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Criptovalute come fondo in trust (Ruscoe v Cryptopia Ltd (in Liquidazione [2020] NZHC 728, 8 aprile 2020)

Cyptocurrencies as trust fund
(Ruscoe v Cryptopia Ltd (in Liquidation) [2020] NZHC 728, 8 april 2020)
Maurizio Tangerini Via Farini Bologna olio su tela 120x80, 2014
Maurizio Tangerini Via Farini Bologna olio su tela 120x80, 2014

Abstract

L’Alta Corte della Nuova Zelanda ha ritenuto che la criptovaluta fosse “chiaramente” una forma di personal property. La Corte ha anche ritenuto che Cryptopia, piattaforma di scambio di criptovalute, detenesse la criptovaluta in trust nell’interesse dei suoi titolari di conti. Questo articolo fornirà una panoramica del “fenomeno cripto”, analizzerà la decisione della Corte e solleverà l’interrogativo circa la possibilità di un trust di criptovalute nell’ordinamento interno.

The High Court of New Zealand held that cryptocurrency was “clearly” a species of personal property. The Court also held that Cryptopia, crypto exchange, held its cryptocurrency on trust for its account holders. This article will provide an overview of the “crypto phenomenon”, explore the Court’s decision and raise question about the possibility of being held cryptocurrencies on trust in the internal system.

 

Sommario

1. Premessa: il “fenomeno cripto”

2. Vicenda

3. La decisione della Corte

4. …E nell’ordinamento interno?

5. Progetto futuro

 

Summary

1. Introduction: the “crypto phenomenon”

2. Fact

3. The Court’s decision

4. …And in the internal system?

5. Future plan

 

 

1. Premessa: il “fenomeno cripto”

Costituisce ormai consapevolezza acquisita di come l’incalzante innovazione tecnologica di tipo informatico intervenuta nell’ultimo decennio abbia inciso in maniera significativa sulla realtà economica, giuridica e sociale della collettività consegnando all’agire umano “valori” di nuova natura, difficilmente inquadrabili tra le consolidate categorie dogmatiche, che costringono il giurista a confrontarsi su questioni interpretative inedite e dai confini spesso incerti.

Il riferimento va, in particolare, all’evoluzione dei mezzi di scambio legata alle c.d. “criptovalute o valute virtuali”, rappresentazioni digitali di valore, dematerializzate e, quindi, non presenti in rerum natura, che si candidano a rivoluzionare le transazioni tra privati consentendo agli utenti di negoziare direttamente fra loro senza il controllo da parte di alcuna autorità monetaria centrale, che si faccia garante della bontà di dette transazioni. Nello specifico, la filosofia sottesa al “fenomeno cripto” mira a sostituire la fiducia nelle persone e nelle tradizionali istituzioni finanziarie in favore di una immanenza tecnologica, delineando un nuovo “sistema fiducia”, completamente decentralizzato e disintermediato, basato su di un modello di rete paritaria peer-to-peer e su una blockchain condivisa, che attinge alla crittografia asimmetrica e alla DLT[1], le quali rappresentano allo stato attuale due delle più importanti direttrici del dominio “digitale” in atto. Non a caso si afferma che «in una rete di tipo blockchain nessuno si fida di qualcun altro, eccetto che per l’output stesso della rete»[2].

La complessità del fenomeno cripto, complice il tecnicismo informatico che lo permea, ha reso sin da subito impegnativo per gli operatori del diritto, a livello globale, una precisa identificazione giuridica delle valute virtuali e, di conseguenza, della disciplina applicabile. Se l’approccio legislativo, sia nazionale che sovranazionale, sembra condividere, sotto il profilo della categorizzazione giuridica, la massima del “wait and see”, limitandosi cioè ad una attenta osservazione dell’andamento delle criptovalute in attesa (probabilmente) di più elementi che ne consentano un inquadramento giuridico appropriato, la dottrina, con un atteggiamento più dinamico ed improntato al “same business, same risks, same rules”, ha tentato invece di ricondurre le valute virtuali a concetti giuridici già noti e definiti con esiti, tuttavia, non sempre condivisibili o, perlomeno, opinabili[3]. Anche la giurisprudenza, soprattutto internazionale, ha iniziato ad interessarsi alle criptovalute sia pur limitando la sua indagine al singolo caso specifico, di volta in volta sottoposto al suo giudizio, senza cercare di fornire una visione più generale di un fenomeno ritenuto così rivoluzionario.

In un tale contesto di incertezza giuridica, tanto concettuale quanto operativa, è apprezzabile lo sforzo interpretativo compiuto dall’Alta Corte della Nuova Zelanda la quale, in una recente pronunzia del 2020, Ruscoe v Cryptopia Ltd (in Liquidation), ha formalizzato l’habitus giuridico delle criptovalute, individuando in esse una forma di proprietà in grado di essere oggetto di trust.

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[1] c.d. “distributed ledger technology o tecnologia a libro mastro distribuito.

[2] K. WERBACH, The Blockchain and the New Architecture of Trust, Londra, 2018.

[3] Le ricostruzioni più ricorrenti di valuta virtuale spaziano, invero, dal contante alla moneta complementare, dai beni immateriali ai documenti informatici, fino ad estendersi alla categoria degli strumenti e dei prodotti finanziari.