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Art. 25-ter - Reati societari [19]

1. In relazione ai reati in materia societaria previsti dal codice civile, si applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie: [32]

a) per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall’articolo 2621 del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote; [21]

a-bis) per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall’articolo 2621-bis del codice civile, la sanzione pecuniaria da cento a duecento quote; [33]

b) per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall’articolo 2622 del codice civile, la sanzione pecuniaria da quattrocento a seicento quote; [23]

[c) per il delitto di false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori, previsto dall’articolo 2622, terzo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da quattrocento [34] a ottocento [34] quote; [35]]

d) per la contravvenzione di falso in prospetto, prevista dall’articolo 2623, primo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento [25] a duecentosessanta [25] quote;

e) per il delitto di falso in prospetto, previsto dall’articolo 2623, secondo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da quattrocento [26] a seicentosessanta [26] quote;

f) per la contravvenzione di falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione, prevista dall’articolo 2624, primo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento [27] a duecentosessanta [27] quote;

g) per il delitto di falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione, previsto dall’articolo 2624, secondo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da quattrocento [28] a ottocento [28] quote;

h) per il delitto di impedito controllo, previsto dall’articolo 2625, secondo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento [29] a trecentosessanta [29] quote;

i) per il delitto di formazione fittizia del capitale, previsto dall’articolo 2632 del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento [29] a trecentosessanta [29] quote;

l) per il delitto di indebita restituzione dei conferimenti, previsto dall’articolo 2626 del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento [29] a trecentosessanta [29] quote;

m) per la contravvenzione di illegale ripartizione degli utili e delle riserve, prevista dall’articolo 2627 del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento [27] a duecentosessanta [27] quote;

n) per il delitto di illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante, previsto dall’articolo 2628 del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento [29] a trecentosessanta [29] quote;

o) per il delitto di operazioni in pregiudizio dei creditori, previsto dall’articolo 2629 del codice civile, la sanzione pecuniaria da trecento [30] a seicentosessanta [30] quote;

p) per il delitto di indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori, previsto dall’articolo 2633 del codice civile, la sanzione pecuniaria da trecento [30] a seicentosessanta [30] quote;

q) per il delitto di illecita influenza sull’assemblea, previsto dall’articolo 2636 del codice civile, la sanzione pecuniaria da trecento [30] a seicentosessanta [30] quote;

r) per il delitto di aggiotaggio, previsto dall’articolo 2637 del codice civile e per il delitto di omessa comunicazione del conflitto d’interessi previsto dall’articolo 2629-bis del codice civile, la sanzione pecuniaria da quattrocento [22] a mille [22] quote; [20]

s) per i delitti di ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, previsti dall’articolo 2638, primo e secondo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da quattrocento [24] a ottocento [24] quote;

s-bis) per il delitto di corruzione tra privati, nei casi previsti dal terzo comma dell’articolo 2635 del codice civile, la sanzione pecuniaria da quattrocento a seicento quote e, nei casi di istigazione di cui al primo comma dell’articolo 2635-bis del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote. Si applicano altresì le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2. [31].

2. Se, in seguito alla commissione dei reati di cui al comma 1, l’ente ha conseguito un profitto di rilevante entità, la sanzione pecuniaria è aumentata di un terzo.

[19] Articolo inserito dall’art. 3, comma 2, D.Lgs. 11 aprile 2002, n. 61, a decorrere dal 16 aprile 2002, con le modalità previste dall’art. 5, dello stesso D.Lgs. 61/2002.

[20] Lettera così modificata dall’art. 31, comma 2, L. 28 dicembre 2005, n. 262.

[21] Lettera modificata dall’art. 39, comma 5, L. 28 dicembre 2005, n. 262 e, successivamente, così sostituita dall’ art. 12, comma 1, lett. b), L. 27 maggio 2015, n. 69.

[22] Sanzione aumentata dall’art. 39, comma 5, L. 28 dicembre 2005, n. 262. Originariamente la sanzione era da duecento a cinquecento quote.

