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Reati contro il Patrimonio Culturale: introdotti nuovi articoli

Amore e psiche, Canova 1793, Museo del Louvre Parigi
Amore e psiche, Canova 1793, Museo del Louvre Parigi

Reati contro il Patrimonio Culturale dal furto alla ricettazione, dal riciclaggio all’autoriciclaggio di beni culturali e la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.

 

Il disegno di legge in titolo, già licenziato dall’altro ramo del Parlamento e approvato con modifiche dalla Commissione giustizia, si propone di riformare le disposizioni penali a tutela del patrimonio culturale, che si trovano oggi contenute prevalentemente nel Codice dei beni culturali (d.lgs. n. 42 del 2004), inserendole nel codice penale.

 

Reati contro il Patrimonio Culturale: contenuto della riforma

L’obiettivo della proposta di legge è quello di operare una profonda riforma della materia, ridefinendo l’assetto della disciplina nell’ottica di un tendenziale inasprimento del trattamento sanzionatorio.

Reati contro il Patrimonio Culturale dal furto alla ricettazione, dal riciclaggio all’autoriciclaggio di beni culturali, l’inasprimento sanzionatorio accompagna le nuove fattispecie di reato basate sull’oggetto del reato, con ciò facendo assurgere a reato specifico non il comportamento in sé, ma il comportamento legato ad un oggetto

 

Reati contro il Patrimonio Culturale e la confisca allargata

L’articolo 1, come modificato dalla Commissione, interviene in primo luogo (lett. a) sull’articolo 240-bis del codice penale ampliando - attraverso l’inserimento dei reati di ricettazione di beni culturali, di impiego di beni culturali provenienti da delitto, di riciclaggio di beni culturali, di autoriciclaggio di beni culturali e di attività organizzate per il traffico illecito di beni culturali - il catalogo dei delitti in relazione ai quali è consentita la c.d. confisca allargata.

L’articolo 1 modifica poi (lett. b) il codice penale, inserendo tra i delitti il titolo VIII-bis, rubricato "Dei delitti contro il patrimonio culturale", composto da 19 nuovi articoli (da 518- bis a 518-vicies).

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 2 del Codice dei beni culturali (d.lgs. n. 42/2004), il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici.

 

Reati contro il Patrimonio Culturale: definizione di beni culturali

Sono beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi degli artt. 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà (sulla nozione di bene culturale, si veda l’apposito focus). Sono beni paesaggistici gli immobili e le aree indicati all’art. 134, costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalla legge o in base alla legge.

 

Reati contro il Patrimonio Culturale: le nuove fattispecie

In particolare, l’art. 518-bis c.p. punisce il furto di beni culturali con la reclusione da 2 (il testo licenziato dalla Camera prevede 3 anni come limite minimo edittale) a 6 anni e con la multa da 927 a 1.500 euro.

La condotta consiste nell’impossessamento di un bene culturale altrui, sottraendolo a chi lo detiene, con la finalità di trarne un profitto per sé o per altri. L’ambito oggettivo di applicazione della disposizione è stato esteso dalla Commissione anche all’impossessamento di beni culturali appartenenti allo Stato, in quanto rinvenuti nel sottosuolo o nei fondali marini. In presenza di circostanze aggravanti, quali quelle già individuate dal codice penale per il reato di furto o dal Codice dei beni culturali (quando i beni rubati appartengono allo Stato o il fatto è commesso da chi abbia ottenuto una concessione di ricerca, ex art. 176), la pena della reclusione va da 4 a 10 anni e la multa da euro 927 a 2.000 euro.

L’art. 518-ter c.p. punisce l’appropriazione indebita di beni culturali con la reclusione da 1 a 4 anni e con la multa da 516 a 1.500 euro. Con questa fattispecie si punisce chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria di un bene culturale altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso. Il delitto è aggravato se il possesso dei beni è a titolo di deposito necessario. Si tratta di un nuovo delitto; la disposizione riproduce, aumentando la pena, la fattispecie di appropriazione indebita di cui all’articolo 646 del codice penale.

