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Art. 606 - Arresto illegale

1. Il pubblico ufficiale che procede ad un arresto, abusando dei poteri inerenti alle sue funzioni, è punito con la reclusione fino a tre anni.

Rassegna di giurisprudenza

Il delitto di sequestro di persona consumato da un pubblico ufficiale con abuso di poteri inerenti alle sue funzioni e quello di arresto illegale hanno in comune l’elemento materiale (consistente nella privazione della libertà di un soggetto), ma si differenziano per l’elemento soggettivo, che nel primo caso richiede la volontà dell’agente di tenere la persona offesa nella sfera del suo dominio, mentre nel secondo caso è diretto comunque a mettere la persona offesa a disposizione dell’autorità competente, sia pure privandola della libertà in maniera illegale (Sez. 6, 23423/2010).

La fattispecie di cui all’art. 605 si distingue da quella prevista dal successivo art. 606 perché, mentre nella prima ipotesi, l’abuso generico dei poteri connessi alle funzioni è un elemento solo circostanziale e quindi occasionale della condotta criminosa, nella seconda ipotesi viene punito proprio l’abuso specifico delle condizioni tassative (commissione di un delitto; stato di flagranza o quasi flagranza) alle quali la legge subordina il potere di arresto (Sez. 5, 11071/2015).

L’elemento che caratterizza la fattispecie di cui all’art. 606 rispetto a quella di sequestro di persona aggravato all’abuso di potere di cui all’art. 605, comma secondo n. 2 è individuabile nel fatto che l’abuso deve riguardare specificamente l’esercizio di un potere di coercizione riconosciuto e disciplinato dalla legge. Ciò però non esclude che anche sul versante dell’elemento soggettivo si registri una differenza o, più correttamente, si riveli la specialità dell’art. 606.

Ed infatti per abusare del potere d’arresto è innanzi tutto necessaria la volontà di procedere ad un arresto e, dunque, quando ad agire sia un ufficiale od un agente di polizia giudiziaria, di compiere un atto che comporta ab origine l’intenzione di mettere il soggetto ristretto a disposizione dell’autorità giudiziaria. Conclusione che anche in questo caso si ricava agevolmente dalla lettera della norma incriminatrice, che punisce il pubblico ufficiale “che procede ad un arresto”.

Non rilevano finalità esterne alla fattispecie, al più in grado di caratterizzare il movente del reato, ma è necessario che l’agente abbia voluto effettuare un intervento coercitivo tipico, qualificato come dalle norme procedurali che lo disciplinano e che contestualmente definiscono altresì la connotazione abusiva delle modalità di esercizio del potere attribuito (o non attribuito) al pubblico ufficiale. Ed in tal senso non può dubitarsi che nello specifico la volontà di effettuare un arresto (in senso proprio inteso) si caratterizza per la sua proiezione verso la messa a disposizione dell’autorità giudiziaria dell’arrestato.  (Sez. 5, 30971/2015).