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Corte di Cassazione: notifiche per posta

Si pronuncerà la Corte di Cassazione a Sezioni Unite
Notifiche
Ph. Fabio Toto / Notifiche

Su detta questione si registrano decisioni di segno difforme e divergente nella giurisprudenza di legittimità della Corte di Cassazione.

Secondo un primo avviso (formatosi proprio in relazione ad atti di accertamento tributario), la notificazione a mezzo posta, qualora l'agente postale non possa recapitare l'atto, si perfeziona, per il destinatario, trascorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata contenente l'avviso della tentata notifica e la comunicazione di avvenuto deposito del piego presso l'ufficio postale, sicché, ai fini della sua ritualità, è richiesta, ex articolo 8 della L. n. 890 del 1982, la sola prova della spedizione della missiva raccomandata c.d. C.A.D. (che si evince dal numero della raccomandata di spedizione indicata sull'avviso di ricevimento) e non anche della sua avvenuta ricezione (in questo ordine di idee, Cass. 30/01/2019 n. 2638; Cass. 31/05/2018 n. 13833; Cass. 14/11/2017 n. 26945; Cass. 10/03/2017 n. 6242; Cass. 15/02/2017 n. 4043).

L'opinione trae alimento, valorizzandone il significato sistematico, dal disposto precettivo dell'ultimo periodo del quarto comma del citato articolo 8, a mente del quale «la notificazione si ha comunque per eseguita trascorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata» di comunicazione dell'avviso di deposito del piego.

Con tale espressa e puntuale previsione – si argomenta – in caso di irreperibilità temporanea del destinatario dell'atto il legislatore ha inteso correlare, in via assoluta e generale (in tal senso deponendo l'utilizzo della locuzione «comunque»), il perfezionamento dell'iter notificatorio a mezzo posta all'evento «spedizione» (e non già ricezione) della c.d. C.A.D., e precisamente al decimo giorno successivo all'invio della raccomandata; con la fattispecie complessa costituita dalla spedizione della C.A.D. e dal decorso del tempo prescritto, si realizza, per chiara opzione positiva, la conoscenza legale dell'atto ad opera del destinatario, rilevante (salva un'anteriore conoscenza effettiva, conseguita con il materiale ritiro del piego prima del trascorrere dei dieci giorni: articolo 8, quinto comma, L. n. 890 del 1982) quale dies a quo per l'esplicazione delle attività difensive legate all'atto notificato (ad esempio, per l'impugnativa giurisdizionale dell'atto impositivo tributario: Cass. 30/12/2015, n. 26088, Cass. 11/05/2012, n. 7324).

Il meccanismo così configurato dall'articolo 8 rappresenta, dunque, una declinazione, peculiare e specifica, della più generica nozione di «conoscenza legale» che segna, giusta l'articolo 149codice procedura civile, il perfezionamento della notifica postale dal lato del destinatario, nella consapevolezza che, per comprensibili esigenze di funzionalità, il sistema delle notificazioni a mezzo posta non può indefettibilmente esigere la concreta conoscenza dell'atto ad opera del destinatario (cioè a dire, la materiale consegna o il ritiro del piego da parte dello stesso) ma postula, invece, come sufficiente l'ingresso dell'atto nella sfera di conoscibilità del soggetto notificato nei modi predeterminati dalla legge.

Si richiama quanto autorevolmente chiarito dalla Corte di Cassazione, Sez. Unite, 01/02/2012, n. 1418, secondo cui la disposizione in parola «realizza – contemperandoli –  due diversi e contrapposti interessi: quello del notificante, acchè sia comunque assicurato un termine finale per il perfezionamento del procedimento di notificazione dallo stesso promosso, spirato il quale, appunto, "la notificazione si ha per eseguita" anche in mancanza di ritiro del piego depositato da parte del destinatario, che, pertanto, da tale momento, “ha la legale conoscenza dell'atto”; quello del notificato –  nei casi, di cui allo stesso articolo 8, comma 2, di mancato recapito del piego –  a disporre di un termine ragionevole per il ritiro dello stesso presso l'ufficio postale preposto alla consegna, dal momento che la previsione di tale termine risponde al fondamentale diritto del destinatario della notificazione ad essere posto in condizione di conoscere, con l'ordinaria diligenza e senza necessità di effettuare ricerche di particolare complessità, il contenuto dell'atto e l'oggetto della procedura instaurata nei suoi confronti, non potendo ridursi il diritto di difesa del destinatario medesimo ad una garanzia di conoscibilità puramente teorica dell'atto notificatogli».