L’art. 518-quater c.p. punisce la ricettazione di beni culturali con la reclusione da 4 a 10 anni e con la multa da euro 1.032 a euro 15.000. La pena è aumentata quando il fatto riguarda beni culturali provenienti da delitti di rapina aggravata e di estorsione. La disposizione prevede inoltre che il delitto trovi applicazione anche quando l’autore del delitto da cui i beni culturali provengono non è imputabile o non è punibile, ovvero quando manca una condizione di procedibilità.

L’art. 518-quinquies c.p. punisce con la reclusione da 5 a 13 anni e con la multa da euro 6.000 a euro 30.000 l’impiego di beni culturali provenienti da delitto. La fattispecie riguarda chiunque, salvi i casi di concorso di reato, di ricettazione e di riciclaggio, impiega illecita mente in attività economiche e finanziarie beni culturali provenienti da delitto. Anche in questo caso la fattispecie si applica anche quando l’autore del delitto da cui il bene culturale pro viene non è imputabile o non è punibile, ovvero quando manca una condizione di procedibilità.

L’art. 518-sexies c.p. punisce con la reclusione da 5 a 14 anni e con la multa da 6.000 a 30.000 euro il riciclaggio di beni culturali: la condotta è mutuata dal delitto di riciclaggio di cui all’art. 648-bis c.p., ma la pena è inasprita. La pena è diminuita se i beni culturali provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni. Inoltre, la fattispecie trova applicazione anche quando l’autore del delitto da cui i beni culturali provengono non è imputabile o non è punibile, ovvero quando manca una condizione di pro cedibilità.

L’art. 518-septies c.p. punisce l’autoriciclaggio di beni culturali con la reclusione da 3 a 10 anni e con la multa da 6.000 a 30.000 euro. La disposizione riproduce, aumentando la pena detentiva, l’art. 648-ter.1 del codice penale (chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa). Analogamente alla fattispecie generale, la pena è più lieve (reclusione da 2 a 5 anni e la multa da 3.000 a 15.000 euro) se i beni culturali provengono dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a 5 anni.

Nel corso dell’esame in Commissione sono stati aggiunti due ulteriori commi all’articolo 517-septies. Il primo dei nuovi commi esclude la punibilità delle condotte per cui i beni vengono destinati alla mera utilizzazione o al godimento personale.

Il secondo comma prevede l’applicazione del terzo comma dell’articolo 518-quater c.p. per il quale quindi il delitto trova applicazione anche quando l’autore del delitto da cui i beni culturali provengono non è imputabile o non è punibile, ovvero quando manca una condizione di procedibilità.

L’art. 518-octies c.p. punisce con la reclusione da uno a 4 anni la falsificazione in scrittura privata relativa a beni culturali. Si tratta di punire la condotta di colui che forma una scrittura privata falsa o altera sopprime o occulta una scrittura vera in relazione a beni culturali mobili, al fine di farne apparire lecita la provenienza. Si tratta di una norma innovativa nel nostro ordinamento, mutuata da una disposizione della Convenzione di Nicosia (art. 9).

Si evidenzia che mentre l’art. 485 c.p. è stato abrogato e ricondotto ad illecito civile, la disposizione dell’art. 518 octies c.p. fa rivivere il falso in scrittura privata relativa a beni culturali, anche qui con la stessa tecnica per la quale l’oggetto del reato, anzi il contenuto di una scrittura – e quindi non la condotta – viene assunta come violazione penale.

E’ prevista poi la connotazione con alto grado di dolo specifico giacché occorre che la scrittura sia falsificata per far apparire lecita la provenienza del bene, previsione che appare pleonastica dal momento che è evidente che il falso in sé è finalizzato a rendere lecita la provenienza del bene da mettere in circolazione

La Commissione ha inserito nell’articolo un ulteriore comma che punisce con la pena della reclusione da 8 mesi a due anni e 8 mesi chiunque fa uso della scrittura privata di cui al comma precedente senza aver concorso nella sua formazione o alterazione. La Convenzione del Consiglio d’Europa sulle infrazioni relative ai beni culturali, fatta a Nicosia il 19 maggio 2017 e non ancora entrata in vigore per il mancato raggiungimento del prescritto numero di ratifiche, si propone di prevenire e combattere la distruzione intenzionale, il danno e la tratta dei beni culturali, rafforzando l’effettività e la capacità di risposta del sistema di giustizia penale rispetto ai reati riguardanti i beni culturali, facilitando la cooperazione internazionale sul tema, e prevedendo misure preventive, sia a livello nazionale che internazionale.

