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Art. 38

Infrazioni disciplinari

1. I detenuti e gli internati non possono essere puniti per un fatto che non sia espressamente previsto come infrazione dal regolamento.

2. Nessuna sanzione può essere inflitta se non con provvedimento motivato dopo la contestazione dell’addebito all’interessato, il quale è ammesso ad esporre le proprie discolpe.

3. Nell’applicazione delle sanzioni bisogna tener conto, oltre che della natura e della gravità del fatto, del comportamento e delle condizioni personali del soggetto.

4. Le sanzioni sono eseguite nel rispetto della personalità.

Rassegna di giurisprudenza

In tema di provvedimenti disciplinari dell'amministrazione penitenziaria, l'omissione della previa contestazione dell'addebito al detenuto nelle forme previste dalla normativa regolamentare ha effetti sulla validità del provvedimento adottato, dovendo intercorrere tra il momento della contestazione e quello dell'udienza disciplinare un ragionevole lasso temporale in modo da consentire all'incolpato di predisporre adeguata difesa. (La Corte, nel caso di specie, dopo aver ricordato che la violazione delle prescrizioni procedimentali è stata ricondotta alla categoria della nullità degli atti processuali a ragione della connessione funzionale tra il giudizio disciplinare ed il procedimento giurisdizionale di reclamo e che l'estensione della disciplina attiene anche agli aspetti funzionali che riguardano le modalità di deduzione del vizio e quindi anche alle disposizioni di cui all'alt 182 co. 2 c.p.p., ha evidenziato che la violazione doveva essere eccepita dalla parte che lamentava una lesione delle sue facoltà prima del compimento dell'attività processuale cui essa si riferiva) (Sez. 1, 13197/2022).

L’art. 81 Reg. scandisce i tempi ed i modi del procedimento disciplinare nei confronti dei detenuti o internati, stabilendo: 1) la constatazione diretta o indiretta di una infrazione da parte dell’operatore penitenziario e la redazione di un rapporto, che deve essere trasmesso al direttore; 2) la contestazione formale al detenuto da parte del direttore dell’infrazione, che deve avvenire “... sollecitamente e non oltre dieci giorni dal rapporto ...”; 3) gli eventuali accertamenti ulteriori, svolti dal direttore o dai suoi delegati; 4) la convocazione diretta del detenuto o la convocazione del consiglio di disciplina, entro dieci giorni dalla contestazione. Tale scansione, anche temporale, del procedimento mira a salvaguardare le esigenze di difesa dell’incolpato che deve avere il tempo materiale per articolare una eventuale difesa, in aderenza alle Regole Penitenziarie Europee del 2006 (Raccomandazione 2006/2 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulle regole penitenziarie europee), le quali, alla regola n. 59, così stabiliscono: “I detenuti accusati di un’infrazione disciplinare devono: 1. essere prontamente informati, in dettaglio e in una lingua che comprendono, in merito alla natura delle accuse rivolte contro di loro; 2. avere tempo e mezzi adeguati alla preparazione della loro difesa; 3. avere il permesso di difendersi da soli o per mezzo di un assistente legale qualora ciò sia necessario nell’interesse della giustizia; 4. avere il permesso di ottenere la presenza di testimoni e di interrogarli o farli interrogare; 5. avere l’assistenza gratuita di un interprete qualora non comprendano o non parlino la lingua usata nel procedimento”. Secondo la giurisprudenza di legittimità la violazione dell’art. 81 Reg. rende nullo il provvedimento disciplinare (cfr. ex plurimis Sez. 1, 16914/2018, secondo cui “in tema di provvedimenti disciplinari dell’amministrazione penitenziaria, l’omissione della previa contestazione dell’addebito al detenuto nelle forme previste dalla normativa regolamentare ha effetti sulla validità del provvedimento adottato, dovendo intercorrere tra il momento della contestazione e quello dell’udienza disciplinare un ragionevole lasso temporale in modo da consentire all’incolpato di predisporre adeguata difesa") (Sez. 1, 6186/2020).

L’omissione della previa contestazione dell’addebito al detenuto nelle forme previste dalla normativa regolamentare ha effetti sulla validità del provvedimento adottato, dovendo intercorrere tra il momento della contestazione e quello dell’udienza disciplinare un ragionevole lasso temporale in modo da consentire all’incolpato di predisporre adeguata difesa (Sez. 1, 16914/2018).