[23] Lettera modificata dall’art. 39, comma 5, L. 28 dicembre 2005, n. 262 e, successivamente, così sostituita dall’ art. 12, comma 1, lett. d), L. 27 maggio 2015, n. 69.

[24] Sanzione aumentata dall’art. 39, comma 5, L. 28 dicembre 2005, n. 262. Originariamente la sanzione era da duecento a quattrocento quote.

[25] Sanzione aumentata dall’art. 39, comma 5, L. 28 dicembre 2005, n. 262. Originariamente la sanzione era da cento a centotrenta quote.

[26] Sanzione aumentata dall’art. 39, comma 5, L. 28 dicembre 2005, n. 262. Originariamente la sanzione era da duecento a trecentotrenta quote.

[27] Sanzione aumentata dall’art. 39, comma 5, L. 28 dicembre 2005, n. 262. Originariamente la sanzione era da cento a centotrenta quote.

[28] Sanzione aumentata dall’art. 39, comma 5, L. 28 dicembre 2005, n. 262. Originariamente la sanzione era da duecento a quattrocento quote.

[29] Sanzione aumentata dall’art. 39, comma 5, L. 28 dicembre 2005, n. 262. Originariamente la sanzione era da cento a centottanta quote.

[30] Sanzione aumentata dall’art. 39, comma 5, L. 28 dicembre 2005, n. 262. Originariamente la sanzione era da centocinquanta a trecentotrenta quote.

[31] Lettera aggiunta dall’art. 1, comma 77, lett. b), L. 6 novembre 2012, n. 190 e modificata dall’art. 6, comma 1, D.Lgs. 15 marzo 2017, n. 38.

[32] Alinea così sostituito dall’ art. 12, comma 1, lett. a), L. 27 maggio 2015, n. 69.

[33] Lettera inserita dall’ art. 12, comma 1, lett. c), L. 27 maggio 2015, n. 69.

[34] Sanzione aumentata dall’art. 39, comma 5, L. 28 dicembre 2005, n. 262. Originariamente la sanzione era da duecento a quattrocento quote.

[35] Lettera abrogata dall’ art. 12, comma 1, lett. e), L. 27 maggio 2015, n. 69.

Elenco dei reati richiamati dalla norma

Art. 2621 CC (False comunicazioni sociali)

Art. 2621-bis CC (Fatti di lieve entità)

Art. 2622 CC (False comunicazioni sociali delle società quotate). La formulazione originaria dell’articolo è stata sostituita dall’art. 11, comma 1, L. 69/2015.

Art. 2623 CC (Falso in prospetto). Articolo abrogato dall’art. 34, L. 262/2005

Art. 2624 CC (Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione). Articolo abrogato dal D. Lgs. 39/2010

Art. 2625 CC (Impedito controllo)

Art. 2626 CC (Indebita restituzione dei conferimenti)

Art. 2627 CC (Illegale ripartizione degli utili e delle riserve)

Art. 2628 CC (Illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante)

Art. 2629 CC (Operazioni in pregiudizio dei creditori)

Art. 2629-bis CC (Omessa comunicazione del conflitto di interessi)

Art. 2632 CC (Formazione fittizia del capitale)

Art. 2633 CC (Indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori)

Art. 2635 CC (Corruzione tra privati)

Art. 2635-bis CC (Istigazione alla corruzione tra privati)

Art. 2636 CC (Illecita influenza sull’assemblea)

Art. 2637 CC (Aggiotaggio)

Art. 2638 CC (Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza)

 

Rassegna di giurisprudenza

In generale

È possibile la confisca per equivalente del profitto anche nei confronti della persona giuridica, ex art. 6, comma 5, per reati che facciano parte del catalogo di cui all’art. 25-ter (SU, 10561/2014).

La formulazione normativa dell’art. 25-ter, che menziona solo l’interesse dell’ente, opera più apparentemente che sostanzialmente un allontanamento dai criteri di imputazione generale previsti dall’ art. 5 (interesse o vantaggio), criteri che pertanto trovano applicazione anche in ambito societario nonostante la dubbia tecnica di redazione del testo di legge (Sez. 5, 10265/2041).