Tale Convenzione è destinata a sostituire la precedente Convenzione di Delphi sullo stesso tema, aperta alla firma nel giugno 1985 ma mai entrata in vigore per il mancato raggiungimento del numero di ratifiche necessarie. I lavori di preparazione della Convenzione sono stati condotti collaborazione con varie organizzazioni internazionali, tra cui l’Institut international pour l’unification du droit privé (UNIDROIT), l’UNESCO, l’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNOD), l’Unione europea, e sotto l’autorità del Comitato europeo del CoE sulle questioni criminali e del suo gruppo specializzato sui reati riguardanti la proprietà culturale (PC-IBC).

I lavori sono stati avviati anche a seguito della sesta Conferenza dei Ministri responsabili per i beni culturali del CoE (Namur, 2015), dove è stata condannata la “distruzione deliberata del patrimonio culturale e il traffico illecito di beni culturali” e si è deciso di rafforzare la cooperazione europea sulla materia.

L’articolo 9 della Convenzione prevede, in particolare, l’obbligo di rendere reato la riproduzione di documenti falsi e la manomissione di documenti relativi ai beni culturali mobili, qualora tali azioni abbiano come scopo quello di nascondere la provenienza illecita del bene. È opportuno rilevare che è in corso d’esame in Commissione esteri il disegno di legge 2065, recante ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulle infrazioni relative ai beni culturali, fatta a Nicosia il 19 maggio 2017.

L’art. 518-novies c.p. punisce le violazioni in materia di alienazione di beni culturali con la reclusione da sei mesi a 2 anni e la multa da 2.000 a 80.000 euro. Il provvedimento sposta nel codice penale, innalzandone la pena, l’attuale fattispecie contenuta nell’articolo 173 del Codice dei beni culturali.

L’art. 518-decies c.p. punisce con la reclusione da 2 a 6 anni o con la multa da 258 a 5.165 euro l’importazione illecita di beni culturali.

L’art. 518-undecies punisce con la pena della reclusione da due a 8 anni o con la multa fino a euro 80.000 (il testo licenziato dalla Camera prevedeva la pena della reclusione da uno a quattro anni o la multa da euro 258 a euro 5.165) chiunque trasferisca all’estero beni culturali, cose di interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, bibliografico, documentale o archivistico o altre cose oggetto di specifiche disposizioni di tutela ai sensi della normativa sui beni culturali, senza attestato di libera circolazione o licenza di esportazione. La medesima pena si applica anche nei confronti di chiunque non fa rientrare nel territorio nazionale i suddetti beni usciti o esportati legalmente in via temporanea.

La Commissione ha soppresso l’ultimo comma dell’articolo 518-undecies, che prevedeva pene accessorie nel caso in cui il fatto sia commesso da chi esercita attività di vendita al pubblico o di esportazione al fine di commercio.

L’art. 518-duodecies c.p. punisce la distruzione, la dispersione, il deterioramento, il deturpamento, l’imbrattamento e l’uso illecito di beni culturali o paesaggistici. La fattispecie punisce con la reclusione da 2 a 5 anni e con la multa da 2.500 a 15.000 euro chiunque di strugge, disperde, deteriora o rende inservibili o infruibili beni culturali o paesaggistici (primo comma); colui che, invece, deturpa, imbratta o fa di tali beni un uso incompatibile con il loro carattere storico o artistico o pregiudizievole della loro conservazione è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa da euro 1.500 a euro 10.000 (secondo comma). La riforma qualifica dunque come autonome fattispecie penali, di natura delittuosa, le aggravanti e le contravvenzioni attualmente previste dal codice penale e subordina la concessione della sospensione condizionale della pena all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna (terzo comma).

