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Art. 23 - Inosservanza delle sanzioni interdittive

1. Chiunque, nello svolgimento dell’attività dell’ente a cui è stata applicata una sanzione o una misura cautelare interdittiva trasgredisce agli obblighi o ai divieti inerenti a tali sanzioni o misure, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

2. Nel caso di cui al comma 1, nei confronti dell’ente nell’interesse o a vantaggio del quale il reato è stato commesso, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duecento e seicento quote e la confisca del profitto, a norma dell’articolo 19.

3. Se dal reato di cui al comma 1, l’ente ha tratto un profitto rilevante, si applicano le sanzioni interdittive, anche diverse da quelle in precedenza irrogate.

Stralcio della relazione ministeriale di accompagnamento al D. Lgs. 231/2001

11. La violazione delle sanzioni interdittive.

Con l’articolo 23, ottemperando al disposto di cui alla lettera p) dell’articolo 11 della delega, si introduce una nuova fattispecie penale destinata a sanzionare le violazioni agli obblighi o ai divieti inerenti alle sanzioni interdittive, anche se applicate in via cautelare durante il processo.

Di rimbalzo, viene altresì prevista la responsabilità amministrativa dell’ente, nel cui interesse o vantaggio sia stato commesso il reato: in questo caso, la sanzione pecuniaria irrogabile è da duecento a seicento quote; inoltre, se dal reato l’ente ha tratto un profitto rilevante si applicano nei confronti dell’ente sanzioni interdittive, anche diverse da quelle in precedenza irrogate.

Queste disposizioni sanzionatorie, penali e amministrative, mirano evidentemente ad assicurare l’effettività delle sanzioni interdittive.

 

Rassegna di giurisprudenza

Il disposto degli artt. 48 e 51, comma 3 prevede la decorrenza della misura cautelare dalla data di notifica dell’ordinanza cautelare all’ente, analogamente a quanto previsto per l’esecuzione delle sanzioni interdittive. La disciplina della misura cautelare appare simmetrica a quella codicistica, per le misure interdittive applicate alle persone fisiche, secondo le precisazioni contenute nella Relazione ministeriale al D. Lgs. 231/2001.

Con maggiore chiarezza, ai fini della esecuzione delle sanzioni interdittive, la richiamata Relazione ribadiva che “la notificazione dell’estratto, nel quale sono indicate le sanzioni interdittive applicate e il loro specifico oggetto, è sufficiente per dare esecuzione alle sanzioni interdittive, Infatti, da un lato, il rappresentante dell’ente, venuto a conoscenza dell’interdizione, sarà passibile in caso di violazione del divieto contenuto in sentenza, delle sanzione penale prevista dall’art. 23.

Dall’altro lato, l’iscrizione della sanzione nell’anagrafe nazionale consentirà alle pubbliche amministrazioni ed enti incaricati di pubblico servizio, che debbano avere rapporti con l’ente, di accertarsi della eventuale interdizione. La riforma precisa, infine, che il termine iniziale di decorrenza delle sanzioni interdittive (rilevante anche ai fini della sussistenza del reato di violazione delle sanzioni interdittive).

Più precisamente, si ha riguardo alla data di notificazione dell’ordinanza”.

Consegue che è erroneo assumere a criterio di valutazione dell’efficacia del provvedimento, la sua comunicazione all’ANAC, che non ha, peraltro, effetto costitutivo ma di mera pubblicità-notizia, funzionale all’esercizio di poteri di controllo e vigilanza che all’Autorità competono, poiché è necessario e sufficiente, ai fini di efficacia dell’ordinanza interdittiva cautelare, che questa sia stata notificata all’ente, efficacia che rinviene adeguata sanzione – in caso di violazione – nel disposto di cui al richiamato art. 23 che estende la sanzione penale ivi prevista anche alla trasgressione degli obblighi o ai divieti inerenti alla misura.

Corretta, ai sensi dell’art. 84, è la disposta comunicazione all’ANAC ed alla Camera di Commercio in quanto autorità che esercitano, a fini diversi, il controllo ovvero la vigilanza sull’ente, destinatario della sanzione (Sez. 6, 15578/2017).