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Condominio e videosorveglianza: non basta un semplice cartello per rendere un’adeguata informativa

Videosorveglianza e condominio
Videosorveglianza e condominio

Condominio e videosorveglianza: non basta un semplice cartello per rendere un’adeguata informativa

Una recente ordinanza ingiunzione del Garante per la protezione dei dati personali (la n. 300 del 15 settembre 2022) ha puntualizzato alcuni aspetti riguardanti gli obblighi di adeguata informativa a carico del condominio che intenda installare impianti di videosorveglianza su parti comuni dello stabile, in particolare presso gli accessi al medesimo.

Prima di commentare questo provvedimento, riteniamo utile richiamare brevemente alcune nozioni di base in tema di privacy nel condominio (cfr. Memento pratico Immobili e condominio, Giuffrè Francis Lefebvre 2021), segnalando altresì preliminarmente che nel sito www.garanteprivacy.it è presente un’apposita sezione dedicata alla videosorveglianza, dove possono reperirsi utili ed aggiornate informazioni in materia.

In caso di trattamento di dati in ambito condominiale il condominio è il titolare del trattamento e in quanto tale è soggetto alla normativa vigente in tema di privacy; normativa come noto divenuta particolarmente stringente dopo l’entrata in vigore anche in Italia del Regolamento dell’Unione Europea n. 679/2016, meglio noto come GDPR.

Il condominio è tuttavia un ente di gestione, sprovvisto di una propria organizzazione interna: è buona norma pertanto che esso nomini formalmente, con apposita scrittura, il suo amministratore quale responsabile interno del trattamento, ossia quale soggetto che tratta i dati personali per conto e nell’interesse del titolare. Si noti peraltro che anche in mancanza di nomina formale, l’amministratore è qualificabile gestore di fatto del trattamento dei dati ed è tenuto comunque alle incombenze previste dal GDPR (risposta del Garante privacy a quesito 19 aprile 2019).

Ai sensi del GDPR per “trattamentodi dati personali si intende in generale qualsiasi operazione o insieme di operazioni, compiute con o senza l’uso di processi automatizzati ed applicate a dati personali: vi rientrano operazioni come la raccolta, la registrazione, la conservazione, l’uso, la trasmissione, la diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione, la cancellazione o la distruzione (art. 4 par. 1 n.2 GDPR). Si pensi, ad esempio, alla c.d. anagrafe condominiale.

Per “dato personale” si intende qualsiasi informazione che riguardi una persona fisica (c.d. interessato) identificata o identificabile (art. 1 par. 1 n.1 GDPR).

Nell’ambito della gestione condominiale, l’amministratore deve fare in modo che i dati siano (art.5 GDPR):

  • raccolti in modo da garantirne un’adeguata sicurezza e riservatezza
  • trattati per finalità determinate, esplicite e legittime
  • raccolti in modo lecito, corretto e trasparente nei confronti di ciascun condomino interessato
  • adeguati , pertinenti e limitati al necessario per le finalità del trattamento
  • esatti e, se necessario , aggiornati
  • conservati in una forma che consenta l’identificazione degli interessati solo per il tempo strettamente necessario per le finalità del trattamento.

L’amministratore deve predisporre la così detta informativa, cioè comunicare preventivamente agli interessati determinate informazioni che riguardano le finalità e le modalità del trattamento: lo scopo è quello di rendere noto agli stessi l’uso che si vuole fare dei loro dati personali, mettendoli in condizione di esercitare eventualmente i propri diritti (art. 12 par. 1 GDPR).

Queste le regole generali.

Per quanto invece  più specificamente attiene alla videosorveglianza, i vari interventi in materia del Garante hanno chiarito che:

