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Corte Giustizia UE: licenziamento, malattia e handicap

Nota a Corte di Giustizia, Sentenza 11 luglio 2006
Con una importante pronuncia dell’11 luglio scorso, la Corte di Giustizia UE ha fornito la propria interpretazione, per quanto riguarda la discriminazione fondata su un handicap, della direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (e, in subordine, sull’eventuale divieto di discriminazione fondata sulla malattia.

Ricordiamo che tale Direttiva è stata recepita in Italia con Decreto Legislativo 9 luglio 2003 n.216 che in particolare, reca le disposizioni relative all’attuazione della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione, dalle convinzioni personali, dagli handicap, dall’età e dall’orientamento sessuale, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro, disponendo le misure necessarie affinché tali fattori non siano causa di discriminazione, in un’ottica che tenga conto anche del diverso impatto che le stesse forme di discriminazione possono avere su donne e uomini.

Il caso che si presenta risulta pertanto di notevole interesse anche se verificatosi in Spagna. Il caso è stato così riassunto dalla stessa Corte: "La sig.ra Tizia lavorava per la Eurest, società specializzata nella ristorazione collettiva. Il 14 ottobre 2003 doveva interrompere l’attività lavorativa a causa di malattia e, secondo i servizi sanitari pubblici che la seguivano, non era in grado di riprendere a breve termine la sua attività professionale. Il giudice del rinvio non ha fornito alcuna indicazione sulla malattia di cui soffre la sig.ra Tizia. Il 28 maggio 2004 la Eurest comunicava alla sig.ra Tizia il suo licenziamento, senza fornirne la causa, pur ammettendo l’irregolarità di quest’ultimo e offrendole un indennizzo. Il 29 giugno 2004 la sig.ra Tizia proponeva ricorso contro la Eurest sostenendo che il suo licenziamento era nullo in ragione della disparità di trattamento e della discriminazione di cui era stata oggetto, risultanti dalla situazione di interruzione dell’attività lavorativa nella quale si trovava da otto mesi. Essa chiedeva di condannare la Eurest a reintegrarla nel suo posto di lavoro".

Secondo la Corte di Giustizia: "La direttiva 2000/78 mira a combattere taluni tipi di discriminazione per quanto riguarda l’occupazione e le condizioni di lavoro. In tale contesto, deve intendersi che la nozione di «handicap» va intesa come un limite che risulta, in particolare, da lesioni fisiche, mentali o psichiche e che ostacola la partecipazione della persona considerata alla vita professionale. Nondimeno, utilizzando la nozione di «handicap» all’art. 1 della direttiva di cui trattasi, il legislatore ha deliberatamente scelto un termine diverso da quello di «malattia». È quindi esclusa un’assimilazione pura e semplice delle due nozioni. La direttiva 2000/78 non contiene alcuna indicazione che lasci intendere che i lavoratori sono tutelati in base al divieto di discriminazione fondata sull’handicap appena si manifesti una qualunque malattia".

Da quanto sopra consegue che: "Una persona che è stata licenziata dal suo datore di lavoro esclusivamente per causa di malattia non rientra nel quadro generale per la lotta contro la discriminazione fondata sull’handicap istituito dalla direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro".

Tuttavia, precisa la Corte "Un trattamento sfavorevole basato sull’handicap va contro la tutela prevista dalla direttiva 2000/78 unicamente nei limiti in cui costituisca una discriminazione ai sensi dell’art. 2, n. 1, di quest’ultima." È pur vero che "ai sensi dell’art. 5, della direttiva 2000/78, sono previste soluzioni ragionevoli per garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili. In sostanza, il datore di lavoro prende i provvedimenti appropriati, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo o di avere una promozione a meno che tali provvedimenti richiedano da parte del datore di lavoro un onere finanziario sproporzionato". Pertanto, "il divieto, in materia di licenziamento, della discriminazione fondata sull’handicap, sancito agli artt. 2, n. 1, e 3, n. 1, lett. c), della direttiva 2000/78, osta ad un licenziamento fondato su un handicap che, tenuto conto dell’obbligo di prevedere soluzioni ragionevoli per i disabili, non è giustificato dal fatto che la persona di cui trattasi non sia competente, né capace, né disponibile a svolgere le funzioni essenziali del suo posto di lavoro".