In tema di responsabilità da reato dell’ente, i criteri di imputazione oggettiva previsti in generale dall’ art.5, comma 1 trovano applicazione anche con riferimento ai reati societari elencati nel successivo art. 25-ter del decreto (Sez. 5, 10265/2014).

L’interesse o il vantaggio cui fa riferimento l’art. 5 devono essere valutati alla stregua della complessa organizzazione che secondo dati di comune esperienza hanno oramai assunto i gruppi economico- finanziari.

Da ciò discende che la loro incidenza non può essere rapportata esclusivamente con riferimento ad una singola società appartenente ad un gruppo ma deve essere considerata anche con riguardo alle ricadute di utilità che in una struttura articolata si verificano anche nei confronti delle altre società collegate (Tribunale di Milano, 28 ottobre 2011).

 

False comunicazioni sociali

In tema di false comunicazioni sociali, la modifica con cui l’art. 9 della L. 69/2015, che ha eliminato, nell’articolo 2621 CC, l’inciso “ancorché oggetto di valutazioni”, non ha determinato alcun effetto parzialmente abrogativo della fattispecie giacché anche in tema di false comunicazioni sociali il falso valutativo mantiene tuttora rilievo penale.

Sussiste il delitto di false comunicazioni sociali, con riguardo alla esposizione o alla omissione di fatti oggetto di valutazione, se, in presenza di criteri di valutazione normativamente fissati o di criteri tecnici generalmente accettati, l’agente da tali criteri si discosti consapevolmente e senza darne adeguata informazione giustificativa, in modo concretamente idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni (SU, 22474/2016).

In tema di responsabilità degli enti per il delitto di false comunicazioni sociali, qualora l’appostazione società di dati infedeli nel bilancio di una è finalizzata a far conseguire alla medesima illeciti risparmi fiscali il reato deve ritenersi commesso nell’interesse della persona giuridica. (Sez. 5, 40380/2012).

Costituisce profitto confiscabile ex art. 19 anche l’incremento del patrimonio disponibile conseguente alla scelta di sottostimare, nella rappresentazione contabile della situazione economica della società, lo stanziamento a copertura del rischio di credito, in quanto in questo modo si pone a disposizione dell’ente bancario una maggiore dotazione di mezzi patrimoniali da impiegare nell’attività corrente.

La disponibilità economica artificiosamente procurata per quella via non costituisce una mera aspettativa ma un cespite immediatamente e concretamente utilizzabile e pertanto rientrabile nel complesso dei vantaggi economici rispetto ai quali è possibile disporre la confisca (Corte di appello di Milano, Sez. 2, 25 gennaio 2012).

 

Falsità nelle relazioni e nelle comunicazioni delle società di revisione

Il delitto di falsità nelle relazioni e nelle comunicazioni delle società di revisione, già previsto dall’abrogato art. 174-bis D. Lgs. 58/1998 ed ora configurato dall’art. 27 D. Lgs. 39/2010, non è richiamato nei cataloghi dei reati presupposto della responsabilità da reato degli enti che non menzionano le suddette disposizioni e conseguentemente non può costituire il fondamento della suddetta responsabilità (SU, 34476/2011).

 

Aggiotaggio (informativo)

In tema di responsabilità da reato degli enti, qualora il delitto presupposto realizzato da soggetto in posizione apicale sia quello di aggiotaggio, l’idoneità del modello organizzativo ai fini della prevenzione dei reati c.d. “di comunicazione” deve essere accertata dal giudice con valutazione ex ante, secondo il meccanismo epistemico-valutativo della c.d. "prognosi postuma", in base ai principi generali della “colpa di organizzazione” dell’ente, nonché tenendo conto della specifica disciplina di settore, di talché non può essere ritenuto inidoneo il modello organizzativo aziendale che non preveda una forma di controllo preventivo del testo finale dei comunicati e delle informazioni divulgate da presidente ed amministratore delegato della società, essendo ineliminabile un margine di autonomia di questi organi nell'esercizio di tale attività, poiché coessenziale al fascio di poteri e responsabilità loro riconosciuti dalla legge civile (fattispecie in cui la Suprema Corte ha ritenuto corretta la decisione dei giudici del merito che avevano escluso la responsabilità da reato dell’ente, in quanto le comunicazioni integranti i delitti di aggiotaggio commessi da presidente ed amministratore delegato, erano state il frutto di un'iniziativa estemporanea di costoro, atta a realizzare una fraudolenta elusione del modello) (Sez. 6, 23401/2022).