  • la raccolta, la registrazione, la conservazione e in generale l’utilizzo di immagini acquisite mediante telecamere di videosorveglianza installate per il controllo di aree comuni condominiali configurano un trattamento di dati personali, anche di terzi estranei al condominio, che deve rispettare i principi fondamentali in materia di privacy e cioè liceità, finalità, necessità e proporzionalità;
  • il materiale videoregistrato deve essere conservato in luogo non accessibile a estranei e dovranno essere previste protezioni contro intrusioni altrui;
  • le immagini potranno essere visionate in caso di necessità, ogni qual volta sia stato commesso un illecito negli spazi comuni videosorvegliati e si vuole risalire al soggetto che ha commesso l’illecito; in ogni caso le immagini potranno essere visionate solo da soggetti incaricati, identificati e nominati (es. amministratore, incaricato della sorveglianza, etc.);
  • è opportuno che le registrazioni siano conservate per un periodo di tempo limitato (secondo il Garante è congruo un termine non eccedente i sette giorni);
  • l’amministratore deve necessariamente acquistare e posizionare adeguati cartelli che segnalino ai visitatori del condominio l’esistenza delle telecamere e che indichino il motivo della videosorveglianza;
  • ciascun cartello deve contenere un’informativa semplificata riportando quindi tra le altre informazioni le indicazioni sul titolare del trattamento e sulla finalità perseguita; tale informativa semplificata deve rinviare a quella completa contenente tutti gli elementi normativamente previsti e deve anche indicare dove trovarla.

Dato questo rapido sguardo generale alla materia, veniamo ora al caso pratico di cui oggi ci occupiamo.

In un palazzo di Milano, l’amministratore aveva fatto installare in alcune postazioni “strategiche” di accesso e passaggio quattro videocamere e ciò indusse qualcuno a presentare degli esposti al Garante, lamentando la non rispondenza dell’installazione alle norme di legge.

Il Garante demandò i necessari accertamenti al nucleo specializzato della Guardia di Finanza. L’indagine confermò la presenza delle quattro telecamere, le cui immagini venivano visualizzate su di un monitor e memorizzate su un dispositivo di registrazione, entrambi collocati nella portineria.

Nel corso dell’accertamento ispettivo veniva altresì verificato che sul lato sinistro del portone d’ingresso allo stabile era presente un cartello riportante la figura di una telecamera stilizzata, privo però (e questo è il punto cruciale) delle doverose informazioni relative al titolare e alle finalità del trattamento.

Inoltre veniva segnalata un’ulteriore irregolarità:  dal sopralluogo e dalle dichiarazioni acquisite agli atti non era emersa la presenza di ulteriori cartelli né il testo di informativa completa presso i locali della portineria.

Il nodo della questione, che ha condotto a una pronuncia sanzionatoria nei confronti del titolare del trattamento (nella fattispecie, una s.r.l. proprietaria ed anche amministratrice dell’immobile) consiste dunque in un difetto di adeguata informativa agli interessati.

E infatti, si legge nel testo dell’ordinanza, “risulta accertato che la Società (amministratrice del condominio, ndr.) ha effettuato un trattamento di dati personali, per mezzo di un impianto di videosorveglianza, in assenza di idonea informativa, in violazione dei principi generali in materia di protezione dei dati personali di cui all’art. 5 par. 1 lett. A) e in spregio a quanto stabilito dall’ articolo 13 del GDPR.”.

L’utilizzo di sistemi di videosorveglianza, spiega il Garante Privacy richiamando nozioni note, può determinare, in relazione al posizionamento delle telecamere e alla qualità delle immagini riprese, un trattamento di dati personali. Tale trattamento deve essere effettuato nel rispetto dei principi generali contenuti nell’articolo 5 del regolamento (GDPR, ndr) e, in particolare, del principio di trasparenza che presuppone che gli interessati devono essere sempre informati che stanno per accedere in una zona videosorvegliata.

A questo scopo quindi il titolare del trattamento deve apporre idonei cartelli informativi da cui risulti l’indicazione del titolare e delle finalità del trattamento, così come espressamente e da tempo già prescritto dal Garante.

Segue un’indicazione pratica: “le informazioni dovrebbero essere posizionate in modo da permettere all’interessato di riconoscere facilmente le circostanze della sorveglianza prima di entrare nella zona sorvegliata (approssimativamente all’altezza degli occhi) per consentire all’interessato di stimare quale zona sia coperta da una telecamera in modo da evitare la sorveglianza o di adeguare il proprio comportamento se necessario. Nel caso di specie, la mera apposizione all’ingresso dello stabile di un cartello riportante l’immagine di una telecamera utilizzata, privo di qualunque riferimento al titolare del trattamento e alle sue finalità, non consente agli interessati di conoscere gli elementi essenziali del trattamento e di sapere a chi rivolgersi per esercitare i propri diritti.”

Significativo infine il richiamo alle Linee guida  del Comitato europeo per la Privacy secondo cui il cartello con l’icona della telecamera deve menzionare i dati principali mentre l’informativa più dettagliata può e deve essere presente anche in altra sede, ad esempio presso la portineria condominiale.