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Art. 648 - Ricettazione

1. Fuori dei casi di concorso nel reato, chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione da due ad otto anni e con la multa da euro 516 a euro 10.329 (1). La pena è aumentata quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da delitti di rapina aggravata ai sensi dell’articolo 628, terzo comma, di estorsione aggravata ai sensi dell’articolo 629, secondo comma, ovvero di furto aggravato ai sensi dell’articolo 625, primo comma, n. 7-bis) (2).

2. La pena è della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 300 a euro 6.000 quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con l'arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi. (3)

3. La pena è aumentata se il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale. (3)

4. Se il fatto è di particolare tenuità, si applica la pena della reclusione fino a sei anni e della multa sino a euro 1.000 nel caso di denaro o cose provenienti da delitto e la pena della reclusione fino a tre anni e della multa fino a euro 800 nel caso di denaro o cose provenienti da contravvenzione. (4)

5. Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando l’autore del reato (5) da cui il denaro o le cose provengono non è imputabile o non è punibile ovvero quando manchi una condizione di procedibilità riferita a tale reato (5).

(1) Multa così aumentata dall’art. 113 della L. 689/1981.

(2) Comma così modificato dalla lett. b) del comma 1 dell’art. 8, DL 93/2013 convertito con L. 119/2013.

(3) Comma introdotto dall'art. 1, comma 1, lettera c) n. 1, D. Lgs. 195/2021.

(4) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera c) n. 2, D. Lgs. 195/2021.

(5) La parola reato è stata introdotta al posto della precedente parola delitto dall'art. 1, comma 1, lettera c), n. 3, D. Lgs. 195/2021.

Rassegna di giurisprudenza

Struttura del reato

…Elemento oggettivo

Il delitto di ricettazione di cui all’art. 648 ha natura istantanea e si consuma quindi nel momento in cui l’agente ottiene il possesso della cosa, momento dal quale decorre, di conseguenza, il termine di prescrizione ex art. 158. Laddove, tuttavia, non vi siano elementi idonei a comprovare in modo certo la data di acquisizione del bene da parte dell’imputato, ai fini del calcolo del termine di prescrizione il momento consumativo del reato deve essere individuato, in applicazione del principio del favor rei, in prossimità della data di commissione del reato presupposto (Fattispecie nella quale la corte di appello aveva confermato la responsabilità del ricorrente per il reato di ricettazione, individuando il momento consumativo del reato, in assenza di alcuna prova certa al riguardo, nella data di accertamento dei fatti e non in prossimità della data di commissione del reato presupposto. La Corte, in applicazione del principio enunciato, ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione) (Sez. 2, 16519/2022).

Il delitto previsto dall’art. 648 configura una struttura di reato a fattispecie plurima alternativa, che resta integrato dalla condotta di chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, non soltanto acquista, riceve od occulta beni provenienti da delitto, ma anche dalla condotta di chi “comunque”  avverbio evocativo, nel lessico del codice, di uno schema comportamentale a forma libera  si intromette nel farli acquistare, ricevere od occultare, così realizzando l’oggetto giuridico del reato che è quello di sanzionare condotte che, nelle varie forme previste dalla norma incriminatrice, “allontanano” il bene dal legittimo titolare, determinandone o contribuendo comunque a determinarne un circuito economico contra jus, a prescindere dalla responsabilità penale dei successivi percettori del bene stesso. Da qui, l’assunto secondo il quale il delitto di ricettazione, nella fattispecie commissiva della intromissione, si perfeziona per il solo fatto che l’agente si intrometta nel far acquistare, ricevere od occultare le cose di provenienza delittuosa, senza che sia necessario che l’intromissione medesima raggiunga il fine ulteriore che il soggetto si è proposto, giacché è proprio attraverso quella condotta che si è intrinsecamente già realizzata l’offesa e la esposizione a pericolo del bene protetto dalla norma incriminatrice; con la conseguenza che, se tale scopo non si è realizzato, il delitto è consumato e non soltanto tentato (Sez. 2, 8473/2019).

A fronte del rinvenimento nella disponibilità dell’imputato, di beni di provenienza delittuosa, in assenza di indicazioni precise e specifiche sull’origine di quei beni, correttamente è contestato il delitto di ricettazione, ove manchino altresì elementi probatori univocamente indicativi del coinvolgimento dell’imputato nella commissione del delitto presupposto (Sez. 7, 9540/2019).