L’art. 518-terdecies punisce con la reclusione da 10 a 16 anni la devastazione e il saccheggio di beni culturali. La fattispecie penale troverà applicazione al di fuori delle ipotesi di deva stazione, saccheggio e strage di cui all’articolo 285 c.p. quando ad essere colpiti siano beni culturali ovvero istituti e luoghi della cultura.

La contraffazione di opere d’arte è punita dall’art. 518-quaterdecies c.p. con la reclusione da 1 a 5 anni e la multa da 3.000 a 10.000 euro. La riforma inasprisce la pena e sposta nel codice penale l’attuale delitto di contraffazione previsto dall’articolo 178 del Codice dei beni culturali.

Si ricorda che l’articolo 178 del Codice dei beni culturali prevede la pena della reclusione da tre mesi a 4 anni e la multa da 103 a 3.099 euro (con aggravante se il reato è commesso da esercita attività commerciale e interdizione dalla professione) per la contraffazione di opere d’arte. Il reato può essere commesso da chiunque:

a) al fine di trarne profitto, contraffà, altera o riproduce un’opera di pittura, scultura o grafica, ovvero un oggetto di antichità o di interesse storico o archeologico;

b) anche senza aver concorso nei casi precedenti, pone in commercio o detiene per il commercio, o introduce nello Stato o comunque pone in circolazione come autentiche, esemplari contraffatti, alterati o riprodotti di opere di pittura, scultura o grafica, di oggetti di antichità o di oggetti di interesse storico o archeologico

c) autentica le cose sub a) e b), conoscendone la falsità;

d) ovvero, mediante altre dichiarazioni, perizie, pubblicazioni, apposizione di timbri o etichette, ovvero mediante altro mezzo, accredita o contribuisce ad accreditare come autentiche le cose sub a) e sub b), conoscendone la falsità.

Alla sentenza di condanna consegue la confisca delle cose elencate e la pubblicazione della sentenza su tre quotidiani.

Il progetto di legge esclude la punibilità a titolo di contraffazione (art. 518- quinquiesdecies) di colui che riproduce, detiene, vende o diffonde opere, copie o imitazioni dichiarando espressamente la loro non autenticità (analogamente a quanto prevede, a legislazione vigente, l’articolo 179 del Codice dei beni culturali).

La Commissione ha soppresso l’originario articolo 518-sexiesdecies il quale prevedeva il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di beni culturali stabilendo come pena la reclusione da 2 a 8 anni.

Il nuovo titolo VIII-bis del codice penale prevede inoltre:

  • un’aggravante (aumento della pena da un terzo alla metà) da applicare a qualsiasi reato che, avendo ad oggetto beni culturali o paesaggistici (art. 518-sexiesdecies): cagioni un danno di rilevante gravità;
  • sia commesso nell’esercizio di un’attività professionale o commerciale;
  • sia commesso da un pubblico ufficiale impiegato nella conservazione o protezione di beni culturali che si sia volontariamente astenuto dallo svolgimento delle proprie funzioni al fine di conseguire un indebito vantaggio;
  • sia commesso nell’ambito di un’associazione per delinquere.

La pena dovrà essere aumentata da un terzo alla metà e, in caso di esercizio di un’attività professionale, dovrà essere applicata anche la pena accessoria della interdizione da una professione o da un’arte (articolo 30 c.p.) oltre alla pubblicazione della sentenza di condanna (art. 36 c.p.).

