilitazione era stata concessa. ... se l’accesso richiede una autorizzazione e questa è destinata a un determinato scopo, l’utilizzazione dell’autorizzazione per uno scopo diverso non può non considerarsi abusiva".

Secondo la Cassazione "la lettura della norma che si privilegia si fonda su una interpretazione letterale della disposizione di legge che prevede due distinte ipotesi di reato, ovvero quella della abusiva intrusione, tipica dell’hacher, e quella, distinta e diversa, di chi si trattenga nel sistema informatico contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo".

In materia di 231, la Cassazione ha invece statuito che: "la holding o altre società del gruppo possono rispondere ai sensi della legge 231, ma è necessario che il soggetto che agisce per conto delle stesse concorra con il soggetto che commette reato; insomma non è sufficiente un generico riferimento al gruppo per affermare la responsabilità della società ai sensi della legge 231/2001".

La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezione Quinta Penale, Sentenza 20 giugno 2011, n. 24583)

In materia di accesso abusivo a sistema informatico, in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione, la Cassazione si è riportata all’orientamento maggioritario, ribadendo che "commette il reato di cui all’articolo 615ter Codice Penale non solo chi si introduca abusivamente nel sistema informatico protetto, ma anche chi si intrattenga al suo interno, contro la volontà espressa o tacita di chi abbia diritto di escluderlo, per finalità diverse da quella per le quali l’abilitazione era stata concessa. ... se l’accesso richiede una autorizzazione e questa è destinata a un determinato scopo, l’utilizzazione dell’autorizzazione per uno scopo diverso non può non considerarsi abusiva".

Secondo la Cassazione "la lettura della norma che si privilegia si fonda su una interpretazione letterale della disposizione di legge che prevede due distinte ipotesi di reato, ovvero quella della abusiva intrusione, tipica dell’hacher, e quella, distinta e diversa, di chi si trattenga nel sistema informatico contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo".

In materia di 231, la Cassazione ha invece statuito che: "la holding o altre società del gruppo possono rispondere ai sensi della legge 231, ma è necessario che il soggetto che agisce per conto delle stesse concorra con il soggetto che commette reato; insomma non è sufficiente un generico riferimento al gruppo per affermare la responsabilità della società ai sensi della legge 231/2001".

La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezione Quinta Penale, Sentenza 20 giugno 2011, n. 24583)