In questa prospettiva, l'avviso di ricevimento (quello presentato dall'ufficiale giudiziario o dal messo notificatore all'ufficio postale, unitamente alla busta chiusa contenente l'atto da notificare) è documento idoneo e ad un tempo sufficiente a dare prova della ritualità del procedimento notificatorio, siccome estrinseca ed assevera (con l'efficacia fidefacente tipicamente propria delle attestazioni dell'ufficiale postale) gli elementi costitutivi della relativa fattispecie perfezionativa: l'infruttuoso tentativo di consegna dell'atto per temporanea assenza del destinatario (e per mancanza o inidoneità di persone abilitate alla ricezione), l'affissione alla porta d'ingresso (o l'immissione nella cassetta della corrispondenza) di avviso di tentata notifica e di deposito del plico in ufficio, la spedizione (completa dei dati identificativi: numero di missiva, data di invio) di identico avviso a mezzo lettera raccomandata indirizzata al destinatario, il mancato ritiro del plico nel termine di dieci giorni dalla data di spedizione (o l'effettivo ritiro, ove avvenuto prima dello spirare di detto termine).

Non si ritiene, invece, necessaria la dimostrazione della ricezione della C.A.D. ad opera del destinatario, ovvero la produzione del secondo avviso di ricevimento, quello concernente la raccomandata informativa: siffatta comunicazione, tenuto conto del suo contenuto (riferito unicamente alle attività svolte dall'agente postale, senza alcuna notizia sull'intrinseco dell'atto notificato), configura soltanto una modalità di rafforzamento dell'iter notificatorio già perfezionatasi.

Ad opposte conclusioni perviene altro orientamento, emerso più di recente nella giurisprudenza di legittimità della Corte di Cassazione, compendiato dal principio di diritto per cui «in tema di notificazione a mezzo posta, la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio nel caso di irreperibilità relativa del destinatario deve avvenire attraverso l'esibizione in giudizio dell'avviso di ricevimento della raccomandata contenente la comunicazione di avvenuto deposito (c.d. C.A.D.), in quanto solo l'esame di detto avviso consente di verificare che il destinatario abbia avuto effettiva conoscenza del deposito dell'atto presso l'ufficio postale e che ne sia stato pertanto tutelato il diritto di difesa» (è questa la massima ufficiale di Cass. 21/02/2019, n. 5077, da ritenere la pronuncia capofila dell'orientamento, seguita poi da Cass. 20/06/2019, n. 16601, e da Cass. 05/03/2020, n. 6363).

Alla dichiarata ricerca di una interpretazione costituzionalmente orientata dell'articolo 8 in disamina, quest'approccio ermeneutico reputa «imprescindibile» per il vaglio di regolarità della notifica, l'esibizione in giudizio anche dell'avviso di ricevimento relativo alla raccomandata contenente la C.A.D., «in considerazione del fatto che solo la verifica dell'effettivo e corretto inoltro di tale avviso di ricevimento a cura dell'ufficiale postale consente di acquisire la prova che sia stata garantita al notificatario l'effettiva conoscenza dell'avvenuto deposito dell'atto presso l'ufficio postale».

Premesso che «le garanzie di conoscibilità dell'atto da parte del destinatario, perché sia assicurata una reale tutela al diritto di difesa riconosciuto dall'articolo 24 Cost., devono essere ispirate ad un criterio di effettività» si evidenzia che «dall'avviso di ricevimento, e dalle annotazioni che l'agente postale appone su di esso quando lo restituisce al mittente, può emergere che la raccomandata non è stata consegnata perché il destinatario risulta trasferito, oppure deceduto o, ancora, per altre ragioni le quali comunque rivelano che l'atto in realtà non è pervenuto nella sfera di conoscibilità dell'interessato e che, dunque, l'effetto legale tipico, a tale evento ancorato, non si è prodotto».

L'ulteriore adempimento processuale gravante sul notificante (ed il conseguente controllo giudiziale) è postulato, implicitamente ma inequivocabilmente, dalla previsione normativa che impone la spedizione della C.A.D. con raccomandata non semplice (come, invece, stabilito da altre norme: articolo 139, terzo comma,codice procedura civile) bensì corredata da avviso di ricevimento (assoggettato peraltro alle disposizioni del regolamento postale ordinario), il quale deve, pertanto, essere allegato all'originale dell'atto, a pena di nullità della notifica.

In tale impostazione, il perfezionamento della notifica per il destinatario con il decorso di dieci giorni dalla spedizione della raccomandata della C.A.D. degrada ad «effetto provvisorio o anticipato, destinato a consolidarsi con l'allegazione dell'avviso di ricevimento, le cui risultanze possono confermare o smentire che la notifica abbia raggiunto lo scopo cui era destinata».

L’illustrato contrasto nella giurisprudenza della Corte di Cassazione rende non più differibile un pronunciamento della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, nella sua più tipica espressione di organo della nomofilachia, così come richiesto dalla Corte di Cassazione – Sezione Tributaria Civile – con l’ordinanza interlocutoria n. 21714 depositata in cancelleria l’08 ottobre 2020.