Attenuanti da applicare a qualsiasi reato che, avendo ad oggetto beni culturali o paesaggistici (art. 518-septiesdecies):

  • cagioni un evento, un danno o comporti un lucro di speciale tenuità (pena diminuita di un terzo);
  • sia commesso da colui che abbia collaborato per individuare i correi o abbia fatto assicurare le prove del reato o si sia efficacemente adoperato per evitare che l’attività delittuosa fosse portata a conseguenze ulteriori o abbia recuperato o fatto recuperare i beni culturali oggetto del delitto.
  • la confisca penale obbligatoria - anche per equivalente - delle cose indicate all’arti colo 518-undecies (vedi supra) che hanno costituito l’oggetto del reato, salvo che queste appartengano a persona estranea al reato, delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prodotto, il profitto o il prezzo, in caso di condanna o patteggiamento per uno dei delitti previsti dal nuovo titolo (art. 518-duodevicies);
  • l’applicabilità delle disposizioni penali a tutela dei beni culturali anche ai fatti com messi all’estero in danno del patrimonio culturale nazionale (art. 518-undevicies c.p.).

L’articolo 1, infine, inserisce nel codice penale - al di fuori del nuovo titolo VIII-bis - una nuova contravvenzione: l’art. 707-bis, rubricato "Possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno o per la rilevazione dei metalli" punisce con l’arresto fino a 2 anni e con l’ammenda da euro 500 a euro 2.000 chiunque sia ingiustificatamente colto in possesso di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli in aree di interesse archeologico. Il possesso ingiustificato degli attrezzi dovrà realizzarsi all’interno dei seguenti luoghi: aree e parchi archeologici (articolo 101, comma 2, lettere d) ed e), del Codice dei beni culturali);

zone di interesse archeologico (articolo 142, comma 1, lettera m), del Codice);

aree sottoposte a verifica preventiva dell’interesse archeologico (articolo 28, comma 4, del Codice e articolo 25 del d. lgs. n. 50 del 2016, Codice dei contratti pubblici).

La Commissione giustizia ha poi soppresso l’originario articolo 2 che modificava l’articolo 51 del codice di procedura penale per inserire il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di beni culturali, di cui al nuovo articolo 518-sexiesdecies c.p. (anche esso soppresso dalla Commissione, vedi supra), nel catalogo dei delitti per i quali le indagini sono di competenza della procura distrettuale.

L’articolo 2 modifica la disciplina delle attività sotto-copertura (articolo 9 della legge n. 146 del 2006) per prevederne l’applicabilità anche nelle attività di contrasto dei delitti di riciclaggio e di autoriciclaggio di beni culturali (art. 518-sexies e 518-septies c.p.), svolte da ufficiali di polizia giudiziaria degli organismi specializzati nel settore dei beni culturali.

 

Reati contro il Patrimonio Culturale: la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche

L’articolo 3 modifica il decreto legislativo n. 231 del 2001, prevedendo la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche quando i delitti contro il patrimonio culturale siano commessi nel loro interesse o a loro vantaggio. La riforma integra il catalogo dei reati per i quali è prevista la responsabilità amministrativa degli enti, con l’inserimento di due nuovi articoli:

L’articolo 25-septiesdecies, rubricato Delitti contro il patrimonio culturale, prevede in relazione:

  • all’articolo 518-ter (appropriazione indebita di beni culturali), all’articolo 518-decies (importazione illecita di beni culturali) e all’articolo 518-undecies (uscita o esporta zione illecite di beni culturali) l’applicazione della sanzione amministrativa pecunia ria da duecento a cinquecento quote;
  • all’articolo 518-sexies c.p. (riciclaggio di beni culturali) l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 1.000 quote;
  • all’articolo 518-duodecies (distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali e paesaggistici) e all’articolo 518-qua terdecies c.p. (contraffazione di opere d’arte) l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da trecento a settecento quote;
  • all’articolo 518-bis (furto di beni culturali), all’articolo 518-quater (ricettazione di beni culturali) e all’articolo 518-octies (falsificazione in scrittura privata relativa a beni culturali) l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da quattro cento a novecento quote.

Nel caso di condanna per i delitti su elencati la nuova disposizione prevede l’applicazione all’ente delle sanzioni interdittive per una durata non superiore a due anni.

L’art. 25-duodevicies, rubricato Riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici, prevede in relazione ai delitti di riciclaggio di beni culturali (art. 518-sexies) e di devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici (art. 518-terdecies) l’applicazione all’ente della sanzione pecuniaria da cinquecento a mille quote. Nel caso in cui l’ente, o una sua unità organizzativa, venga stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione di tali delitti, si applica la sanzione dell’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività.