La fattispecie criminosa di ricettazione è configurabile non già con il riferimento, in contestazione, ad una provenienza delittuosa del bene non meglio identificata, poiché è necessario che il delitto presupposto, se pure non giudizialmente accertato, sia specificato (fattispecie nella quale il tribunale per il riesame aveva rigettato la richiesta proposta dall’imputato avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal gip in relazione al delitto di ricettazione, nonostante detto provvedimento contenesse una mera indicazione dell’art. 648 c.p., senza alcun altro tipo di specificazione fattuale o normativa in ordine al reato presupposto. La Corte, in applicazione del principio enunciato, ha annullato senza rinvio l’ordinanza impugnata e il decreto emesso dal gip, disponendo la restituzione all’avente diritto di quanto in sequestro) (Sez. 2, 17041/2022).

In tema di ricettazione, la prova del delitto presupposto non richiede necessariamente l’accertamento di ogni suo estremo fattuale, in quanto la provenienza delittuosa del bene posseduto può esser correttamente desunta dalla natura e dalle caratteristiche del bene stesso, atteso che non è indispensabile l’accertamento giudiziale della commissione del delitto presupposto, né dei suoi autori, né dell’esatta tipologia del reato, potendo il giudice affermarne l’esistenza attraverso prove logiche (Sez. 2, 12955/2019).

 

…Elemento soggettivo

Ricorre il dolo di ricettazione nella forma eventuale quando l’agente ha consapevolmente accettato il rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi ad una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece connota l’ipotesi contravvenzionale dell’acquisto di cose di sospetta provenienza. Né si richiede all’imputato di provare la provenienza del possesso delle cose, ma soltanto di fornire una attendibile spiegazione dell’origine del possesso delle cose medesime, assolvendo non ad onere probatorio, bensì ad un onere di allegazione di elementi, che potrebbero costituire l’indicazione di un tema di prova per le parti e per i poteri officiosi del giudice, e che comunque possano essere valutati da parte del giudice di merito secondo i comuni principi del libero convincimento (SU, 35535/2007).

Nella ricettazione il dolo può ricorrere anche nella forma eventuale quando l’agente ha consapevolmente accettato il rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi a una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece connota l’ipotesi contravvenzionale dell’acquisto di cose di sospetta provenienza. In questa prospettiva, due sono quindi le possibilità che si possono in concreto presentare: a) l’agente si è posto il quesito circa la legittima provenienza della res, risolvendolo nel senso dell’indifferenza della soluzione; b) l’agente è stato negligente, poiché, pur sussistendo oggettivamente il dovere di sospettare circa l’illecita provenienza dell’oggetto, egli non si è posto il problema. Nel primo caso, sussiste il dolo eventuale, poiché il soggetto ha affrontato consapevolmente il rischio di ricevere una cosa che può provenire da delitto. Nel secondo caso, invece, la condotta tenuta è meramente colposa, in quanto il soggetto non si è avvalso degli ordinari canoni di prudenza e diligenza, per svolgere l’accertamento che la situazione concreta gli avrebbe imposto. In definitiva, nel delitto di ricettazione è ravvisabile il dolo eventuale quando la situazione fattuale, nella valutazione operata dal giudice di merito in conformità alle regole della logica e dell’esperienza, sia tale da fare ragionevolmente ritenere che non vi sia stata una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della res ma una consapevole accettazione del rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza (fattispecie nella quale il fatto ascritto all’imputato, consistente nell’acquisto di un telefono Apple IPhone presso un negozio non destinato alla vendita di cellulari, ad un prezzo convenientissimo rispetto a quello di mercato veniva riqualificato dalla corte di appello come ricettazione, anziché come acquisto di cose di sospetta provenienza, ritenendo sussistente il dolo eventuale. La Corte, in applicazione del principio enunciato, ha dichiarato inammissibile il ricorso) (Sez. 2, 29702/2022).

La prova della consapevolezza in ordine alla provenienza delittuosa può essere fornita da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dall’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta da parte del soggetto agente (Sez. 2, 12955/2019).

Non è configurabile il dolo necessario ad integrare il delitto di ricettazione nel comportamento di chi riceve beni di provenienza delittuosa nell’ambito di un rapporto familiare o di rapporti obbligazionari (siano essi civili o naturali) da un congiunto, con la consapevolezza non dell’illecita provenienza degli stessi, ma solo della qualità criminale del congiunto medesimo (Sez. 6, 33131/2013).

 

…Clausola di riserva

Non opera la clausola di riserva prevista dall’art. 648 in assenza di elementi che giustifichino l’inquadramento della detenzione come esito diretto del furto, piuttosto che come quello della ricezione di cose illecite. L’evidenza della detenzione per essere ridotta ad elemento di prova del reato di furto deve essere accompagnata dalla esistenza di ulteriori elementi indicativi della “immediata”  nel senso letterale di “non mediata”  riconducibilità della detenzione al furto, elementi fra i quali possono essere ricomprese anche le eventuali indicazioni provenienti dall’imputato, laddove circostanziate e dunque attendibili (Sez. 2, 20193/2017).

