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Incauto acquisto: art. 712 Codice Penale

con la giurisprudenza aggiornata
alba di cemento
Ph. Luca Martini / alba di cemento

Incauto acquisto: cos'è e come è disciplinato?

Incauto acquisto: in questo contributo cerchiamo di approfondire al massimo il tema introdotto dall'art. 712 del codice penale, ovvero l' incauto acquisto, attraverso una disamina giurisprudenziale, dottrinale e pratica compiuta dal dottor Vincenzo Giuseppe Giglio.


Incauto acquisto: - l'art. 712 del codice penale tra dottrina e giurisprudenza

1. Chiunque, senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista o riceve a qualsiasi titolo cose, che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l’entità del prezzo, si abbia motivo di sospettare che provengano da reato, è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda non inferiore a euro 10 (1).

2. Alla stessa pena soggiace chi si adopera per fare acquistare o ricevere a qualsiasi titolo alcuna delle cose suindicate, senza averne prima accertata la legittima provenienza.

(1) Ammenda così aumentata ai sensi dell’art. 113, L. 689/1981.

 

Incauto acquisto: rassegna di giurisprudenza

Ricorre il dolo di ricettazione nella forma eventuale quando l’agente ha consapevolmente accettato il rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi ad una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece connota l’ipotesi contravvenzionale dell’acquisto di cose di sospetta provenienza.

Né si richiede all’imputato di provare la provenienza del possesso delle cose, ma soltanto di fornire una attendibile spiegazione dell’origine del possesso delle cose medesime, assolvendo non ad onere probatorio, bensì ad un onere di allegazione di elementi, che potrebbero costituire l’indicazione di un tema di prova per le parti e per i poteri officiosi del giudice, e che comunque possano essere valutati da parte del giudice di merito secondo i comuni principi del libero convincimento (SU, 35535/2007).

Il reato di cui all’art. 712 sanziona la condotta di chi acquisti un bene senza accertarne la legittima provenienza. Ai fini della sussistenza della contravvenzione, diversamente da quanto previsto per la ricettazione, non è necessario che sia dimostrato che le cose acquistate provengano effettivamente da reato e neanche che l’acquirente avesse la certezza che tale fosse la provenienza.

La norma, infatti, attribuisce rilevanza penale alla mancanza di diligenza dell’acquirente che, in presenza di una tre specifiche circostanze indizianti previste (i. qualità della cosa; ii. condizione di chi la offre; iii. entità del prezzo), abbia omesso di accertare la legittima provenienza della cosa acquistata (“ai fini della configurabilità della contravvenzione di acquisto di cose di sospetta provenienza non occorre che sia accertata la provenienza delle cose da reato, perché è richiesta solo la prova dell’acquisto o della ricezione, senza gli opportuni accertamenti, di cose rispetto alle quali l’agente abbia motivi di sospetto circa la loro provenienza, come indicati nell’art. 712”, SU, 12433/2010).

Il giudice, pertanto, non ha il potere di sindacare la scelta dell’organo dell’accusa che, all’esito delle indagini, abbia ritenuto di individuare una specifica circostanza indiziante piuttosto che un’altra che non è quindi oggetto di contestazione (Sez. 2, 56943/2018).

Premesso che la ricettazione può essere sorretta anche da un dolo eventuale resta da stabilire come debba avvenire il suo accertamento e quali debbano essere le sue caratteristiche, posto che lo stesso non può desumersi da semplici motivi di sospetto e non può consistere in un mero sospetto, se è vero che questo non è incompatibile con l’incauto acquisto (art. 712).

Occorrono per la ricettazione circostanze più consistenti di quelle che danno semplicemente motivo di sospettare che la cosa provenga da delitto, sicché un ragionevole convincimento che l’agente ha consapevolmente accettato il rischio della provenienza delittuosa può trarsi solo dalla presenza di dati di fatto inequivoci, che rendano palese la concreta possibilità di una tale provenienza.

In termini soggettivi ciò vuol dire che il dolo eventuale nella ricettazione richiede un atteggiamento psicologico che, pur non attingendo il livello della certezza, si colloca su un gradino immediatamente più alto di quello del mero sospetto, configurandosi in termini di rappresentazione da parte dell’agente della concreta possibilità della provenienza della cosa da delitto. Insomma perché possa ravvisarsi il dolo eventuale si richiede più di un semplice motivo di sospetto, rispetto al quale l’agente potrebbe avere un atteggiamento psicologico di disattenzione, di noncuranza o di mero disinteresse; è necessaria una situazione fattuale di significato inequivoco, che impone all’agente una scelta consapevole tra l’agire, accettando l’eventualità di commettere una ricettazione (SU, 12433/2010).

Ai fini della sussistenza della contravvenzione di cui all’art. 712 (incauto acquisto), non è necessario che si dimostri la provenienza da reato delle cose acquistate, diversamente da quanto richiesto dall’art. 648 in tema di ricettazione e dall’art. 709 in materia di omessa denuncia di cose provenienti da delitto, bastando che le cose acquistate o, comunque, ricevute diano motivo di sospetto che provengano da reato a cagione della loro qualità o per la condizione di chi le offre ed anche per l’entità del prezzo, e pertanto in base alle tre circostanze indizianti alternativamente indicate dal legislatore nell’art. 712, in quanto l’essenza della contravvenzione in oggetto sia stato proprio nella disobbedienza all’obbligo di accertare preventivamente la provenienza della cosa (Sez. 2, 16.7.1992).