x

x

Trust interno di criptovalute: un approccio critico – I parte*

Cryptocurrencies held on trust in the internal system: a critical approach – I part
Maurizio Tangerini – Prospettiva 101 tecnica mista su tela 20x20 cm, 2021
Maurizio Tangerini – Prospettiva 101 tecnica mista su tela 20x20 cm, 2021

Abstract

L’incertezza normativa che connota la qualificazione della criptovaluta ha fatto sì che intorno a tale fenomeno si venisse a creare una confusione concettuale tale da rendere difficilmente qualificabili le operazioni poste in essere dagli operatori professionali. Tale incertezza coinvolge anche il trust interno quale possibile strumento di gestione delle criptovalute. Dopo una breve disanima sul meccanismo blockchain, si procederà all’analisi dell’inquadramento normativo delle criptovalute per poi concentrarsi sugli aspetti critici, giuridici e non, riguardanti un trust di criptovalute.

The regulatory uncertainty that characterizes the qualification of cryptocurrency has meant that a conceptual confusion arose around this phenomenon such as to make it difficult to qualify the operations carried out by professional operators. Such uncertainty also involves the trust in the internal system as a possible cryptocurrencies management instrument. After a brief examination of the blockchain mechanism, it will be proceeded with the analysis of the regulatory framework of cryptocurrencies and then focus on legal and non-legal critical aspects concerning cryptocurrencies held on trust.

 

Sommario

1. Le ragioni dell’indagine

2. Criptovalute detenute nel trust interno: an, quomodo, effetti

 

1. The reasons of the research

2. Cryptocurrencies held on trust in the internal system: an, quomodo, effects

 

*La seconda parte di questo saggio sarà pubblicata nel prossimo numero della Rivista

 

 

1. Le ragioni dell’indagine

Nonostante il comparto del mercato delle criptovalute – quest’ultime intese nel loro significato più ristretto di “valute native”[1] – subisca periodicamente importanti perdite di valore[2], rimane comunque diffuso l’interesse all’acquisto e allo scambio di bitcoin e delle altre valute virtuali (altcoin) da parte degli investitori, anche istituzionali. Se così è, costituisce circostanza sempre meno rara riscontrare nei patrimoni di molte persone la presenza di risorse digitali le quali, al pari dei cespiti tradizionalmente intesi, postulano l’attuazione di piani gestionali che ne garantiscano una opportuna detenzione, una sicura custodia e, ove possibile, una valorizzazione nel lungo periodo, oltre ad una trasmissione ordinata nel corso del tempo. Questa esigenza di ottimizzazione patrimoniale, avvertita dai fruitori “dell’universo cripto”, potrebbe trovare conveniente risposta nell’opzione trust, strumento che costituisce, per le sue ben note peculiarità, garanzia di una attenta e puntuale programmazione e pianificazione economica, capace di far fronte nel lungo termine alle mutevoli occorrenze sia di protezione ed organizzazione successoria che di investimento di qualunque posizione soggettiva.

Tuttavia, la natura virtuale, ibrida e fluida che contraddistingue i rivoluzionari paradigmi digitali-informatici in cui le criptovalute trovano la loro esplicitazione, unitamente ad una cornice normativa che “nel rincorrere il treno della tecnologia” tende ad arrancare presentandosi inadeguata e spesso carente sotto il profilo sostanziale (se non del tutto assente), rendono la configurabilità di un trust interno, nel quale vengano segregate valute virtuali, un’operazione puramente ermeneutica, inedita e, quindi, ex se, fonte di continue incertezze e di inevitabili ostacoli, applicativi e sistematici, il superamento dei quali è allo stato dell’arte tutt’altro che scontato.

Il presente contributo nasce dunque con il preciso intento di mettere in luce quelle che sono le criticità, giuridiche e no, legate ad un possibile conferimento in trust di criptovalute. Lo studio si concentra, nella sua prima parte, nell’intento di calare il fenomeno cripto nella realtà operativa dei trust interni valutandone la compatibilità alla stregua dei dettami della Convenzione de L’Aja del 1° luglio 1985; la seconda parte del lavoro, invece, con una finalità più pratica, prende in considerazione le problematiche di cui un trustee professionale deve tener conto nel definire ed attuare, sia dal punto di vista informatico che in punto di diritto, le strategie e le linee di condotta più consone ad assicurare, nel lungo periodo, la conservazione e la valorizzazione di patrimoni ricomprendenti (anche) criptovalute nell’osservanza di quel paradigma rappresentato dall’obbligazione fiduciaria che del trust costituisce il nucleo essenziale.

 

2. Criptovalute in trust: an, quomodo, effetti

Un trust non viene ad esistenza senza un fondo e un trust divenuto privo del fondo non esiste più. Ciò è quanto sancisce il ben noto dogma inglese della seconda certezza, “the certainty of subject matter, accolto e recepito anche dall’art. 2 Conv., nel passaggio in cui dispone che un trust, per essere tale, richiede che “... dei beni siano stati sottoposti sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine specifico”.

La sussistenza di beni al momento dell’istituzione del trust costituisce dunque condizione imprescindibile per l’esistenza stessa del negozio giuridico ed è funzionale alla realizzazione della segregazione patrimoniale; si tratta di un requisito ad substantiam actus. Ed è proprio da questo principio che, ad avviso di chi scrive, deve prendere avvio la disamina volta a scandagliare il rapporto trust-criptovalute e che conduce, in primo luogo, ad interrogarsi su l’an, ovvero se le criptovalute, a prescindere dal loro substrato spiccatamente tecnologico-informatico, possano integrare o meno delle posizioni soggettive, di rilevo giuridico, e quindi idonee ad essere ricomprese in un fondo in trust.

 

Per leggere tutti i contributi della rivista, CLICCA QUI!

 

[1] Più correttamente unità crittografiche autoreferenziali, la cui utilità si esaurisce in sé stessa e che, quindi, non presentano alcuna utilità né alcuna funzione d’uso, non incorporando diritti o passività verso l’emittente.

[2] Mentre scriviamo, bitcoin, moneta di riferimento all’interno del mercato criptovalute, è ancora sotto i 20.000 dollari. Il minimo storico è stato raggiunto lo scorso 18 giugno attestandosi la valuta a 16.766 dollari. Una perdita, quindi, vertiginosa se solo si considera che un anno fa il valore di bitcoin si aggirava mediamente intorno a 50.000 mila e a novembre 2021 era arrivato persino vicino ai 70.000.