L’articolo 81 Reg. si limita a prescrivere che la contestazione dell’addebito all’accusato debba essere fatta “sollecitamente e non oltre dieci giorni dal rapporto...” - comma 2 -, e che “entro dieci giorni dalla data della contestazione” sono fissati il giorno e l’ora della convocazione davanti al Consiglio di disciplina - comma 4 -. Non impone, pertanto, l’osservanza di un termine minimo inderogabile tra il momento della contestazione e quello di svolgimento dell’udienza disciplinare. Ciò non di meno, il rispetto di un termine congruo risponde ad una esigenza basilare del procedimento disciplinare, perché assicura un’utile difesa, altrimenti messa in pericolo dall’assenza del tempo necessario a predisporre rilievi e repliche. Ed allora, per contemperare i parametri valutativi sin qui descritti, occorre, affinché sia ovviato il pericolo di vuoti effettivi di tutela, che il detenuto interessato rappresenti subito, non appena la contestazione gli sia formulata senza il rispetto di un termine congruo, la necessità di poter fruire di un maggior tempo per articolare le sue difese. Se ciò non vien fatto, deve ritenersi che il tempo concesso da una contestazione a ridosso dell’udienza disciplinare sia, nella specificità del caso concreto (e cioè, si ribadisce, a seconda della complessità della vicenda), utile ad apprestare la necessaria e adeguata difesa, e che quindi il detenuto non possa aver interesse a coltivare in sede di reclamo la violazione solo in astratto configurabile (Sez. 1, 33147/2019).

In tema di procedimenti disciplinari nei confronti dei detenuti, è stabilito l’obbligo di previa contestazione dell’addebito all’interessato (art. 38, comma 2), da attuare a cura del direttore dell’istituto entro dieci giorni dal rapporto disciplinare (art. 81, comma 2, Reg.). Il provvedimento disciplinare deve essere motivato (art. 38, comma 2) ed adottato all’esito di apposita udienza, da convocare entro dieci giorni dalla contestazione dell’addebito, avanti, a seconda della competenza (art. 40) a irrogare la sanzione disciplinare, al direttore dell’istituto ovvero al consiglio di disciplina (art. 81, comma 4, Reg.). Le sanzioni disciplinari irrogabili sono determinate dall’ordinamento penitenziario (art. 39), mentre il regolamento penitenziario descrive i singoli illeciti disciplinari con le relative sanzioni (art. 77). Avverso il provvedimento disciplinare è consentito, ai sensi dell’art. 69, comma 6, lettera a, reclamo al magistrato di sorveglianza, la cui decisione è impugnabile, ai sensi dell’art. 35-bis, comma 4, avanti al TDS. Infine, è consento il ricorso per cassazione, per violazione di legge, avverso l’ordinanza del Tribunale (art. 35-bis, comma 4-bis) (Sez. 7, 18390/2019).

Sussiste piena autonomia tra il procedimento di accertamento delle infrazioni disciplinari commesse dal detenuto e quello di applicazione della liberazione anticipata: nel procedimento disciplinare la condotta del detenuto viene valutata sotto il profilo della sua contrarietà alle regole previste nel regolamento interno dell’istituto (art. 38); in tema di liberazione anticipata la medesima condotta viene apprezzata non per le sue conseguenze sanzionatorie, ma sotto diverso profilo, come dato fattuale indicativo della mancata adesione del condannato alle finalità del trattamento rieducativo e quindi come uno dei plurimi elementi da cui desumere l’effettività della partecipazione stessa (Sez. 1, 13369/2019).

In tema di procedimento per l’applicazione di sanzioni disciplinari a carico di detenuti, la omissione della previa contestazione dell’addebito da parte del direttore dell’istituto, o la delega di tale adempimento al comandante del reparto di polizia penitenziaria, incide sulla validità del provvedimento adottato soltanto quando abbia pregiudicato la conoscenza del fatto addebitato o l’esplicazione dei diritti difensivi, e resta assorbita dalle comunicazioni date in proposito, in limine, all’udienza fissata per la decisione davanti al consiglio di disciplina (Sez. 7, 51235/2017).