(Corte di Giustizia UE - Grande Sezione, Sentenza 11 luglio 2006: Direttiva 2000/78/CE - Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro - Nozione di handicap)

Con una importante pronuncia dell’11 luglio scorso, la Corte di Giustizia UE ha fornito la propria interpretazione, per quanto riguarda la discriminazione fondata su un handicap, della direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (e, in subordine, sull’eventuale divieto di discriminazione fondata sulla malattia.

Ricordiamo che tale Direttiva è stata recepita in Italia con Decreto Legislativo 9 luglio 2003 n.216 che in particolare, reca le disposizioni relative all’attuazione della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione, dalle convinzioni personali, dagli handicap, dall’età e dall’orientamento sessuale, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro, disponendo le misure necessarie affinché tali fattori non siano causa di discriminazione, in un’ottica che tenga conto anche del diverso impatto che le stesse forme di discriminazione possono avere su donne e uomini.

Il caso che si presenta risulta pertanto di notevole interesse anche se verificatosi in Spagna. Il caso è stato così riassunto dalla stessa Corte: "La sig.ra Tizia lavorava per la Eurest, società specializzata nella ristorazione collettiva. Il 14 ottobre 2003 doveva interrompere l’attività lavorativa a causa di malattia e, secondo i servizi sanitari pubblici che la seguivano, non era in grado di riprendere a breve termine la sua attività professionale. Il giudice del rinvio non ha fornito alcuna indicazione sulla malattia di cui soffre la sig.ra Tizia. Il 28 maggio 2004 la Eurest comunicava alla sig.ra Tizia il suo licenziamento, senza fornirne la causa, pur ammettendo l’irregolarità di quest’ultimo e offrendole un indennizzo. Il 29 giugno 2004 la sig.ra Tizia proponeva ricorso contro la Eurest sostenendo che il suo licenziamento era nullo in ragione della disparità di trattamento e della discriminazione di cui era stata oggetto, risultanti dalla situazione di interruzione dell’attività lavorativa nella quale si trovava da otto mesi. Essa chiedeva di condannare la Eurest a reintegrarla nel suo posto di lavoro".

Secondo la Corte di Giustizia: "La direttiva 2000/78 mira a combattere taluni tipi di discriminazione per quanto riguarda l’occupazione e le condizioni di lavoro. In tale contesto, deve intendersi che la nozione di «handicap» va intesa come un limite che risulta, in particolare, da lesioni fisiche, mentali o psichiche e che ostacola la partecipazione della persona considerata alla vita professionale. Nondimeno, utilizzando la nozione di «handicap» all’art. 1 della direttiva di cui trattasi, il legislatore ha deliberatamente scelto un termine diverso da quello di «malattia». È quindi esclusa un’assimilazione pura e semplice delle due nozioni. La direttiva 2000/78 non contiene alcuna indicazione che lasci intendere che i lavoratori sono tutelati in base al divieto di discriminazione fondata sull’handicap appena si manifesti una qualunque malattia".

Da quanto sopra consegue che: "Una persona che è stata licenziata dal suo datore di lavoro esclusivamente per causa di malattia non rientra nel quadro generale per la lotta contro la discriminazione fondata sull’handicap istituito dalla direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro".

Tuttavia, precisa la Corte "Un trattamento sfavorevole basato sull’handicap va contro la tutela prevista dalla direttiva 2000/78 unicamente nei limiti in cui costituisca una discriminazione ai sensi dell’art. 2, n. 1, di quest’ultima." È pur vero che "ai sensi dell’art. 5, della direttiva 2000/78, sono previste soluzioni ragionevoli per garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili. In sostanza, il datore di lavoro prende i provvedimenti appropriati, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo o di avere una promozione a meno che tali provvedimenti richiedano da parte del datore di lavoro un onere finanziario sproporzionato". Pertanto, "il divieto, in materia di licenziamento, della discriminazione fondata sull’handicap, sancito agli artt. 2, n. 1, e 3, n. 1, lett. c), della direttiva 2000/78, osta ad un licenziamento fondato su un handicap che, tenuto conto dell’obbligo di prevedere soluzioni ragionevoli per i disabili, non è giustificato dal fatto che la persona di cui trattasi non sia competente, né capace, né disponibile a svolgere le funzioni essenziali del suo posto di lavoro".

(Corte di Giustizia UE - Grande Sezione, Sentenza 11 luglio 2006: Direttiva 2000/78/CE - Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro - Nozione di handicap)