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Coronavirus e pandemia: il modello (virtuoso) di Israele

Da oggi, domenica 18 aprile, tolto l’obbligo di indossare mascherine all’aperto. Come ha fatto Israele?
Tel Aviv, Israele
Tel Aviv, Israele

Coronavirus e pandemia: il modello Israele.

È di un paio di giorni fa la notizia che, da domenica 18 aprile, verrà tolto l’obbligo di indossare le mascherine di protezione all’aperto su tutto il territorio di Israele. Lo ha solennemente annunciato il ministro della Salute, Yuli Edelstein. Questa decisione, presa dopo la raccomandazione degli esperti del Ministero, è stata presa a seguito dei dati che indicano uno dei più bassi livelli di contagio al mondo in tutto il Paese, che ha vaccinato un numero altissimo di cittadini adulti (tra i più alti al mondo).  

Permane, per ora, solo quello di indossarle al chiuso, ma anche per questa misura si vede ormai una data di revoca prossima. Come ha fatto Israele a raggiungere in pochi mesi un risultato simile? Frutto di fortuna o di abilità politiche, logistiche e mediche?

Coronavirus e pandemia: come ha fatto Israele?

La risposta più ovvia è quella che si lega alle campagne vaccinali. Dati alla mano, nello Stato mediorientale più del 70% delle persone sono guarite o sono state vaccinate. Tutte con il vaccino Pfeizer, e questo potrebbe essere un dato importante.

Immunità di gregge raggiunta, dunque? Forse. Ce lo spiega Eran Segal, biologo computazionale del Weizmann Institute of Science, che, intervistato da Channel 12, ha chiarito: “Sì, è possibile che Israele abbia raggiunto una sorta di immunità di gregge e, comunque, abbiamo una rete di sicurezza ampia”.

Coronavirus e pandemia: i dati di Israele

Diamo un’occhiata, dunque, ai dati del Paese per cercare di capire meglio la situazione pandemica. I dati sono aggiornati in tempo reale, e ci riferiamo agli ultimi disponibili (relativi alla giornata di ieri, 17 aprile).

Contagiati complessivi: 836.883, con un -53 nelle ultime ventiquattro ore;
Morti complessivi: 6.331, con un +15 nelle ultime ventiquattro ore;
Guariti: 827.966, con un -269 nelle ultime ventiquattro ore;
Casi attivi: 2.586, con un +201nelle ultime ventiquattro ore.

Una curva pandemica che ormai non è più tale, assestata verso il basso, con le linee dei guariti e dei contagiati che si confondono in un’unica retta sull’asse cartesiano. Numeri ben diversi da quelli dell’Italia, tanto per fare un paragone, dove la curva è ancora ben marcata e definita, e dove, nonostante un leggero raffreddamento nelle ultime settimane, i dati fanno ancora paura, soprattutto riguardo ai morti e alla pressione negli ospedali, seppur in calo.

Coronavirus e pandemia: la lezione delle vaccinazioni in Israele

“La campagna di vaccinazione è iniziata il 20 dicembre 2020”, racconta in un’intervista a”Quotidiano SanitàYaniv Erlich, professore associato di informatica alla Columbia University e direttore scientifico di MyHeritage.

“Nelle prime settimane, l'operazione si è concentrata sugli individui con più di 60 anni e sul personale medico. Quindi, ha gradualmente incluso più gruppi di età: al momento (metà del mese di febbraio, n.d.r.) circa l’80% degli individui con più di 60 anni e il 40% della popolazione totale ha già ricevuto la prima iniezione”.

Oggi i numeri sono decisamente cresciuti, arrivando a coprire circa il 70% della popolazione. Anche il New York Times, in questo interessante articolo, sottolinea che: “essendo (Israele) un paese relativamente piccolo con un sistema sanitario altamente digitalizzato, Israele è diventato un interessante terreno di prova per Pfizer. Di conseguenza, Israele ha stretto un accordo con la società, offrendo dati in cambio di una fornitura costante di vaccini”.

Ed è forse questo il segreto del successo della campagna vaccinale israeliana, insieme all’efficienza del sistema sanitario e alla organizzazione logistica territoriale, che ha permesso di fare tanto e in fretta.

Coronavirus e pandemia: (solo) il vaccino Pfeizer

La collaborazione tra il Paese e l’azienda Pfeizer ha fatto sì che in Israele, grazie al basso numero di abitanti (poco più di nove milioni) e alla grande capacità di approvvigionamento di dosi del vaccino, ha segnato una efficacia del 93% del vaccino Pfizer, l’unico utilizzato dalla autorità sanitarie.

Il Maccabi Health Services, una delle organizzazioni sanitarie attive e operanti in Israele, ha reso noto uno studio che ha preso in esame circa 523 mila persone immunizzate grazie alla somministrazione di entrambe le dosi del vaccino Pfeizer. Dal monitoraggio dei dati è emerso che su queste soltanto 544 persone (in pratica lo 0,1%) hanno poi successivamente contratto il coronavirus, sette o più giorni dopo aver ricevuto la seconda dose, ma di queste nessuna è morta.

Inoltre, su 523 mila soggetti vaccinati solo 15 sono stati ricoverati in ospedale: otto in condizioni non gravi, tre in condizioni moderate e quattro in condizioni gravi, ma nessuno è morto per covid. E questo è il dato più importante.

Coronavirus e pandemia: il segreto di Israele

Si potrebbe, dunque, definire l’uovo di Pulcinella: vaccinazioni veloci e precise, utilizzo di un solo tipo di vaccino, collaborazione con la casa produttrice, preferenza alla popolazione più fragile e conseguente drastico calo dei morti per Covid. In barba a quanti, anche nel nostro Paese, teorizzano la vaccinazione massiva preferenziale per le “categorie produttive”, definizione terrificante che mira a relegare i “non produttivi” a merce sacrificabile perché non più interessante per il Paese.

Sulla base dei risultati, dunque, Israele, che già da un po’ aveva riaperto musei, ristoranti e alberghi, ha recentemente permesso concerti, mercati, avvenimenti sportivi e frequentazioni di spiagge e lidi. E oggi pone un ulteriore tassello verso la normalità, togliendo la mascherina all’aperto.

Dice il ministro della Sanità israeliana Yli Edelstein:

“Il tasso d’infezione in Israele è molto basso grazie al successo della campagna di vaccinazione, per questo possiamo allentare ulteriormente le restrizioni. Vi chiedo ancora di portare la mascherina negli spazi chiusi. Insieme manterremo basso il tasso d’infezione”

Israele, dunque, con il suo modello di efficienza e di ponderazione della campagna vaccinale, ci insegna che battere il virus è possibile. Durerà questa parabola discendente nonostante l’alleggerimento delle restrizioni? È quello che speriamo tutti, se non altro per avere un modello vero sul quale basarci per vincere questa guerra che ha già lasciato molti, troppi, morti sul campo.