Cassazione Penale: dolo eventuale o colpa cosciente nell’omicidio colposo per investimento
In linea generale, "la differenza tra dolo eventuale e colpa cosciente risiede nella considerazione che - per mutuare l’espressione di autorevole dottrina - "il dolo eventuale è ... rappresentazione della (concreta) possibilità della realizzazione del fatto e accettazione del rischio (quindj, volizione) di esso; la colpa cosciente è invece rappresentazione della (astratta, o meglio, ’semplice’) possibilità della realizzazione del fatto, ma accompagnata dalla sicura fiducia che in concreto non si realizzerà (quindi, non.volizione)". E la giurisprudenza di questa Suprema Corte ha più volte avuto modo di ribadire sjffatti principi, chiarendo che "la linea di demarcazione tra dolo eventuale e colpa con previsione è individuata nel diverso atteggiamento psicologico dell’agente che, nel primo caso, accetta il rischio che si realizzi un evento diverso non direttamente voluto, mentre nella seconda ipotesi, nonostante l’identità di prospettazione, respinge il rischio, confidando nella propria capacità di controllare l’azione" (Cass., Sez. IV, 10.10.1996, n. 11024). Quindi, "il dato differenziale tra dolo eventuale e colpa cosciente va rinvenuto nella previsione dell’evento. Questa, nel dolo eventuale, si propone non come incerta ma come concretamente possibile e l’agente nella volizione dell’azione ne accetta il rischio, cosi che la volontà investe anche l’evento rappresentato. Nella colpa cosciente la verificabilità dell’evento rimane un’ipotesi astratta, che nella coscienza dell’autore non viene concepita come concretamente realizzabile e, pertanto, non è in alcun modo voluta". E s’è anche al riguardo pertinentemente chiarito che, "al fine di accertare la ricorrenza del dolo eventuale o della colpa con previsione dell’ evento, non è sufficiente il rilievo che l’evento stesso si presenti come obiettivamente prevedi bile, dovendosi avere riguardo alla reale previsione e volizione di esso, ovvero all’imprudente o negligente valutazione delle circostanze di fatto".
La indagine sulla sussistenza dell’una o dell’altra di tali distinte ipotesi postula, quindi, pur sempre un accertamento ed una valutazione di merito sulla ricorrenza o meno dei distinti presupposti soggettivi sui quali si l situa la linea di demarcazione tra le stesse".
Venendo al caso di specie, la Cassazione ha riconosciuto che "nella specie, i giudici del merito hanno dato congrua contezza del percorso argomentativo seguito nel pervenire alla resa statuizione. Hanno, in sostanza, rilevato che "la giovane età del conducente" e la sua disponibilità di un "veicolo di grossa cilindrata" rendevano evidente "il quadro di un giovane speri colato ed eccitato", indotto ad "una condotta di guida estremamente imprudente e negligente" e intesa a "rimarcare agli occhi degli amici passeggeri e dei ragazzi che poco prima avevano contestato la guida pericolosa, la propria sicurezza, il predominio e la padronanza dell’auto e della strada". Hanno considerato -richiamando un arresto giurisprudenziale di questa Suprema Corte -che, "non essendo provata una volontà diversa, non è possibile ritenere che l’agente abbia voluto l’evento, altrimenti si finirebbe per sostenere l’esistenza di un dolo in re ipsa per il solo fatto della condotta rimproverabile con conseguente inversione dell’onere della prova". Ed hanno ulteriormente rilèvato che il riscontrato "stato di ubriachezza... certamente ha contribuito ad ingenerare nell’agente il senso di onnipotenza che in uno alla giovane età ha consentito di agire convinto di non correre rischi di sorta, confidando nelle proprie capacità di guida", considerando, sotto un profilo più generale, che "lo stato di ebbrezza alcolica che sia lieve o che sia notevole" malamente si concilia con una "condotta cosciente di una persona che ’accetta il rischio di verificazione dell’evento’ ...", conclusivamente ritenendo che "dagli elementi. ..a disposizione di questo collegio tutto sembra far propendere per una bravata di un ragazzo, convinto di essere più bravo degli altri a guidare e convinto che nulla gli sarebbe potuto accadere".
Tale argomentare, come si vede, si fa carico della delibazione di tutti gli elementi di giudizio e circostanze acquisiti alla realtà procedimentale e procede ad una loro valutazione di merito che si appalesa improntata ad inscalfittibile acribia, non caducata o inficiata, in particolare, da rinvenibili vizi di illogicità, che, peraltro, la norma vuole dover essere manifesta, cioè coglibile immediatamente, ictu oculi. Né tanto è possibile inferire dalla addotta contraddittorietà individuata dal ricorrente in un passo della decisione impugnata: appare, difatti, evidente, nel complessivo ed unitario contesto del ragionamento giustificativo esplicitato dai giudici del merito, che, quando si parla di "giovane età che (porta a) sopravvalutare le proprie capacità e agire con incoscienza.. .", tale ultima espressione va assunta non come "totale mancanza di coscienza o di lucidità mentale", ma come "colpevole noncuranza o avventatezza", secondo la diversa significazione ad essa attribuita nei dizionari linguistici, quindi del tutto compatibile con la ritenuta sussistenza di una colpa con previsione, piuttosto che del dolo eventuale".
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezione Quarta Penale, Sentenza 25 marzo 2009, n.13083: Investimento pedone - Dolo eventuale - Colpa cosciente - Incidente stradale).