 

Fatto di particolare tenuità

Il danno patrimoniale è di speciale tenuità solo se abbia avuto una rilevanza minima e sia di entità quasi trascurabile per il danneggiato (SU, 28243/2013).

Se il valore del bene non è particolarmente lieve, deve comunque escludersi la tenuità del fatto, essendo superflua ogni ulteriore indagine (Sez. 2, 42866/2017).

In tema di delitto di ricettazione, la circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità è compatibile con la forma attenuata del delitto nel solo caso in cui la valutazione del danno patrimoniale sia rimasta estranea al giudizio sulla particolare tenuità del fatto (Sez. 2, 9648/2019).

La natura intrinseca dell’assegno bancario, quale mezzo di pagamento astratto che facilita la circolazione dei capitali portati nel titolo, esclude la ricorrenza della forma attenuata di ricettazione declinata dal secondo comma dell’art. 648 (Sez. 7, 11325/2019).

 

Rapporto con altri reati

Il delitto di riciclaggio si distingue da quello di ricettazione in relazione all’elemento materiale, che si connota per l’idoneità ad ostacolare l’identificazione della provenienza del bene e all’elemento soggettivo, costituito dal dolo generico di trasformazione della cosa per impedirne l’identificazione (Sez. 2, 30265/2017: fattispecie nella quale è stato qualificata come riciclaggio la condotta, posta in essere dall’imputato e da correi, consistente nel ricevere assegni provento di delitto, nel contraffarli quanto al nome del beneficiario, nel fare aprire a terzi conti postali con false generalità su cui versava gli assegni, con monetizzazione dei titoli e prelievo della corrispondente somma di denaro). Per realizzare la condotta di riciclaggio, non è necessario che sia efficacemente impedita la tracciabilità del percorso dei beni provento di reato, ma è sufficiente anche che essa sia solo ostacolata (Sez. 2, 26208/2015: in applicazione del principio, si è già ritenuto che integra il delitto di riciclaggio la condotta di chi versa denaro di provenienza illecita sul conto corrente intestato a una società fiduciaria in difetto di un formale incarico da parte del titolare della somma movimentata, poiché, in tal modo, si realizza un ostacolo alla tracciabilità del percorso dei beni provento di reato). Si è anche ritenuto che integri il delitto di riciclaggio, e non il meno grave delitto di ricettazione, la condotta di chi deposita in banca denaro di provenienza illecita poiché, stante la natura fungibile del bene, in tal modo esso viene automaticamente sostituito con “denaro pulito” (Sez. 6, 13085/2014: fattispecie relativa alla condotta di due donne che, occultando il rapporto coniugale con i capi di un sodalizio camorristico dedito al narcotraffico, avevano intestato alcuni milioni di euro in denaro contante ad una società di gestione fiduciaria, ottenendo poi, con lo smobilizzo dell’investimento, l’emissione in loro favore di assegni circolari). Non v’è dubbio, quindi, che integri il delitto di riciclaggio il compimento di operazioni volte, non solo ad impedire in modo definitivo, ma anche a rendere difficile l’accertamento della provenienza del denaro, dei beni o delle altre utilità (Sez. 2, 1422/2013: fattispecie attinente al versamento da parte dell’imputato su conti correnti intestati ai propri figli di n. 99 assegni circolari provento di truffa) (Sez. 2, 8473/2019).

Non esiste un rapporto di specialità tra i reati di cui agli artt. 648 e 474, poiché le fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico né risulta dal sistema una diversa volontà espressa o implicita del legislatore (SU, 23427/2001).

Il reato di indebita utilizzazione di carta di credito concorre con quello di ricettazione, quando la carta utilizzata sia provento di delitto (Sez. 2, 7019/2014).

Integra il delitto di ricettazione e non la contravvenzione di acquisto di cose di sospetta provenienza la condotta di colui che riceva o acquisti un modulo di assegno bancario in bianco, trattandosi di documento per sua natura e destinazione nel possesso esclusivo del titolare del conto corrente o della persona da costui delegata. Ne consegue che colui il quale riceva o acquisti un assegno bancario al di fuori delle regole che ne disciplinano la circolazione è necessariamente consapevole della sua provenienza illecita (Sez. 2, 22120/2013).

