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Controllori di livello e soprattutto gratuiti

da rivista "ANCI", Aprile ’98

CONTROLLORI DI LIVELLO E SOPRATTUTTO GRATUITI

Occorre considerare che dopo gli eccessi della Bassanini bis (legge 127/97), è in corso un significativo ripensamento sull’abrogazione dei controlli in riferimento anche ad un malpensato ed orecchiato concetto di autonomia.

Un primo segnale in proposito ci viene fornito dall’ultimo testo normativo varato dalla Bicamerale che segna obiettivamente un passo avanti rispetto al primo testo licenziato dalla Commissione il 30 giugno scorso.

Nel complesso dei nuovi articoli 106 e 107 assurgono a rango costituzionale non solo i principi discendenti dalla legge 7/8/90, n. 241 sulla trasparenza amministrativa (e anche l’impianto generale del decreto legislativo, 3.2.93 n. 29) ma anche e sopratutto il controllo dei risultati, la rilevazione dei costi e dei rendimenti dell’attività amministrativa.

Il testo della Bicamerale non è preciso in proposito ma detta alcuni principi che paiono significativi.

Si afferma all’art. 56, quarto ed ultimo comma, che "gli atti dei Comuni, delle Province e delle Regioni non sono sottoposti a controlli preventivi di legittimità e di merito".

Come si vede nulla si dice in ordine ai controlli successivi ed al controllo dei risultati che qui in particolare ci interessa.

All’art. 113, secondo comma, si afferma che "la Corte dei Conti è organo di controllo dell’efficienza e dell’economicità dell’azione amministrativa. Partecipa,.......al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria. Riferisce direttamente alle Camere e alle Assemblee regionali sul risultato del controllo eseguito nonché sulla gestione finanziaria del bilancio dello Stato e delle Regioni".

Ci si domanda a questo punto chi eserciterà il controllo sulla gestione finanziaria del bilancio degli enti locali intesi, in una dizione ampia, quali erogatori di servizi e quindi comprendendo anche le relative aziende?

A questo proposito vorrei richiamare l’art. 11 lett. c) della legge 15/3/97, n.59 secondo cui il Governo è delegato ad emanare, entro dodici mesi dall’entrata in vigore della L. 59/97, decreti legislativi volti a:

"c) riordinare e potenziare i meccanismi e gli strumenti di monitoraggio e di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche" (art. 11, 1° comma).

A tal fine si atterrà ai seguenti principi (art. 17):

"a) prevedere che ciascuna amministrazione organizzi un sistema informativo-statistico di supporto al controllo interno di gestione;

b) prevedere ed istituire sistemi per la valutazione, sulla base di parametri oggettivi, dei risultati dell’attività amministrativa e dei servizi pubblici;

c) prevedere che ciascuna amministrazione provveda periodicamente alla elaborazione di specifici indicatori di efficacia, efficienza ed economicità ed alla valutazione comparativa di costi, rendimenti e risultati;

d) collegare l’esito dell’attività di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati alla allocazione annuale delle risorse;

e) costituire una banca dati sull’attività di valutazione collegata con tutte le amministrazioni attraverso i sistemi di cui alla lett. a)".

Ad avviso di chi scrive tutta questa attività di monitoraggio e valutazione dei risultati può essere utilmente affidata al Coreco. Non si dimentiche che il Coreco esercita già, per quanto riguarda gli enti locali, il controllo successivo a consuntivo. Pertanto ogni ente sarà chiamato a dimostrare, in sede di predisposizione del rendiconto annuale, la corrispondenza dei dati contabili e la coerenza interna degli atti posti in essere durante l’esercizio finanziario.

In tal modo il controllo a posteriori potrà risultare più incisivo e carico di conseguenze negative nel caso in cui il Coreco dovesse predisporre interventi di rettifica sui consuntivi. Occorre però un’ulteriore sforzo.

Oggi infatti, è sempre più sentita l’esigenza di introdurre controlli di efficienza, operanti come controlli impulso rivolti a favorire il conseguimento degli obiettivi programmatici, in contrapposizione ai controllo freno precedentemente in funzione e che si limitavano a passare al vaglio i singoli atti compiuti.

Per tale ragione, si fa sempre riferimento al controllo sulla gestione per indicare, appunto, che il suo oggetto non è più l’atto amministrativo singolarmente considerato, ma tutta la gestione amministrativa globalmente intesa, caratterizzata non solo dagli enti emanati ma anche da quelli omessi e, soprattutto, dai risultati raggiunti.

