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Lo sbarco in Sicilia, il ruolo della Mafia e il rapporto Scotten

sbarco in Sicilia
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Lo sbarco in Sicilia, il ruolo della Mafia e il rapporto Scotten

 

Nell’estate di 80 anni fa, il 10 luglio 1943, le truppe alleate sbarcarono in Sicilia: gli inglesi nella parte orientale dell’isola, tra Pozzallo e Avola, gli americani più a ovest, tra Gela e Licata. L’operazione, denominata “Husky”, fu il più imponente sbarco bellico svoltosi fino ad allora, con oltre 160mila uomini trasportati in più di 2.850 navi civili e militari. Solo in Normandia, undici mesi dopo, si sarebbe visto l’impiego di un numero maggiore di uomini da parte alleata.

La decisione di sbarcare in Sicilia, aprendo un “secondo fronte” in Europa, fu presa nel gennaio 1943 durante la conferenza di Casablanca, presenti il Presidente degli Stati Uniti Roosevelt e il Primo Ministro britannico Churchill. Il generale Eisenhower ricevette l’ordine di preparare un piano per invadere l’isola: la pianificazione si dimostrò complessa, perché le coste siciliane erano difese con 450mila uomini (315mila italiani e 90mila tedeschi), anche se, in gran parte, peggio equipaggiati. Nella primavera 1943, per ridurre il numero di soldati dell’asse in Sicilia, i servizi segreti britannici attuarono uno dei più noti inganni bellici della storia, l’Operazione Mincemeat. Fu utilizzato un cadavere, vestito da Ufficiale dei Royal Marines, che custodiva false informazioni su un prossimo sbarco alleato in Sardegna. L’astuto depistaggio riuscì. Il corpo senza vita del “Maggiore Martin” (mai esistito), vittima di un incidente aereo, fu ritrovato sulle coste spagnole dai nazisti che trasferirono subito varie divisioni nell’isola sarda, sguarnendo le coste siciliane. Parallelamente gli alleati, essendo riusciti a decrittare le comunicazioni segrete tedesche (operazione ULTRA o “UltraSecret”), era ben informati sulle forze del nemico e sulla loro dislocazione. Liberata l’Africa settentrionale, gli alleati conquistarono Pantelleria l’11 e Lampedusa il 13 giugno 1943. Dopo lunghi e complessi preparativi, nella notte fra il 9 e il 10 luglio, tra varie difficoltà, gli alleati sbarcarono in Sicilia.

Questo articolo non intende raccontare le fasi di quello sbarco, né l’evoluzione tattica dei 38 giorni che gli alleati impiegarono per conquistare l’isola, liberando Messina il 17 agosto 1943, dopo essere entrati a Palermo il 22 luglio e a Catania il 5 agosto. La storiografia sulla “Campagna d’Italia” è davvero ampia, con episodi narrati nel loro effettivo svolgimento quasi “minuto per minuto”. Oggi l’analisi storica è supportata da una ricca documentazione, anche quella all’epoca riservata. Per questi motivi, è pacifico affermare che, a differenza di quello che spesso si dice, gli alleati trovarono una difesa da parte di militari tedeschi e italiani. Ci furono battaglie, con morti e feriti, a Gela, nella piana di Catania, ad Agira, a Troina. Lo sbarco in Sicilia, per gli alleati, fu meno agevole, rispetto a quello, forse più noto, avvenuto a Marsala nel maggio 1860, con un numero molto inferiore di uomini e mezzi.

Oggi, dopo 80 anni, intendo indicare, come Esempi di Valore, quelle migliaia di militari che morirono per la nostra Libertà. Per onorare il Valore dei caduti SU entrambi quei fronti, intendo condannare una “querelle storica” (che definirei una “fake news”), nata come scoop giornalistico, che vedrebbe una collaborazione fondamentale della mafia allo sbarco alleato in Sicilia. Lo studio della documentazione dell’epoca ha evidenziato che non vi fu nessun accordo preventivo tra la mafia e gli USA, il più importante degli stati alleati.  Come chiaramente rilevabile in tutta la storiografia militare, lo sbarco fu una delle più grandi operazioni anfibie della seconda guerra mondiale, con lo schieramento della 7ª Armata statunitense (al comando del generale Patton) e dell'8ª Armata britannica (al comando del generale Montgomery), riunite nel 15º Gruppo d'armate sotto la responsabilità del generale britannico Alexander. Quei generali avevano oltre 160mila uomini e non avevano certo bisogno delle “coppole". La c.d. “trattativa Mafia-Alleati” è un argomento confutato dagli storici, ma che è stato mitizzato in film o programmi tv recenti, che, per “spacciare lucciole per lanterne”, richiamano un documento, il “Rapporto Scotten”, un atto dell’intelligence oggi fortunatamente declassificato. Ho letto quel documento e, in un’ottica di trasparenza, lo metto a disposizione del mio attento lettore (chiunque voglia leggerlo – sono sei pagine dattiloscritte- può chiedermelo tramite questa testata o i miei contatti social).

Cosa è il Rapporto Scotten? È un documento dell’intelligence alleata che prende il nome dell'ufficiale americano, il Capitano W.E. Scotten, che lo ha redatto. Ha per oggetto "The Problem of Mafia in Sicily" (Il problema della Mafia in Sicilia). L’autore conosceva l’isola perché era stato viceconsole statunitense in Sicilia e le sue informazioni provenivano dai servizi segreti alleati e dai contatti con le sue fonti siciliane. Il documento è significativo perché, sin dalle prime righe, mostra chiaramente come, per gli americani, la mafia rappresentasse un problema e non un aiuto. Come scritto nella prima pagina, i destinatari del documento (redatto ad Algeri) preferiscono riceverlo per corriere (“personal messager”), in forma cartacea evitando trasmissioni, per evitare di compromettere il successo dei passi da prendere contro la mafia in futuro (“to adoid compromising the success of any steps which might be taken against mafia”).

