Cassazione SU Penali: no responsabilità penale per chi compra beni che violano marchi

"Non può configurarsi una responsabilità penale per l’acquirente finale di cose in relazione alle quali siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà industriale".

"Per quanto concerne il concetto di "appropriatezza" non può non rilevarsi, al fine di sottolineare la non sindacabilità in termini di irragionevolezza delle scelte di politica criminale del legislatore, da un lato, che, nel caso di specie, l’imputato è stato condannato, con sanzione sostitutiva, alla pena di euro 2480 di multa interamente condonata, a fronte di un illecito amministrativo che prevede una sanzione pecuniaria fino a 7000 euro, dall’altro lato, che il legilsatore ha previsto la confisca amministrativa delle cose che violano le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà industriale, con la conseguente possibilità di procedere a sequestro cautelare ai sensi dell’articolo 13, comma 2, Legge 689/1981. Ma soprattutto la legge dispone che alla confisca si proceda "in ogni caso"; ciò significa che la confisca deve essere disposta a prescidenre da qualsiasi accertamento di responsabilità. Infatti, le cose suddette devono considerarsi "intrinsecamente" illecite, alla stregua di quelle di cui all’articolo 240, comma secondo, n.1, Codice Penale, e di esse non può consistirsi la circolazione sotto qualsiasi forma, anche ad uso personale, a tutela non solo delle imprese che hanno interesse a mantenere certa la funzione di marchi e segni distintivi, ma anche, più in generale, alla pubblica fede, intesa come affindamento dei cittadini nei marchi o segni distintivi che individuano i prodotti industriali e ne garantiscono la corretta circolazione".

(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Penali, Sentenza 8 giugno 2012, n.22225)

"Non può configurarsi una responsabilità penale per l’acquirente finale di cose in relazione alle quali siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà industriale".

"Per quanto concerne il concetto di "appropriatezza" non può non rilevarsi, al fine di sottolineare la non sindacabilità in termini di irragionevolezza delle scelte di politica criminale del legislatore, da un lato, che, nel caso di specie, l’imputato è stato condannato, con sanzione sostitutiva, alla pena di euro 2480 di multa interamente condonata, a fronte di un illecito amministrativo che prevede una sanzione pecuniaria fino a 7000 euro, dall’altro lato, che il legilsatore ha previsto la confisca amministrativa delle cose che violano le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà industriale, con la conseguente possibilità di procedere a sequestro cautelare ai sensi dell’articolo 13, comma 2, Legge 689/1981. Ma soprattutto la legge dispone che alla confisca si proceda "in ogni caso"; ciò significa che la confisca deve essere disposta a prescidenre da qualsiasi accertamento di responsabilità. Infatti, le cose suddette devono considerarsi "intrinsecamente" illecite, alla stregua di quelle di cui all’articolo 240, comma secondo, n.1, Codice Penale, e di esse non può consistirsi la circolazione sotto qualsiasi forma, anche ad uso personale, a tutela non solo delle imprese che hanno interesse a mantenere certa la funzione di marchi e segni distintivi, ma anche, più in generale, alla pubblica fede, intesa come affindamento dei cittadini nei marchi o segni distintivi che individuano i prodotti industriali e ne garantiscono la corretta circolazione".

(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Penali, Sentenza 8 giugno 2012, n.22225)