Questo nuovo controllo può essere affidato ai Coreco che, in forza della composizione ex lege 142/90, sono composti da componenti dotati di elevata e diversificata professionalità: professori universitari, avvocati, commercialisti, alti funzionari tutte professionalità il cui impegno richiesto in forma privata comporterebbe spese non indifferenti per il bilancio degli enti (si pensi alle enormi spese sostenute dagli enti per ottenere qualificate consulenze).

Orbene questo coacervo di elevate professionalità gli enti locali se lo trovano a disposizione per una cifra simbolica (l’indennità) sostenuta dalla Regione. Non solo ma proprio per la diversificazione della professionalità, per cui può senza alcun problema passare dal controllo di legittimità al controllo sulla gestione (operazione invece molto più difficoltosa per la Corte dei Conti che è formata da magistrati aventi uniformi e specifiche competenze professionali consolidate nel tempo e quindi difficilmente rinnovabili).

Non può infatti essere ritenuto sufficiente a questi fini il controllo interno, tuttora particolarmente carente, né tanto meno può essere affidato tale controllo al difensore civico che è si "organo di garanzia nei rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione" (art. 111 testo della Bicamerale), ma proprio per tale veste non può assumere funzioni di controllo che snaturerebbero totalmente la figura dell’"ombudsman".

Potrebbe allora pensarsi ad una "autorità" la cui istituzione è prevista dall’art. 109 del testo della Bicamerale "per l’esercizio di funzioni di garanzia o di vigilanza in materia di diritti e libertà garantiti dalla Costituzione" (si noti che l’art. 82 nel testo licenziato il 10/6/97 dalla Bicamerale parlava più genericamente: "per lo svolgimento di attività di garanzia o di vigilanza su determinate materie di legge può istituire apposite autorità".

Abbiamo già un esempio concreto: quello dell’istituzione da parte del Comune di Roma dell’autorità sui servizi pubblici.

Essa è composta da 3 ex consiglieri comunali (all’uopo dimessisi dalla posizione di consiglieri per evidente incompatibilità) ed ha un ufficio costituito da circa 24 dipendenti del Comune di Roma.

Ci si domanda a cosa serve un apparato così oneroso e costoso in tutti i sensi per le pubbliche finanze per poter poi dare inutili giudizi sullo stato dei pubblici servizi.

Oggi detta "autorità" ha prodotto soprattutto polemiche: da ultima quella sulla presunta eccessiva onerosità sull’acquisto degli autobus, a cui è stato facile replicare da parte dei responsabili dell’Atac di Roma che il costo di una Fiat 500 è sicuramente inferiore a quello di una Ferrari, ma anche le sue prestazioni.

Confidiamo pertanto nella ragionevolezza e nella sensibilità dei nostri governanti ad evitare che si moltiplichino le "autorità" che, nel nostro sistema, per quanto riguarda i controlli per garantire trasparenza e valutare i risultati della gestione sono del tutto inutili oltre che scarsamente produttive in relazione ai gravosi oneri necessari per il loro funzionamento.

Lo stesso Ministro della Funzione Pubblica Franco Bassanini in una recente intervista al periodico "Specchio economico" (v. Corriere della Sera 13/1/98, p. 23) ha contestato il proliferare di questi strumenti di controllo ("dalle proposte di legge presentate in Parlamento emerge la tendenza a costituire decine di autorità: è un fenomeno pericoloso e costoso, un modello che, temo, non possa funzionare").

Le argomentazioni del Ministro appaiono condivisibili; il Ministro peraltro dimentica che un organismo in grado di operare, senza aggravio di costi, nell’interesse della collettività c’è già, ed è proprio il vecchio "Coreco" il quale, magari con un nome diverso e più aggiornato (non certo però quello di "autorità"), potrà ancora con efficacia ed efficienza svolgere il suo servizio a favore dei cittadini.

Una conferma a questa nostra tesi viene dal titolo II della vigente Costituzione che, come è noto, non è soggetto a revisione.

Si ricordi che l’art. 41, relativo all’iniziativa economica, al terzo comma prescrive che "la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata ai fini sociali".

Orbene atteso la continua espansione del fenomeno della privatizzazione dei servizi da parte degli enti locali, pare proprio che il nuovo Coreco possa ben espletare tale funzione, oltre che di controllo, di indirizzo e soprattutto di coordinamento a fini sociali dell’attività economica degli enti locali, funzione che non può certo essere attribuita al potere giurisdizionale né tanto meno affidata ad una qualche "autorità".

A nostro avviso il Coreco ha la professionalità, la competenza e la flessibilità per operare tale controllo "opportuno" (secondo la previsione costituzionale) sull’attività economica pubblica degli enti locali.

