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Art. 79 - Nomina del commissario giudiziale e confisca del profitto

1. Quando deve essere eseguita la sentenza che dispone la prosecuzione dell’attività dell’ente ai sensi dell’articolo 15, la nomina del commissario giudiziale è richiesta dal pubblico ministero al giudice dell’esecuzione, il quale vi provvede senza formalità.

2. Il commissario riferisce ogni tre mesi al giudice dell’esecuzione e al pubblico ministero sull’andamento della gestione e, terminato l’incarico, trasmette al giudice una relazione sull’attività svolta nella quale rende conto della gestione, indicando altresì l’entità del profitto da sottoporre a confisca e le modalità con le quali sono stati attuati i modelli organizzativi.

3. Il giudice decide sulla confisca con le forme dell’articolo 667, comma 4, del codice di procedura penale.

4. Le spese relative all’attività svolta dal commissario e al suo compenso sono a carico dell’ente.

Stralcio della relazione ministeriale di accompagnamento al D. Lgs. 231/2001

Infine, l’art. 79 disciplina la procedura per la nomina del commissario giudiziale, disposta con la sentenza applicativa della sanzione interdittiva, che, nel contempo abbia consentito la prosecuzione dell’attività dell’ente ai sensi dell’art. 15.

La nomina del commissario giudiziale è di competenza del giudice dell’esecuzione, il quale vi provvede senza formalità e su richiesta del pubblico ministero.

L’attività del commissario è finalizzata, da un lato, alla realizzazione dei modelli organizzativi, dall’altro lato, a consentire la confisca del profitto derivante dall’illecito.

Concluso l’incarico, pertanto, il commissario dovrà trasmettere un’apposita relazione, nella quale darà conto dell’attività svolta, indicando in particolare le modalità attraverso le quali sono stati attuati i modelli organizzativi e l’entità del profitto da sottoporre a confisca.

Sulla confisca il giudice provvede de plano, con eventuale contraddittorio successivo, ai sensi dell’articolo 667 comma 4 del codice di procedura penale.

La norma precisa, infine, che le spese relative all’attività svolta dal commissario e al suo compenso sono poste a carico dell’ente.”

 

Rassegna di giurisprudenza

Il commissariamento giudiziale è una misura finalizzata ad evitare che, in determinate situazioni, l’accertamento della responsabilità dell’ente si risolva in un pregiudizio per la collettività: al posto della sanzione o della misura cautelare interdittiva, idonea ad interrompere l’attività dell’ente, si prevede, per un periodo temporaneo, una sorta di “espropriazione” dei poteri direttivi e gestionali che sono assunti dal commissario, sulla base delle indicazioni impartite dall’autorità giurisdizionale.

In questo senso, si giustifica anche l’onere del commissario di attuare i MOG, in quanto la sostituzione trova la sua ragione d’essere anche nel far recuperare una situazione di legalità organizzativa all’ente, evitando che si possano ripetere gli stessi illeciti.

Peraltro, come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. 6, 43108/2011), in occasione della nomina in sede cautelare del commissario giudiziale, il giudice deve indicare i “compiti ed i poteri” dello stesso, tenendo conto della specifica attività svolta dall’ente e della situazione in cui si trovava il vertice della società.

Si tratta di indicazioni funzionali per la corretta gestione dell’ente nella delicata fase cautelare, ma che acquistano un rilievo particolare anche in relazione alla valutazione di adeguatezza della misura sostitutiva in questione: dinanzi alla forte invasività delle misure interdittive nella vita dell’ente il legislatore ha voluto che il giudice tenga conto della realtà organizzativa dell’ente sia per “neutralizzare il luogo nel quale si è originato l’illecito”, sia per applicare la misura valorizzandone l’adeguatezza e la proporzionalità, nel rispetto del criterio dell’extrema ratio, limitando, ove possibile, la misura solo ad alcuni settori dell’attività dell’ente.

Ed è quindi alla luce del ruolo e dei poteri conferiti al commissario nominato nella fase cautelare che va verificato il perimetro esatto della sua attività, con l’individuazione degli organi societari che devono essere sostituiti (Sez. 6, 54036/2017).

Qualora nel corso del procedimento per l’accertamento della sua responsabilità amministrativa da reato l’ente venga commissariato ai sensi dell’art. 45, comma 3, l’acconto sul compenso liquidato al commissario non può essere posto a carico dell’ente medesimo fino alla sua eventuale definitiva condanna e la relativa spesa deve nel frattempo essere anticipata dall’erario ai sensi dell’art. 4 d.P.R. n. 115 del 2002, norma applicabile anche nel suddetto procedimento (Sez. 4, 15157/2008).

A norma dell’art. 4 del T.U. sulle spese di giustizia infatti «le spese del processo penale sono anticipate dall’erario, ad eccezione di quelle relative agli atti chiesti dalle parti private e di quelle relative alla pubblicazione della sentenza, ai sensi dell’articolo 694, comma 1, del codice di procedura penale e dell’articolo 76, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231».

Soltanto una volta divenuta esecutiva la condanna, l’art. 79 pone le spese relative all’attività svolta dal commissario e al suo compenso a carico dell’ente.

Gli stessi principi valgono naturalmente, ai sensi dell’art. 4 citato, anche per il coadiutore del commissario, la cui opera è integrativa dell’attività di quest’ultimo, svolgendo funzioni di collaborazione e di assistenza nell’ambito e per gli scopi della procedura (Sez. 6, 54036/2017).

Nella fase cautelare, il provvedimento di nomina del commissario, a differenza del procedimento previsto dal disposto degli artt. 15 e 79, è contestuale alla verifica dei presupposti che giustificano la prosecuzione dell’attività dell’ente, sicché è il giudice della cautela che, nello stesso provvedimento con cui dispone la prosecuzione, nomina anche il commissario (Sez. 6, 20560/2010). Sicché il contraddittorio anticipato spiega i suoi effetti anche sulla nomina del commissario giudiziale in fase cautelare (Sez. 6, 54036/2017).