Il delitto di aggiotaggio è, per così dire, “un delitto di comunicazione” (esso infatti è commesso da “chiunque diffonde notizie false, ovvero pone in essere operazioni simulate o altri artifici concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari ovvero a incidere in modo significativo sull’affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari...”). È dunque, appunto, sul versante della comunicazione che il MOG (e quindi il controllo) deve mostrare la sua efficacia. (Sez. 5, 4677/2014).

In tema di responsabilità da reato degli enti, la società deve essere dichiarata non punibile, ex art. 6, per l’illecito amministrativo dipendente dai reati di cui all’art. 2367 CC commessi dal presidente del consiglio di amministrazione e dall’amministratore delegato qualora i comportamenti illeciti oggetto di imputazione non siano frutto di un errato modello organizzativo, ma siano da addebitare al comportamento dei vertici della società, in contrasto con le regole interne del modello organizzativo regolarmente adottato, modello che appare dunque eluso da detti vertici (GIP del Tribunale di Milano, 8 gennaio 2010).

 

Formazione fittizia del capitale

Nel caso di reato presupposto di formazione fittizia del capitale la misura dell’incremento fittizio del patrimonio individua non solo l’interesse dell’ente, concorrente con quello proprio della persona fisica, quale criterio di ascrizione della responsabilità amministrativa da reato, ma anche il vantaggio o meglio la misura del profitto confiscabile (Sez. 2, 16359/2014).

 

Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza

Mentre il delitto previsto dal primo comma dell’art. 2638 CC è un reato di mera condotta, integrato sia dall’omessa comunicazione di informazioni dovute che dal ricorso a mezzi fraudolenti volti ad occultare l’esistenza di fatti rilevanti per la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società (Sez. 5, 26596/2014), il reato previsto dal secondo comma è, al contrario, un delitto di evento, che richiede la verificazione di un effettivo ostacolo alla funzione di vigilanza, quale conseguenza di una condotta che può assumere qualsiasi forma, tra cui anche la mera omessa comunicazione di informazioni dovute (Sez. 5, 6884/2016).

In tema di reati di aggiotaggio e ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, i beni utilizzati per commettere il reato di ostacolo di cui all’articolo 2638 CC possono legittimamente essere identificati nelle risorse destinate, per espressa disposizione dell’indagato in virtù della posizione apicale rivestita in seno alla banca, alle operazioni in virtù delle quali si è giunti alla mendace rappresentazione del patrimonio di vigilanza rientranti nella nozione di cose pertinenti al reato”, cui fa riferimento l’articolo 321 CPP.

La confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato non può essere tuttavia disposta quando si tratta di cose appartenenti a persona estranea al reato.

È tale la persona che non solo non ha partecipato alla commissione del reato ma da esso non ha nemmeno ricavato vantaggi e utilità. L’estraneità presuppone anche la connotazione soggettiva della buona fede intesa come non conoscibilità, con l’uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta, del predetto rapporto di derivazione della propria posizione soggettiva dal reato commesso dal condannato.

Il concetto di buona fede per il diritto penale è diverso da quello di buona fede civilistica a norma dell’articolo 1147 CC dal momento che anche i profili di colposa inosservanza di doverose regole di cautela escludono che la posizione del soggetto acquirente o che vanti un titolo sui beni da confiscare o già confiscati sia giuridicamente da tutelare (Sez. 5, 42778/2017).