"Omnia mutantur, nihil interit" ("Tutto cambia, nulla muore". Ovidio, Metamorfosi, XV, 165). da rivista "ANCI", Aprile ’98

CONTROLLORI DI LIVELLO E SOPRATTUTTO GRATUITI

Occorre considerare che dopo gli eccessi della Bassanini bis (legge 127/97), è in corso un significativo ripensamento sull’abrogazione dei controlli in riferimento anche ad un malpensato ed orecchiato concetto di autonomia.

Un primo segnale in proposito ci viene fornito dall’ultimo testo normativo varato dalla Bicamerale che segna obiettivamente un passo avanti rispetto al primo testo licenziato dalla Commissione il 30 giugno scorso.

Nel complesso dei nuovi articoli 106 e 107 assurgono a rango costituzionale non solo i principi discendenti dalla legge 7/8/90, n. 241 sulla trasparenza amministrativa (e anche l’impianto generale del decreto legislativo, 3.2.93 n. 29) ma anche e sopratutto il controllo dei risultati, la rilevazione dei costi e dei rendimenti dell’attività amministrativa.

Il testo della Bicamerale non è preciso in proposito ma detta alcuni principi che paiono significativi.

Si afferma all’art. 56, quarto ed ultimo comma, che "gli atti dei Comuni, delle Province e delle Regioni non sono sottoposti a controlli preventivi di legittimità e di merito".

Come si vede nulla si dice in ordine ai controlli successivi ed al controllo dei risultati che qui in particolare ci interessa.

All’art. 113, secondo comma, si afferma che "la Corte dei Conti è organo di controllo dell’efficienza e dell’economicità dell’azione amministrativa. Partecipa,.......al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria. Riferisce direttamente alle Camere e alle Assemblee regionali sul risultato del controllo eseguito nonché sulla gestione finanziaria del bilancio dello Stato e delle Regioni".

Ci si domanda a questo punto chi eserciterà il controllo sulla gestione finanziaria del bilancio degli enti locali intesi, in una dizione ampia, quali erogatori di servizi e quindi comprendendo anche le relative aziende?

A questo proposito vorrei richiamare l’art. 11 lett. c) della legge 15/3/97, n.59 secondo cui il Governo è delegato ad emanare, entro dodici mesi dall’entrata in vigore della L. 59/97, decreti legislativi volti a:

"c) riordinare e potenziare i meccanismi e gli strumenti di monitoraggio e di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche" (art. 11, 1° comma).

A tal fine si atterrà ai seguenti principi (art. 17):

"a) prevedere che ciascuna amministrazione organizzi un sistema informativo-statistico di supporto al controllo interno di gestione;

b) prevedere ed istituire sistemi per la valutazione, sulla base di parametri oggettivi, dei risultati dell’attività amministrativa e dei servizi pubblici;

c) prevedere che ciascuna amministrazione provveda periodicamente alla elaborazione di specifici indicatori di efficacia, efficienza ed economicità ed alla valutazione comparativa di costi, rendimenti e risultati;

d) collegare l’esito dell’attività di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati alla allocazione annuale delle risorse;

e) costituire una banca dati sull’attività di valutazione collegata con tutte le amministrazioni attraverso i sistemi di cui alla lett. a)".

Ad avviso di chi scrive tutta questa attività di monitoraggio e valutazione dei risultati può essere utilmente affidata al Coreco. Non si dimentiche che il Coreco esercita già, per quanto riguarda gli enti locali, il controllo successivo a consuntivo. Pertanto ogni ente sarà chiamato a dimostrare, in sede di predisposizione del rendiconto annuale, la corrispondenza dei dati contabili e la coerenza interna degli atti posti in essere durante l’esercizio finanziario.

In tal modo il controllo a posteriori potrà risultare più incisivo e carico di conseguenze negative nel caso in cui il Coreco dovesse predisporre interventi di rettifica sui consuntivi. Occorre però un’ulteriore sforzo.

Oggi infatti, è sempre più sentita l’esigenza di introdurre controlli di efficienza, operanti come controlli impulso rivolti a favorire il conseguimento degli obiettivi programmatici, in contrapposizione ai controllo freno precedentemente in funzione e che si limitavano a passare al vaglio i singoli atti compiuti.

Per tale ragione, si fa sempre riferimento al controllo sulla gestione per indicare, appunto, che il suo oggetto non è più l’atto amministrativo singolarmente considerato, ma tutta la gestione amministrativa globalmente intesa, caratterizzata non solo dagli enti emanati ma anche da quelli omessi e, soprattutto, dai risultati raggiunti.