Il reato di commercio di sostanze dopanti attraverso canali diversi da farmacie e dispensari autorizzati può concorrere con il reato di ricettazione (art. 648), in considerazione della diversità strutturale delle due fattispecie  essendo il reato previsto dalla legge speciale integrabile anche con condotte acquisitive non ricollegabili ad un delitto  e della non omogeneità del bene giuridico protetto, poiché la ricettazione è posta a tutela di un interesse di natura patrimoniale, mentre il reato di commercio abusivo di sostanze dopanti è finalizzato alla tutela della salute di coloro che partecipano alle manifestazioni sportive (SU, 3087/2006).

In materia di tutela del diritto di autore sulle opere dell’ingegno, è configurabile il concorso tra il reato di ricettazione e quello di commercio abusivo di prodotti audiovisivi abusivamente riprodotti (art. 171-ter L. 633/1941), quando l’agente, oltre ad acquistare supporti audiovisivi fonografici o informatici o multimediali non conformi alle prescrizioni legali, li detenga a fine di commercializzazione (SU, 47164/2005).

 

Casistica

Ai fini del calcolo del termine di prescrizione relativo al reato di ricettazione, nell’ipotesi in cui manchi prova certa della data di acquisizione del bene da parte dell’imputato il momento consumativo del reato deve essere individuato, in applicazione del principio del favor rei, in prossimità della data di commissione del reato presupposto (Nel caso in esame, tuttavia, rileva la Corte che è stato lo stesso imputato, come hanno concordemente evidenziato entrambi i giudici di merito senza ricevere una critica specifica, che ha dichiarato di avere «trovato» tutte le armi insieme, così ammettendo la contestualità del momento ricettivo e, per conseguenza, l’infondatezza dell’ipotizzata anteriore ricezione di una sola di esse rispetto alla quale era stata invocata la declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione) (Sez. 1, 3693/2022).

Integra il reato di ricettazione aggravata dalla finalità di agevolazione di associazione di stampo mafioso la percezione, da parte del congiunto di un affiliato che si trovi in stato di detenzione, di un sussidio versato dal sodalizio criminale, giacché tale strumento di supporto economico, con la creazione di una rete di solida mutualità fra gli affiliati, rinsalda il vincolo di solidarietà nell'ambito dell'associazione, agevolando il perseguimento dei suoi scopi illeciti (Sez. 6, 7491/2021).

L'esimente del diritto di cronaca è compatibile con il delitto di ricettazione (Sez. 2, 38277/2019).

Il riconoscimento di ipotesi c.d. lievi da parte del legislatore (artt. 648 cpv. e altre) non determina ex se l’applicabilità astratta a tutti i predetti reati della ipotesi di cui all’art. 131-bis, ma soltanto nei casi in cui per effetto dell’applicazione della circostanza speciale il limite di pena sia inferiore a cinque anni (Sez. 2, 23419/2017).

L’accertato e incontroverso possesso di un elevato numero di accessori e pelletteria che riproducono i segni distintivi di note griffes registrate integra il delitto di ricettazione (Sez. 7, 11316/2019).

Il reato presupposto del delitto di ricettazione può consistere nella detenzione di un’arma con matricola abrasa (Sez. 1, 38699/2013).

Integra il reato di ricettazione la condotta di chi, senza aver concorso nel reato, acquista una macchina da gioco elettronico il cui sistema telematico sia stato alterato ai sensi dell’art. 640-ter (Sez. 2, 54715/2016).

Non risponde del reato di ricettazione colui che, non avendo preso parte alla commissione del fatto, si limiti a fare uso del bene unitamente agli autori del reato, eppure nella consapevolezza della illecita provenienza, non potendosi da questa sola successiva condotta desumersi l’esistenza di una compartecipazione quanto meno d’ordine morale, atteso che il reato di ricettazione ha natura istantanea e non è ipotizzabile una compartecipazione morale per adesione psicologica ad un fatto criminoso da altri commesso (Sez. 2, 51424/2013).

Il profitto, il cui conseguimento integra il dolo specifico del reato di ricettazione, può avere anche natura non patrimoniale (fattispecie relativa alla detenzione di una camicia militare, recante scritte in caratteri ebraici, dell’esercito israeliano, considerata rappresentativa di Israele, e costituente provento di rapina perpetrata da giovani intenti a distribuire volantini di propaganda politica anti-israeliana) (Sez. 2, 44378/2010).

La mancanza di una condizione di procedibilità (nella specie, di quella prevista dall’art. 10 in relazione alla commissione all’estero, da parte di uno straniero, del delitto di cui all’art. 473 ai danni di un cittadino italiano) non incide sulla configurabilità del delitto presupposto ai fini della sussistenza del delitto di ricettazione (Sez. 2, 22343/2010).