Un primo elemento che ci deve fare riflettere è la data del documento. È stato redatto il 29 ottobre 1943. Lo sbarco era avvenuto da oltre tre mesi e sicuramente la mafia non aveva avuto alcun ruolo, costituendo, dopo mesi, un problema emergente per l’AMGOT, il Governo militare alleato dei territori occupati. Ricordiamoci che, il 1° ottobre 1943, gli alleati erano entrati a Napoli, che, prima in Europa, era stata liberata da una rivolta popolare condotta da militari e civili italiani, nota come “le quattro giornate”. Napoli, proprio nell’ottobre 1943, era diventata la base logistica degli alleati, che sarebbero stati bloccati per mesi sulla linea Gustav, dal Garigliano ad Ortona, sull’Adriatico. L’obiettivo della “Campagna d’Italia” era liberare Roma (ci sarebbero riusciti solo il 4 giugno 1944) e poi tutta Italia (Milano sarebbe stata liberata il 25 aprile 1945). Il 29 ottobre 1943, la Sicilia era un teatro ormai secondario nello scacchiere continentale.

Il report viene redatto perché Scotten considera la Mafia "un fenomeno che avrà gravi implicazioni per la situazione politica attuale e futura dell'isola e del resto d'Italia". Prima di proporre ai suoi superiori le possibili soluzioni, l’autore ricostruisce storicamente il fenomeno in uno modo neanche particolarmente originale: vede una Sicilia storicamente oppressa da occupazioni straniere con la conseguente formazione di un sistema privato di difesa delle persone e delle proprietà, caratterizzato dall’omertà. Successivamente, ritiene la mafia degenerata in un sistema criminale, che il fascismo aveva sì combattuto, ma solo ai livelli più bassi.

Negli ultimi paragrafi, dal 13° al 16°, per affrontare il problema, il Capitano Scotten ipotizza tre possibili scenari, che distingue con le prime lettere dell’alfabeto:

a) un´azione diretta, stringente e immediata per controllare la mafia;

b) una tregua negoziata con i capimafia;

c) l´abbandono di ogni tentativo di controllare la mafia in tutta l’isola e il [nostro] ritiro in piccole enclaves strategiche, attorno alle quali costituire cordoni protettivi e al cui interno esercitare un governo militare assoluto». 

Si legge ancora: «La prima soluzione (un’azione diretta controllo la mafia, ndr) sembrerebbe essere l'unica coerente con gli obiettivi espressi del governo militare americano (“the first course would appear to be the only one consistent with the expressed objectives of military government”). Tuttavia, richiede un'attenta conoscenza dei modi e dei mezzi disponibili nella congiuntura attuale. Richiederebbe un'azione rapida e decisiva entro un periodo di giorni o settimane, al massimo. Richiederebbe la più cauta e segreta preparazione, un forte rinforzo dei Carabinieri con personale militare alleato e l´arresto simultaneo e concertato di cinque o seicento capifamiglia – senza curarsi della personalità e delle loro connessioni politiche – affinché siano deportati, senza alcuna traccia di processo, per tutta la durata della guerra». La prima soluzione è quella certamente preferita all’intelligence americana, ma non era attuabile in quel particolare contesto storico. Il nemico erano i nazisti. L’amministrazione degli alleati in Sicilia sarebbe durata fino al 14 febbraio del 1944, quando l’isola tornò sotto la sovranità italiana. La priorità degli alleati era liberare l’Italia, obiettivo per noi fortunatamente realizzato, con estremi sacrifici di quei militari, che dovremmo sempre ringraziare.

Continua poi Scotten «La seconda soluzione (la trattativa con i capimafia, ndr) è quella in cui il successo è meno assicurato (“the second course suggested is one in wich success is less assured”)». Ecco cosa scriveva l’intelligence americana nel 1943.

E noi? Dopo ottant’anni, ancora ricerchiamo tracce di una trattativa, che non ci fu?

In questo vano tentativo, non offendiamo forse le nostre intelligenze e il valore dei tanti soldati caduti sul campo?

Non intendo andare oltre. Risparmio il mio attento lettore dall’analisi di altre evidenze, che sono state raccolte, in libri documentatissimi, da storici professionisti, non semplici cultori come me. È triste, dopo ottant’anni, assistere alla continua ricerca di ipotetiche trattative, nonostante i grandi successi avuti contro la mafia. Fortunatamente, quest’anno la Cassazione ha scritto la parola “fine” su un’altra asserita trattativa, che non è mai avvenuta trent’anni fa, ma che, negli ultimi decenni, tanto ha fatto penare silenziosi Servitori dello Stato. La Giustizia è lenta, ma è arrivata. Oggi possiamo evitare di scrivere fantasiosi misteri, perché la Verità ha vinto. Dopo ottant’anni la Verità sullo sbarco alleato appare ancora più chiara. Nell’estate 1943, l’invasione della Sicilia aprì le porte per la conquista dell’Italia, che purtroppo si sarebbe rallentata più volte, prima sulla linea Gustav tra Campania e Lazio e successivamente sulla linea Gotica tra Toscana, Emilia e Umbria. L’apertura di questo “secondo fronte” risultò determinante per le sorti della seconda guerra mondiale, avviando lo sbarco ad Anzio nel gennaio del 1944 e, poi, l’immensa “Operazione Overlord” in Normandia il 6 giugno 1944, che porterà alla definitiva vittoria alleata contro la follia nazista.

Ciro Niglio