Questo nuovo controllo può essere affidato ai Coreco che, in forza della composizione ex lege 142/90, sono composti da componenti dotati di elevata e diversificata professionalità: professori universitari, avvocati, commercialisti, alti funzionari tutte professionalità il cui impegno richiesto in forma privata comporterebbe spese non indifferenti per il bilancio degli enti (si pensi alle enormi spese sostenute dagli enti per ottenere qualificate consulenze).

Orbene questo coacervo di elevate professionalità gli enti locali se lo trovano a disposizione per una cifra simbolica (l’indennità) sostenuta dalla Regione. Non solo ma proprio per la diversificazione della professionalità, per cui può senza alcun problema passare dal controllo di legittimità al controllo sulla gestione (operazione invece molto più difficoltosa per la Corte dei Conti che è formata da magistrati aventi uniformi e specifiche competenze professionali consolidate nel tempo e quindi difficilmente rinnovabili).

Non può infatti essere ritenuto sufficiente a questi fini il controllo interno, tuttora particolarmente carente, né tanto meno può essere affidato tale controllo al difensore civico che è si "organo di garanzia nei rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione" (art. 111 testo della Bicamerale), ma proprio per tale veste non può assumere funzioni di controllo che snaturerebbero totalmente la figura dell’"ombudsman".

Potrebbe allora pensarsi ad una "autorità" la cui istituzione è prevista dall’art. 109 del testo della Bicamerale "per l’esercizio di funzioni di garanzia o di vigilanza in materia di diritti e libertà garantiti dalla Costituzione" (si noti che l’art. 82 nel testo licenziato il 10/6/97 dalla Bicamerale parlava più genericamente: "per lo svolgimento di attività di garanzia o di vigilanza su determinate materie di legge può istituire apposite autorità".

Abbiamo già un esempio concreto: quello dell’istituzione da parte del Comune di Roma dell’autorità sui servizi pubblici.

Essa è composta da 3 ex consiglieri comunali (all’uopo dimessisi dalla posizione di consiglieri per evidente incompatibilità) ed ha un ufficio costituito da circa 24 dipendenti del Comune di Roma.

Ci si domanda a cosa serve un apparato così oneroso e costoso in tutti i sensi per le pubbliche finanze per poter poi dare inutili giudizi sullo stato dei pubblici servizi.

Oggi detta "autorità" ha prodotto soprattutto polemiche: da ultima quella sulla presunta eccessiva onerosità sull’acquisto degli autobus, a cui è stato facile replicare da parte dei responsabili dell’Atac di Roma che il costo di una Fiat 500 è sicuramente inferiore a quello di una Ferrari, ma anche le sue prestazioni.

Confidiamo pertanto nella ragionevolezza e nella sensibilità dei nostri governanti ad evitare che si moltiplichino le "autorità" che, nel nostro sistema, per quanto riguarda i controlli per garantire trasparenza e valutare i risultati della gestione sono del tutto inutili oltre che scarsamente produttive in relazione ai gravosi oneri necessari per il loro funzionamento.

Lo stesso Ministro della Funzione Pubblica Franco Bassanini in una recente intervista al periodico "Specchio economico" (v. Corriere della Sera 13/1/98, p. 23) ha contestato il proliferare di questi strumenti di controllo ("dalle proposte di legge presentate in Parlamento emerge la tendenza a costituire decine di autorità: è un fenomeno pericoloso e costoso, un modello che, temo, non possa funzionare").

Le argomentazioni del Ministro appaiono condivisibili; il Ministro peraltro dimentica che un organismo in grado di operare, senza aggravio di costi, nell’interesse della collettività c’è già, ed è proprio il vecchio "Coreco" il quale, magari con un nome diverso e più aggiornato (non certo però quello di "autorità"), potrà ancora con efficacia ed efficienza svolgere il suo servizio a favore dei cittadini.

Una conferma a questa nostra tesi viene dal titolo II della vigente Costituzione che, come è noto, non è soggetto a revisione.

Si ricordi che l’art. 41, relativo all’iniziativa economica, al terzo comma prescrive che "la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata ai fini sociali".

Orbene atteso la continua espansione del fenomeno della privatizzazione dei servizi da parte degli enti locali, pare proprio che il nuovo Coreco possa ben espletare tale funzione, oltre che di controllo, di indirizzo e soprattutto di coordinamento a fini sociali dell’attività economica degli enti locali, funzione che non può certo essere attribuita al potere giurisdizionale né tanto meno affidata ad una qualche "autorità".

A nostro avviso il Coreco ha la professionalità, la competenza e la flessibilità per operare tale controllo "opportuno" (secondo la previsione costituzionale) sull’attività economica pubblica degli enti locali.

"Omnia mutantur, nihil interit" ("Tutto cambia, nulla muore". Ovidio, Metamorfosi, XV, 165).