In linea generale, "la differenza tra dolo eventuale e colpa cosciente risiede nella considerazione che - per mutuare l’espressione di autorevole dottrina - "il dolo eventuale è ... rappresentazione della (concreta) possibilità della realizzazione del fatto e accettazione del rischio (quindj, volizione) di esso; la colpa cosciente è invece rappresentazione della (astratta, o meglio, ’semplice’) possibilità della realizzazione del fatto, ma accompagnata dalla sicura fiducia che in concreto non si realizzerà (quindi, non.volizione)". E la giurisprudenza di questa Suprema Corte ha più volte avuto modo di ribadire sjffatti principi, chiarendo che "la linea di demarcazione tra dolo eventuale e colpa con previsione è individuata nel diverso atteggiamento psicologico dell’agente che, nel primo caso, accetta il rischio che si realizzi un evento diverso non direttamente voluto, mentre nella seconda ipotesi, nonostante l’identità di prospettazione, respinge il rischio, confidando nella propria capacità di controllare l’azione" (Cass., Sez. IV, 10.10.1996, n. 11024). Quindi, "il dato differenziale tra dolo eventuale e colpa cosciente va rinvenuto nella previsione dell’evento. Questa, nel dolo eventuale, si propone non come incerta ma come concretamente possibile e l’agente nella volizione dell’azione ne accetta il rischio, cosi che la volontà investe anche l’evento rappresentato. Nella colpa cosciente la verificabilità dell’evento rimane un’ipotesi astratta, che nella coscienza dell’autore non viene concepita come concretamente realizzabile e, pertanto, non è in alcun modo voluta". E s’è anche al riguardo pertinentemente chiarito che, "al fine di accertare la ricorrenza del dolo eventuale o della colpa con previsione dell’ evento, non è sufficiente il rilievo che l’evento stesso si presenti come obiettivamente prevedi bile, dovendosi avere riguardo alla reale previsione e volizione di esso, ovvero all’imprudente o negligente valutazione delle circostanze di fatto".
La indagine sulla sussistenza dell’una o dell’altra di tali distinte ipotesi postula, quindi, pur sempre un accertamento ed una valutazione di merito sulla ricorrenza o meno dei distinti presupposti soggettivi sui quali si l situa la linea di demarcazione tra le stesse".
Venendo al caso di specie, la Cassazione ha riconosciuto che "nella specie, i giudici del merito hanno dato congrua contezza del percorso argomentativo seguito nel pervenire alla resa statuizione. Hanno, in sostanza, rilevato che "la giovane età del conducente" e la sua disponibilità di un "veicolo di grossa cilindrata" rendevano evidente "il quadro di un giovane speri colato ed eccitato", indotto ad "una condotta di guida estremamente imprudente e negligente" e intesa a "rimarcare agli occhi degli amici passeggeri e dei ragazzi che poco prima avevano contestato la guida pericolosa, la propria sicurezza, il predominio e la padronanza dell’auto e della strada". Hanno considerato -richiamando un arresto giurisprudenziale di questa Suprema Corte -che, "non essendo provata una volontà diversa, non è possibile ritenere che l’agente abbia voluto l’evento, altrimenti si finirebbe per sostenere l’esistenza di un dolo in re ipsa per il solo fatto della condotta rimproverabile con conseguente inversione dell’onere della prova". Ed hanno ulteriormente rilèvato che il riscontrato "stato di ubriachezza... certamente ha contribuito ad ingenerare nell’agente il senso di onnipotenza che in uno alla giovane età ha consentito di agire convinto di non correre rischi di sorta, confidando nelle proprie capacità di guida", considerando, sotto un profilo più generale, che "lo stato di ebbrezza alcolica che sia lieve o che sia notevole" malamente si concilia con una "condotta cosciente di una persona che ’accetta il rischio di verificazione dell’evento’ ...", conclusivamente ritenendo che "dagli elementi. ..a disposizione di questo collegio tutto sembra far propendere per una bravata di un ragazzo, convinto di essere più bravo degli altri a guidare e convinto che nulla gli sarebbe potuto accadere".
Tale argomentare, come si vede, si fa carico della delibazione di tutti gli elementi di giudizio e circostanze acquisiti alla realtà procedimentale e procede ad una loro valutazione di merito che si appalesa improntata ad inscalfittibile acribia, non caducata o inficiata, in particolare, da rinvenibili vizi di illogicità, che, peraltro, la norma vuole dover essere manifesta, cioè coglibile immediatamente, ictu oculi. Né tanto è possibile inferire dalla addotta contraddittorietà individuata dal ricorrente in un passo della decisione impugnata: appare, difatti, evidente, nel complessivo ed unitario contesto del ragionamento giustificativo esplicitato dai giudici del merito, che, quando si parla di "giovane età che (porta a) sopravvalutare le proprie capacità e agire con incoscienza.. .", tale ultima espressione va assunta non come "totale mancanza di coscienza o di lucidità mentale", ma come "colpevole noncuranza o avventatezza", secondo la diversa significazione ad essa attribuita nei dizionari linguistici, quindi del tutto compatibile con la ritenuta sussistenza di una colpa con previsione, piuttosto che del dolo eventuale".
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezione Quarta Penale, Sentenza 25 marzo 2009, n.13083: Investimento pedone - Dolo eventuale - Colpa cosciente - Incidente stradale).