L’articolo 4 modifica il comma 3 dell’articolo 30 la legge n. 394 del 1991 in materia di aree protette. Tale disposizione, nella sua formulazione vigente, prevede che, in caso di violazioni costituenti ipotesi di reati perseguiti ai sensi degli articoli 733 (Danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale) e 734 (Distruzione o deturpamento di bellezze naturali) del codice penale può essere disposto dal giudice o, in caso di flagranza, per evitare l’aggravamento o la continuazione del reato, dagli addetti alla sorveglianza dell’area protetta, il sequestro di quanto adoperato per commettere gli illeciti ad essi relativi. Il responsabile è tenuto a provvedere alla riduzione in pristino dell’area danneggiata, ove possibile, e comunque è tenuto al risarcimento del danno. Il disegno di legge oltre a sostituire il riferimento agli articoli 733 e 734 del codice penale con il richiamo ai nuovi reati di cui al Titolo VIII-bis o al reato di cui all’articolo 733-bis c.p., sopprime la (pleonastica) precisazione relativa alla possibilità per il giudice di disporre il sequestro.

Appare lodevole l’intento del Legislatore di fornire maggiore difesa alle violazioni che riguardino i beni del patrimonio culturale giacché nel decreto legislativo 42/2004 la tutela è apprestata con alcune contravvenzioni e da alcuni delitti con pene che appaiono relativamente inadeguate rispetto alla gravità degli illeciti ipotizzati. Di qui il compendio di norme del Disegno di legge n. 882 tutte riconducibile alla sfera dei delitti e con pene che, seppure graduate a seconda della gravità, appaiono talvolta di entità oggettivamente elevata, tenendo conto del fatto che alle aggravanti specifiche possono aggiungersi le aggravanti di parte generale.

Sotto il profilo della tecnica normativa va evidenziato che si sono introdotte nuove fattispecie di reato basate sull’oggetto del reato, con ciò facendo assurgere a reato specifico non il comportamento in sé, ma il comportamento legato ad un oggetto.

La normazione farebbe poi intendere che tutte le previsioni introdotte sarebbero innovative rispetto all’attuale assetto normativo, quasi che i comportamenti ivi previsti non fossero già sanzionati (tutti ad eccezione, forse, del delitto di traffico organizzato di beni culturali) come reati di parte generale. Ciò darà luogo in taluni casi ad effetti pratici sproporzionati es. ricettazione di un diamante sarà punita in misura sensibilmente inferiore alla ricettazione di qualsivolgia bene culturale.

Si segnala infine una eccessiva parcellizzazione dei comportamenti sanzionati e alcune difficoltà operative che interpretative.

Altro profilo critico è nella previsione sanzionatoria per i reati commessi all’estero. A fronte della disposizione di cui all’art. 7 e ss. del codice penale relativo ai reati commessi all’estero laddove è ben specificato il diverso trattamento processuale per le varie tipologie di delitti, dello status di cittadino e di straniero, e delle condizioni di procedibilità davanti all’autorità giudiziaria italiana, l’art. 518 vicies c.p. genericamente fa riferimento ad un “fatto commesso all’estero”, facendosi intendere quindi che tale fatto può essere commesso sia dal cittadino che dallo straniero e non viene specificato se trattasi di delitto comune ovvero del delitto di cui al n. 5 dell’art. 7 codice penale.

Ciò peraltro crea difficoltà tanto operative che processuali perché un reato commesso all’estero, seppure in danno del patrimonio culturale nazionale (concetto abbastanza evanescente e non espressamente coincidente con la definizione fornite dall’art. 10 e seguenti del Dlgs. 42/2004) - es. beni di artisti italiani di proprietà controversa che si trovano all’estero o al contrario beni di artisti stranieri che si trovano in Italia – potrà ingenerare sovrapposizioni tra il processo italiano ed il doveroso intervento dell’autorità giudiziaria territorialmente competente.